
The Next Penelope Recensione: corsa per la vittoria (a metà)
Approda finalmente su Switch The Next Penelope, versione rivisitata e corretta dell'Odissea stile F-Zero, a metà tra gioco di guida arcade e sparatutto.
INFORMAZIONI GIOCO
Articolo a cura di
Marco Mottura
Disponibile perWii U
Pc
Switch
Ho conosciuto personalmente Aurelien Regard nel giugno 2012 a Los Angeles, durante un E3 in cui avevo deciso di pagarmi di tasca mia l'intero viaggio, concedendomi una vacanza nerd diversa dal solito. Ultimo giorno di fiera, nessun altro appuntamento in programma e giusto qualche ora alla chiusura definitiva dello show: passeggiando per gli stand mi convinco a dare un'occhiata ad un gioco in mostra in un angolino del booth di SEGA, incuriosito dallo stile cartoon e dai colori brillantissimi. Risultato: quasi tre ore a spassarmela con una versione praticamente definitiva di Hell Yeah, ridendo e scherzando con Aurelien Regard e Camille Guermonprez, i fondatori di Arkedo - lo studio indie parigino che aveva dato i Natali a quella chicca per Nintendo DS che risponde al nome di Big Bang Mini.
Il feeling è istantaneo: i due sviluppatori francesi sono esilaranti, fuori di testa e soprattutto trasudano una passione fenomenale per il loro lavoro e per i videogame in senso lato, e alla fine chiudo il mio E3 con quello che ad oggi resta per me uno dei momenti più memorabili e genuini delle nove edizioni a cui ho partecipato. Hell Yeah debutta l'autunno successivo senza ottenere il riscontro sperato, e purtroppo Arkedo viene chiusa di lì a poco. Nulla però è perduto: incontro nuovamente Aurelien qualche anno dopo, assolutamente per caso, ad una Gamescom. Sta là, col suo portatile nel cuore del padiglione di Indie Mega Booth, in un micro-stand abbastanza improvvisato. Nonostante tutto Regard non si è arreso, ed anzi ha deciso di rilanciare: è al lavoro su un nuovo progetto, The Next Penelope, realizzato completamente da solo, occupandosi a 360° di qualsiasi aspetto della produzione.
Con la grafica e la direzione artistica Aurelien va sempre forte, anzi fortissimo: l'adorabile atmosfera fumettosa e il magistrale senso del colore non sono certo una novità, così come il gusto per l'estetica un po' retro. Le competenze in materia di programmazione, comparto audio e tutto il resto sono invece il frutto di un sincero talento e di un quantitativo mostruoso di notti insonni. Oltre che della voglia di continuare a crederci contro tutto e tutti.
Una Itaca in formato Nintendo
Avanti veloce fino ad oggi, dicembre 2017: dopo il debutto su PC, nella primavera del 2015, The Next Penelope giunge finalmente " a casa", ovvero su Nintendo Switch. Perché niente più della nuova console della Grande N potrebbe essere definito come la naturale destinazione per un titolo che, come risulta evidente sin da una rapida occhiata, vanta tra le sue ispirazioni principali il mai troppo lodato F-Zero.

Con la sua direzione artistica minimale, fatta di forme elementari e di tonalità accese che strizzano l'occhio al passato, l'estetica del gioco fa immediatamente centro.
La componente narrativa è appena accennata, con qualche dialogo - purtroppo per nulla esente da grossolani errori nella localizzazione in italiano - a fare da raccordo tra una missione e l'altra. Eppure, nonostante tutto, l'atmosfera nella sua estrema semplicità funziona a dovere, con rimandi all'epica ellenica dal fascino ingenuo ma intrigante (fosse solo per l'effetto che fa vedere i Proci trasformati in piloti di astronavi sgargianti). Peccato però che il racconto finisca bruscamente proprio sul più bello, quando le vicende sembrano essere sul punto di decollare per davvero. Una problematica, quella della brevità e della mancanza di contenuti, che sfortunatamente si ripercuote a più livelli, andando a coinvolgere ambiti diversi di The Next Penelope.

La progressione non lineare è una trovata nient'affatto banale, anche se la dimensione della mappa è a dir poco ridotta.
Faccio un esempio esplicito, per provare a farmi capire meglio: prendiamo il teletrasporto, che si attiva premendo X e che permette di far comparire il mezzo in un altro punto a scelta del tracciato. Si tratta di un'abilità sostanzialmente accessoria, che dimostra di avere pochissimo impatto al di fuori del trittico di missioni ad esso dedicato. Un discorso che vale anche per il raggio laser e più in generale per l'avventura nel suo complesso (non nascondo che, una volta giunto all'epilogo, pensavo di essere arrivato alla fine del tutorial piuttosto che alla conclusione dell'intero gioco!). Il che è a dir poco un peccato, perché, al netto di qualche spigolo di troppo che si avverte in particolar modo in alcuni passaggi da shoot 'em up, le basi per qualcosa di solido, godibile e assai divertente ci sarebbero tutte.

Terminata la campagna principale, sarà possibile dedicarsi a cinque missioni aggiuntive e alle gare in multiplayer (purtroppo solo in locale): extra tutt'altro che da buttare, che però non saziano la fame di ulteriori contenuti.
Così com'è, The Next Penelope resta un prodotto interessante e comunque consigliabile, fosse solo per sostenere la coraggiosa visione di un geniale creativo tuttofare o magari per solleticare (seppur en passant) la sete di racing arcade alla F-Zero. L'erculea fatica di Aurelien Regard può certamente dirsi riuscita, eppure per restare in tema è difficile non pensare al mito di Icaro: forse provando a volare un po' più in basso - leggasi, col supporto di un team - il risultato avrebbe potuto essere ancora più solido e memorabile.
The Next PenelopeVersione Analizzata Nintendo SwitchDa una parte, The Next Penelope è un'autentica impresa: nel viaggio fra le stelle della regina di Itaca c'è tutta l'energia, la passione e l'amore sconsiderato di un singolo, talentuoso designer che ha deciso di sfidare i mulini a vento dando tutto se stesso (per arrivare a sfornare qualcosa di ambizioso e oggettivamente pregevole). Dall'altra, The Next Penelope è però anche una titanica occasione mancata: le basi per qualcosa di infinitamente più sostanzioso ci sarebbero eccome, ma è l'esecuzione a lasciare con un po' di amaro in bocca (senza dubbio più per mancanze in termini di contenuti che per stonature varie ed eventuali). Insomma, un bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto, per un indie piuttosto esigente che sa ad ogni modo stupire ed appassionare. Certo, se solo fosse durato un po' di più...
7
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