
Wasteland 3 Recensione: il ritorno dei GDR vecchia scuola stile anni '90
Atteso inizialmente per la scorsa primavera, Wasteland 3 arriva ora su PS4, PC e Xbox One, disponibile sin dal lancio anche su Game Pass.
La storia di InXile Entertainment è quella di un gruppo di creativi in esilio, o almeno così è come si sentivano Brian Fargo e i suoli soci quando, agli inizi degli anni 2000, abbandonarono Interplay Entertainment. Per accedere agli eventi degli addetti ai lavori, Fargo si presentava come "Leader in exile", dapprima con un semplice piglio goliardico, ma che piano a piano prese piede e poco tempo dopo si concretizzò nella fondazione di InXile Entertainment. Il nome della compagnia era legato a doppio filo alle esperienze delle persone che ne facevano parte: veterani dell'epoca aurea degli RPG che vedevano il mondo mutare davanti ai loro occhi. Non c'era più molto spazio per giochi come i primi due Fallout, come i Baldur's Gate o Planescape Torment, e questo a Fargo e i suoi non andava affatto bene.
Sfruttando così la popolarità della piattaforma Kickstarter, InXile provò a rivitalizzare alcune saghe perdute tra le pieghe del tempo, come quella di Wasteland o The Bard's Tale. Ci riuscirono molto bene, tanto che Wasteland 2 divenne immediatamente un successo di crowdfunding, seguito poi da Torment: Tides of Numenera e da The Bard's Tale 4. Anche Wasteland 3 ricevette tantissimi consensi dagli appassionati, che tra il ritorno di nomi celebri grazie a InXile e la spinta di Obsidian con i due Pillars of Eternity, stavano rivivendo una piccola età dell'oro degli RPG anni ‘90. Wasteland 3 è insomma figlio delle ambizioni e della caparbietà di Brian Fargo e di InXile. È un gioco che si contrappone al "nuovo corso" degli RPG occidentali sposando uno stile di fine secolo scorso, nel farlo ovviamente rischia di apparire inadeguato, ma recupera pure alcune caratteristiche tipiche della "vecchia scuola" che i più moderni giochi di ruolo hanno messo da parte.
La fine del mondo
La prima cosa che Wasteland 3 riprende dal capitolo originale del 1988 è l'ambientazione. Il mondo del gioco di InXile è abbracciato da un'apocalisse che ha scardinato gli ordini nazionali e ha creato nuovi gruppi, perlopiù mossi da intenzioni violente, che si contendono quel che è rimasto degli Stati Uniti d'America.

La visione del post-apocalittico di Wasteland è quella tipicamente anni ‘80, dominata da bande di predoni punk, strapiena di pazzoidi omicidi con la passione per il cannibalismo (che a quanto pare è una caratteristica imprescindibile nei racconti post-apocalittici) e dove la "legge" è difesa da pochi gruppi, perlopiù militarizzati, impegnati a tenere insieme i brandelli di un'umanità allo sfascio. Wasteland 3 non aggiunge nulla di nuovo alla narrazione classica di una fine del mondo dominata dal nichilismo e dalla filosofia dell'homo homini lupus.
Una scelta senz'altro legittima e sensata, peraltro in linea con l'idea che l'uomo abbia istinti violenti intrinseci e che di fronte all'apocalisse, piuttosto che fare comunità, preferisca ammazzare i suoi simili.Lingua, longevità e co-opWasteland 3 non è disponibile in lingua italiana: è localizzato solo in francese, spagnolo, tedesco, polacco, russo e ovviamente inglese, lingua in cui è anche interamente doppiato. L'inglese è generalmente comprensibile, ma ci sono dei personaggi che usano modi di dire e slang che potrebbero dare qualche grattacapo ai meno esperti.
La lunghezza del gioco dipende molto dal grado di approfondimento che si vuole dedicargli: andando più di fretta si possono impiegare una trentina di ore, mentre completando attività secondarie stimiamo si possa arrivare anche a 50-60 ore (nella nostra partita ne abbiamo impiegate 51). I documenti che ci sono stati forniti insieme al codice review parlano addirittura di 80-100 ore, ma è una cifra che reputiamo molto irrealistica.
