Recensione Untold Legends: The Warrior's Code

Sony Online Entertainment torna sul piede di guerra

Recensione Untold Legends: The Warrior's Code
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    Nonostante i confortanti dati di vendita seguiti al suo lancio, Untold Legends: Brotherhood of Blade, primo capitolo del celebre franchise SOE (Sony Online Entertainment) adattato al formato portatile nonché unico gioco di ruolo disponibile nei primissimi mesi di vita di PlayStationPortable, fu una produzione non proprio impeccabile ma, al contrario, affetta da consistenti limitazioni di carattere tecnico e svariate imperfezioni strutturali. Annunciato a gran voce lo scorso Settembre, Untold Legends: The Warrior’s Code, si prospetta come il gioco ideale che non ha saputo essere il suo predecessore: accurato, vario, coinvolgente e tecnicamente ineccepibile. Finalmente è giunto il momento di toccare con mano questo attesissimo sequel e constatare se gli sforzi profusi nella sua realizzazione hanno effettivamente dato i frutti sperati.

    Un elogio alle intenzioni....

    La voce narrante che accompagna il filmato iniziale espone al giocatore una situazione tutt’altro che rosea. Khoryn Tal, un tempo florida e pacifica capitale del regno di Re Nahir viene conquistata dopo appena un mese di battaglie da uno spietato Signore della Guerra. Assassinato il legittimo sovrano e stabilitosi nel palazzo reale, l’oscuro tiranno segna l’inizio di un’era di paura, odio e violenza senza precedenti, mettendo al bando tutti i mutaforma (ovvero coloro che hanno la capacità di trasformarsi in enormi bestie) che non si sono piegati al nuovo regime. La speranza dell’intera popolazione risiede proprio in questo gruppo di valorosi ribelli che, nascosti e braccati, aspettando pazientemente che arrivi il loro momento...
    Una volta a conoscenza dei fatti, l’utente può dunque procedere alla creazione del proprio personaggio definendone classe, nome, colore di pelle e capelli, acconciatura e successivamente intervenendo manualmente sui quattro parametri preimpostati ovvero forza, energia, intelligenza e destrezza. Rispetto al suo predecessore, The Warrior’s Code, pur non esaltando per qualità e quantità delle opzioni selezionabili, offre un grado di personalizzazione di gran lunga maggiore, che permette di scegliere tra cinque categorie di combattenti (Guardiano, Mercenaria, Discepolo, Esploratrice e Predone), 48 tonalità di pelle differenti, cinque pettinature e svariati colori di capelli. Ancora una volta il rammarico più grande si riscontra nell’impossibilità di cambiare il sesso del proprio alter-ego, restrizione quanto mai illogica che costringe il giocatore, maschio o femmina che sia, ad accontentarsi della combinazione prestabilita che più si avvicina alla propria identità; un particolare che potrebbe sembrare marginale ma che invece si rivela tutt’altro che irrilevante, soprattutto in vista della modalità multiplayer.
    Sbrigati tutti i convenevoli, si può finalmente passare all’azione. Il lungo e periglioso cammino dell’eroe appena modellato inizia dalle fogne, momento in cui vengono impartite le prime istruzioni di gioco attraverso punti di informazione dislocati lungo il percorso. Il sistema di controllo si rivela immediatamente semplice ed intuitivo, confermando in men che non si dica le caratteristiche di hack’n’slash dalle sfumature ruolistiche già ampiamente apprezzate nel primo episodio. Perno centrale del gameplay è costituito difatti dalle sessioni di battaglia, frenetiche ed immediate, amministrate da un sistema di combattimento in tempo reale che, salvo rare eccezioni, vede il giocatore alle prese con orde inferocite di troll, soldati imperiali e bestie di ogni sorta.

    Alle idee...

