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The Bradwell Conspiracy Recensione: un thriller ispirato a Firewatch
The Bradwell Conspiracy è un progetto indipendente con un cast di professionisti dell'industria, che insieme hanno creato un thriller riuscito a metà.
INFORMAZIONI GIOCO
Articolo a cura di
Claudio Cugliandro
Disponibile perPc
PS4
Xbox One
Switch
Xbox One X
PS4 Pro
Nell'ambito delle avventure narrative in prima persona, anche la più piccole delle "innovazioni" porta a dei cambiamenti radicali nei modi di fruire l'opera da parte del giocatore. Anche un'aggiunta apparentemente impercettibile può riscrivere le caratteristiche dell'esperienza finale, perché modificare il gameplay significa cambiare i modi del racconto, e viceversa. Nel caso di Bradwell Conspiracy, il first person narrative di A Brave Plan, accade proprio questo: il semplice inserimento di una singola meccanica diversa dai titoli a cui si ispira modifica radicalmente le sue regole, sia narrative che ludiche. Purtroppo, lo studio inglese si è affidato troppo a quest'unico e apprezzabile elemento originale per far funzionare il gioco, ritrovandosi con un'opera sì interessante e ispirata, ma comunque claudicante in molte fasi dell'esperienza.
Mandami una foto e ti dirò chi sei
Ci risvegliamo da un forte colpo alla testa nella sala d'ingresso di un museo. Gli occhiali in realtà aumentata che indossiamo ci informano delle nostre condizioni. Intorno, il fumo e le fiamme scaturite da un qualche incidente si stanno diradando. La voce guida incorporata negli occhiali ci dice che la nostra gola è stata danneggiata dalle esalazioni, e che quindi al momento ci è impossibile parlare.
Spiazzati, stupiti e impauriti, ci mettiamo alla ricerca di un'uscita, seguendo gli aiuti e i suggerimenti della guida. Esplorando, incappiamo in un'altra vittima dell'incidente, che ci chiede di aiutarla. Sentiamo solo la sua voce, dato che un'enorme porta sigillata ci divide. A causa delle esalazioni, tutto ciò che potremo fare per comunicare con lei sarà ricorrere alla fotocamera incorporata all'interno degli occhiali di realtà aumentata, visto che il suo paio riceverà istantaneamente le immagini scattate, permettendoci di creare una piccola connessione.
Così inizia Bradwell Conspiracy, con un tutorial decisamente banale ma necessario a farci comprendere le basi del racconto: non potremo interagire vocalmente con la nostra alleata, e potremo affidarci solamente alle fotografie che decideremo di scattare durante il gioco. Le funzioni di questa scelta, vero elemento caratterizzante dell'esperienza, sono molteplici. La possibilità di comunicare per immagini libera infatti la scrittura dalla necessità delle scelte multiple, che spesso ingabbiano i personaggi che decidiamo di scrivere sulla base di opzioni comunque decise a monte dai designer. In questo modo, non dovremo scegliere tra l'approccio "comico" e quello "tragico", ma affidarci al rapporto che si può instaurare tra la foto scelta e il modo in cui viene letta dalla controparte. Questa meccanica è interessantissima e originale, visto che rappresenta in modo efficace il principale limite e al contempo il valore proprio del linguaggio, ossia il fatto di essere costantemente interpretato dalla persona con cui parliamo, a cui ci rivolgiamo. Inoltre, tutto ciò rende totalmente anonimo l'avatar che utilizziamo, permettendoci di sovrapporci psicologicamente in modo totale e assoluto al personaggio.
Col tempo, la fuga dal museo si trasformerà in un atipico thriller, in cui procedendo verso le uscite d'emergenza scopriremo varie storie e segreti della Bradwell Electronics, gigantesca multinazionale della tecnologia che sta iniziando a espandersi anche nel settore delle risorse alimentari e naturali. Sarà in queste fasi che dovremo affrontare numerosi sessioni a enigmi e platform, sempre con l'aiuto della nostra alleata esterna, con la quale dovremo coordinare gli sforzi e gli interventi sulla struttura della compagnia.
Il troppo storpia
Le fotografie serviranno ad affrontare i livelli del gioco in molti modi, e al contempo contribuiranno a forgiare il rapporto tra noi e la nostra alleata in questa fuga rocambolesca. Vedete un poster sulla Bradwell che non vi convince? Una foto dello stesso scatenerà le sue reazioni critiche. Siete bloccati in un punto del gioco? Mandatele uno screen, magari la vostra compagna potrà attivare qualcosa per aiutarvi. Le mandate a più riprese la stessa foto? Tenete a mente che l'alleata potrebbe arrabbiarsi.
