The Signifier Recensione: un'avventura dark Sci-Fi a tinte psicologiche

L'avventura dark sci-fi di Playmestudio è una complessa ragnatela di misteri celati fra le pieghe dell'inconscio.

The Signifier Recensione: un'avventura dark Sci-Fi a tinte psicologiche
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Disponibile per
  • Pc
  • PS4
  • Xbox One
  • Xbox One X
  • PS4 Pro
  • Capita sempre meno spesso d'imbattersi in progetti produttivamente piccoli che puntino in alto tanto quanto The Signifier, disponibile su Steam dal 15 ottobre. Non perché il titolo rientri in un genere particolare o stravagante: di base si tratta pur sempre di un adventure game in soggettiva, in cui si esplorano varie zone in cerca di dati e si dialoga con i personaggi non giocanti, così da procedere nella narrazione di pari passo.

    Il primo videogioco dei cileni Playmestudio, edito da Raw Fury, alza invece l'asticella dal punto di vista degli argomenti che, dall'interno del suo fedora da giallo interattivo, intende estrarre e portare all'attenzione di chiunque decida di concedergli circa sei ore del proprio tempo. Temi importanti e contemporanei che spaziano dal delicato rapporto fra uomo e tecnologia al trattamento della privacy post-mortem, scomodando da una parte gli studi sull'Intelligenza Artificiale, qui letti in chiave tecno-fantascientifica, e dall'altra i fondamenti della psicoanalisi di Jacques Lacan (da cui lo stesso "signifier", o significante, che dà il nome all'opera).

    Tantissima carne al fuoco da gestire, insomma. Forse fin troppa, per chi non ha ancora l'esperienza di Croteam - giusto per citare gli autori di un altro videogioco intriso di filosofia ed esistenzialismo, come si evince dalla nostra recensione di The Talos Principle).

    I segreti della mente

    Johanna Kast è morta. I media e le autorità parlano con insistenza di un caso di suicidio per overdose da farmaci, ma scrutando fra le camere del suo loft, il luogo dove la tragedia si è consumata, qualcosa sembra non tornare. Uno specchio rotto, tracce di sangue sul pavimento del bagno e uno stanzino pieno di strani oggetti suggeriscono che possa esserci qualcos'altro dietro alla triste vicenda. Risolvere misteri di questo tipo, nell'universo di The Signifier, è comunque un compito tutt'altro che impossibile.

    I tempi sono quelli di una civiltà alquanto progredita, tanto che un brillante ricercatore, Frederick Russell, è riuscito persino a mettere a punto un sofisticato scanner cerebrale, elemento cardine del cosiddetto Dreamwalker Project. Si tratta di un congegno in grado di ricostruire le memorie residue dei defunti attraverso il contributo di Eevee, un'IA che trasforma frammenti di dati audiovisuali in realtà virtuali concretamente perlustrabili da chiunque decida di utilizzare il macchinario.

    Ora, è chiaro che le controversie connesse all'uso di un dispositivo del genere siano parecchie. Eppure il Technology Safeguard Bureau, ufficio nato per difendere la democrazia dai rischi legati agli abusi tecnologici, non sembra proprio poterne fare a meno, se non altro in questa specifica occasione. Johanna è infatti la vicepresidente del Go-AT, la tech company più grande al mondo che tanto ha fatto - e continua a far - discutere per le sue attività non del tutto trasparenti. Russell viene quindi ingaggiato dal TSB in gran segreto al fine di scavare nei ricordi della donna, con la speranza di portare a galla quante più informazioni possibili su un passato evidentemente oscuro e problematico.

    Come spiegheremo meglio in seguito, il funzionamento del Dreamwalker è abbastanza complesso e articolato, basato su nozioni di psicologia e machine learning che chiunque sia minimamente distante da queste tematiche potrebbe avere difficoltà ad approcciare.

    Da questo punto di vista, The Signifier si dimostra subito ben disposto a fornire al giocatore, sotto forma di oggetti di scena, tutti gli elementi che servono a entrare in sintonia con quanto trattato, da una serie di documenti scritti a qualche (finta) intervista radio, passando per alcune videoregistrazioni dimostrative. Materiale molto utile e dettagliato che tuttavia, è importante precisarlo, non beneficia di una traduzione in lingua italiana, come del resto anche tutte le parti dialogate, per fortuna scritte e recitate in un inglese non troppo ostico.

    Non si fatica insomma a sprofondare nell'affascinante universo parascientifico di The Signifier, che tanto ci ha ricordato le puntate migliori di Black Mirror (a proposito, qui la recensione della quinta stagione di Black Mirror). È quindi un peccato che l'intreccio thriller imbastito dagli autori, sulla distanza, non sappia essere completamente all'altezza del suo ottimo background diegetico. Il viaggio investigativo di Frederick parte col piede giusto, sfoggiando un buon mix di atmosfere oniriche, cupezza e mistero, e persino una punta di horror - per fortuna scevro di facili jump scare - a partire dalla seconda metà del racconto.

