Strafe Recensione: FPS dallo stile retrò, omaggio a DOOM e Quake

Strafe è uno sparatutto in prima persona dallo stile retrò che rende omaggio a pietre miliari del genere come DOOM e Quake.

Strafe Recensione: FPS dallo stile retrò, omaggio a DOOM e Quake
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  • Sin dal primo - memorabile - trailer, pubblicato per celebrare l'apertura della campagna Kickstarter del titolo, i ragazzi di Pixel Titans hanno sempre espresso con cristallina chiarezza il loro obbiettivo con Strafe: dar vita a un titolo in grado di contendersi con i grandi la corona di miglior sparatutto del 1996... nel 2017. Un obbiettivo anacronisticamente ambizioso, che chiariva sin da subito la natura ironica e citazionista di un progetto nato per riportare i giocatori "diversamente giovani" ai fasti di un periodo assolutamente memorabile per gli amanti degli shooter in prima persona. Un'aspirazione intrigante, supportata dall'intenzione di rinnovare la classica formulistica di genere con meccaniche più moderne, attuali.
    Saranno riusciti gli sviluppatori del team losangelino a mantenere fede alla promessa, ambiziose, del claim di Strafe? Eh, insomma.

    "Il miglior sparatutto del 1996"

    Il primo impatto con Strafe è brutale, sanguinoso, destabilizzante. La formula proposta dal team di Pixel Titans pesca a piene mani dall'età dell'oro degli sparatutto in prima persona, e ci fionda in un mondo dove il numero dei poligoni è inversamente proporzionale alla quantità dei nemici che, in ogni momento, sciamano sullo schermo come un'inarrestabile piaga biblica. Un paragone doppiamente calzante, data la clamorosa quantità di invettive teocentriche che lo shooter è in grado di ispirare.

    Questo perché il titolo dei Pixel Titans esige un "modus ludendi" cui gran parte dei giocatori non è più abituata, eredità di un tempo in cui i colossi del genere non concedevano alla propria utenza neanche un attimo di riposo, nessuna pausa durante i massacri pixelati che erano soliti cadenzare una progressione dai ritmi balistici. Una volta (ri)acquistata la giusta confidenza con questo core concept squisitamente vintage, appare subito evidente come i veri punti di forza del gioco siano proprio quelli che Strafe sembra aver strappato a viva forza dall'offerta ludica delle sue fonti d'ispirazione, Quake in primis.
    Aspettatevi quindi vere e proprie maratone ipercinetiche tra i corridoi di tetre stazioni spaziali, o immensi in sinistri panorami acherontici, sempre con il cuore in gola e il dito sul grilletto. Nessun pretesto narrativo, niente cutscene in-game o Npc chiacchieroni, solo voi, il freddo acciaio della vostra arma e una valanga di abomini in bassa definizione da trasformare in pozzanghere scarlatte. Una violenta trasfigurazione che, tra l'altro, ha precise conseguenze nell'economia del gameplay, dato che il sangue dei nemici può essere utilizzato per annullare gli effetti di pericoli ambientali come pozze d'acido, e scandisce "volumetricamente" la progressione nella modalità orda di Strafe, Murderzone. Trovate interessanti che contribuiscono a definire il profilo ludico di un prodotto genuinamente "hardcore", nel quale ogni singolo proiettile conta. Basti considerare che ogniqualvolta ricaricherete la vostra arma prima di aver esaurito completamente la clip, le restanti munizioni saranno perse per sempre. Come se la carenza di proiettili non fosse già un problema. Entrati in sintonia con la velocità forsennata dell'azione, è difficile non ritrovarsi travolti dai flussi piacevolmente nostalgici evocati da un gameplay adrenalinico e divertente, che spinge il giocatore a muoversi di continuo ballonzolando in giro per l'ambientazione del momento, sfruttando a dovere exploit storici come il "bunny hopping" o il "circle jumping".
    Già qui, però, il confronto con i colleghi del 1996 vede Strafe disallinearsi in maniera abbastanza evidente dagli standard qualitativi segnati, più di un ventennio fa, da team leggendari come id Software o 3D Realms. Tanto per cominciare il feedback offerto dalle armi, al netto di un discreto numero di bocche da fuoco, non è mai pienamente soddisfacente, né in termini di animazione, né per quanto riguarda gli effetti sonori che accompagnano ogni colpo. Effetti che, tra l'altro, gli sviluppatori sembrano aver dimenticato di applicare anche a molti dei membri dell'orda aliena che il protagonista, senza troppe spiegazioni, sarà chiamato a intombare.

    In buona parte dei casi, infatti, i nemici si muovono e attaccano senza emettere alcun suono che aiuti il giocatore a rilevarne la vicinanza; una circostanza che aggiunge un pizzico di artificialità a un livello di difficoltà che, già di base, appare piuttosto elevato, spingendo l'utente verso i confini della frustrazione. Confini che il gioco di Pixel Titans sfida apertamente con le componenti che più si distaccano dal design classico delle produzioni di genere. Le meccaniche procedurali di Strafe fanno sì che ognuno dei 12 livelli del gioco, divisi in quattro mondi tematici, siano generati casualmente grazie a un algoritmo che determina anche la collocazione randomica di power-up, munizioni, medikit e bonus armatura. Una scelta, quest'ultima, che mal si sposa con l'obbiettivo centrale di Strafe: la sopravvivenza. Non è infatti infrequente trovarsi a dover gestire centinaia di avversari senza poter contare su "refill" di alcun genere, perché magari collocati in punti tutt'altro che strategici o addirittura del tutto assenti. Le "stazioni di riciclo" disposte - sempre casualmente - in giro per i livelli, e utilizzabili per procurarsi munizioni e punti armatura extra, non contribuiscono più di tanto a facilitare la vita dei giocatori, specialmente considerando gli elevatissimi costi in "rottami" (ottenibili massacrando nemici) di ciascuna operazione.