In Wasteland 3 è inoltre presente una modalità cooperativa, che potrebbe magari giustificare una seconda partita o, chissà, essere un incentivo per la prima. Non abbiamo avuto l'opportunità di provarla direttamente, ma si tratta, in soldoni, dello stesso tipo di esperienza che si può affrontare in giocatore singolo, con la differenza che il party è diviso a metà ed è gestito separatamente da due utenti.
Ma la qualità altalenante della narrativa di Wasteland 3 non dipende tanto dalla riproposizione scarsamente creativa di temi triti e ritriti, quanto dal modo in cui rappresenta storia e personaggi. Il gioco di InXile fa infatti continuo ricorso a gag comiche che implicano morte e distruzione, dà vita a figure parossistiche che parlano per slogan e poi alternano momenti più seri e riflessivi: lo fa così tanto di frequente da risultare spesso stucchevole. L'autoreferenzialità e il citazionismo anni ‘80-'90 sono inoltre continui, alle volte ermetici per chi non ha vissuto quell'epoca, altre pesanti e ridondanti. Bisogna precisare, in ogni caso, che queste caratteristiche sono esattamente quelle che la serie Wasteland sfoggia dagli albori, dunque chi è sempre stato in sintonia col suo modo di fare troverà davvero poco da ridire.
Sarebbe un'ingiustizia, inoltre, omettere alcuni dettagli che invece guizzano per creatività e all'occorrenza strappano anche qualche genuina risata: la fazione dei Gipper, per esempio, ha istituito un culto dedicato a Ronald Reagan, e in suo onore ha eretto un'immensa statua meccanica. I Gipper vogliono istituire nuovamente il governo statunitense sotto la guida di Reagan (che è un'IA) e spazzare via ogni forma di comunismo. Wasteland 3 è ricco di situazioni di questo tipo e sono diversi i personaggi che incarnano le idee dell'eccezionalismo americano: il Patriarca, uno dei leader più influenti del Colorado, è convinto che i modi di fare dell'America pre-apocalittica siano quelli più giusti e validi, e nel tentativo di ricrearli sfrutta il più spinto patriottismo per tenere insieme una congrega di famiglie che gli hanno dato appoggio.
La sua figura è però caricaturale: impugna un martello sproporzionato che assomiglia a un pugno, siede su un trono circondato da bandiere americane e contornato da razzi e fucili d'assalto. InXile rappresenta queste idee con spirito farsesco, e scherza pure sulla religiosità fervente dei nuovi patrioti della post-apocalisse, rappresentati come bigotti, noncuranti dei più poveri che muoiono di freddo e fame nei bassifondi. Sono tante, insomma, le tematiche interessanti sollevate da Wasteland 3, ma sono tutte trattate con molta superficialità o sfruttate semplicemente per creare situazioni comiche.
Scala di neri
Il ricorso al black humor è costante, spesso in riferimento a smembramenti, omicidi o cannibalismo. Nonostante l'obiettivo sia spesso quello di far ridere, Wasteland 3 racconta comunque storie drammatiche e di un'umanità che ha perso qualsiasi bussola morale. L'ultimo baluardo di giustizia, almeno secondo le descrizioni che accompagnano il gioco, è rappresentato dai Desert Ranger, un gruppo altamente militarizzato che fa rispettare la legge grazie alla sua superiore potenza di fuoco.

L'influenza dei ranger si estende per lo più nel territorio dell'Arizona, ma nell'incipit di Wasteland 3 vengono convocati in Colorado per risolvere delle dispute tra bande e in cambio ricevere rifornimenti preziosi. Com'è prevedibile le cose non vanno lisce e i sopravvissuti del corpo di spedizione si trovano a dover combattere in grossa inferiorità numerica mentre provano a ristabilire la legge anche in un Colorado ormai ricoperto dalle nevi invernali.
Il racconto di Wasteland 3 è profondamente politico, si scolla (per fortuna) dai racconti dell'eterna guerra tra umani e robot già presentati nell'originale e nel secondo capitolo, e si dedica invece ad approfondire la storia di piccoli governi e di leader.
