Recensione Uncharted Golden Abyss

All'esordio di Playstation Vita, ci attende Nathan Drake

Recensione Uncharted Golden Abyss
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  • PSVita
  • Uncharted Golden Abyss è senza ombra di dubbio il Launch Title di PlayStation Vita a cui i giocatori guardano con più interesse e curiosità. Nonostante allo sviluppo non ci sia Naughty Dog, impegnata sul suo The Last of Us dopo le prodezze dimostrate con l'Inganno di Drake, l'indiscutibile fascino della saga attrae indistintamente amanti di azione ed avventura, nonché i feticisti del portable gaming che cercano un nuovo punto di riferimento tecnico e grafico.
    Tante sono, insomma, le aspettative che accolgono il lavoro di Bend Studio (autore dei primi, indimenticabili Syphon Filter e attualmente occupato anche con Resistance Burning Skies).
    Fortunatamente per tutti, Golden Abyss riesce a sostenere degnamente il peso dell'Hype, dimostrando carattere e sostanza, nonostante le limitazioni che è lecito aspettarsi in un titolo di lancio, tutt'altro che rifinito da un punto di vista strutturale e concettuale. L'urgenza di mostrare i punti di forza della console, sfruttando obbligatoriamente touchscreen e tilt sensor, sfocia in soluzioni tutto sommato ispirate, che riescono a caratterizzare anche questo capitolo, garantendogli una piacevole autonomia narrativa e stilistica. E sebbene sia ben lontano l'appellativo di Killer App (ma averne una al lancio sarebbe stato davvero chiedere troppo), il primo Uncharted portatile rappresenta un ottimo titolo d'esordio per la nuova console.

    Sete Citades

    I vari episodi di Uncharted hanno dimostrato una certa autonomia narrativa. Gli ingredienti, certo, sono sempre stati più o meno i soliti: un affascinante mistero archeologico, qualche losco figuro intenzionato a sfruttarlo per il proprio tornaconto, e tanta azione. Su PlayStation 3, ovviamente, Naughty Dog ha giocato attentamente coi suoi personaggi, approfondendo ora il rapporto fra Nathan ed Elena, ora quello fra Drake e Sully, ma senza puntare troppo sulla “continuity”. Non pesa troppo, dunque, il “tono minore” della trama di Golden Abyss, che racconta una delle tante avventure di chi l'esploratore lo fa per mestiere.
    Stavolta Nathan Drake si trova nelle sperdute giungle del centroamerica, assoldato da quello che sembra essere un bizzoso collega, fanatico collezionista di preziose antichità. Dante - questo il nome del committente - vuole semplicemente seguire le tracce dell'antico popolo di Quivira, miraggio d'oro dell'esploratore Francisco Vazquez de Coronado, che attorno alla metà del cinquecento seguì le allucinate indicazioni del francescano Marcos de Niza, alla ricerca delle “Sette Città d'Oro”. Come sempre, nel corso dell'avventura si dipana quindi un miscuglio romanzato di mito e storia, che sollazza piacevolmente il giocatore, reimmergendolo nelle fantasie archeologiche del miglior Spielberg. Il plot di Golden Abyss, comunque, si complica ben presto, quando in gioco entra Marisa Chase, aspirante avventuriera sulle tracce di suo nonno, scomparso misteriosamente mentre seguiva gli indizi lasciati dai conquistatori spagnoli, nonché un panciuto generale della rivoluzione, che controlla i territori attorno a Panama e si interessa alla scoperta di Nathan e Dante, alla ricerca di ricchezze per finanziare il proprio sogno d'indipendenza.
    Nonostante la presenza di tanti personaggi ed un intreccio discretamente articolato, la trama di Golden Abyss scorre generalmente meno movimentata rispetto a quella di Among Thieves o dell'ultimo episodio uscito recentemente su Playstation 3. E' ovvio anzitutto che Bend Studio non abbia voluto sconvolgere troppo gli equilibri, evitando di rimestare nel passato dei personaggi principali, e componendo un'avventura totalmente indipendente. L'idea che il gioco voglia quasi “restare in disparte” viene alimentata anche da un ritmo abbastanza uniforme, senza grossi colpi di scena o eventi d'impatto. Eppure, per fortuna, il team non si fa scappare l'occasione di irretire i fan della saga, facendo comparire all'improvviso vecchie conoscenze, con tanto di sigaro e magnum, e addirittura approfondendo alcuni lati del carattere di Drake. Il suo forte idealismo, l'amore incondizionato per l'antichità e la storia, il suo spericolato “empirismo conoscitivo” (da studioso sul campo, insomma), e persino la risoluta noncuranza per il guadagno facile, sono tematiche che spuntano di tanto in tanto a rinvigorire la narrazione. E c'è persino qualche momento più “intimo”, che racconta di quei sentimenti occasionali che nascono spesso fra compagni d'avventura.
    Insomma, nonostante manchino intermezzi al cardiopalma e soluzioni hollywoodiane, Golden abyss si lascia giocare piacevolmente, anche grazie ad una sceneggiatura eccellente. I dialoghi sono ben scritti e sempre brillanti, fra battute mordaci e interessanti approfondimenti storici.
    In conclusione, Golden Abyss non da mai l'idea di essere un pallido Spin-Off, ed appare come un'avventura fra le tante, degna di essere vissuta e raccontata.

