SUPERHOT: Recensione della versione PS4

SUPERHOT giunge su PlayStation 4 con l'obiettivo di imprigionare anche gli utenti Sony: pronti ad "obbedire" al sistema?

SUPERHOT: Recensione della versione PS4
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Disponibile per
  • Pc
  • PS4
  • Xbox One
  • Switch
  • "Ciao [LETTORE_DI_EVERYEYE] devi provare questo gioco. È lo sparatutto più innovativo che abbia mai giocato".
    Non l'ho scritto di mia volontà. Mi hanno detto di farlo. Mi controllano, mi osservano, mi giudicano. Chi sono le persone che mi stanno manipolando? Non lo so. Posso ribellarmi? Forse. Perché non lo faccio? Perché, in fondo, sono d'accordo con loro: SUPERHOT è davvero lo sparatutto più innovativo cui abbia giocato da anni. Lo era già nel 2016, quando giunse ad infettare i Personal Computer di tanti, poveri ed ignari acquirenti, e lo è anche adesso che - come un virus cibernetico - si è diffuso persino sulle nostre PlayStation 4, con la concreta intenzione di irretire il giocatore in una dimensione digitalizzata da cui è difficile (se non impossibile) riuscire ad uscire. SUPERHOT si diverte a giocare con l'utenza tanto quanto noi ci divertiamo a giocare con esso. Sullo schermo del televisore viene simulata la medesima interfaccia in stile DOS che aveva già preso possesso dei nostri PC: ci troviamo quindi di nuovo dinanzi a quell'odioso eseguibile SUPERHOT.EXE, che non possiamo ovviamente fare a meno di avviare per l'ennesima volta, nonostante siamo già a conoscenze delle temibili conseguenze.

    Quello che ci aspetta, una volta dato il via alla componente narrativa di SUPERHOT, è un inquietante trip virtuale, un viaggio allucinato in un mondo geometrico, asettico, rigido e schematico, che finirà per farci il lavaggio del cervello, plagiare la nostra volontà, condizionarci a tal punto da dover obbedire ciecamente ai comandi di qualche entità superiore che domina sul nostro corpo e sulla nostra mente. Con un guizzo squisitamente metavideoludico, SUPERHOT ci inganna, ci persuade, ci destabilizza. Ci catapulta in un mondo di poligoni nudi, nel quale il tempo sembra non esistere più: o meglio, risponde a regole diverse da quelle cui siamo abituati. Alcune scritte intermittenti, che compaiono a schermo con fare minaccioso, sembrano quasi ipnotizzarci: restiamo quindi come sospesi, pietrificati, mentre intorno a noi tutto appare statico ed immobile. È una sensazione di forte straniamento, acuita da un indovinato connubio di sonorità pervasive e design minimalista, dove a prevalere è un cromatismo caratterizzato da sole tre sfumature: il bianco dell'ambiente, il rosso dei bersagli, il nero delle armi. Può sembrare una scelta dettata dalla pigrizia, o dalla volontà di sfruttare uno stile "moderno" e graffiante.