I Ranger adorano esportare la democrazia a suon di pallottole, ma in questo caso gli scrittori di inXile hanno voluto mettere a nudo tutti gli aspetti negativi di un approccio del genere. L'interventismo non è sempre la soluzione giusta: lasciare che un tiranno amministri un territorio piuttosto che interferire può evitare stragi, mostrarsi troppo indulgenti può causare danni irreparabili. Tutto è rappresentato in scala di grigi, o meglio: di neri. Wasteland 3 è infatti pieno di personaggi che incarnano le deviazioni morali più abiette: schiavismo, passione per l'omicidio, tortura, e in diversi casi la scelta è l'uno o l'altro, senza ulteriori possibilità.
Naturalmente il distanziamento dalla fiaba del "felici e contenti" produce un'apprezzabile complessità e crea situazioni interessanti dal punto di vista ruolistico. Però la scelta tra i due mali viene a volte presentata in maniera troppo arbitraria, pare che ogni "buona intenzione" (poiché quasi sempre considerata idealistica) sia sempre destinata a fallire di fronte al pragmatismo autoritario, che sottomette ma garantisce stabilità. Anche personaggi dal ferreo codice morale ammettono, non si sa per quale motivo, il verificarsi di nefandezze disdicevoli, persino quando sarebbero facilmente evitabili. L'impressione di assistere a forzature narrative è costante, ma tutto ciò non fa che sottolineare il nichilismo di cui è intriso Wasteland 3: il "lieto" fine non solo non è possibile, ma non è neppure lontanamente immaginabile.
Gioco di squadra
Come da tradizione ruolistica anni ‘90, anche Wasteland 3 è un gioco di squadra: non si parla mai di un vero e proprio protagonista (l'utente può creare due ranger all'inizio, ma saranno dei personaggi privi di alcun tipo di personalità), ad essere protagonista è l'intero team. Composto da un massimo di sei elementi, il gruppo di ranger è assortito in maniera eterogenea, tanto che il sistema forza la presenza di almeno due personaggi creati dal giocatore e due arruolati durante l'avventura (se si vuole usare un party completo). Ai sei si aggiunge poi il Kodiak, un mezzo corazzato sfruttato per gli spostamenti nella mappa del mondo, che può essere personalizzato e, di tanto in tanto, utilizzato in battaglia.
I personaggi predefiniti hanno linee di dialogo specifiche, alle volte interagiscono durante le conversazioni, possono commentare azioni che vanno in conflitto con i loro ideali e perfino abbandonare il team se capiscono che essere ranger non fa più per loro.
Oltre a questi momenti, che avvengono con discreta frequenza, ma sono raramente determinanti, i compagni sono semplicemente delle pedine, parlano poco e si rapportano tra loro ancor meno. Non importa dunque se nella squadra convivono personaggi dalle convinzioni antitetiche: non si verificheranno battibecchi di nessun genere, né tensioni di sorta. Anche se poco incisivi, i membri del party danno comunque un grande aiuto nei combattimenti e possono essere specializzati per facilitare l'esplorazione e sbloccare nuove opzioni nei dialoghi o nelle missioni.
Allo stesso modo di Wasteland 2, infatti, le mappe possono essere esplorate in completezza solo se il team ha a disposizione competenze variegate di talenti: per aprire le porte serve un bravo scassinatore, se si vuole evitare un campo minato serve qualcuno con dimestichezza con gli esplosivi, per l'hacking dei computer serve invece un nerd. Non sempre il giocatore verrà obbligato a seguire una strada specifica: una porta potrebbe essere aggirata, un campo minato evitato se si è attenti a scovare un passaggio segreto.
La libertà nella navigazione delle mappe è insomma una costante di Wasteland 3 e il punto in cui il suo animo ruolistico sboccia. Rispetto al passato ci sono tuttavia delle semplificazioni che in alcuni casi evitano passaggi tortuosi nell'attribuzione dei punti, in altri invece impoveriscono l'elenco delle possibilità. Sono stati accorpati dei talenti ridondanti, come "Field Medic" e "Surgeon", ora riassunti nel più compatto "First Aid". I talenti relativi alle armi sono più generici e sensati: "Melee Combat" comprende sia armi da taglio che da impatto, lo stesso per "Light Guns", che include pistole e fucili a pompa, e così via.

