Tomb Raider Recensione: Lara Croft riparte da zero ed è più in forma che mai

La nuova Lara Croft entusiasma e stupisce

Tomb Raider
Recensione: Xbox 360
Articolo a cura di
Disponibile per
  • Xbox 360
  • PS3
  • Pc
  • Produrre un convincente reboot non è mai cosa facile, soprattutto se la saga in questione è una delle icone di intere generazioni ludiche. E' una bella sfida, quindi, quella di Crystal Dynamics, che decide di far ripartire proprio Tomb Raider, convinti che il culmine della Current Gen fosse il momento migliore per proporre il videogioco che desideravano. Il risultato, sotto ai nostri occhi da qualche giorno, è qualcosa di fenomenale: un adventure game molto moderno, che riprende moltissime caratteristiche da quello che potremmo definire uno dei “nuovi padri” del genere: Uncharted. Lo fa in maniera quasi perfetta, attingendo alle spettacolari sezioni scriptate ed al particolarissimo combat system, ma aggiungendo alla formula il carattere esplorativo tipico del brand e tutto il carisma di una ringiovanita Lara Croft.
    Un videogioco assolutamente da non perdere quello che abbiamo avuto modo di provare nella sua versione Xbox 360 - in arrivo nei negozi solo il 5 Marzo. Una produzione confezionata benissimo che rimarrà scolpita nel cuore dei videogiocatori.

    A Survivor is Born

    La Lara Croft che incontriamo in questo nuovo Tomb Raider non è la stessa che abbiamo imparato a conoscere negli anni '90, quell’eroina tutta d’un pezzo che tutti conosciamo. Si tratta invece di una giovane archeologa alle prime armi; una ragazza spaurita di fronte ai pericoli della sua prima vera avventura. La vicenda si apre con la bella Croft ed il suo equipaggio al largo del Giappone, sulle tracce dell’antica civiltà degli Yamatai e della loro misteriosa Regina Himiko. Le credenze e le leggende popolari narrano di una potente Sciamana in grado di governare gli elementi: una leader carismatica che affascina fin quasi all’ossessione la nostra protagonista. Spinta dalla foga, Lara indirizza la spedizione nel bel mezzo del Ma No Umi - il Triangolo del Drago: una lingua d’Oceano tra le più pericolose al mondo, all’interno della quale la Endurance viene inghiottita da una terribile tempesta. Naufraga su un’isola misteriosa e separata dai suoi compagni di viaggio, Lara vivrà la più tremenda ed avvincente delle avventure, tra cultisti assassini alla Indiana Jones e Il Tempio Maledetto ed inspiegabili manifestazioni naturali.
    Di pari passo alla la risoluzione dei misteri legati agli Yamatai e alla folle setta dei Solarii, in Tomb Raider assistiamo alla ben più pregnante crescita emotiva e psicologica dell’eroina. Spaesata ed impaurita sulle prime, Lara sviluppa pian piano una forte capacità di sopravvivenza ed un senso di responsabilità che la porta ad accollarsi pesanti decisioni. Il percorso è molto ben delineato: si parte con la necessità di uccidere un Daino per cibarsi e si giunge inevitabilmente a porre fine alla vita umana. Ogni passo è caratterizzato da angosce, riflessioni ed interiorizzazioni, che portano Lara ad appoggiarsi sulle prime a Conrad Roth (suo mentore) e poi alla figura del padre scomparso, per giungere pian piano alla completa maturazione. Per quanto l’evoluzione risulti emotivamente molto coinvolgente (a volte persino commovente), dobbiamo ammettere che in alcuni frangenti ci aspettavamo una maggiore enfasi. Il peso morale di togliere una vita, ad esempio: una necessità che l’eroina stessa descrive inorridita come “troppo facile”, ma che poi abbraccia quasi senza remore. Bisogna ammettere, di contro, che la crescita di un certo “senso di vendetta” viene ben giustificata; inoltre, tempi e i modi della narrazione e dell’introspezione sono perfettamente coerenti con i ritmi di un’avventura molto dinamica e mai troppo verbosa.