    Ma in realtà, al di là delle ragioni artistiche, aver optato per un solo tris di colori risponde ad esigenze diverse: quelle dell'intuitività basilare, dell'immediato responso delle nostre associazioni mentali. Senza alcuna distrazione generata da qualche futile orpello visivo, il nostro cervello collega immediatamente le differenti colorazioni ad una specifica funzione: il bianco rappresenta il confine oltre il quale non possiamo muoverci, il nero gli oggetti con cui interagire ed il rosso tutto ciò che dobbiamo eliminare. Sì, "dobbiamo". Perché sin da subito SUPERHOT ci getta nel bel mezzo di situazioni alquanto spinose, in scene e location che paiono quelle di un film "hard boiled", nelle quali saremo chiamati, volenti o nolenti, a sopravvivere, facendoci largo a suon di piombo. Tra risse nei bar, scazzottate in ascensore e sparatorie in metropolitana, vige una regola, ed una soltanto: "one shot", un singolo colpo di pistola, di mitra o di fucile a pompa sia per uccidere sia per essere uccisi. La mente risponde così a stimoli semplici, abbassa le proprie difese e viene subito plagiata. Mentre veniamo manovrati come fossimo burattini, nel regno digitale di SUPERHOT l'unica cosa sotto il nostro controllo è il tempo: la scena inizia a scorrere solo quando ci muoviamo, mentre si ferma fino a cristallizzarsi del tutto nel caso in cui decidessimo di restare immobili. Questo è il potere che ci è stato concesso: spetta a noi sfruttarlo pienamente per eliminare tutte quelle sagome color cremisi che si avvicinano con fare assassino. A ben pensarci, in un universo virtuale dove crediamo di agire sotto costrizione, possediamo invece la più grande libertà che potrebbe esserci concessa: quella di scegliere il modo in cui giungere alla conclusione. Ogni stage di SUPERHOT assume così i connotati di un puzzle game: senza conoscere quante munizioni ci sono rimaste in canna, né quanti altri nemici ci attendono nel prossimo angolo, dovremo quindi dosare accuratamente ogni passo ed ogni strumento a nostra disposizione. Katane, mazze da baseball, bottiglie di liquore e persino grosse TV a tubo catodico si trasformano in un'arma utile a intontire gli avversari, in modo tale da disarmarli e riuscire ad afferrare le loro pistole con un coreografico slow motion. L'ordine, il metodo e lo stile con cui frantumare ogni nemico in mille schegge rossastre sono a nostra completa discrezione: è per questo che, tramite la piena gestione del flusso temporale, SUPERHOT stimola più le nostre meningi che i nostri riflessi. Ma il "tempo" è sia la più grande forza del software, sia il suo limite maggiore. Proprio quando avevo deciso di adattarmi alle leggi di questo microcosmo poligonale, proprio quando avevo capito che, in fondo, questa prigione mi procurava una forte senso di appagamento, ecco che tutto finisce, si sgretola, si dissolve: SUPERHOT ha il solo difetto di essere troppo breve, di chiudere la sua storyline in poco più di un'ora. È vero, ci sono le sfide extra, con le quali superare i medesimi livelli della trama principale con diverse modifiche e limitazioni, che ci costringono a cambiare di volta in volta strategia e meccanismi di soluzione, esasperando l'anima "enigmistica" del gioco. Ma non è abbastanza.

    Una volta catturati dalla sua originalissima follia, SUPERHOT crea profonda dipendenza: è per non finire in crisi d'astinenza, allora, che ho preso la (mal)sana decisione di reinstallare il file anche su PS4, e diffondere agli utenti Sony lo stesso morbo che ha infettato la mia console. La più grande differenza con l'edizione PC consiste, com'era prevedibile, nel sistema di controllo: non trattandosi certo di uno shooter nel senso tradizionale del termine, muovere il reticolo con lo stick analogico si dimostra un'azione comoda, reattiva ed efficiente. Nei numerosi momenti di stasi, infatti, potremo prendere la mira con la dovuta calma e precisione: ciononostante, non appena il tempo si rianima, non appena l'ansia di centrare l'obiettivo diviene palpabile, inizieremo a sentire la mancanza della reattività del mouse, indubbiamente la periferica d'elezione per chiunque voglia cimentarsi nelle speed run o nella modalità "Senza fine" (in cui distruggere ad oltranza quante più sagome possibile) senza troppi svantaggi rispetto ai prigionieri, o meglio ai "giocatori", della versione PC.

    SUPERHOT SUPERHOTVersione Analizzata PlayStation 4SUPERHOT è giunto anche su PlayStation 4 con un unico scopo: catturare nuovi giocatori. “Diffondere il gioco e promuoverlo è ora una nostra responsabilità”. Coinvolgente, intelligente e tremendamente stimolante proprio come su PC, la versione per home console di questo puzzle-shooter è un acquisto imprescindibile per ogni amante delle esperienze sui generis. “Obbedisci”. L'unico limite - semmai - consiste piuttosto nella minore manovrabilità dello stick analogico rispetto al mouse, che potrebbe rendere meno intuitivo e fluido il superamento dei nostri record durante le speed run. “Ti osserviamo”. Ma resta comunque un vincolo che inficia solo in minima parte la riuscita di un prodotto tanto peculiare quanto attraente, capace di allenare contemporaneamente i riflessi e le meningi degli utenti. La versione PS4 diviene così l'occasione perfetta per irretire ulteriori accoliti. Il sistema, in fondo, ha bisogno di nuovi nomi. E quindi, [LETTORE_DI_EVERYEYE], acquista anche tu SUPERHOT: in questo modo diventerai finalmente “Uno di noi”.

    8.3

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