Recensione The Legend of Zelda: Majora's Mask 3D

La rivincita di un capitolo incompreso della più grande saga Nintendo

Recensione The Legend of Zelda: Majora's Mask 3D
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  • Sembra quasi impossibile che dal concepimento di quella piccola, oscura e affascinante perla che prende il nome di Majora's Mask siano già passati quasi quindici anni. Rigiocarlo oggi, anestetizzati da un mercato sempre più avaro di novità, fa davvero uno strano effetto. Un effetto positivo, chiaramente: tornare nelle terre di Termina è stato quasi come svegliarsi da un lungo letargo, una sensazione perlopiù gradevole ma al contempo parzialmente destabilizzante. Visitando nuovamente le varie location del gioco abbiamo riscoperto un piacere perduto da tempo, sepolto da una spessa coltre di ricordi videoludici dominati da capitoli derivativi con cadenza annuale di questa o quella serie famosa. E non pensiate che sia la nostalgia a parlare: ad esser completamente sinceri, questo particolare capitolo della serie, all'epoca, non l'avevamo neanche apprezzato più di tanto. E non eravamo gli unici, ma questo immagino sia già di dominio pubblico. L'accoglienza riservata dai fan al secondo capitolo di The Legend of Zelda per Nintendo 64 era stata, per usare un eufemismo, piuttosto tiepida. Majora's Mask è certamente uno dei capitoli più divisivi della serie: "o lo ami o lo odi", dicevano. E sì, in effetti ne siamo sempre stati convinti anche noi, che forse - e lo diciamo con immenso rammarico - quindici anni fa non lo avevamo capito completamente.

    REMAKE, NON REMASTER

    Immaginatevi per un attimo la scena: Nintendo pubblica Ocarina of Time, il primo capitolo di Zelda con grafica interamente poligonale, titolo che ottiene immediatamente i favori della critica e dei giocatori. La gente impazzisce per la nuova avventura di Link e chiede un seguito; richieste a cui Nintendo risponde pubblicando uno dei capitoli più atipici e controversi della serie.
    Pur apprezzando lo sforzo ed il coraggio del publisher, esempio lampante di come il mercato sia cambiato da inizio secolo ad oggi, dobbiamo ammettere che certe reazioni non proprio entusiaste erano tutto sommato prevedibili. Se l'accoglienza da parte del pubblico non era stata delle migliori, però, dovevano esserci anche altri fattori, qualcosa che andasse oltre il semplice malcontento dei fan di Ocarina of Time. Majora's Mask era tutt'altro che perfetto, ed è proprio qui che entra in gioco questo remake, la nuova versione per 3DS che tutti - noi compresi - hanno lodato a più riprese. Perché ora tutti lo vogliono, mentre quindici anni fa era considerato la pecora nera della serie? Probabilmente perché pur rimanendo pressoché identico nella sostanza, questo Majora's Mask non è affatto lo stesso di allora. Ormai siamo stati abituati ad avere a che fare con mere rimasterizzazioni realizzate mettendo in campo uno sforzo produttivo pressoché nullo, quindi ci teniamo a mettere le cose in chiaro fin da subito: questo remake può vantare una cura per i particolari senza precedenti, derivata da un evidente, viscerale e deferente amore per il prodotto originale. Stiamo davvero parlando di un remake con la R maiuscola, un'opera magistrale in cui niente è stato lasciato al caso: il comparto tecnico è stato aggiornato in modo deciso ed evidente, e di pari passo anche la struttura di gioco ha subito numerosi, impercettibili aggiustamenti.
    Modifiche lievi e poco invasive, ad un primo sguardo impercettibili; un ribilanciamento quasi invisibile del quale ci renderemo conto lentamente, quando ci ritroveremo a superare senza frustrazione alcune sezioni di gioco che nell'edizione originale del titolo ci avevano quasi portato alla disperazione.