    L'incontro con un paio di attori secondari potenzialmente interessanti non può che creare delle discrete aspettative riguardo alla loro caratterizzazione e all'evoluzione della trama in toto; speranze che vengono tradite, purtroppo, al sopraggiungere delle fasi finali. Infatti, senza valide ragioni, a un tratto la storia comincia a correre a perdifiato verso la conclusione, che oltretutto varia a seconda di una manciata di scelte morali che l'utente dovrà compiere nel corso della partita. Poche decisioni di dubbia rilevanza che, se gestite nel modo "sbagliato", possono portare a degli epiloghi davvero bruschi e deludenti, che non rendono affatto giustizia alle ore di storytelling precedenti.

    Un'indagine "tridimensionale"

    Parlando di gameplay, accennavamo al fatto che The Signifier non sia né più né meno che una classica avventura esplorativa in prima persona, spalmata però su tre differenti piani spazio-temporali, due dei quali sono dei veri e propri binari paralleli. La dimensione di partenza è quella della realtà, luogo in cui Frederick, sorta di detective improvvisato, ha il dovere d'ispezionare svariate location e interrogare i principali soggetti coinvolti nella vicenda.

    Si tratta di momenti prettamente story driven, propedeutici alla vera sfida che, al contrario, si svolge all'interno del Dreamwalker, vale a dire nel reame della psiche. Avendo a disposizione una quantità di dati sufficiente, l'invenzione di Russell può infatti riprodurre, sotto forma di eventi immersivi, le rispettive reminiscenze di Johanna, in due versioni "alternative". La prima, definita Objective State, ricostruisce lo scampolo di esistenza richiesto in una forma -appunto- oggettiva, tanto nella composizione scenica quanto negli avvenimenti che lì si sono verificati.

    L'altra faccia della stessa medaglia è il Subjective State, che replica il medesimo istante filtrato, però, dall'esperienza personale del deceduto. Equivale insomma allo stesso identico flashback, ma "fotografato" dalla sua mente; pertanto è un piano d'indagine piegato alle leggi all'interpretazione soggettiva, agli errori cognitivi e, lato macchina, a possibili incongruenze grafiche e glitch.

    Identificato il segmento della vita di Johanna che si desidera analizzare, il Dreamwalker ne dispone le due diverse raffigurazioni dentro una timeline comune, permettendo a chi gioca di passare dall'una all'altra in maniera pressoché immediata, quasi senza tempi di caricamento. Saltare di continuo dallo stato Objective al Subjective (e viceversa), setacciandone ogni più piccolo anfratto, è importante al fine di riuscire a sbloccare tutte quelle porzioni di ricordo che Eevee non riesce a decrittare, operazione che, ludicamente parlando, equivale a risolvere una serie di enigmi ambientali "a due livelli" - una meccanica di gioco su cui si basa anche il prossimo titolo di Bloober Team, come raccontato nella nostra anteprima di The Medium.

    Sono compiti che spaziano dal corretto ricollocamento di alcuni artefatti digitali all'interno dell'ambientazione alla necessità di bypassare certe anomalie di sistema usando la logica, sino a dei veri e propri rompicapi che giocano con le regole di prospettiva, presenti nelle -pochissime- incursioni nei sogni della donna. Non si tratta di puzzle particolarmente originali in sé e per sé; ciò nonostante, si amalgamano abbastanza bene con la narrazione a cui fanno da supporto.

    Di tanto in tanto è comunque facile rimanere spaesati, chiedendosi - o chiedendo a Eevee, che è valida suggeritrice - cosa si debba fare per proseguire, conseguenza del fatto che l'inconscio dipinto da The Signifier è un regno caleidoscopico, a dir poco astratto in termini estetici. Infatti l'Objective e, soprattutto, il Subjective State sono spesso dei disordinati ricettacoli di echi rarefatti e immagini distorte, squarciate, frammentate: alle volte poco più che cortine di pixel e ammassi di poligoni monocromi, in cui forme e profili si distinguono a stento.

    È una scelta artistica evidentemente dettata dai limiti di una produzione a budget modesto, furba ma a suo modo unica e fascinosa. Nel contempo, in determinati frangenti, l'aspetto grafico dell'opera ci è parso essere eccessivamente respingente, frastornante, forse sin troppo "imperfetto" per farsi apprezzare dai videogiocatori meno inclini alle sperimentazioni visive più estreme.

    The Signifier The SignifierVersione Analizzata PCÈ difficile rimanere impassibili di fronte alle premesse di The Signifier, un’avventura dark sci-fi a tinte psicologiche - e psichedeliche - che ce la mette tutta per dare un’adeguata concretezza ludica alle proprie, notevoli ambizioni. Sfortuna vuole che poi il risultato finale lasci un po' a desiderare, colpa soprattutto di un intreccio investigativo che promette tanto ma non mantiene fino in fondo. Pur senza centrare tutti gli obiettivi fissati in partenza, l’opera prima di Playmestudio resta se non altro un lodevole tentativo di portare in scena temi e teorie di un certo spessore, che ci auguriamo non passi del tutto inosservato.

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