Recensione Uncharted: The Nathan Drake Collection

Bluepoint Games porta su PlayStation 4 i primi tre episodi della serie Naughty Dog, in versione rimasterizzata. Un gustoso antipasto in attesa del quarto capitolo ufficiale, in arrivo a marzo.

Uncharted: The Nathan Drake Collection
Recensione: PlayStation 4
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  • PS4
  • PS4 Pro
  • Sono passati otto anni dall'uscita del primo Uncharted, eppure il titolo Naughty Dog si presenta in splendida forma anche su PlayStation 4. Il merito è del lavoro eccellente di Bluepoint Games, team di sviluppo abilissimo con conversioni e remaster, a cui Sony ha affidato i lavori per la Collection dedicata alle tre avventure di Nathan Drake. Un compito delicato, dal momento che questa raccolta rappresenta l'unica esclusiva Ps4 di rilievo in un periodo autunnale decisamente vuoto. Per fortuna i risultati, sul fronte tecnico, sono impeccabili: i tre titoli escono estremamente rinvigoriti dal "lifting" grafico, e non solo grazie al classico aumento di risoluzione e framerate.

    La fortuna di Drake

    La dimostrazione lampante di quanto meticoloso sia stato il restauro operato dal team arriva proprio il primo capitolo, che ci aspettavamo di trovare molto più invecchiato. E invece i modelli poligonali dei protagonisti sono ottimi, e l'atmosfera delle ambientazioni ancora efficace. Il merito è di un lavoro eccezionale sulle texture e sugli effetti di superficie, mirato ad aumentarne dettagli e risoluzione. Bluepoint Games ha deciso di non risparmiarsi, aggiungendo anche un po' di effetti speciali e lavorando sull'illuminazione: la superficie degli specchi d'acqua si increspa in maniera credibile al passaggio di Nathan, le ombre sono nitide e definite. Tutto scorre fluidissimo - ovviamente a 60 fps - con cali appena percepibili in rarissime sequenze. L'incremento del framerate ha giovato persino al gameplay, o per lo meno al feeling generale dei controlli, reattivi in ogni situazione e un po' meno ingessati di quanto ce li ricordassimo. L'operazione di recupero del primo Uncharted è quindi molto preziosa: ma non miracolosa. Non può cancellare, per ovvi motivi, l'anzianità concettuale del prodotto, che resta diverse spanne sotto ai suoi successori in fatto di design, varietà, e persino di compostezza scenica. Le ambientazioni attraversate da Nathan nella sua ricerca di El Dorado non hanno l'impatto, la vastità ed il respiro degli scorci nepalesi del secondo capitolo, né aspirano a raggiungere le meraviglie siriane del terzo. Sono costruite con dettagli poligonali ben meno impressionanti, e raramente lasciano a bocca aperta in fatto di draw distance. Più generalmente, a sembrare un po' "ancestrale" è tutta l'avventura, che procede a tratti evidentemente impacciata. Dal tutorial iniziale alle sequenze a bordo della moto d'acqua, il primo Uncharted avanza grazie a soluzioni ludiche che sono un po' fuori dal tempo, alternando scalate molto lineari a sparatorie non troppo dinamiche. Le fasi shooter, che avevano estratto da Gears of War l'idea delle coperture dinamiche, oggi non possono che sembrare molto limitate, per via di un'intelligenza artificiale abbastanza rinunciataria. D'altro canto i momenti esplorativi non hanno un briciolo della spettacolarità e dell'estro cinematografico che avrebbe poi reso celebre la saga: mancano i giochi di regia, le inquadrature ansiogene, l'incedere movimentato.

    Giocando oggi a Drake's Fortune, insomma, si capisce quanto ancora seminale fosse il concept alla base del prodotto. L'avventura si conclude comunque piacevolmente, senza patemi: stimolati magari dal confronto con le statistiche degli amici, a sostegno di una strisciante ma avvertibile tensione agonistica. Recuperando il tono leggero dell'archeologia alla Indiana Jones, e grazie a dialoghi divertenti e ben recitati (nell'ottimo doppiaggio italiano fortunatamente conservato in questa riedizione), Uncharted ed il suo protagonista fecero breccia nel cuore dei giocatori, ed hanno le carte in regola per farlo anche oggi. L'inattesa virata stilistica dopo la metà della storia, che inserisce un guizzo paranormale mai estraneo alle scoperte archeologiche più improbabili e fantasiose, rinvigorisce la seconda parte del gioco, e ci conduce alla fine regalandoci qualche momento più intenso.

    Sic Parvis Magna

    È però con il secondo capitolo che la saga di Uncharted raggiunge la piena e completa maturazione. Among the Thieves resta ancora oggi uno dei migliori esponenti del genere, inarrivabile sul fronte dell'impatto scenico, del dinamismo, e persino delle soluzioni narrative. L'impianto ludico è lo stesso del primo episodio, ma qui tutto è portato ai massimi livelli. L'incedere trottante e mai statico sballotta il giocatore tra sparatorie finalmente più intense e scalate tese e meravigliose: sempre lineari e inquadrate eppure tenutissime, e valorizzate da inquadrature curiose e arrembanti. Ci sono momenti di Uncharted 2 che sono rimasti scolpiti per sempre nella memoria storica di tanti giocatori: l'incipit meraviglioso con Drake appeso ad un vagone, il viaggio di un treno che si inerpica sulle pareti rocciose dell'Himalaya, lo scontro con un elicottero all'interno di un palazzo traballante; e persino quell'istante di pura poesia in cui il nostro protagonista si ferma ad accarezzare uno yak, dimenticando per un attimo tutti i suoi affanni. Anche se il terzo episodio ha provato a rilanciare costantemente (con la sequenza a bordo dell'aereo e i meravigliosi palazzi della Siria; con le scene allucinate e i miraggi del deserto), è senza dubbio Uncharted 2 il capitolo più riuscito. Il merito è di una sceneggiatura magnifica, senza i "buchi" della terza avventura e inaspettatamente concentrata sul lato umano di protagonisti e comprimari.

