The Settlers History Collection Recensione: il ritorno dei Coloni

La saga strategica di Ubisoft si ripresenta con una collezione sì ricca di episodi ma anche piuttosto svogliata...

The Settlers History Collection Recensione: il ritorno dei Coloni
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  • The Settlers non è una saga conosciutissima, almeno non lo è nei territori al di fuori della Germania, dov'è invece considerata un'istituzione. Eppure ha un'eredità piuttosto illustre e vecchia di ben venticinque anni. Forse uno dei motivi per cui non son molti a ricordarsela risiede nel fatto che, dal 2010, non si sono visti nuovi capitoli, e che la serie già dagli albori del 2000 aveva cominciato a perder molta della sua identità. Qualcosa deve però aver risvegliato l'animo di Ubisoft e Blue Byte, lo studio padre del brand, che si son ripresentati congiunti alla Gamescom 2018 con un annuncio in tasca: un nuovo capitolo che avrebbe coinvolto Volker Wertich (il creatore originale) e una History Collection celebrativa pensata per i curiosi ed i nostalgici, che sarebbe uscita un po' prima.

    Non dei remake o delle remastered vere e proprie, quanto degli aggiornamenti alle versioni Gold dei vari episodi per renderle perfettamente compatibili con i sistemi attuali, nonché gradevoli alla vista. Ovviamente, trattandosi di giochi piuttosto attempati riproposti senza variazioni sostanziali al gameplay, i pezzi di questa collezione vanno approcciati con un po' di preparazione psicologica e una propensione ad accettare dinamiche vetuste, scomode, persino illogiche se si pensa a quanto l'evoluzione tecnica abbia perfezionato tutta la branca dei giochi di strategia. La History Collection rimane comunque direzionata agli archeologi virtuali, e rappresenta quindi un metodo valido per ripercorrere le varie tappe della storia di The Settlers, seppur con un lavoro di restauro alquanto svogliato.

    Gli albori: The Settlers I e The Settlers II

    Pubblicato nel 1993 su Amiga e l'anno successivo su sistemi MS-DOS, il primo The Settlers presentava all'epoca caratteristiche mai viste in nessun altro gioco di strategia. Il creatore Volker Wertich era intenzionato originariamente a scimmiottare titoli dal grande successo come Popolous, ma decise, a lavori in corso, di metter da parte le sfumature da god game per abbracciare un ibrido tra city builder ed RTS (e nessuno, al tempo, pensò di definirlo in tal maniera).

    La programmazione di The Settlers occupò per circa due anni Wertich e Blue Byte: il creatore voleva infatti riprodurre, in modo più attento possibile, un sistema economico piuttosto complesso e stratificato. La missione riuscì. L'obiettivo del gioco era quello di sconfiggere militarmente un opponente su una mappa caratterizzata da diversi biomi - montagne, praterie, laghi, deserti -, ma la produzione militare dipendeva soprattutto dallo sviluppo delle attività di raccolta delle risorse e dal trasporto delle stesse, utile per edificare nuove costruzioni. Partendo dal castello in cui risiedeva il lord, i sudditi e i cavalieri tutti, insomma, il giocatore era incaricato di espandersi e progettare il tessuto urbano in maniera meticolosa, con tanto di rete stradale.

    Il focus sulla costruzione e sull'amministrazione delle strutture era tipicamente da city builder, ma la forte necessità di organizzare aree di produzione in maniera graduale e sistematica, era un lampante indizio di dove ci avrebbero condotto gli RTS (che formalmente ancora non esistevano). Le unità, per di più, non potevano esser controllate direttamente, ma rispondevano agli input del giocatore (come in un god game). Il lavoro sull'intelligenza artificiale fu dunque molto approfondito e fu proprio per via di un'intelaiatura tecnica d'eccezione e delle idee innovative che il primo The Settlers si distinse all'epoca tra i tanti videogiochi di strategia.

