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Presentato nel corso dell'E3 2021, Stranger of Paradise: Final Fantasy Origin è il titolo con cui Square Enix ha voluto celebrare il 35° anniversario del suo più importante franchise. Non a caso, il prodotto ideato dall'estroso Tetsuya Nomura e sviluppato dal rinomato Team Ninja di Koei Tecmo Games reinterpreta in chiave action la prima fantasia finale, preservandone la mitologia e alcuni elementi chiave. Dopo esserci cimentati col deludente Babylon's Fall di (qui trovate la nostra recensione di Babylon's Fall), nelle ultime settimane abbiamo quindi affrontato l'action RPG che il prossimo 18 marzo esordirà su console e PC, scoprendo una produzione riuscita soltanto a metà: se da una parte il sistema di combattimento palesemente ispirato a quello di Nioh si è subito dimostrato elaborato e intrigante, sul lato narrativo e artistico Stranger of Paradise: Final Fantasy Origin continua invece ad apparire manchevole e svogliato.
Riallacciandosi a quanto raccontato dal capostipite della serie, il mondo di Stranger of Paradise: Final Fantasy Origin è stato avvolto da un'oscurità dilagante che ha imputridito tanto la terra quanto il mare. L'unica speranza di salvezza rimasta al popolo è rappresentata da un'antica profezia secondo la quale i quattro Guerrieri della Luce giungeranno per debellare il potente Chaos: la malvagia entità dell'oscurità e del disordine che appunto si contrappone alla luce e all'armonia rappresentata dai Cristalli.
Sebbene non sappia spiegarne con esattezza le ragioni, il protagonista della vicenda è mosso dalla pressante esigenza di trovare e sconfiggere la divinità: come chiarito dallo stesso Jack, non si tratta soltanto di un sogno o di una mera ambizione personale, bensì di una necessità che lo tormenta e alla quale non può in alcun modo sottrarsi. A ragion veduta, assieme ai fedeli compagni Jed e Ash - due combattenti altrettanto capaci e che lo hanno riconosciuto come leader - il guerriero in possesso di un Cristallo nero come la pece si è presentato al cospetto del Re di Cornelia, al fine di dimostrare il proprio valore e ottenere il permesso per accedere al Tempio del Chaos: il lugubre santuario a nord in cui si mormora risieda la maligna entità. Elettrizzati all'idea di poter compiere finalmente il loro dovere, i tre impavidi avventurieri si introducono dunque nel tempio e affrontano un guerriero corazzato che si presenta loro come una manifestazione del Chaos, dal quale apprendono però che l'odiata divinità potrebbe essere in realtà soltanto il frutto dell'immaginazione degli esseri umani, da sempre abituati ad attribuire la l'esistenza dell'oscurità, dei mostri e persino del loro stesso pessimismo a una figura astratta. Convinto che la sua preda finale esista davvero, Jack accetta senza remore il compito affidatogli dal Re di Cornelia e si rimette subito in viaggio per rintracciare e liberare i quattro Cristalli elementali dall'oscurità, augurandosi di imbattersi lungo il tragitto nella personificazione vera e propria del detestato Chaos.
Senza scendere ulteriormente nel dettaglio per non sottrarvi il piacere della scoperta, l'intero viaggio proposto da Stranger of Paradise: Final Fantasy Origin è pertanto volto a verificare quanto asserito dal primo boss dell'avventura; non per nulla gli scambi di battute tra protagonisti e comprimari si basano unicamente su Chaos e sulla sua incerta presenza. Capitolo dopo capitolo, una sceneggiatura banale e ridondante tende infatti a confermare e a smentire l'esistenza del dio oscuro, in un loop senza fine che si ripete ciclicamente per tutta la durata della campagna.
Come se non bastasse, tra segreti e criptici misteri che trovano una parziale - e non tanto convincente - soluzione soltanto nelle fasi avanzate della vicenda (la cui longevità si attesta sulle 20 ore circa, a seconda del tempo dedicato alle missioni secondarie), la caratterizzazione degli aspiranti Guerrieri della Luce appare lacunosa.
