West of Dead Recensione: un roguelite tra Hellboy e Dead Cells

Giunto su Game Pass e Steam, West of Dead è un roguelite crudo e arduo, ispirato a Hellboy e Dead Cells, con un protagonista d'eccezione.

West of Dead Recensione: un roguelite tra Hellboy e Dead Cells
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Disponibile per
  • Pc
  • PS4
  • Xbox One
  • Switch
  • Xbox One X
  • PS4 Pro
  • Si dice che le anime dei nostri cari raggiungano, nel momento del mortal sospiro, un luogo migliore in cui trovare l'eterno riposo. Il mistero su cosa ci sia oltre la vita terrena è forse uno dei più grandi nella storia dell'umanità, e le interpretazioni in tal senso sono state innumerevoli: da quella profusa dalla dottrina cristiana al pensiero stesso che un luogo altro non esista, e che la nostra esistenza sia solo destinata a ripetersi. Mai, però, ci saremmo aspettati di esplorare un mondo ultraterreno dai marcati contorni western, tra bettole in cui trangugiare dell'acqua di fuoco e corridoi in penombra dove brilla la canna di una pistola.

    Forse è stata proprio questa sua originalità a far balzare all'occhio della community West of Dead, il particolare roguelite ad opera di Upstream Arcade con il supporto di Raw Fury, giunto di recente su Game Pass nell'ecosistema Microsoft e atteso ad agosto su PS4 e Switch. Abbiamo passato diverse ore a far cantare la sei colpi, venendo a galla del mistero dietro la dipartita di William Mason, lo scheletro dalla testa infuocata doppiato dal cavernoso Ron Perlman. Abbiamo compreso quanto il gioco si ispiri a piccoli gioielli come Dead Cells, e di quanto abbia mancato un centro perfetto, facendo finire la pallottola lontana dal bersaglio. In West of Dead un colpo mancato può portare alla morte, ed è forse questa l'immagine che più si addice a un'esperienza potenzialmente grandiosa ma imperfetta.

    La benedizione del Predicatore

    West of Dead si apre nella desolata Purgatory, una cittadina polverosa del Far West che rappresenta in realtà un luogo di passaggio per le anime dei morti: chi si è comportato in modo virtuoso durante la sua vita terrena può dirigersi verso est, mentre tutti gli altri (la maggioranza) hanno come destinazione l'oscuro ovest. L'ordine naturale delle cose, però, è stato stravolto dall'arrivo di un uomo noto come "Il Predicatore", legato in qualche modo al protagonista della nostra avventura: William Mason. Incapace di ricordare perfino il suo stesso nome, Mason ha una sola immagine scolpita nella sua mente, proprio quella del Predicatore, scosso da una grassa risata mentre tutto viene avvolto dalle tenebre.

    L'obiettivo diventa da subito chiaro: bisogna trovare l'uomo, che di certo non appare come uno stinco di santo, e cavargli fuori la verità a suon di pallottole. Da questo pretesto prende le mosse un roguelite che, prima ancora delle sue meccaniche, colpisce per la ricercatezza del suo stile. L'impianto artistico minimale ma affascinante appare come un sentito omaggio a Mike Mignola, il fumettista a cui dobbiamo Hellboy, e per pura casualità la voce del protagonista è quella di Ron Perlman, il primo attore ad aver interpretato la creatura di Mignola al cinema: con il suoi toni baritonali l'interprete risulta perfetto per il ruolo del pistolero nella valle dei non morti, e scandisce diversi momenti con commenti carichi di machismo testosteronico .

    Detto questo, la trama di West of Dead lascia velocemente spazio alle routine tipiche del genere, con un ciclo di morti e rinascite che trova fine solo quando l'esecuzione diventa perfetta, precisa e senza sbavature.