    Se Brotherood of Blade aveva deluso per la scarsità di mosse a disposizione e l’eccessiva difficoltà nell’eseguire alcune di esse (ad es. la parata), The Warrior’s Code riesce laddove il suo predecessore ha fallito, mettendo a disposizione una gamma di azioni più vasta e diversificata: oltre al normale attacco fisico, il giocatore è in grado di sferrare fendenti di grande potenza attraverso una pressione prolungata del tasto X e di avvalersi di un’applicazione del tutto inedita chiamata attacco potenzialmente dannoso. Ogniqualvolta il vostro nemico commette un errore, abbassando la guardia o rimanendo incastrato con la propria arma sul terreno ad esempio, sullo schermo appare per qualche secondo (ovviamente fin quando l’oppositore si trova in difficoltà) una barra temporanea che, una volta riempita, consente l’esecuzione di un attacco aereo devastante in grado di colpire anche i bersagli circostanti a quello selezionato. Un’idea apparentemente splendida ma che purtroppo non trova una degna collocazione nella struttura di gioco a causa della scarsa sensibilità dell’apposito tasto (alla sua pressione non corrisponde il caricamento) unita alla non indifferente difficoltà nel trovare il momento esatto per agire soprattutto quando ci si trova circondati dalle massicce forze avversarie: è proprio in questi casi che l’utilizzo di questa mossa si rivela veramente arduo poiché la sua preparazione implica un periodo di stasi in cui il personaggio rimane totalmente indifeso; condizione piuttosto rischiosa visto e considerato che nella stragrande maggioranza delle situazioni l’utente si trova in netta inferiorità numerica e che ogni minimo errore può portare all’inesorabile disfatta.
    Altra novità piuttosto interessante è rappresentata dalla possibilità di tramutarsi in bestia ogni volta che l’indicatore di essenza (linfa vitale sottratta ai nemici) è al massimo. Sfortunatamente, anche in questo caso, un’applicazione che sulla carta appare decisamente brillante viene tradotta troppo superficialmente per poter rappresentare un elemento abbastanza significativo nell’economia di gioco. Se da un lato tale trasformazione si rivela utile in termini di potenza fisica, dall’altro si dimostra una soluzione talmente poco conveniente da risultare quasi inutile poiché, oltre ad escludere l’utilizzo di ogni altra tecnica offensiva, non offre nulla di più rispetto alla forma umana, fatta eccezione per le grottesche sembianze animali.
    Un aiuto sicuramente più valido in battaglia viene invece dalle magie, di gran lunga più funzionali e diversificate sia dal punto di vista visivo che da quello puramente pratico; caratteristica riscontrabile soprattutto nella grande varietà di effetti che queste sono in grado di sortire: congelare il nemico bloccandolo per qualche istante, conferire la forza del fuoco alla vostra arma, avvelenare mostri e affini all’interno di un perimetro circoscritto e così via. A differenza di Brotherood of Blade, la nuova produzione SOE consente di equipaggiare fino a 6 tipi di incantesimi contemporaneamente (contro i due del precedente episodio), liberamente associabili ad altrettanti pulsanti di azione a vostra scelta e collegati direttamente all’avanzamento di livello del proprio personaggio. Dopo ogni scontro, il personaggio acquisisce automaticamente un certo numero di punti esperienza da distribuire in maniera del tutto discrezionale tra i quattro valori principali e gli incantesimi: in questo modo il giocatore può intervenire in maniera autonoma e appagante sulla curva di apprendimento del proprio eroe decidendo quali caratteristiche implementare e quali no, quali magie vanno potenziate e quali invece possono essere lasciate in secondo piano.
    Ancora una volta il grande punto di forza di questo franchise risiede nell’ottima quantità di oggetti, armi (due ad essere precisi, una per il combattimento corpo a corpo e una a lunga gittata) ed equipaggiamenti disponibili che possono essere, come accadeva in passato, potenziati ed arricchiti da effetti particolari (es. respinta, veleno ecc.) se associati a gemme, pietre e cristalli reperibili direttamente nelle location o acquistabili presso il mercante di turno. Un aspetto piuttosto realistico dell’inventario è dato dal fatto che qualsiasi cosa ne faccia parte comporta un certo peso, che va ad influire sulla capacità di carico del personaggio e di conseguenza sul numero di oggetti che è in grado di portare con sé.
    Nei rarissimi momenti in cui non siete costretti a menare le mani, vi accorgerete inoltre che, oltre alla classica raccolta e distruzione di oggetti e apertura di forzieri, questo titolo rimpolpa la vecchia struttura di gioco attraverso missioni di gran lunga più stimolanti (in cui dovete collaborare con un altro guerriero o proteggere dei prigionieri indifesi) e mediante l’introduzione di qualche piccolo elemento puzzle come, ad esempio, l’attivazione di interruttori e leve. La significativa riduzione dei tempi di caricamento e l’abbandono del precedente sistema di creazione casuale delle locazioni, sostituito da ambientazioni prestabilite molto vaste ed interamente esplorabili, conferiscono una continuità di gioco piuttosto soddisfacente, intramezzata di tanto in tanto da artwork narrativi e scene di intermezzo.