    A contrappuntare la personalità via via più forte della bella protagonista un cast di qualità. Partendo da Conrad Roth, mentore e figura paterna per eccellenza, si allineano una serie di figure appositamente ideate per creare il surrogato di un'atmosfera quasi familiare, con una sorellina indifesa (Samantha), un “fratellone” premuroso (Jonah), e addirittura un burbero (zio?) irlandese (il capitano Grim). Una serie di personalità ben delineate e costruite su misura per mostrarci il cammino di Lara - dall’essere protetta dal calore di questa “famiglia allargata” al ritrovarsi sola, in balia degli eventi. Questo preciso ruolo rende ancor più interessante scoprire come ognuno dei comprimari abbia in realtà una sua personale motivazione per seguire l’eroina. Chiude i battenti l’antagonista di turno, il classico avversario che non ti aspetti, caratterizzato in Tomb Raider in maniera magistrale. Un misto di follia e lucida, capace di far pensare e ragionare il videoplayer e superando la dicotomia classica fra “giusto” e “sbagliato”. Insomma: una nemesi delle meno stereotipate.
    A livello narrativo, quindi, quella Crystal Dynamics è una produzione di caratura eccellente. Puntellata da una parte dai continui rimandi alla cultura giapponese e dall’altra dall’evoluzione psicologica di Lara, l’avventura si configura come un vivo affresco di misteri ed emozioni, capace di coinvolgere emotivamente il giocatore ed invogliarlo costantemente a proseguire.

    Dove Uncharted incontra Tomb Raider

    A livello ludico Tomb Raider segue con precisione il sentiero evolutivo già segnato sul fronte narrativo. Durante le prime ore, come in un lungo e diluito tutorial, ci si sente fortemente guidati - forse addirittura costretti dalle scarse competenze della protagonista. Acquisendo una ad una la lunga serie di skill a disposizione, e recuperando sempre più “strumenti”, l’avventura si apre verso una dimensione dove varietà e backtracking dialogano in modo eccezionale. All’inizio l’eroina è in grado di compiere solamente azioni basilari: saltare ed aggrapparsi, camminare in equilibrio su un tronco sospeso o superare stretti pertugi. Recuperando il primo attrezzo -la piccozza di metallo- Lara impara a scalare le pareti di nuda roccia, mostrando le prime caratteristiche di un level design ben strutturato e ottimamente sviluppato anche in verticale. Ma il vero Tomb Raider “esplode” solo qualche ora più tardi, quando alla capacità di creare semplici ponti di corda si unisce la potenza del fucile a pompa, grazie al quale sfondare porte e portoni barricati. Giunti al primo quarto (abbondante) dell’avventura si scopre dunque il piacere di questo reboot, nel quale la spettacolarità degli intermezzi al cardiopalma ben si sposa con un level design molto curato, vario e complesso. Ed è così che ci troviamo a scivolare a perdifiato lungo un canalone, col cuore in gola, evitando rocce e grosse radici. Oppure a scervellarci per capire come raggiungere una particolare sporgenza, dove scorgiamo chiaramente uno dei tanti collectable.

    " Durante le prime ore, come in un lungo e diluito tutorial, ci si sente fortemente guidati - forse addirittura costretti dalle scarse competenze della protagonista. Acquisendo una ad una la lunga serie di skill a disposizione, e recuperando sempre più “strumenti”, l’avventura si apre verso una dimensione dove varietà e backtracking dialogano in modo eccezionale"