    Dopo venticinque anni il primo capitolo della serie appare, però, molto annebbiato. Il lavoro di "riadattamento", che si limita ad un supporto per risoluzioni più elevate, ad un miglioramento generale e a qualche opzione per aumentare la velocità dell'azione, non mitiga di certo l'impressione di vecchiume e d'inadeguatezza che si prova appena entrati in una partita. Tutto è fuori posto: i comandi, sebbene in parte sistemati, sono anti intuitivi e rabbiosamente scomodi. La grafica e l'interfaccia, composta da grossi pulsanti e gigantesche schermate, danno stilettate ad ogni sguardo. Giocare è insopportabile anche per via di un ritmo pachidermico a livelli quasi folli (la velocità 4x è la salvezza) a cui nessuno è più abituato. The Settlers, poi, si fa beffe dell'accessibilità: non è presente alcun tipo di tutorial o spiegazione, quindi capire il funzionamento delle strutture o addirittura l'identità di un edificio è un compito estremamente arduo. Il primo capitolo della serie è provvisto di un'enormità di limiti che oggi non siamo più in grado di sopportare: può valer la pena esplorarlo per capire le idee alla sua base e di come queste si son poi evolute negli altri episodi, ma nel presente ha completamente perso il suo ruolo di prodotto d'intrattenimento.
    Un po' diversa, ma neanche troppo, la situazione con The Settlers II. Il secondo capitolo uscì nel 1996, ma fece moltissimi passi in avanti, tanto che è difficile realizzare che tra i due ci sia uno scarto di soli tre anni. The Settlers II, peraltro, introduceva anche una blanda componente narrativa - nei panni di Octavius, ammiraglio romano, ci trovavamo dispersi su una misteriosa isola deserta -, un incedere delle missioni meglio orchestrato e la presenza di quattro fazioni - Romani, Nubiani, Vichinghi, Giapponesi - che differivano tuttavia solo a livello estetico.

    Nel gioco si poteva controllare solo Roma, ma questa idea sarebbe divenuta una caratteristica di spicco dell'intera saga. Il successore di The Settlers non modificava di un'oncia la filosofia basata sull'espansionismo, sull'economia e sulla produzione militare, semmai la espandeva con vari elementi, come la presenza di navi (non funzionante come Wertich avrebbe voluto, però). I miglioramenti tecnici si sprecavano: da una migliore grafica 2D, un'interfaccia per l'epoca "user friendly" (ma ora, purtroppo, non più) e diverse semplificazioni, ad esempio la costruzione di strade più semplice ed automatizzata, che risparmiava le noie garantite dal capitolo originale. The Settlers II è forse quello che gode dell'apprezzamento maggiore dei fan della saga, perché è l'episodio che riproduce in maniera più "pura" e rifinita le idee di base.

    Questo si nota anche ventidue anni dopo: certo l'impatto è meno prorompente, eppure dopo aver passato una manciata d'ore con le pupille doloranti ad osservare il primo The Settlers, è come se gli occhi si fossero risollevati ed acquietati. Finalmente, inoltre, è possibile comprendere alcune dinamiche grazie ad uno pseudo tutorial introduttivo, ma molti elementi sono ancora difficili da interiorizzare, e The Settlers II non fa proprio nulla per accogliere i neofiti a braccia aperte. Nella riedizione di Ubisoft tutto è praticamente come allora, solo più dettagliato per via di una maggiore risoluzione, che se impostata in valori full-HD o 4K, tende a rimpicciolire di molto gli elementi dell'interfaccia, la quale diviene così difficile da navigare e da utilizzare. Se però il balzo tecnico è evidente, le cose che rendono The Settlers II inadeguato a quest'epoca sono la macchinosità di alcune meccaniche e un ritmo che in maniera simile al predecessore è estremamente lento e compassato.

    L'evoluzione: The Settlers III e The Settlers IV

    Nel 1998 The Settlers III fissava un paletto nell'evoluzione della serie, assumendo un tono che poi sarebbe stato ripreso anche dal successore: con un richiamo alle iniziali idee da god game, il filmato introduttivo del terzo capitolo vedeva la presenza di tre diverse divinità - Giove, Horus e il drago cinese Ch'ih-yu - che iniziano a lottare tra loro a causa di un altro dio noto come HE.