    E il multi?

    Fra le opzioni inedite aggiunte in questa collection ne troviamo una dedicata agli speedrunner, che si affianca ai cinque livelli di difficoltà disponibili per ogni capitolo. È sparito però il multiplayer competitivo del secondo e terzo capitolo. A parziale risarcimento, chi acquisterà la collection avrà accesso alla beta multiplayer di Uncharted 4, che si terrà a Dicembre.

    La penna di Bruce Straley e Neil Druckmann, autori poi di The Last of Us, si era fatta insomma riconoscere, ed è un piacere sapere che il duo ha lavorato allo screenplay del quarto episodio (non ce ne voglia Amy Hennig, che ha scritto invece "L'inganno di Drake"). Ad Uncharted 3, in ogni caso, va il merito di essere andato a cercare ambientazioni originalissime e splendidamente realizzate a livello tecnico, persino insolite per il genere d'appartenenza. Il cimitero delle navi che vedrà Nathan appeso alla chiglia ferrosa di relitti inservibili, o i tetti di Cartagine esplorati nel corso di un bellissimo flashback (e poi ancora i castelli nel sud della Francia e le città sognate nascoste tra le sabbie), compongono un viaggio ancora oggi unico, che surclassa persino l'eclettismo geografico dei primi Tomb Raider. Sia il secondo che il terzo capitolo sono stati rinsaldati, nella Collection, dal lavoro più che competente di Bluepoint Games, per cui abbiamo già speso molte lodi. Vale la pena però ribadire che, oltre all'incredibile qualità delle texture ed all'aggiunta di effetti speciali, la scena appare pulitissima grazie ad un nuovo filtro anti-aliasing, che non sbaglia un colpo e rende i contorni nitidi e impeccabili. Sono aumentati, in certe sequenze, anche gli oggetti con cui è possibile interagire, nonostante le ambientazioni restino generalmente statiche. In alcuni momenti (ad esempio durante il crollo del grattacielo in Nepal) la scena appare più ricca e più dinamica, anche se poi la riscrittura delle routine fisiche sfocia in qualche inconsulta reazione di corpi e oggetti.

    Perfetta anche la gestione del motion blur, che può essere attivato persino sui movimenti di camera (anche se così la scena tende a farsi molto più "impastata"), oppure disabilitato completamente, per godersi l'anti-aliasing di cui si diceva. Un'opzione che si vede raramente in una riedizione, preziosa come lo sono quelle per gestire l'audio posizionale e tridimensionale, e che una volta di più ribadisce la qualità del lavoro di adattamento. Unica nota di demerito, una compressione dei filmati pre-renderizzati che, sui televisori con ampia diagonale, mostra qualche artefatto. Probabilmente migliorare la qualità riuscendo ad infilare tutto in unico disco sarebbe stato davvero impossibile, e complessivamente i filmati sono migliori degli originali, ma i giocatori con l'occhio più allenato sapranno distinguere le imperfezioni.

    Uncharted: The Nathan Drake Collection Uncharted: The Nathan Drake CollectionVersione Analizzata PlayStation 4Quando si tratta di riedizioni, Bluepoint Games non sbaglia un colpo. La collection di Uncharted è, sul fronte tecnico, sostanzialmente impeccabile. Fluidità garantita in ogni situazione, anti-aliasing eccezionale, intelligente gestione del motion blur: il team di sviluppo si è davvero sbizzarrito, sfruttando al meglio la potenza computazionale di PlayStation 4 per tirare a lucido le tre avventure di Nathan Drake. A colpire è anche il lavoro sulle texture, sull'illuminazione e sugli effetti speciali, che migliora in maniera netta e avvertibile il colpo d'occhio, trasformando ambientazioni “vecchie” di parecchi anni in quadri ancora meravigliosi. A livello ludico il primo capitolo risulta sicuramente il meno brillante, superato abbondantemente dai suoi successori (anche se pronto ad esibire intelligenti enigmi ambientali, molto più rari nei sequel, che speriamo di rivedere nel quarto episodio). Oggi fanno un po' sorridere pure le titubanti fasi Stealth di Uncharted 2, ma in quanto a spettacolarità, ritmo e vivacità Il Covo dei Ladri e L'Inganno di Drake sono imbattibili. Ammesso che non cerchiate le ambientazioni leggermente più aperte dell'ultimo Tomb Raider e non sentiate il peso di un incedere a tratti lineare, le tre avventure di Nathan sapranno stupirvi ancora oggi, oppure ricordarvi quanto trascinanti siano state le emozioni provate la prima volta.

    8.5

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