    Grotte e cunicoli, alture e cascate, spiazzi boscosi, baraccopoli e ponti sospesi. Partendo dai luoghi più chiusi per aprirsi poi in ambienti vastissimi, ogni quadro è complice nel creare l’amalgama omogenea che caratterizza una splendida ambientazione, da esplorare da cima a fondo senza alcun caricamento. Tutto funziona a meraviglia e niente è mai fine a se stesso. Il backtracking, ad esempio, è il cuore dell’esplorazione e veicolo per l’apprendimento di interessanti curiosità sulle usanze degli Yamatai e sulla cultura del Giappone feudale. Le stesse fasi scriptate sono in concentrato di emozioni fortissime, ma anche elemento di rottura per donare un buon ritmo alla progressione. Il coinvolgimento, grazie a particolari trovate registiche, si mantiene in questi frangenti molto elevato, tanto che ad ogni infortunio della povera Lara anche il giocatore prova inevitabilmente dolore.
    Spulciando a fondo l’impianto esplorativo troviamo anche altri aspetti interessanti. Le tombe, per esempio, in cui si trovano gli enigmi più interessanti e le sfide fisiche più impegnative. Proposte come elemento collaterale ed indicate da particolari iscrizioni, queste sessioni raffigurano uno dei più genuini collegamenti al passato del brand. Al loro interno dovremo vedercela con sessioni platform e con i tranelli ideati per impedire agli estranei di mettere le mani sui tesori Yamatai. Porzioni d’avventura dal carattere deciso e dalla capacità di mantenersi in perfetto equilibrio rispetto alla trama principale.
    Tomb Raider, grazie al suo impasto di emozioni, esplorazione, narrazione sempre al top, si prefigge il compito di attirare un pubblico quanto più vasto possibile, come dimostrano d’altronde le nude meccaniche di gioco. Partendo dal sistema di controlli fino ad arrivare al feeling pad alla mano, la creatura Crystal Dynamics eredita moltissimo dal recente Uncharted - a partire dall’accessibilità. I fan di vecchia data, quelli dalla scorza più dura, probabilmente non saranno felicissimi sentendo che Tomb Raider abbandona i salti millimetrici e le complesse combinazioni di tasti per giungere alle sporgenze più alte. Il titolo abbraccia invece un ben più moderno e semplice approccio contestuale, che ci spinge verso un incedere molto più fluido e mai tediato dal trial&error. Per far scomparire la frustrazione si è scelto di allungare dove necessario le animazioni di salto, dilatare le tempistiche in qualche Quick Time Event e contestualizzare molte delle azioni semplificando il sistema di controllo. La scelta non ha trasformato Tomb Raider in un clone di Prince of Persia (è possibile cadere e morire), ma ha certamente mitigato -nei limiti della decenza- l’incidenza dell’errore casuale. Per evitare di perdersi all’interno dei grossi tronconi dell’Isola che ci troveremo ad esplorare, Crystal Dynamics ha poi deciso d’implementare il Survival Instinct. Attivandolo Lara attingerà alla più profonda concentrazione, focalizzandosi sull’obiettivo, segnalato da una grande colonna di luce su sfondo seppia. Il talento influisce appena sul gameplay, aiutando fortunatamente senza troppe esagerazioni.