    Toccami

    Nelle fondamenta ludiche, Golden Abyss riprende l'eredità classica di Uncharted, alternando quindi sparatorie in copertura e scalate dinamiche. La formula di base è ben rodata e funziona alla grande, riproponendo “in piccolo” la dimensione avventurosa che ha conquistato milioni di fan. E' ovvio però che un prodotto portatile debba in qualche modo sottostare ad alcune limitazioni, ed in particolare bisogna ravvisare un evidente calo della varietà di situazioni, rispetto agli ultimi due episodi della trilogia per Home Console. In Golden Abyss, quindi, mancano corse sui treni impazziti, combattimenti contro elicotteri da guerra, tempeste di sabbia ed esondazioni. Tutto sembra rientrare nel solco di una tradizione che risale al primo episodio, certamente meno esuberante dei suoi seguiti. Non che sia un male: su portatile, di fatto, è difficile trovare un action adventure così ben dosato, caratterizzato da una perfetta alternanza di puzzle, azione ed esplorazione.
    L'importante, per non cadere vittima delle aspettative esagerate, è non cercare un titolo che possa in qualche modo riscrivere il canone del suo genere. Golden Abyss non è in grado di farlo anche per una gamma di ambientazioni meno esemplare, che arriva quasi a sfociare in una certa monotonia nella seconda della trama: nel corso dei 33 capitoli che compongono l'avventura principale, ci troveremo fin troppo spesso a camminare in giungle paludose, distese verdeggianti punteggiate di ruderi mangiati dal muschio e attraversate da fiumi e cascatelle. Fortunatamente, un giro all'interno di un piccolo villaggio centroamericano, o la scoperta di cripte e città sotterranee verso la finedel gioco riusciranno a non far scadere il prodotto, che mantiene dunque una varietà più che sufficiente, fortunatamente supportata da un eccellente impatto scenico. Proprio la bellezza coreografica è uno dei punti di forza di Golden Abyss, che sfrutta intelligentemente la potenza della console per proporre panorami mozzafiato. E non ci riferiamo tanto ai bellissimi sfondi bidimensionali, che di tanto in tanto dipingono tramonti di fuoco, quando a quelle prospettive che si soffermano ad inquadrare le strutture poligonali più complesse: le rocche di una città scavata nella roccia che si riflettono dolcemente su un lago sotterraneo, il profilo di una piramide antica, oppure le decorazioni di un enorme portone votivo.
    Fra gli elementi che infondono ad Uncharted Golden Abyss un carattere tutto suo, troviamo anche il pesante utilizzo delle funzionalità specifiche della console, touchscreen in primis.
    Anzitutto, il team di sviluppo ha pensato di proporre un sistema di controllo interamente tattile, che vorrebbe sostituirsi a quello classico mentre il giocatore è impegnato nelle scalate. Invece si direzionare Nathan con lo stick analogico, è infatti possibile “dipingere” il suo percorso strusciando il dito sullo schermo, toccando in sequenza gli appigli a cui dovrà aggrapparsi. Il sistema funziona funziona abbastanza bene, data la reattività dello schermo, ma rende molto più passivo l'avanzamento. Dal momento che il metodo di controllo classico e quello tattile coesistono, comunque, la sua presenza riesce in qualche modo ad essere intrigante: nei casi in cui il percorso è ben evidente, oppure in un momento in cui siamo leggermente più distratti, non si resiste a tracciare col dito la strada da seguire. Ben meno interessante è invece l'integrazione del touchpad retrostante (che permette di arrampicarsi sulle corde, ma di certo non aumenta l'immersività) o del tilt senso con cui si può regolare lo zoom del fucile da cecchino. In entrambi i casi è sempre più immediato ricorrere ai sistemi classici.