    Ma questo non significa necessariamente che il remake sia più semplice dell'edizione per N64: affatto. Stiamo parlando di vere e proprie rifiniture; tante piccolezze che, sommate, fanno la differenza. L'unico vero stravolgimento è stato riservato al vetusto sistema di salvataggio, in origine davvero troppo confusionario. Anche quello di Ocarina of Time aveva i suoi problemi, in effetti, ma Majora's Mask aveva raggiunto un livello di complessità e contorsione concettuale fuori da ogni ragionevolezza. In questo remake trova spazio un save system più lineare, che abbandona completamente il caos mentale della prima edizione di Majora's Mask. Spariscono ad esempio i quicksave monouso (per altro assenti nella versione giapponese del gioco originale), forse in parte figli delle limitazioni tecnologiche dell'epoca: i save saranno ora affidati a due diverse tipologie di statue, entrambe capaci di creare salvataggi permanenti. Quelle a forma di gufo continueranno ad essere utilizzabili come punto d'approdo per i nostri viaggi rapidi, mentre quelle piccole, a forma di piuma, serviranno come punti di salvataggio intermedi. I save point sono inoltre aumentati sensibilmente, mentre sono completamente spariti i salvataggi automatici che venivano effettuati dal gioco ad ogni reset temporale. Forse qualche appassionato potrebbe trovarsi spaesato, ma come avevamo già detto nella nostra ultima anteprima, questi sono cambiamenti fisiologici necessari per riproporre oggi un titolo concepito quindici anni fa: all'epoca forse quel sistema poteva funzionare, oggi decisamente no. Ma i ritocchi non finiscono qui, ci sono ancora molte cose da scoprire in questo remake. Gli scontri con i boss, ad esempio, da sempre anima pulsante della serie ed unica degna conclusione per ogni dungeon che si rispetti, sono stati ribilanciati e potenziati. Anche qui vale lo stesso ragionamento fatto in precedenza: non si tratta di un processo di semplificazione, ma di una sottile rifinitura; cercheremo di non spoilerare niente, ma non possiamo negare che alcune boss fight, nel gioco originale, fossero meno riuscite di altre. Questa minuziosa opera di rivisitazione ha favorito e promosso un processo di riabilitazione di quelle meno godibili, uniformandole agli standard qualitativi che un'opera così imponente richiedeva e, onestamente, meritava. Ci troviamo di fronte un remake a tutto tondo, che prende tutto ciò che di buono avevamo potuto sperimentare nell'edizione di quindici anni fa e lo potenzia, limando con cura molte delle numerose imperfezioni senza stravolgerne la struttura e lasciandone inalterata l'indole scorbutica.

    ADDIO SOLE, BENVENUTA LUNA

    L'aspetto che più ci ha colpito di questo remake è il tatto e la discrezione con cui ha tirato a lucido il solidissimo impianto di gioco di Majora's Mask. Senza azzardare, con ordine e dedizione. La struttura dell'originale è rimasta completamente intatta, così come era stata pensata quindici anni fa. Ed è davvero sorprendente girovagare nel misterioso mondo di Termina, ora più bello che mai, e constatare passo dopo passo quanto il gioco sia invecchiato bene. Anzi, no, Majora's Mask non è solamente invecchiato bene: è migliorato col tempo. Le atmosfere tetre e misteriose dell'originale sono ancora tutte al loro posto, così come la rigidissima struttura a tempo che da sempre identifica e distingue Majora's Mask dal resto delle avventure di Link. Il nostro scopo sarà quello di salvare il mondo in soli tre giorni: avremo a disposizione 72 ore per evitare che la luna, inquietante presenza che ci osserva dall'alto con il suo ghigno malefico, si schianti sulla terra e la riduca in frantumi. Un incipit semplice ma insolitamente catastrofista, decisamente più maturo di quello di tanti altri capitoli della serie. Ovviamente non dovremo necessariamente completare il gioco in questo brevissimo lasso di tempo (le 72 ore, in realtà, equivalgono ad appena 54 minuti di gioco): potremo riavvolgere il tempo un numero illimitato di volte suonando una semplice melodia con la nostra fidata ocarina. Il riavvolgimento del tempo ci riporterà all'inizio della nostra avventura, privandoci di tutte le nostre rupie e degli oggetti opzionali in nostro possesso, ma non delle maschere e degli strumenti ottenuti durante i cicli temporali precedenti. Sarà proprio questa la base sulla quale costruire la nostra scalata verso il successo, la nostra unica possibilità di sopraffare un nemico dal potere apparentemente incontrastabile. Durante la nostra avventura saremo spesso costretti a correre contro il tempo e pianificare gli obiettivi da portare a termine in ogni ciclo, per poi ricominciare da zero senza neanche aspettare lo scadere dei tre giorni, dato che sarebbe praticamente inutile iniziare un dungeon all’inizio del terzo giorno: questi ultimi vanno necessariamente completati in un singolo ciclo temporale e spesso, anche partendo subito dopo il reset, a causa della loro complessità e lunghezza ci vedremo costretti a rallentare il tempo con l'apposita canzone per portare a termine l’impresa con successo. Ci sono addirittura contenuti secondari che vi terranno impegnati per tutti e tre i giorni e quest che vi esorteranno a recarvi in un posto prestabilito a una determinata ora. Come se non bastasse, ad aggiungere ulteriore carne al fuoco ci pensano le maschere, ennesima testimonianza dell'incredibile profondità dell'impianto ludico della produzione. Non ce ne vogliate, ma crediamo fermamente che, almeno sotto questo aspetto, Majora's Mask sia ad oggi il capitolo più vario e completo della serie. Non il migliore in senso assoluto, ma il più profondo da un punto di vista squisitamente ludico. Nel gioco potremo entrare in possesso di ben 24 maschere: alcune saranno indispensabili per proseguire nell'avventura e ci forniranno una nuova trasformazione, mentre altre si limiteranno a renderci la vita più semplice grazie alle loro abilità. Ovviamente tutte queste novità non rimpiazzano gli storici strumenti e le dinamiche di base della serie, ma le affiancano senza scardinare gli equilibri di un gameplay ormai più che collaudato.