È sparito però "Safecracking" (utile per aprire le casseforti), incluso ora in "Lockpicking": le due abilità sono affini, è vero, ma la presenza di serrature di diverso tipo serviva, in Wasteland 2, a diminuire lo strapotere dello scassinamento, che invece nel terzo capitolo è la migliore abilità del gioco, con ampio margine rispetto alle altre.
Non c'è più "Brute Force", che era indispensabile per spostare grossi pesi o abbattere ostacoli a suon di calci. In generale, è scomparsa, fatta eccezione per casi limitati, la possibilità di utilizzare approcci differenti per risolvere lo stesso problema: in Wasteland 2 si poteva aprire una porta scardinandola con la forza o lavorando di grimaldello, e ciò era vero, chiaramente con abilità differenti, per una miriade di altre situazioni.
In Wasteland 3 si è preferito invece eliminare questa possibilità e limitare le prove di abilità a una singola statistica (peraltro, a differenza del predecessore, il successo non è rappresentato in percentuale: l'azione andrà sempre a buon fine se si soddisfano i requisiti minimi). La scelta non ci è piaciuta molto, soprattutto perché arretra rispetto a basi già consolidate nel capitolo precedente.
Per di più, la scelta di come approcciare un problema non è legata solamente a un discorso meccanico: qui entra in gioco anche l'interpretazione e la narrativa emergente, per le quali l'importante non è superare quel problema, ma il come superarlo.
Le mappe di gioco sono comunque così ben tratteggiate e complesse da arginare la sensazione che rispetto a Wasteland 2 manchi qualcosa e che un singolo talento (lo scassinamento rimane comunque un passepartout) basti per esplorare ogni centimetro. Due cose, però, abbiamo mal sopportato delle mappe di Wasteland 2: le zone di combattimento sono evidenziate troppo nitidamente dalla posizione di ripari e di barili esplosivi, che gli restituiscono un aspetto ben poco naturale. E poi, le varie aree sono piene di forzieri, casse di medicinali e di munizioni sparse in maniera incoerente. In giro è disseminata una pioggia di oggetti che alla fine risulta sovrabbondante: il nostro inventario, che non ha limiti di peso, è rimasto infatti continuamente ingolfato da così tanti oggetti che faticavamo a trovare quelli di cui avevamo bisogno. Non ci è ben chiaro perché a un migliore bilanciamento dei mercanti (che in Wasteland 3 hanno un'utilità limitata) o a un loot system più parco ma più centrato, continua a essere preferita una soluzione così inefficace, vetusta e sgraziata.
Di guerra e di dialogo
Nel gioco di InXile si dialoga molto: con le parole si possono risolvere missioni, evitare conflitti o convincere capi di fazione a stringere improbabili alleanze. Wasteland 3, come il predecessore, d'altronde, rimane sempre sbilanciato a favore delle fasi di combattimento, ma cura molto anche quelle destinate al dialogo.

Le opzioni possibili sono più o meno in linea con quelle di Wasteland 2, con qualche piccola assenza: è stata rimossa la statistica "Smart Ass", per convincere i personaggi con un approccio scaltro, mentre sono rimaste "Hard Ass" e Kiss Ass", rispettivamente utili per persuadere con maniere brusche e con modi più educati e servili.
La via della persuasione attraverso le interazioni sociali è uno degli aspetti più piacevoli, anche se Wasteland 3, per via di dialoghi sì numerosi ma stringati, non dà l'idea che il processo di convincimento sia graduale: spesso basta selezionare un'opzione, peraltro neanche così elaborata, per veder cambiare di netto l'atteggiamento di un personaggio nei nostri confronti.