    I sistemi di controllo alternativi, comunque, tornano di prepotenza nel corso dell'avventura, quando siamo chiamati a risolvere piccoli puzzle ambientali. Se recuperiamo dagli scavi archeologici un oggetto coperto di fango, ad esempio, dobbiamo pulirlo strusciando il dito sul touchscreen, mentre invece lo ruotiamo facendo scorrere i polpastrelli sul retro. Vero e proprio elemento distintivo di questo capitolo è poi la possibilità di eseguire dei calchi a carboncino delle incisioni che troviamo sulle pareti: basta strusciare il dito sullo schermo per vedere il disegno materializzarsi velocemente. Questa possibilità è sfruttata fin troppo intensamente nel corso dell'avventura, e senza variazioni degne di nota, tanto da risultare persino invadente, in certi casi. Eppure, di tanto in tanto, la fantasia del team di sviluppo lascia invece estasiati, quando ad esempio ci combinano uno scherzo inaspettato sfruttando la fotocamera in maniera esemplare. Anche tutti i Quick Time Event sono gestiti tramite touch screen: mentre apriamo una porta, solleviamo il nostro compagno di viaggio, o schiviamo i colpi degli avversari prima di sferrare un letale contrattacco, siamo chiamati a tracciare linee diagonali o perpendicolari. Il sistema funziona alla grande, ed appare eccellente soprattutto negli estesi scontri con i cattivi di turno che ovviamente si affrontano alla fine dell'avventura. Queste lunghe scazzottate sono davvero perfette ed entusiasmanti, mentre sullo schermo “mimiamo” i movimenti di Drake, le parate ed i contrattacchi. E' un peccato che compaiano solo alla fine dell'avventura, lasciandoci con la voglia di vederne qualcuna in più.
    In generale, insomma, è evidente che questo “corso portatile” di Uncharted sia appena avviato e ancora sperimentale: i risultati sono comunque ottimi, quasi certamente inarrivabili in ambito portatile, ma bilanciando meglio l'amalgama dei vari elementi e introducendo qualche variazione ulteriore Golden Abyss avrebbe potuto essere davvero un piccolo capolavoro.
    Anche in questa forma, tuttavia, il lavoro di Bend Studio stupisce in positivo, e guadagna moltissimi punti anche per la corposa presenza di collectibles, integrati in maniera stupenda con la progressione. Al posto dei vari tesori già incontrati nei primi tre capitoli, infatti, Golden Abyss include di tutto e di più: reperti archeologici da scovare e pulire, incisioni di giada o lapislazzuli, calchi, fogli stracciati da ricomporre come fossero semplici puzzle, e persino fotografie da scattare ad alcuni elementi dello scenario. Tutti questi oggetti vanno pian piano a svelare i vari “misteri” iscritti nel taccuino di Drake, che in questo caso non funge come una guida, ma come una sorta di diario di viaggio. Il giocatore è quindi invogliato a cercare tutti i segreti o gli elementi da fotografare, per completare le pagine della preziosissima agenda, svelando le antiche divinità di Quivera o cercando gli indizi dei viaggi dei Conquistadores. Una generale nota di merito va anche all'abilità del team di sviluppo nel nascondere gli oggetti nei punti più impensabili. Non basta un buon colpo d'occhio per scovarli tutti: è richiesta una curiosità fuori norma, ed una meticolosa attenzione, e spesso anche la capacità di allontanarsi dal percorso delineato. Assieme ad alcune ambientazioni leggermente più aperte, insomma, la presenza degli “extra” riesce a nascondere efficacemente la linearità tipica della serie. Infine, c'è da citare la presenza delle “bounty” che si raccolgono randomicamente uccidendo i nemici: a seconda dell'ambientazione in cui ci troviamo, saremo capaci di raccogliere tarocchi, monete antiche o pietre preziose, per arricchire la nostra personale collezione. Data la rarità di certe ricompense, l'inedita opzione Mercato Nero (aggiunta proprio in occasione del lancio europeo) permette di scambiare questi oggetti con gli altri giocatori nei paraggi. Tanta abbondanza, insomma, aumenta notevolmente il replay value, incuriosendo il giocatore ben più di quanto non abbiano fatto i tesori, e spinge dunque a rigiocare i brevi capitoli, magari a difficoltà maggiore, alla ricerca di qualche trofeo.
    Golden Abyss, quindi, potrebbe durare ben più delle quindici ore necessarie per completare il gioco una prima volta. Ma anche se non fosse, la longevità ci appare ben adeguata al genere.