    Oltre alla luna, che per quanto questo possa sembrare assurdo recita davvero un ruolo di primaria importanza nell'economia del gioco, non possiamo non citare il misterioso Skull Kid, dispettosa creatura soggiogata dalla perfida maschera di Majora e da sempre oggetto di centinaia di teorie e supposizioni - più o meno strampalate - apparse sul web. Tralasciando per un attimo il mero impatto visivo, Termina è per sua stessa natura un luogo cupo e pieno di segreti, misteri inspiegabili e conflitti viscerali che affliggono e logorano le popolazioni maggiori dei suoi vasti territori. L'atmosfera generale del remake riprende fedelmente questa inedita anima dark della produzione, proponendo un ritratto del mondo di gioco decisamente meno colorato e allegro rispetto ai canoni tipici della serie. Anche se a dirla tutta, il processo di rivisitazione del gioco ha comunque impattato in modo abbastanza significativo su questo aspetto: la palette cromatica del titolo è stata pesantemente ritoccata, così come la saturazione e l'illuminazione globale degli ambienti di gioco, ora visibilmente più luminosi rispetto al passato. Questi cambiamenti non hanno inciso in modo pesante sulla resa finale, ma hanno inevitabilmente affievolito, in minima parte, la carica di tensione che avvolgeva alcune situazioni e location del gioco. Niente di grave, però, dato che buona parte del look sporco, slavato e "scuro" del gioco originale in realtà era più frutto della limitata potenza del Nintendo 64 che non di specifiche scelte di design.

    UNA LUNA NUOVA

    Buona parte degli sforzi produttivi del team Grezzo (lo stesso che si è occupato di Ocarina of Time) sono stati indirizzati sul miglioramento del comparto tecnico: sono passati ben quindici anni dall'uscita del gioco su Nintendo 64, e a Majora's Mask serviva proprio un bel restyling grafico. Il risultato è estremamente coerente, in linea con quanto di buono avevamo visto nel remake del capitolo precedente, che pochi anni fa aveva avviato il trend dei remake per 3DS di grandi classici del passato (oltre ai due capitoli di Zelda, non possiamo non citare le ottime riedizioni di Pokémon Rubino e Zaffiro). Abbiamo già citato le modifiche al sistema di illuminazione e alla saturazione dei colori, due elementi che, da soli, ci sono sembrati capaci di migliorare infinitamente la resa globale del gioco. Ma anche texture e ambientazioni ora sono più ricche e dettagliate che mai, nonostante l'hardware della piccola console portatile Nintendo non sia propriamente un mostro di potenza. E si vede, non possiamo assolutamente negarlo. I modelli dei personaggi sono stati completamente rivisti, e mostrano ora fattezze più credibili, meno rozze e spartane delle loro controparti a 64 bit.