L'aspetto meno riuscito dei dialoghi di Wasteland 3 non è però legato al sistema in sé, quanto all'interfaccia: quella adottata nell'RPG di InXile è davvero brutta e poco funzionale. La dipartita rispetto all'UI di Wasteland 2, che era un po' macchinosa e datata, è netta, ma l'alternativa proposta non migliora chissà quanto la situazione, anzi semmai la peggiora. I testi, centrati e su sfondo semitraspaente, sono comunque invasivi, le comodità che la vecchia versione aveva sono sparite: non c'è più il log dove recuperare passaggi di dialogo che ci sono sfuggiti, magari per una disattenzione; non si può più cliccare sul testo per ricevere informazioni sul mondo, sui personaggi o sulle fazioni; le opzioni legate alle abilità non hanno più un colore distintivo. Anche i testi, che prima apparivano in blocco, ora sono spezzettati in varie schermate che richiedono interazioni costanti per essere scorse. Probabilmente un così grande passo indietro in termini di estetica e funzionalità è motivato dall'intenzione di rendere compatibile Wasteland 3 con il pad fin da subito (il gioco è disponibile dal lancio anche su PlayStation 4 e Xbox One), ma a nostro avviso il lavoro fatto con l'interfaccia dei dialoghi è molto approssimativo.
La situazione migliora molto nei menù dell'inventario, divisi in schede che rendono più facile orientarsi tra le tonnellate di oggetti recuperati nel corso dell'avventura. L'amministrazione dell'equipaggiamento e la scelta di armi e armature sono peraltro aspetti fondamentali in battaglia: non solo uniformi e corazze offrono bonus protettivi utilissimi per la sopravvivenza, ma vanno selezionate con attenzione, poiché alcune di esse offrono bonus particolari o hanno dei requisiti in forza per essere indossate senza malus. Si possono poi potenziare, così come le armi, ma per farlo sono richiesti talenti specifici.
Sul campo di battaglia Wasteland 3 si comporta come un tattico a turni alla stregua di XCOM.
I combattimenti sono divisi in due fasi (o più se sono presenti forze alleate), una in cui si muovono gli avversari e una in cui le manovre vengono gestite dall'utente. Rispetto a Wasteland 2, insomma, non esiste più una coda in cui la posizione è determinata dalla velocità dei personaggi coinvolti nello scontro. Anche nel proprio turno le mosse possono essere effettuate a piacere e secondo necessità. In questo modo i turni risultano più fluidi, ci sono meno tempi morti e più libertà nella gestione del party, senza intaccare la profondità tattica. Anzi, rispetto al passato la situazione ci sembra persino migliorata in questo ambito, visto che i perk passivi di Wasteland 2 sono stati quasi del tutto sostituiti da abilità attive che garantiscono più varietà nelle battaglie e spingono a essere creativi. Il combattimento del gioco di InXile è dunque piacevole, mai inutilmente complicato e sempre bello da riscoprire quando si mettono le mani su nuovi equipaggiamenti.
Wasteland 3Versione Analizzata PCRispetto al suo predecessore, Wasteland 3 sfoggia una politica di sfoltimento, semplificazione e compattamento delle caratteristiche da gioco di ruolo. Un’operazione che riesce a eliminare alcune ridondanze e a snellire diverse caratteristiche, ma che in alcuni casi si spinge troppo oltre e rimuove dei dettagli che rendevano Wasteland 2 più ricco di possibilità. Il danno non incide così tanto sulla resa globale del gioco di InXile, che continua a rappresentare con grande competenza la scuola degli RPG anni ‘90. Il suo punto di forza è infatti quello di offrire un’esperienza personale e personalizzabile, sia nell’esplorazione e nelle interazioni sociali, che nelle preponderanti sequenze di combattimento. Dagli anni ‘90 il gioco eredita anche un immaginario oramai abusato e logoro, caratterizzato da una scrittura altalenante e dal piglio comico non sempre a fuoco. Quando tuttavia Wasteland 3 trova la sua giusta dimensione, riesce a sorprendere e pure a strappare qualche risata. Anche con le sue mancanze, insomma, l’ultimo lavoro di InXile Entertainment è un gioco di ruolo di buona fattura: non avrà le trovate innovative di Disco Elysium o la cura maniacale tipica dei Larian, ma almeno sa dosare le sue ambizioni con grande pragmatismo.
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