Stranded Deep Recensione: un survival da riscoprire con PlayStation Plus

A un anno dal lancio, abbiamo approfittato della sua inclusione lineup PlayStation Plus di maggio per tuffarci nel porting di Stranded Deep per PS4.

Stranded Deep Recensione: un survival da riscoprire con PlayStation Plus
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Disponibile per
  • Pc
  • PS4
  • Xbox One
  • Il PlayStation Plus si conferma un ottimo modo per riscoprire giochi minori, passati in sordina perché travolti dai ritmi incalzanti e spietati del mercato, o semplicemente esplorare con soddisfazione segmenti videoludici a noi meno affini, consentendoci di tastare con mano quei giochi che magari ci erano parsi interessanti fin da subito, ma non abbastanza da convincerci ad investire dei soldi per giocarli.

    Il porting per console di Stranded Deep, disponibile tra i giochi gratis PlayStation Plus del mese di maggio, non fa ovviamente eccezione, e noi non potevamo certamente farci sfuggire l'occasione per tornare a raccogliere risorse, costruire rifugi e cercare di sopravvivere immersi in un paradisiaco ma spietato arcipelago generato proceduralmente. Riuscirà a giocare ad armi pari con i congeneri più blasonati?

    Unico scopo: sopravvivere

    Arrivato su PC in early access nell'ormai lontano 2015 (qui la nostra anteprima della versione ad accesso anticipato di Stranded Deep), Stranded Deep ha saputo distinguersi fin da subito per la sua natura spietata ed essenziale, oltre che per alcune trovate molto interessanti. Il progetto è infine approdato anche su console soltanto un anno fa, grazie ad un porting, purtroppo non felicissimo, ad opera di FUNlabs. Il gioco si configura come una sorta di fratellino minore di ARK, Rust e compagnia bella (per approfondire, eccovi uno speciale sul fenomeno Rust), i veri pesi massimi di un genere da tanto tempo sulla cresta dell'onda e particolarmente ricco di reinterpretazioni e declinazioni d'ogni tipo.

    Il prodotto degli australiani Beam Team è però estremamente attento alla profondità della sua componente survival, e pur mancando della possibilità di costruire milioni di strutture diverse, addestrare animali selvaggi e tante altre meccaniche avanzate delle quali possono vantarsi i sopracitati competitor, riesce ad imporsi per la verosimiglianza e la ricchezza delle sue meccaniche più basilari. Un ruolo centralissimo viene logicamente assegnato al canonico crafting, fondamentale per creare un fuoco su cui cuocere della carne e riscaldarsi, oppure un rifugio a base di foglie di palma e bastoni di legno. Le foglie di yucca, per dirne una, saranno fondamentali per creare le legature con cui tenere assieme le varie componenti di un progetto e dar vita ad impeccabili falò o ripari tanto improvvisati quanto funzionali.

    Nella sua schematicità, il prodotto di Beam Team punta a vette di "realismo" di tutto rispetto, finendo per sfociare in un'esperienza survival incredibilmente pura e selvaggia. Una risorsa preziosa come il cocco, facile da ottenere ed incredibilmente nutriente, potrebbe trasformarsi nel nostro peggiore incubo qualora provassimo ad abusarne: berne troppo, infatti, potrebbe causare dissenteria e ridurci in fin di vita in men che non si dica.

    Non mancano ovviamente alcune concessioni prettamente ludiche, come la presenza al polso del protagonista di un comodissimo smartwatch che sembra creato ad hoc per fornire supporto a un naufrago improvvisato: contiene informazioni sul nostro stato di salute, fame e sete comprese, e un conteggio del tempo e dei giorni di permanenza sull'arcipelago incriminato.

    Se il sistema di crafting si distingue per profondità e coerenza, altrettanto non si può dire della varietà di situazioni, a nostro avviso nettamente più bassa rispetto alla quasi totalità dei congeneri. Questo però non significa che manchino spunti interessanti anche per quanto concerne il versante dell'esplorazione.