    Primo della Classe

    Non è facile dare un giudizio tecnico su un titolo di lancio, dal momento che mancano fondamentalmente i punti di riferimento ed un metro di paragone per tracciare paralleli e valutare bene quanto a fondo siano sfruttate le potenzialità della console. Di una cosa però siamo sicuri, di fronte ad Uncharted Golden Abyss: sulla scena portatile non c'è attualmente niente di meglio. Infinity Blade 2 sfoggia alcune texture più definite e qualche mappa superficiale più corposa, ma qui ci troviamo di fronte ad un prodotto che muove una quantità poligonale impressionante, lasciando la telecamera libera di esplorare un mondo di gioco vastissimo e sinceramente più vario rispetto a quello del prodotto Chair. Se insomma l'intento di Sony era quello di portarsi direttamente in testa, presentando una macchina tecnicamente all'avanguardia, Golden Abyss è la dimostrazione di un sicuro successo. Impossibile prevedere come si evolveranno le cose, quali saranno le specifiche hardware degli smartphone che vedranno la luce nel ciclo vitale di PlayStation Vita e come reagiranno gli sviluppatori chiamati a lavorare su questo piccolo gioiello hardware, ma attualmente Bend Studio ci consegna una grande prova di supremazia tecnica e grafica. Impressionante il lavoro di modellazione dei personaggi, che mostrano modelli ben dettagliati e animati alla perfezione, ma anche per quanto riguarda le ambientazioni l'impatto visivo è eccellente, mitigato solo in parte dall'utilizzo di qualche texture non pienamente convincente e dal riuso evidente di molti elementi. Si segnalano rarissimi cali di framerate (verificati appena due o tre volte nel corso dell'avventura), che non sporcano una fluidità eccezionale, ed una certa fatica a gestire gli effetti speciali: fuoco ed esplosioni sono realizzati con texture in bassa definizione, e quando la telecamera si sofferma ad inquadrarli direttamente, tendono a “sporcare” leggermente la scena, altrimenti sempre molto composta e rifinita dalla massiccia presenza di Anti Aliasing.
    Dall'ottimo al discreto anche il lavoro sull'espressività dei volti: Nathan è ovviamente il personaggio che ha ricevuto più attenzioni, mentre i comprimari non raggiungono i suoi livelli, nelle molte cut scene. Ma l'interpretazione degli “attori digitali” è fortunatamente supportata da un doppiaggio impareggiabile, espressivo e caratteristico. L'accompagnamento musicale è eccezionale: spilluzzica abbondantemente dalla soundtrack del secondo capitolo, salvo poi stupire il giocatore con variazioni su tema notevoli, che si avvicinano ai canti sacri della Carmina Burana o alle sonorità sudamericane.

    Uncharted: Golden Abyss Uncharted: Golden AbyssVersione Analizzata PlayStation VitaUncharted Golden Abyss è un titolo che nessuno degli acquirenti di PlayStation Vita dovrebbe lasciarsi scappare. E' molto raro trovare prodotti di questa qualità al lancio di una nuova console, ed è evidente che Sony abbia voluto lanciare un messaggio molto diretto ai videogiocatori. Non si tratta di un prodotto perfetto, senza sbavature: anzi, come molti launch title mostra un'amalgama di soluzioni leggermente disorganica, che acquisterà sicuramente una forma migliore nei prossimi episodi. Eppure, grazie anche al dinamismo ed alla malleabilità della serie di riferimento, Golden Abyss eccelle e diverte, riuscendo persino a mostrare un carattere tutto suo. Il plot canonico viene supportato da una sceneggiatura sempre brillante, che si diverte ad esplorare un altro dei misconosciuti miti della storia, e l'urgenza di sfruttare i vari sistemi di controllo sfocia infine in soluzioni molto personali e ben riuscite. L'eccellenza tecnica non si mette in discussione, ed in fin dei conti questo Uncharted portatile intrattiene per molte ore, recuperando una dimensione meno esplosiva e spettacolare rispetto a quella degli ultimi due episodi, ma ritrovando felicemente le semplici radici di una serie che ha significato moltissimo per il genere d'appartenenza.

    8.5

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