Confusionaria e forzata, la scrittura di Stranger of Paradise: Final Fantasy Origin è insomma ben lontana dagli standard cui la serie dei Chocobo ha abituato i propri affezionati. Anche perché, esattamente come avveniva nel titolo dedicato all'ex-pirata irlandese William (per maggiori dettagli rileggete la recensione di Nioh), la storia dell'ultima fatica di Team Ninja è strutturata in una lunga sequela di missioni selezionabili sul mappamondo e malamente interconnesse da striminziti filmati di apertura e chiusura.
Passando all'assetto ludico, che come accennato nell'introduzione è l'unico aspetto davvero soddisfacente del pacchetto, dobbiamo anzitutto specificare che Stranger of Paradise: Final Fantasy Origin prende in prestito la formula alla base del già menzionato Nioh e vi innesta una manciata di elementi tipici di Final Fantasy, come appunto le classi e le magie.
Rigorosamente in tempo reale, il sistema di combattimento vedrà il giocatore assumere il controllo del solo Jack, che però potrà essere affiancato da due dei quattro compagni selezionabili e affidati all'intelligenza artificiale. Rispetto a Nioh, il protagonista del nuovo action RPG presenta tre diverse barre, rappresentate da HP, PM e logoramento: se le prime due non richiedono alcuna spiegazione, la terza si svuota quando si subiscono degli attacchi e una volta consumata del tutto induce un Crollo temporaneo, ossia uno stato in cui Jack rimane indifeso per diversi secondi e oltretutto vede ridurre i propri PM massimi.
Paragonabile alla postura di Sekiro: Shadow Die Twice, quella del logoramento è una meccanica che il protagonista può sfruttare a proprio vantaggio per annientare in fretta e furia i suoi avversari, in quanto tutte le creature del bestiario possono essere indotte in stato di Crollo: aggredendo i nemici alle spalle o colpendoli ripetutamente per ridurre la barra del logoramento, Jack ha la facoltà di avvicinarsi al bersaglio ed eseguire un cosiddetto "Impeto Spirituale", ovvero un potente colpo di grazia che pone fine alla vita del malcapitato - anche senza prosciugarne i punti salute - e al contempo ripristina i PM dell'eroe.
Frantumando i mostri cristallizzati con Impeto Spirituale e assorbendo la loro forza vitale, è infatti possibile incrementare a dismisura i PM massimi del protagonista, che tuttavia tornano ai valori standard in caso di sconfitta. Con tutta probabilità si tratta della meccanica più utile e importante dell'intero pacchetto, anche perché questa innesca una furiosa sequenza animata durante la quale il Guerriero della Luce diventa brevemente invulnerabile: pertanto, il suo abuso può essere determinante nelle sequenze più concitate e in presenza di molti avversari, che in caso contrario lo circonderebbero per colpirlo da più direzioni.
Non meno interessante ci è parsa la meccanica dello "Scudo Spirituale", che a differenza del parry tradizionale (eseguibile tanto con lo scudo quanto con le armi pesanti) consuma la barra del logoramento per travolgere e intimorire gli oppositori circostanti con una rapida ondata di energia.
Tra l'altro, se eseguita con impeccabile tempismo, questa non blocca soltanto gli attacchi in entrata, ma ripristina i PM e facilita i contrattacchi, consentendo a Jack di apprendere le "Abilità Istantanee": tecniche nemiche che, una volta prese in prestito, non consumano punti magia e hanno un limitato numero di attivazioni, ragion per cui è consigliabile conservarle e impiegarle al momento più opportuno. Alle suddette soluzioni ludiche si aggiunge poi quella del Lux, una meccanica che sacrifica diversi segmenti della barra PM per scatenare un rabbioso power-up che infligge maggiori danni logoranti alle creature circostanti e assorbe in automatico i mostri annientati. Almeno sulla carta il Lux rappresenta l'ultima risorsa di Jack, nonché quella cui ricorrere nelle situazioni più svantaggiate; tuttavia, durante la nostra prova abbiamo finito per servircene assai di rado, poiché il boost ricevuto non ci è parso assolutamente congruo ai PM sacrificati, e soprattutto perché Stranger of Paradise è caratterizzato da un livello di difficoltà meno elevato della media dei congeneri.