    La mappa è fondamentalmente rappresentata da una porzione di oceano procedurale, costellata da una miriade di atolli e isolotti d'ogni tipo, tra i quali potremo muoverci a colpi di pagaia oppure, e questa è forse una delle cose più interessanti del gioco, esplorando a nuoto i fondali in cerca di preziose risorse o, perché no, inaspettati relitti. Scegliendo questo secondo approccio, però, sarà d'obbligo tenere gli occhi ben aperti, dato che nelle acque più profonde potrebbero nascondersi feroci squali capaci di metterci fuori gioco in pochi istanti. Ad arricchire e rendere più varia l'esplorazione ci pensano inoltre il ciclo giorno-notte e il meteo dinamico: mettersi in viaggio nel momento sbagliato, ve lo garantiamo, potrebbe portarvi alla disfatta nel giro di pochissimi minuti.

    Sopravvivenza (molto) old-gen

    I valori produttivi non incredibili e l'anzianità della produzione, che pur essendo approdata su PS4 solo un anno fa si basa su una controparte PC con ben 6 anni di servizio sulle spalle, sono però abbastanza evidenti fin da subito, e pesano davvero tanto sull'esperienza di gioco complessiva. Il framerate tutt'altro che stabile - che spesso fatica a mantenersi sui 30 frame al secondo - e le animazioni incerte non sono sicuramente uno dei migliori biglietti da visita per un prodotto del genere.

    Sebbene si tratti di un gioco in totale retrocompatibilità, e quindi in tutto e per tutto identico e privo di aggiornamenti tecnici rispetto alla controparte utilizzabile su console di vecchia generazione, siamo rimasti negativamente sorpresi nel riscontrare come neanche la forza bruta della nuova macchina fosse riuscita a compensare un'ottimizzazione decisamente insufficiente.

    Il prodotto potrebbe di conseguenza apparire un po' stantio e legnoso, così tanto ingessato nelle animazioni da rendere le nostre azioni poco leggibili. L'utilizzo del controller poi non si è rivelato particolarmente indicato alla tipologia di gioco, complice anche l'imprecisione di un sistema di puntamento che sembra davvero voler fare di tutto per metterci in difficoltà, condannandoci di tanto in tanto a provare e riprovare per decine di secondi prima di riuscire a raccogliere con successo il materiale da noi desiderato.

    Alle numerose belle idee, come quella di consentirci il recupero delle noci di cocco arrampicandoci fisicamente su una palma, il gioco contrappone una scarsissima leggibilità dell'ambiente circostante, soprattutto quando si è costretti a destreggiarsi nelle porzioni più lussureggianti e dense delle varie isole. Si potrebbe anche parlare di quanto poco efficace sia la messinscena della sequenza iniziale, il classico incidente aereo in stile "The Forest", ma crediamo che in un prodotto simile sia un problema ben poco rilevante. Decisamente più preoccupanti sono invece i micro-scatti che di tanto in tanto hanno funestato la nostra esperienza da naufraghi, onestamente incomprensibili su PS5. La versione console, inoltre, è completamente priva di ogni tipologia di modalità online, caratteristica invece presente nella controparte PC. Si tratta di una mancanza a nostro avviso piuttosto grave in gioco di questo tipo, forse la più grave in assoluto.

    Stranded Deep Stranded DeepVersione Analizzata PlayStation 4Stranded Deep è un survival nudo e crudo, più indicato ai grandi fan del genere che non ai neofiti. La produzione di Beam Team si propone come un’alternativa essenziale e fieramente hardcore ai vari Rust, ARK e simili, ma finisce per inciampare - almeno su console - su un comparto tecnico approssimativo e un adattamento del sistema di controllo tutt’altro che impeccabile. Se siete disposti a passare sopra a queste mancanze, non avete nessun interesse a giocare online e non avete paura di venire abbandonati alla mercé della natura selvaggia (senza ulteriori spiegazioni, immediatamente dopo aver concluso un breve e scheletrico tutorial...) l’opera di Beam Team potrebbe comunque tenervi compagnia per un bel quantitativo di ore.

    6.5

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