    Il piglio è comico e leggero e guida alla caratterizzazione di tre diversi popoli con differenze anche nell'economia e nella produzione militare, oltre che nell'aspetto estetico. Ma le modifiche rispetto alle caratteristiche precedenti non si fermavano con la presenza di tre fazioni. La necessita di costruire strade e punti di raccolta per regolare la "catena umana" di risorse non c'era più e, per la prima volta, era possibile controllare direttamente le unità militari e gli specialisti (esploratori, ladri, geologi). L'attenzione si era dunque spostata sul micromanagement: la conseguenza fu un sostanziale alleggerimento dell'impostazione da city builder, senza che tuttavia fosse intaccata la necessità di posizionare perfettamente le varie strutture per ottimizzare le attività. È anche il primo The Settlers ad avere un multiplayer online (riproposto via Uplay anche nell'History Collection).

    Ad oggi The Settlers III appare come un RTS molto semplificato, ma con una grande dose di base building e di raccolta risorse. E rispetto ai primi due capitoli, con lui il tempo è stato un po' meno impietoso. A livello tecnico si mostra sgargiante e gradevole, sebbene l'interfaccia tradisca la sua veneranda età (e risulti sempre molto piccola). Semmai è il ritmo, giusto un tantino più dinamico che in passato, a comporre il maggior deterrente per la godibilità.
    The Settlers IV espande l'eredità del predecessore: il tono buffo c'è sempre, con lui anche una storia che si ricollega al terzo capitolo presentata con il primo filmato introduttivo 3D - invecchiato maluccio - nella serie. Questa volta ci sono i Romani, i Maya e i Vichinghi alle prese con una certa Dark Tribe che tramuta le fertili terre in distese aride e rinsecchite.

    Il fluire dell'azione, in questo episodio, è un po' più rapido per via di nuove possibilità d'espansione (grazie ad unità chiamate Pionieri) e alla possibilità di creare colonie esterne all'insediamento principale e stabilire vie commerciali. Anche nelle dinamiche in tempo reale si dimostra una versione riveduta e approfondita del fratello maggiore: con l'introduzione di unità magiche che possono far uso di abilità attive, The Settlers si avvicina sempre di più alla formula degli RTS (che sboccia definitivamente con la quinta iterazione). Sebbene comunque limitati ed anacronistici, The Settlers III e il suo successore sono i titoli che riescono a bilanciar meglio importanza storica e godibilità, e son forse gli unici per cui vale la pena recuperare il pacchetto.

    Lo stravolgimento: Heritage of Kings e Rise of an Empire

    Irretito forse dal fascino di un peso massimo come Warcraft III e con l'intenzione di conquistare anche la platea nordamericana, The Settlers V - conosciuto principalmente con il sottotitolo Heritage of Kings - si convertì definitivamente alla religione degli RTS. Di colpo, nel 2004, i fan si trovarono alle prese con un gioco irriconoscibile, che aveva messo da parte le caratteristiche che gli avevano dato una forma nel 1993 ponendo in primo piano quelle che, da sempre, avevano occupato un posto di minor rilievo.

    Heritage of Kings non solo approfondiva a dismisura la dimensione militare con molte più unità, potenziamenti e la presenza di eroi con abilità attive, ma rinunciava perfino a quel mood scherzoso per rimpiazzarlo con un medieval fantasy generico, un po' serioso e decisamente scialbo. I caratteristici coloni tozzi e paciocconi lasciavano il posto a manovali (controllabili attivamente) più proporzionati e realistici. Non c'era più il tocco estetico di The Settlers e né quello ludico, visto che era sì presente un sistema di raccolta automatico, ma per costruire o reperire risorse primarie si era comunque costretti a coordinare a mano le azioni dei nostri sottoposti. E poi c'erano dialoghi, segreti ed obiettivi secondari: del passato era rimasto davvero molto poco. L'elemento forse più interessante nel panorama poco entusiasmante della produzione, era la presenza di un sistema di stagioni dinamico che impattava attivamente sul gameplay.
    Giocato ora, The Settlers V sembra meno gradevole dei suoi predecessori per colpa di un 3D (utilizzato per la prima volta) che è invecchiato in maniera molto evidente. Ma a livello d'intuitività dei comandi e fluidità dell'azione si percepisce un passo in avanti davvero enorme. Peccato che questi benefici della modernità si applichino ad un sistema ludico molto più banale di quello che, invece, tramandavano con orgoglio gli altri episodi.