    Parlando del sistema di controllo, invece, non abbiamo riscontrato grosse differenze rispetto al remake di Ocarina of Time, palesemente utilizzato come modello di partenza anche per questo seguito. L'interfaccia è stata quasi completamente trasferita sul touch screen della console, grazie al quale potremo, ad esempio, tenere sott'occhio la mappa di gioco senza dover richiamare ogni volta l'apposito menu o sacrificare porzioni dello schermo principale come accadeva nel gioco originale. Lo stesso discorso vale per la gestione degli oggetti, assegnabili tranquillamente a quattro pulsanti rapidi tramite un semplice ma efficace drag & drop. Due di questi pulsanti saranno legati ai tasti Y e X della console, mentre gli altri due saranno utilizzabili soltanto attraverso la pressione dell'area corrispondente dello schermo inferiore. Contrariamente al predecessore, uscito prima del rilascio dell'accessorio in questione, questo capitolo prevede la possibilità di utilizzare il Circle Pad Pro, grazie al quale potremo controllare la telecamera con maggiore semplicità e precisione. A differenza di quanto abbiamo riscontrato in giochi più concitati come Monster Hunter, comunque, qui la telecamera sembra riuscire a seguire l'azione di gioco con maggiore facilità; qualora questa dovesse rivelarsi problematica (e capiterà, ve lo garantiamo), basterà semplicemente premere il tasto dorsale sinistro del 3DS per riportarla alle spalle del protagonista a tempo di record. A proposito dei dorsali, ci sarebbe piaciuto molto se i due tasti aggiuntivi del Circle Pad Pro (gli stessi ZL e ZR che ritroveremo anche sul New 3DS) fossero stati utilizzabili come alternativa fisica ai due tasti rapidi software (quelli presenti solo sul touch screen), anziché fargli replicare in tutto e per tutto le funzionalità dei tasti L e R. Purtroppo non abbiamo ancora avuto modo di provarlo su New 3DS, ma vi garantiamo che il titolo resta godibilissimo su tutti i modelli della famiglia di console portatili Nintendo, senza limitazione alcuna. L’unica problematica che abbiamo riscontrato riguarda l’utilizzo dell’effetto stereoscopico, che pur risultando molto profondo e di ottima fattura, continua ad avere i classici problemi derivanti dal limitatissimo angolo di visuale: nei vecchi modelli basterà spostare leggermente la console per vedere l’immagine sdoppiarsi, un difetto davvero fastidioso che mal si sposa, ad esempio, con la possibilità di mirare e muovere la telecamera grazie al giroscopio integrato nella console. Tale problema dovrebbe comunque essere risolto (o comunque mitigato) da una delle migliorie implementate da Nintendo nei nuovi modelli, il famoso sistema di head tracking di cui abbiamo sentito tanto parlare in questi ultimi mesi.

    The Legend of Zelda: Majora's Mask 3D The Legend of Zelda: Majora's Mask 3DVersione Analizzata Nintendo 3DSThe Legend of Zelda: Majora's Mask 3D è il grande remake che tutti aspettavano, la rivincita di un capitolo "incompreso" che da quindici anni attendeva una nuova possibilità per dimostrare il proprio valore. Un titolo spesso bistratto ma ugualmente potente, divertente e impegnativo. Majora's Mask è un esponente di prim'ordine dell'epoca d'oro di Nintendo, una gradevolissima reminiscenza di un modo di concepire i titoli "tripla A" ormai caduto in disuso. Forte di un grado di sfida quasi proibitivo, capace a tratti di lambire il sadismo videoludico vero e proprio, sostenuto da una struttura di gioco unica e da un gameplay profondo ed imponente, Majora's Mask 3D è riuscito a stupirci più di quanto ci saremmo aspettati. L'opera di restauro portata a compimento dal team di sviluppo, lo stesso che già si era occupato del remake del predecessore, ci ha restituito un titolo leggermente meno grezzo, più moderno e godibile dell'originale: una vera e propria pietra miliare che non può mancare nella collezione di ogni appassionato di vecchia data della serie, ma anche di coloro che si sono avvicinati al mondo di Zelda soltanto adesso. A patto che siano disposti a sottostare alle numerose e rigidissime regole di un gioco vecchio stile, che sa essere estremamente appagante ma anche scorbutico e brutale. Un'altra grande perla pronta ad arricchire la già invidiabile line-up della console portatile di Nintendo, il prodotto ideale per accompagnare il lancio europeo dei nuovi modelli di 3DS.

    8.8

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