    Meno condivisibile, forse, la decisione di uniformare anche il sistema di combattimento alle velleità del capolavoro Naughty Dog. L’autonomia decisionale di Lara rispetto alla gestione delle coperture funziona ed è cosa buona e giusta; a non convincere appieno è piuttosto il livello dell’intelligenza artificiale nemica. Gli avversari che ci troveremo ad affrontare non sono dotati di grandi capacità tattiche e, pur disponendosi con cognizione di causa e reagendo in fretta ad una nostra debolezza, non riescono mani a sfruttare la superiorità numerica o il terreno di scontro. Non è tuttavia il caso di farne una colpa, dato che la vera sfida nell’affrontare i nemici, in Tomb Raider, è determinata soprattutto dalla varietà, legata sia all'equipaggiamento dei nemici che alle armi e abilità della nostra eroina. Imparando schivate e contrattacchi, letali instant kill e la possibilità di accecare il nemico col terriccio il combat system diventa ben presto vivace e dinamico. Sfruttando l’agilità della protagonista e -diciamolo- la non fulminea sveltezza degli avversari, potremo produrci in azioni sempre varie e d’impatto, remunerative ben al di là del semplice livello di sfida. Se teniamo poi presente che il level design aggiunge ulteriore profondità (disarcionare un avversario da un parapetto, mandare in fiamme un barile esplosivo), i limiti di un’IA a tratti deficitaria vengono immediatamente dimenticati. A ben vedere è comunque possibile impostare al massimo il livello di difficoltà, ottenendo maggior aggressività negli avversari e minor resistenza per la protagonista.
    La struttura ludica sin qui descritta difficilmente starebbe in piedi così bene senza l’ausilio ruolistica di questo reboot. Caratteristica tra le più importanti dell’intera produzione, introduce ben tre diversi skill tree e la possibilità di migliorare costantemente la dotazione. Le abilità si dividono in Survivor, Hunter e Brawler e presentano miglioramenti -rispettivamente- alle capacità di sopravvivenza, alla facoltà di utilizzare armi in combattimento e al corpo a corpo. Sbloccabili tramite Skill Points guadagnati compiendo le azioni più disparate (dalla caccia alla raccolta di materiali), queste capacità rappresentano il punto di partenza di un perfetto circolo virtuoso. Grazie ad esse potremo muoverci meglio e più liberamente all’interno dell’ambientazione, recuperando un maggior quantitativo di risorse. Utilizzando le risorse saremo in grado di potenziare l’armamentario, rendendo più vari gli scontri ed aprendo risoluzioni di enigmi ambientali prima precluse. Un continuo rinfrescarsi della struttura che non rende mai un passaggio simile all’altro. L’unico appunto che possiamo fare a tale sistema, in circa quindici ore di gioco (che toccano le venti per i maniaci del completamento), è la leggera forzatura delle skill finali. Il team, preso dall’entusiasmo, ha calcato un po’ troppo la mano: vedere Lara compiere vere e proprie esecuzioni sugli indifesi avversari fa leggermente storcere il naso. Si tratta, in ogni caso, di elementi altamente esaltanti e presenti solamente nell’ultimo paio d’ore di avventura.
    A livello ludico, comunque, Tomb Raider unisce novità e classicismo, amalgamando il tutto con le collaudatissime feature dell'action adventure moderno. Le sensazioni provate nel corso di una progressione tanto curata, varia e sfaccettata sono rare di questi tempi, e caratterizzano una produzione capace di restare senza dubbio impressa nella storia del gaming moderno.

    Il Tomb Raider che non ti aspetti

    La componente forse meno impressionante di Tomb Raider è quella tecnica. Partendo dai lati positivi non possiamo non lodare un’implementazione particellare da Oscar. Fuoco ed esplosioni sono semplicemente incredibili; pioggia, polvere, terriccio, fango e tutto quanto serve a caratterizzare un’ambientazione ostile e selvaggia si presentano benissimo, impattando potentemente sullo schermo. Leggermente al di sotto la gestione delle fonti d’illuminazione, resa molto bene ma senza far gridare al miracolo. A soddisfare un po’ meno, dunque, sono texturizzazione e modellazione poligonale. Partendo dalla prima possiamo dire che la cura riposta dal team è assolutamente degna dei livelli più alti di questa generazione, ma non superlativa. Qualche sbavatura a livello di definizione ed un’implementazione leggerissimamente traballante di qualche mappa superficiale fa la differenza tra l'ottimo ed il “meraviglioso”, anche se bisogna tener presente i moltissimi elementi che caratterizzano un’ambientazione molto complessa. Chiude una modellazione poligonale di primo livello, dove però il particolare dei volti non ci ha pienamente soddisfatto. Mancano infatti di quell’espressività genuina mostrata da altri titoli recenti. Pur presentandosi ben costruiti, dunque, certi personaggi sembrano avere un fare lievemente posticcio, che stona in parte con i fasti di una narrazione emotivamente molto carica. Nulla che possa minimamente intaccare la valutazione globale, s’intenda, anche perché colpo d’occhio e performance attoriale rimangono di grande livello.
    Di buon livello anche le animazioni di protagonisti e comprimari, quasi sempre fluide e raramente inficiate dai pur presenti problemi di compenetrazione poligonale (unico vero difetto tecnico). Ottimo infine lo studio dei dettagli. Osservare l’equipaggiamento di Lara ampliarsi “fisicamente” di quando in quando, ed ammirarla quindi sempre meglio equipaggiata, è una chicca che i palati videoludici più fini sapranno sicuramente apprezzare.