    The Settlers: Rise of an Empire può esser visto come un capitolo intercapedine tra il quinto ed il settimo: condivide infatti tanti degli elementi di rottura con il passato, ma ritorna un pochettino sulla via delle origini depotenziando la componente RTS. Nel titolo fa di nuovo capolino l'importanza di erigere una città bene organizzata e collegata con strade (che vanno costruite manualmente), e in più inserisce dei dettagli gestionali aggiuntivi, come la necessità di fornire ai lavoratori vestiti e strumenti per migliorare l'igiene.

    La pena per una gestione inadempiente è l'infelicità del popolo (già presente in Heritage of Kings), che può riunirsi in piazza per protestare o lavorare in maniera meno efficiente. A livello narrativo, Rise of an Empire si propone come una specie di seguito diretto di The Settlers V, ma lo stile vira un po' più sul cartoonesco, riacquisendo le forme e i colori delle origini. Purtroppo la variazione di stili non va a braccetto con il tentativo di imbastire un lore condiviso, e il risultato non è degno di nota. E paradossalmente, proprio per la sua natura molto ibrida, The Settlers VI è probabilmente il capitolo meno intrigante della serie e uno dei meno divertenti da provare in questa History Collection.

    Il ritorno alle origini: The Settlers 7

    The Settlers 7: Path to a Kingdom è uscito nel 2010 e quindi, anche senza rivisitazioni di sorta, sarebbe stato godibile allo stesso modo. In realtà abbiamo notato che Ubisoft non ha fatto un gran lavoro con questo episodio in particolare, visto che per impostare la risoluzione abbiamo dovuto smanettare un pochino nei file di configurazione. Ed è un problema noto della versione "base". Forse l'unica grande modifica apportata è la rimozione del DRM che imponeva di stare sempre connessi alla rete.

    Per il resto, The Settlers 7 rappresenta l'iterazione migliore della storia moderna del brand. Si impegna infatti in un ritorno alle origini su più fronti: ripresenta in maniera più incisiva l'impianto da city builder e fa sparire del tutto la componente da RTS relativa agli scontri, tanto che questi ultimi non sono più neppure gestibili dal giocatore, ed avvengono invece in automatico. Le nuove tecnologie danno inoltre agli sviluppatori la possibilità di riprendere in mano, in forma evoluta, lo stile deformed dalle tinte cartoon che ha caratterizzato, a sprazzi, la serie di Blue Byte. E c'è da dire che il risultato è positivo.
    Osservando The Settlers 7 all'opera dopo aver passato alcune ore sui predecessori, anche quelli più anzianotti, appare evidente che Ubisoft abbia davvero impiegato uno sforzo minimo per confezionare la History Collection. Dopotutto il settimo episodio non è stato quasi per nulla rimaneggiato, e lo stesso si può dire, a grandi linee, per il quinto ed il sesto.

    Per le altre quattro incarnazioni il lavoro è andato un tantino più a fondo, ma si è limitato alla correzione dei bug e a diversi adattamenti, soprattutto quello della risoluzione. Chi decide di approcciarsi a questa raccolta deve quindi aspettarsi dei contenuti per una buona metà molto anacronistici, e per l'altra poco significativi. Il consiglio è quindi di avvicinarsi a questo pigro lavoro di ristrutturazione solo se si è interessati alla filologia, oppure se proprio non ce la fate a resistere ai colpi della nostalgia.

    The Settlers History Collection The Settlers History CollectionVersione Analizzata PCThe Settlers History Collection fa il minimo necessario per presentare l’intera serie in una veste più adatta ai tempi che corrono. Trattandosi di un lavoro molto poco approfondito, tutte le caratteristiche ludiche dei capitoli più attempati rimangono le medesime, e questa è un’arma a doppio taglio. Se da un lato, infatti, quelli intenzionati a rivisitare la formula originale non devono temere contaminazioni di sorta, dall’altro il gameplay è troppo vetusto per risultare godibile ancora oggi. Tra gli episodi più vecchi solo The Settlers III e IV possono dire qualcosa, ma i due capostipiti hanno ormai esaurito la loro verve. Insomma, interessatevi a questa collezione solo se volete (ri)percorrere la storia del brand nella migliore forma a disposizione, senza smanettare troppo con mod e file di gioco.

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