A differenza di Nioh e delle produzioni di matrice soulslike cui questo era ispirato, non solo Final Fantasy Origin appare piuttosto accessibile anche a difficoltà Dinamica, ma gli sviluppatori hanno per giunta deciso di andare incontro ai neofiti del genere, includendo un selettore di difficoltà che appunto permette di incrementare o abbassare a dismisura il livello di sfida. Pertanto, se gli appassionati di esperienze proibitive à la From Software troveranno pane per i loro denti soltanto in modalità Difficile e Caotica, al contrario Dinamica e Narrativa andranno incontro alle esigenze di neofiti, azzerando il rischio di rimanere bloccati.
Al netto di qualche picco improvviso e vertiginoso, il bilanciamento complessivo della difficoltà è inflazionato pure dalla presenza dei compagni, che a differenza di quanto accadeva nella prima demo di Stranger of Paradise tendono ad attaccare con maggior grinta e ad annientare da soli qualsiasi minaccia, boss inclusi. Da parte nostra avremmo quindi preferito l'adozione di una routine comportamentale degli alleati meno aggressiva, al fine di non sminuire eccessivamente il ruolo del giocatore e conservare un livello di sfida soddisfacente.
Articolato e frenetico, il combat system di Final Fantasy Origin è inoltre supportato da un sistema di classi che spalanca le porte a una notevole stratificazione ludica: suddivise in tre categorie (base, avanzate e supreme), le classi del titolo mutano radicalmente i pattern di attacco e le skill del Guerriero della Luce, in quanto ognuna di esse dispone di un proprio albero delle abilità in cui sbloccare tecniche e talenti unici.
Ve ne sono 28 e dopo averli provati tutte possiamo asserire con assoluta certezza che non esistano job più efficaci di altri: dal momento che ciascuno di essi è caratterizzato da punti di forza unici e altrettante debolezze, la loro fruttuosità in battaglia è stabilita soltanto dallo stile personale e dall'approccio adottato dall'utente. Se ad esempio il Samurai è la classe perfetta per chi ama realizzare lunghe catene di combo, il Ladro è l'unico job in grado di rubare le Abilità Istantanee in qualsiasi momento, mentre il Ronin privilegia gli attacchi a sorpresa. Ancora, se mestieri prettamente melee come il Lanciere o lo Schermidore sono indicati a coloro che provano maggiore soddisfazione in mischia, le svariate classi magiche esaltano il combattimento a distanza e possono lanciare fenomenali incantesimi ad area, ad eccezione del Mago Rosso, che al contrario utilizza sia attacchi corpo a corpo che a lunga gittata.
Allo scopo di valorizzare sperimentazione e diversificazione, lo sviluppatore ha ben pensato di implementare il "cambio di assetto", che attraverso la semplice pressione di un casto consente a Jack di passare da un job all'altro e di modificare al volo l'intero equipaggiamento. In questo modo, il giocatore può impostare due classi contraddistinte da talenti diametralmente opposti e alternarle a seconda delle necessità, sfruttando a proprio vantaggio le rispettive peculiarità e al contempo i punti deboli degli avversari.
Va infatti specificato che diverse categorie di mostri sono particolarmente resistenti agli assalti fisici, mentre altri cadono con maggior rapidità se tempestati con attacchi magici o armi laceranti.
Questo non solo incentiva l'utente a padroneggiare parecchie classi e armi diverse, ma l'alternanza diventa a tutti gli effetti una necessità primaria per potersi adattare di continuo alle diverse caratteristiche delle creature affrontate. Tuttavia, se da una parte la presenza di quasi 30 mestieri diversi agevola la diversificazione, dall'altra la troppa carne al fuoco spinge a cambiare classe subito dopo aver completato l'albero della abilità associato. Saltando da un job all'altro, Stranger of Paradise non concede quindi il tempo necessario per assimilare a dovere i singoli talenti delle stesse, che molto spesso finiscono invece per non essere utilizzati affatto.