    Al cospetto di tanta cura a livello microscopico sembra infine strano non apprezzare in Tomb Raider una spinta poderosa a livello artistico. Considerando che la cultura Giapponese, soprattutto in ambito mistico/religioso, ha da sempre abbracciato la maestosità, non dev’essere stato proprio nelle corde degli artisti Crystal Dynamics osare in questo senso. Un vero peccato poiché leggende e culture Yamatai traspaiono meno di quanto ci si sarebbe potuti aspettare, almeno a livello visivo. Anche se dal punto di vista naturalistico l’ambientazione rimane spettacolare, l’influsso di una leader carismatica come Himiko, a nostro modo di vedere, avrebbe dovuto esser sottolineato ancora di più.
    Chiude la valutazione tecnica un più che convincente comparto sonoro, fatto di campionature ambientali sublimi e da pochissimi accompagnamenti orchestrali atti a sottolineare i momenti salienti. Un doppiaggio inglese tra i migliori degli ultimi tempi recupera quanto non riescono a tratteggiare le espressioni facciali. L'interpretazione italiana è di livello, anche se la voce della protagonista è l'unica che spicca: le altre oscillano e in certi casi traballano, anche se il tono è sempre adatto al contesto.

    Multiplayer?

    C'è poco da girarci intorno: in Tomb Raider il multiplayer è una feature completamente accessoria. La lunghezza dell'avventura rende l'esperienza in singolo non solo centrale nell'economia della produzione, ma anche autosufficiente, perfettamente in grado di giustificare l'acquisto. La componente online, sviluppata senza convinzione da un team diverso da Crystal Dynamics, è il residuo di un modo d'intendere l'offerta ludica che ha dimostrato, negli ultimi anni della current gen, troppe falle. Poco funzionale a livello di dinamiche di gioco e tutt'altro che ricco sul fronte delle modalità, l'Online verrà presto dimenticato. Ne parleremo comunque in un articolo dedicato, per saziare le curiosità dei nostri più voraci lettori.

    Tomb Raider Tomb RaiderVersione Analizzata Xbox 360Tomb Raider è senza troppi giri di parole una delle esperienze videoludiche più convincenti e coinvolgenti di questa generazione. E’ un adventure puro che non dimentica i fasti platform del passato, e che sfrutta level design ed evoluzione della protagonista per rinnovarsi costantemente. Ogni fase di questa nuova avventura sa regalare, a modo suo, sensazioni ed emozioni impagabili. Al centro di tutto c’è lei, l’icona femminile per eccellenza nell’immaginario videoludico. Inutile dire che la caratterizzazione ed il carisma di Lara Croft aggiungo alla produzione un qualcosa che molti altri titoli non possono vantare, grazie alla presenza di una protagonista finalmente più “personaggio” che “sex symbol”. Un comparto tecnico con piccole incertezze ed un paio di inciampi a livello ludico macchiano in maniera irrisoria un curriculum oltremodo eccellente, che mostra tutte le caratteristiche di un titolo assolutamente imperdibile. Dinamismo, varietà, completezza, ed un forte impatto emotivo, sono i tratti di un adventure solidissimo, forse un po' troppo vicino alle urgenze hollywoodiane già mostrate da Nathan Drake, ma con certe specificità che rendono quest'avventura a suo modo unica. Un nuovo inizio che getta tutte le premesse per un'epica continuazione della saga.

    9.3

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