    Indiscusso fiore all’occhiello di questa produzione è rappresentato, infine, dalla modalità multiplayer, più ricca e variegata di quella vista nel precedente episodio, grazie ad una notevole espansione delle opzioni di gioco (avarizia, corsa all’oro, sopravvivenza, campagna cooperativa, saccheggio, caccia e molte altre ancora) e delle modalità di collegamento selezionabili. E’ infatti possibile giocare fino ad un massimo di quattro giocatori tramite connessione Ad Hoc, Infrastruttura e Wlan; il che, inutile dirlo, rappresenta una delle più grandi attrattive che questo titolo ha da offrire. Una volta terminata la storia principale, difficilmente il giocatore sarà interessato a riprendere in mano il gioco a meno che non si tratti di ingaggiare sfide e competizioni di ogni tipo e sorta con amici ed utenti online; elemento questo che, oltre ad essere ben articolato e strutturato, riesce a tenere incollati alle proprie console molto più di quanto faccia la modalità singola, meno coinvolgente e frizzante.

    ...E UNA CRITICA AI RISULTATI

    Tutti gli aspetti analizzati sin’ora denotano senza ombra di dubbio dei forti miglioramenti in termini di varietà e complessità delle meccaniche di gioco ma non riescono tuttavia ad evitare una monotonia di fondo piuttosto persistente, caratterizzata da zone brulicanti di nemici che vi attaccano incessantemente da ogni direzione, costringendovi ad abbandonare qualsiasi barlume strategico a favore del più rapido ed efficace attacco fisico. La sproporzionata mole di oppositori che vi troverete a fronteggiare nel corso delle vostre scorrerie riduce spesso l’ambiente di gioco ad uno sgradevole e caotico ammasso di corpi febbricitanti che cercano di farvi a pezzi; circostanza piuttosto frequente che, oltre a disorientare il giocatore, riesce a provocare una punta di frustrazione in più di un’occasione. Ad alimentare questo senso di confusione contribuisce spesso e volentieri la telecamera, attraverso una scomoda vista dall’alto, la cui visibilità viene troppo frequentemente offuscata da elementi del paesaggio come archi, colonne e rami. Nonostante la visuale sia direttamente gestibile attraverso la contestuale pressione di L1 e tasti direzionali, i vari aggiustamenti concessi all’utente non ammettono grosse modifiche poiché, ingrandendo la schermata si rischia di ridurre drasticamente le dimensioni del proprio campo visivo e, di conseguenza, orientarsi in maniera adeguata nelle locazioni o accorgersi di eventuali presenze ostili diventa piuttosto difficile.

    Le tanto annunciate migliorie tecniche costituiscono sì un notevole passo avanti rispetto alla precedente produzione ma allo stesso tempo non riescono ancora a convincere appieno. Il nuovo motore grafico amministra in maniera più fluida movimenti ed animazioni di personaggi e nemici ma troppo spesso (soprattutto in battaglia) non sopporta la quantità di dati da gestire e a farne le spese è il frame rate che subisce brevissimi ma fastidiosi rallentamenti. Il character design è senza ombra di dubbio molto più curato e gradevolmente orientato a tratti stilistici più deformati e fantastici ma la capacità di vedere in tempo reale ogni cambiamento del proprio personaggio (armi e vestiario compresi) non viene debitamente valorizzata dal risultato finale: che senso ha infatti poter usufruire di un’opzione così allettante se poi, a livello visivo, la differenza si nota appena?