A proposito di armi e armature, la creatura partorita dal sodalizio nipponico è purtroppo afflitta da un loot esagerato, che nel giro di pochissimi minuti permette di accumulare centinaia di oggetti diversi. Tenendo presente che ciascuna protezione migliora tre parametri diversi, lo sproporzionato quantitativo di oggetti recuperabili durante una singola missione ci ha spinti sin dai primi minuti della campagna a rinunciare totalmente all'idea di studiare il bottino e scegliere manualmente i pezzi di equipaggiamento da utilizzare.
Al contrario, dopo un paio di missioni al massimo ci si ritrova a usufruire con regolarità dell'ottimizzazione automatica dell'armamentario. E dal momento che questo finisce per essere sostituito ogni 10-15 minuti circa, tra una quest e l'altra non abbiamo mai sentito l'effettiva necessità di ricorrere alla fucina per potenziare anche solo lievemente le armature in uso. Un loot moderato avrebbe di certo valorizzato il crafting, che allo stato attuale si traduce nell'inutile spreco di materie prime.
Sin dalla pubblicazione della prima demo del prodotto abbiamo sottolineato le mancanze dell'intelaiatura tecnica di Stranger of Paradise: Final Fantasy Origin. Mancanze che grossomodo abbiamo riscontrato anche nella versione finale. Giocato su PlayStation 5 in modalità Performance, il titolo incappa di tanto in tanto in cali di frame rate leggeri quanto inspiegabili, specie se consideriamo la semplicità dei modelli poligonali e la povertà delle texture che appunto ne tradiscono la natura cross-gen.
Rinunciando a una maggiore fluidità per incrementare i dettagli grafici, la modalità Risoluzione restituisce invece una nitida immagine in Ultra HD. La vera lacuna del nuovo gioco di Square Enix va però ricercata nel character design: laddove l'efficace monster design ha portato sui nostri schermi delle fiere minacciose e degne di Final Fantasy, il design dei protagonisti - il cui aspetto muta in base all'equipaggiamento in uso - è maledettamente anonimo e sottotono. Se a questo aggiungiamo la grossolana espressività facciale e un lip-sync spesso assente, la data cornice tecnica di Stranger of Paradise lascia piuttosto interdetti.
La situazione migliora non poco sul versante sonoro, grazie alla presenza di un accompagnamento musicale puntuale e variegato, che propone vivaci riarrangiamenti dei motivetti più apprezzati di tutta la saga. Passando al doppiaggio, durante i nostri test abbiamo preferito ancora una volta la traccia giapponese a quella inglese, poiché meglio recitata e sorretta da accostamenti vocali più azzeccati. Sono invece i testi in italiano ad averci fatto storcere il naso, a causa di scelte di adattamento opinabili e dell'eccessivo ritardo con cui i sottotitoli compaiono sullo schermo.
Stranger of Paradise: Final Fantasy OriginVersione Analizzata PlayStation 5Stranger of Paradise: Final Fantasy Origin è un esperimento riuscito solo in parte. La sceneggiatura carente e il comparto tecnico anacronistico, senza dimenticare una direzione artistica svogliata, sono in questo caso controbilanciati da un sistema di combattimento stratificato e in buona parte mutuato da Nioh. Il piatto forte dell’intero pacchetto è certamente rappresentato dalla frenesia dell’azione e dalla profondità strategica offerta dal cambio di Assetto, che attraverso la pressione di un tasto muta completamente l’equipaggiamento e le capacità del protagonista Jack, consentendogli di adattarsi a qualsiasi situazione. Complice un livello di difficoltà tarato verso il basso, ne consigliamo l’acquisto a coloro che fino a questo momento si sono tenuti alla larga da Nioh e più in generale dai soulslike, poiché intimiditi dal livello di sfida elevato che contraddistingue il genere. Col supporto dei compagni e del selettore di difficoltà, al contrario Stranger of Paradise: Final Fantasy Origin potrebbe essere l’occasione perfetta per cimentarsi con qualcosa di nuovo e ampliare i propri orizzonti videoludici.
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