Oltre alle fotografie, un altro strumento fondamentale verrà sbloccato da un divertente (quanto superfluo nella durata) tutorial: la pistola materializzante. Immaginate una Portal Gun che può creare e smaterializzare degli oggetti fisici di fronte a voi, previa acquisizione di un progetto che ne descriva la forma e le dimensioni. Una volta trovato il chip necessario, potremo creare pannelli, trofei, persino statuette di gatti e cani o aghi per lavorare a maglia. Ovviamente, non tutti i progetti ci saranno utili, ma la possibilità di creare pedane e oggetti simili avrà, come prevedibile, un ruolo enorme nell'affrontare puzzle ed enigmi ambientali.
Purtroppo, queste fasi sono anche le peggiori dell'intera esperienza: seppur incredibilmente varie e arricchite dalla costante presenza dei dialoghi di Amber (la nostra nuova amica), la banalità e l'assurdità di certi enigmi non rendono giustizia al gioco, anche considerando l'estrema macchinosità dei controlli. Tra pedane da attivare a tempo, pareti da riempire correttamente con la pistola materializzante e tubi da riparare, ci sarà davvero tanto da fare, ma senza aver mai la sensazione di star facendo qualcosa di integrato con il racconto.
In tal senso, durante il gioco (nelle tre ore circa richieste per completarlo) emergono due anime fortemente contraddittorie tra loro, che smorzano radicalmente l'efficacia del racconto e del gameplay: da un lato, l'approccio "alla Portal" ridimensiona il flusso narrativo della storia, mentre il necessario realismo del level design e delle vicende messe in scena appiattisce il valore degli enigmi e della narrazione. Forse è anche per questo che il finale appare arrivare troppo in fretta e troppo a caso, dopo un colpo di scena abbastanza prevedibile che avrebbe potuto aggiungere molto alle meccaniche e al racconto. La scelta finale, unica e quindi fondamentale, stimola ideologicamente a una riflessione importante e complessa, ma la mancanza d'empatia nei confronti di alcuni personaggi e scelte la rende molto meno rilevante di quanto auspicabile.
Un contorno delizioso
Se molte delle scelte di design di A Brave Plan risultano inefficaci e incoerenti, l'investimento creativo sull'interpretazione attoriale e sul contesto narrativo ripaga ampiamente, e tutto questo, in un gioco narrativo, ha un impatto non indifferente sul valore complessivo dell'esperienza. C'è da dire che il cast a supporto dell'opera vanta nomi importantissimi, che impreziosiscono molti aspetti della produzione: le musiche e il sonoro sono coordinate da Austin Wintory (Journey, Abzu, Banner Saga); le voci principali, quella di Amber e quella della Guida dei nostri occhiali, sono di Rebecca LaChance e Abubakar Salim (Bayek e Aya di Assassin Origins); la direzione della performance è di Kate Saxon (Alien Isolation ed Everybody's Gone to the Rapture); ai dialoghi c'è Jane Espenson (Buffy l'Ammazzavampiri).
Questa incredibile mole di talenti, come detto prima, emerge costantemente durante l'esperienza, garantendo freschezza e interesse anche quando enigmi e pulizia dei controlli lavorano in senso opposto. Il design degli interni (e, quindi, dell'intero gioco) si fa brillantemente beffe della retorica "young e smart" delle moderne aziende high-tech, e il lavoro sui poster e sui dialoghi è ottimo, capace di caratterizzare molto bene la figura di Amber.
Infine, eccezionale è anche il lavoro svolto sul sito della Bradwell, consultabile online e pieno di contenuti fortemente legati al gioco completo, perfettamente integrato con i temi dell'opera e capace di calarci nel mondo di gioco con efficacia.
6
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The Bradwell ConspiracyVersione Analizzata PlayStation 4Più interessante che ben fatto, più originale che coerente, Bradwell Conspiracy si lascia giocare fino alla fine senza mai esaltare e intrigare a fondo, a causa del suo level design, dei suoi enigmi e dell'incoerenza tra meccaniche e narrato. Al contempo, non ci lascerà mai totalmente indifferenti, grazie a delle interpretazioni ottime, a una divertente e curiosa reattività dell'IA e un contesto narrativo comunque stimolante.