    A partire dal secondo mondo, avrete anche la possibilità di accedere a un'area sicura dove investire le risorse accumulate per l'acquisto di power-up o per alterare il fuoco primario/secondario delle armi, un'operazione il cui esito - manco a dirlo - non è mai chiaramente esplicitato. Di conseguenza potrebbe capitarvi di sacrificare un eccellente fuoco secondario (il lanciagranate del fucile a pompa, ad esempio) per un altro molto, ma molto meno efficace (il maledetto cannone Flak), il tutto a scapito delle vostre chance di portare a casa la pellaccia, evitando così di dover iniziare tutto daccapo. Ora, va bene sfruttare meccaniche di randomizzazione per aumentare il livello medio di difficoltà e la varietà strutturale gioco ma, insomma, quando è troppo e troppo.
    Per quanto compatibili con i canoni del genere roguelike, gli elementi randomici di Strafe finiscono col definire un livello di difficoltà generalmente mal bilanciato, in cui fin troppo viene lasciato al caso, a discapito dell'effettiva rilevanza del fattore abilità. Quando la fortuna arride, una run completa può durare poco più di un'ora, ma nella gran parte dei casi, dopo una decina di minuti di frenetica agonia, ci si ritrova a dover ricominciare tutto dal principio. Le dimensioni contenute delle mappe fanno inoltre sì che, per quanto mutevole, il design dei livelli risulti dopo un po' piuttosto ripetitivo, così come, nel suo complesso, l'azione fraggatoria, sulla cui qualità influisce anche la sostanziale "idiozia artificiale" che caratterizza le falangi nemiche. Tutti fattori che, sull'onda della frustrazione, potrebbero spingere gli utenti ad allontanarsi da Strafe ben prima di aver visitato per la prima volta l'ultimo dei mondi disponibili.

    Galloni di pixel

    La reinterpretazione data dai ragazzi di Pixel Titans alla grafica degli shooter di metà anni ‘90 trascina il giocatore in ambientazioni labirintiche in grado di rievocare dolci ricordi di passati massacri. Ognuno dei mondi presta chiaramente omaggio a colossi come DOOM, Quake e perfino Wolfenstein, al centro di un brillante easter egg che propone all'interno di Strafe una versione alternativa - e libera da diritti d'autore - dello shooter di id Software. Si tratta solo di una delle decine di chicche nascoste all'interno di un prodotto che, per sua natura, sembra votato a un citazionismo altamente suggestivo, che coinvolge anche titoli con molti meno anni sulle spalle. Gli esploratori più determinati potrebbero infatti incappare nel meraviglioso Superhot shotgun, un fucile che rivoluziona temporaneamente il gameplay di Strafe facendo sì che il tempo, proprio come nello shooter di Superhot Team, proceda solo quando il giocatore si muove.

    Sebbene la grafica volutamente vintage del titolo di Pixel Titans risulti, compatibilmente con i gusti personali, piuttosto piacevole, Strafe pecca sul fronte della varietà, sia per quel che riguarda le ambientazioni, sia per quanto concerne il design dei nemici, che per giunta non appare particolarmente ispirato. Come intuibile, il gioco gira alla grande su praticamente ogni tipo di macchina, anche se è possibile notare cali consistenti nel frame rate nelle sezioni "di caricamento" tra un livello e l'altro, probabilmente dovuti alla componente procedurale del titolo in associazione con i difetti storici dello Unity Engine. Seppur inizialmente piacevoli, le tracce di musica elettronica che accompagnano l'azione a schermo finiscono rapidamente per "logorare" l'orecchio del giocatore, alimentando l'aura di ripetitività che avvolge l'ensamble. Considerata la natura del titolo, ci saremmo inoltre aspettati la presenza di un comparto multigiocatore propriamente detto (sono presenti delle sfide classificate ma non c'è alcuna interazione diretta tra gli utenti), che avrebbe ampliato in maniera significativa l'offerta ludica di un prodotto che fatica ad esprimere al meglio il proprio potenziale.

    Strafe StrafeVersione Analizzata PCSeppur dotato di una discreta mole di spunti interessanti, il retro-shooter citazionista di Pixel Titans fatica a mantenere vivo l’interesse del giocatore, a causa di un gameplay i cui indiscutibili punti di forza vengono progressivamente adombrati dai difetti di una pianificazione procedurale imperfetta, che alimenta un livello di difficoltà brutale, punitivo e in parte artificiale. Quest’ultimo punto influisce negativamente sull’effettiva rilevanza del fattore abilità all’interno dell’economia del gioco, che pare subappaltare fin troppi elementi alla volontà del caso, generando occasionali picchi di frustrazione. Quanto tutto funziona come dovrebbe, Strafe offre un’esperienza di shooting appagante e piacevolmente “agée”, in grado di riportare il giocatore ai fasti massacratori dei mitici anni ‘90. Peccato che questa “onda buona” finisca spesso con l’infrangersi contro le bizze di una casualità a tratti fastidiosa, che contribuisce a rendere manifesta la sostanziale ripetitività della formula scelta dallo sviluppatore.

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