Recensione The Starship Damrey

L’e-Shop del Nintendo 3DS si arricchisce di un’avventura grafica dalle tinte inquietanti

Recensione The Starship Damrey
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  • 3DS
  • Nonostante la mancanza di piano marketing degno di questo nome, soprattutto nell’ultimo anno e mezzo Nintendo si è data da fare per promuovere il suo store digitale. Ormai consapevole che certi fenomeni non si possano più ignorare, la Grande N si è mossa con oggettiva intelligenza e saggezza. Piuttosto che tentare un improbabile e impossibile recupero sui diretti concorrenti, sono stati avviati, sostenuti e agevolati diversi prodotti esclusivi e dal retro gusto estremamente atipico. In particolar modo ha suscitato diverso interesse la collaborazione con la famosissima Level-5 che ha portato alla creazione della splendida collana Guil01: un quartetto di giochi caratterizzati da un alto livello qualitativo.
    Come sarà già noto ai più informati, la partnership è stata rinnovata con la conseguenza che potete facilmente indovinare: Guil02. The Starship Damrey è il primo prodotto appartenente a questa nuova trilogia ed è in tutto e per tutto un’avventura grafica. Il risultato purtroppo non è esaltante come avremmo sperato. Se l’atmosfera creata dagli artisti vale il prezzo del biglietto, purtroppo le meccaniche del gameplay sono fin troppo ridotte all’osso, con il risultato che gli esperti del genere lo troveranno limitato e fin troppo semplice.

    Un’astronave bella da vedere, ma senza motore

    “Questo gioco non contiene tutorial o spiegazioni. Parte dell’esperienza consiste nello scoprire le cose da soli.”
    Basta una scritta del genere per rendere chiare da subito due cose. Primo: quella a bordo dell’astronave Damrey non sarà una passeggiata di salute. Secondo: l’incertezza, il mistero, le domande senza risposta saranno la norma, il principale canale espressivo utilizzato dall’avventura per articolarsi attraverso le quattro ore circa che impiegherete per venire a capo del mistero che si consuma tra i freddi e mal illuminati corridoi del vascello spaziale.
    Il protagonista della vicenda si sveglia all’improvviso all’interno della sua capsula per il sonno criogenico, sprovvisto di qualsiasi riferimento. L’asettica e monotona voce del computer di bordo, senza un briciolo di tatto e umanità, tenta di tranquillizzarlo: durante i viaggi interstellari è normale perdere la memoria e la prima cosa da fare è cercare di uscire dall’angusto spazio. Senza sapere l’identità del vostro avatar inizierete a picchiettare confusi sul touch-screen, speranzosi di attivare il meccanismo che possa restituirvi la libertà. Purtroppo la già sospettata realtà dei fatti non tarderà a sopraggiungere: l’apertura è bloccata da qualcosa e uscire è impossibile. Se siete claustrofobici a questo punto potreste accusare un po’ d’ansia, ma niente paura. E’ ancora una volta il computer di bordo a fornirvi un aiuto. Dopo aver riavviato il sistema operativo, superando ancora una volta l’imbarazzo di non sapere come interagire con gli strani comandi che compariranno sullo schermo, potrete controllare in remoto alcuni droidi di servizio dislocati all’interno dell’astronave. Muovendoli con la croce direzionale e interagendo con lo scenario potrete portare a compimento il vostro triplice obbiettivo: liberarvi, ricostruire la vostra identità e scoprire cosa sia successo a bordo della Damrey.

    Esplorando le ambientazioni capirete al volo che qualcosa è andato maledettamente storto. Buona parte dell’illuminazione di bordo è danneggiata; minuscoli parassiti alieni, che avrete il compito di sterminare, si nascondono in ogni stanza e non tarderete a ritrovare i cadaveri del resto dell’equipaggio. L’atmosfera che si respira ricorda quella del primo Alien. La debole torcia con cui i robot si fanno strada nell’oscurità, rimanda a quella utilizzata in Dementium: The Ward, acclamatissimo FPS-horror per DS. Anche il sonoro, piuttosto minimalista a dire il vero, ci mette del suo per farvi salire la tensione: il silenzio più totale in cui riversa ogni stanza è rotto unicamente dal ridondante attivarsi dei meccanismi del robot di turno o di quelli del vascello stesso.
    Il clima di tensione e incertezza, che non mancherà di incutervi anche un pizzico di puro terrore, verrà ulteriormente enfatizzato dalla fugace apparizione di una bambina che indossa orgogliosa un cappello. Cosa ci faccia nello spazio, se sia reale o frutto della follia del protagonista, saranno nuovi interrogativi che confluiranno in un plot che, tirate le somme, riesce piuttosto efficacemente a creare la giusta dose di pathos e mistero. Se il compito principale di un’avventura grafica è quello di ammaliare l’utente grazie alla sua sceneggiatura, The Starship Damrey ci riesce piuttosto bene. Soprattutto pensando all’emozionante epilogo, gli artisti di Level-5 hanno il grosso merito di essere riusciti a fare un lavoro più che decoroso, parzialmente in grado di sopperire a quello meno esaltante realizzato dai colleghi game designer.

    Il grosso limite del prodotto consiste infatti nelle sue meccaniche ludiche. Se le premesse lasciano ben sperare, purtroppo la possibilità di controllare diversi robot rappresenta solo uno specchietto per le allodole. Per la stragrande maggioranza del tempo non farete altro che trasportare un singolo oggetto, da far interagire in un unico modo, vendendo rimbalzati da un punto all’altro dell’astronave senza grosse emozioni nel mentre. Se dunque gli amanti di fantascienza non potranno che gradire la trama e l’atmosfera che si respirerà, quelli delle avventure grafiche lamenteranno un’eccesiva limitatezza e semplicità. Del resto anche solo procedendo per tentativi prima o poi si trova la giusta soluzione agli enigmi, a tutto svantaggio del divertimento. Giungere ai titoli di coda, insomma, dipenderà quasi esclusivamente dalla qualità del plot e non certo dal gameplay in sé.

    The Starship Damrey The Starship DamreyVersione Analizzata Nintendo 3DSThe Starship Damrey è una ghiottissima occasione in parte sprecata. Se le premesse fanno pensare a un gioco complesso e caratterizzato da un gameplay ideale per gli amanti delle avventure grafiche, la realtà è ben diversa. Gli artisti di Level-5 hanno impacchettato un art design sufficientemente ispirato, un comparto sonoro aridamente asfissiante e una trama degna di essere seguita sino al riuscito epilogo. Purtroppo i game designer, dal canto loro, non sono stati in grado di fare un lavoro altrettanto riuscito, proponendo enigmi per lo più scontati e limitati dalla possibilità di trasportare un solo oggetto per volta. Gli appassionati di fantascienza, chi è cresciuto ispirato dalle gesta di Ellen Ripley e chi rimase ammaliato dall’oscurità opprimente di Dementium: The Ward non potrà che restare affascinato dal primo episodio della trilogia di Guil02. Al contrario, chi si aspettava qualcosa in grado di competere con la complessità di un Monkey Island qualsiasi resterà amaramente deluso.

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