    Lo stesso discorso può essere fatto per quanto riguarda i nemici. Sebbene siano presenti quantità industriali di creature diverse (tutte da collezionare in una sorta di bestiario), la grande calca delle situazioni impedisce spesso di distinguerne i tratti anche se il compito viene sovente facilitato prestando attenzione ai vari comportamenti assunti dalle forze ostili o più semplicemente dando un occhio al tipo di arma che impugnano (alcuni si riconoscono da un grande martello, altri dal lanciafiamme che portano sulla schiena). L’intelligenza artificiale è stata leggermente implementata ma non abbastanza da evitare che il nemico vi piombi addosso, sempre e comunque, senza la benché minima strategia di attacco; particolare che a lungo andare infastidisce e concorre a sminuire la differenziazione dei combattimenti. Gli ambienti, divisi tra interni ed esterni in maniera piuttosto equilibrata, sono molto più estesi ed interattivi ma al contempo non riescono a lasciarsi alle spalle quella ripetitività, cromatica e strutturale, che affliggeva il suo predecessore. Intendiamoci, il miglioramento sotto questo punto di vista c’è stato eccome (soprattutto nella pulizia della texture) ma, nonostante la buona diversificazione delle location (fogne, montagne innevate, piovose colline, deserti, aride pianure, sontuosi palazzi, tetre caverne e chi più ne ha più ne metta), persiste la vaga sensazione di trovarsi sempre nel medesimo punto, come se la stessa architettura fosse stata ripetuta all’infinito con qualche piccola variante messa lì tanto per ingannare l’occhio. Per fortuna anche il sonoro ha subito perfezionamenti (le insulse musichette di Brotherood of Blade erano a dir poco imbarazzanti) grazie ad una discreta campionatura di suoni e rumori ma soprattutto grazie all’introduzione di una soundtrack adeguata (anche se non particolarmente eccezionale) composta perlopiù da musiche orchestrali e motivetti meno “importanti” più adatti alle sessioni di combattimento. La discreta campionatura di suoni e rumori viene egregiamente accompagnata da un ottimo doppiaggio in italiano disponibile, tuttavia, solo per quanto riguarda le sequenze narrate: nelle scene di intermezzo, infatti, i personaggi con cui dovrete interagire parleranno esclusivamente un inglese sottotitolato nella nostra madrelingua. A questa piccola pecca va ad aggiungersi l’inspiegabile silenzio del proprio guerriero che, oltre a non essere minimamente caratterizzato a livello emotivo (di lui/lei non si sa nulla, esegue missioni e basta!), non proferisce mai verbo limitandosi a restarsene impalato ascoltando quello che hanno da dirgli.

    Untold Legends: The Warrior's Code Untold Legends: The Warrior's CodeVersione Analizzata PSPUntold Legends: The Warrior’s Code, pur essendo un titolo valido e sostanzialmente appagante, non riesce ancora a scrollarsi di dosso la fama di “gioco imperfetto” lasciatagli in eredità da Brotherood of Blade. Se da un lato riesce a passare un colpo di spugna sui pesanti difetti del suo predecessore (scarsa varietà di azione e di esplorazione, trama striminzita, insufficiente personalizzazione, ambientazioni poco valide ed interattive ecc.) dall’altro dimostra di non aver saputo sfruttare in maniera concreta le brillanti intuizioni del team di sviluppo. Alcune scelte risultano sicuramente vincenti (maggiore personalizzazione e libertà di esplorazione, multiplayer molto più approfondito) altre invece rimangono intrappolate in una bolla di sapone (es. la trasformazione in bestia) e non riescono a trovare la giusta via per essere veramente incisive sulla struttura di gioco. Anche il comparto tecnico, che avrebbe dovuto stupire ed incantare, non offre niente di particolarmente eclatante rispetto ad altri giochi disponibili per PsP e contribuisce ad avvalorare la sensazione che SOE abbia puntato molto di più a sanare l’aspetto estetico che quello strutturale. The Warrior’s Code sa tuttavia divertire ed appassionare come pochi ma nel contempo si limita ad elargire puro e semplice intrattenimento videoludico quando invece avrebbe potuto rappresentare, sopratutto per la sua natura ruolistica, un’esperienza di gioco più profonda e coinvolgente.

    7

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