    Come anticipato, il titolo pubblicato da Raw Fury guarda a un indie di spessore come Dead Cells, sebbene l'impostazione generale differisca in diversi passaggi (come la telecamera posta in alto e la struttura delle mappe): al pari del gioco premiato ai The Game Awards, West of Dead presenta percorsi alternativi per proseguire nella caccia al Predicatore, e inoltre sbloccare le tante armi disponibili non comporta un upgrade definitivo all'equipaggiamento del protagonista: quella che si ottiene è unicamente la chance di rinvenire lo strumento durante una partita. In ogni livello sono infine presenti degli altari per aumentare le statistiche di Mason: energia vitale, danni delle armi ed efficacia degli strumenti (il protagonista ha anche a disposizione una fiaschetta per recuperare punti vita).

    Il gioco di Upstream riesce a distinguersi grazie alle sue meccaniche di gameplay, che miscelano in una ricetta interessante un sistema di coperture automatiche e l'impostazione da twin stick shooter. A onor del vero, con quest'ultimo genere West of Dead condivide solo la gestione della mira e dello sparo, giacché gli scontri appaiono molto più compassati e ragionati: questo perché Mason è costretto a ricaricare entrambe le armi che utilizza, e per farlo deve poter aver le mani libere.

    Ecco quindi che ogni riparo si trasforma nell'occasione perfetta per recuperare fiato e proiettili, oltre che per programmare la prossima mossa. Un momento di pace prima di uscire allo scoperto per accendere una lanterna, capace di lasciare i nemici immobili per qualche istante (e migliorare la mira), o ancora per aspettare che un gadget termini il periodo di cooldown, in modo da avere un vantaggio tattico in più contro le schiere dei dannati. In questo aspetto c'è la parte migliore dell'offerta di West of Dead, che si mostra come un roguelite atipico e originale rispetto alla stragrande maggioranza degli esponenti del genere. È un peccato, quindi, che ogni tanto si avverta un po' input lag che porta a commettere errori, specialmente considerando come questi ultimi si paghino a caro prezzo.

    Durante gli scontri a fuoco si alternano fiammate improvvise e pause strategiche, e solo la crescente aggressività dei mostri che popolano Purgatory costringe a tempi di reazione sempre più risicati.

    La varietà del bestiario è buona, e ogni stage offre tipologie uniche di nemici, capaci fin dal primo incontro di impartire dure e amare lezioni. Quello che ci ha lasciato interdetti è il comportamento dell'IA, non sempre convincente durante le partite: capita per esempio che certi nemici seguano Mason oltre i confini della "stanza", ma i programmatori hanno previsto che lungo i corridoi la mira del protagonista sia simile a quella di una talpa dopo una serata al saloon. Non di rado capita inoltre che anche le creature più temibili rimangano completamente inermi, bloccate sul posto in attesa di una sentenza in punta di proiettile. Inciampi che danno la sensazione di trovarsi davanti a un gioco "sporco", poco raffinato nella sua anima ludica.

    "Questo è il mio fucile, questa è la mia pistola..."

    Un altro dei problemi che caratterizzano West of Dead è il bilanciamento generale dell'equipaggiamento. Sebbene la varietà di strumenti non manchi, a conti fatti ci si limita a sfruttare poche strategie ben consolidate dato che certi fucili e determinate pistole, seppur privi di "originalità", risultano perfettamente efficaci durante gli scontri. Questo aspetto incide pesantemente su un rischio che ogni roguelite deve fronteggiare: la ripetitività.

    A tal proposito dispiace constatare che, rispetto alle impressioni preliminari nella nostra prova della beta di West of Dead, gli sviluppatori abbiano optato per reiterare ossessivamente alcune soluzioni: ne sono un esempio le boss fight, che potremmo sostanzialmente riassumere in tre tipologie di scontri, dal Wendigo conosciuto nella demo a quella contro il Predicatore (non vi anticiperemo la terza).
    L'idea di design alla base del villain di Mason non è entusiasmante, e si indebolisce col passare delle partite, questo perché i creatori hanno pensato di inserire degli scontri speciali contro alcuni furfanti, ossia i seguaci del Predicatore. A seconda dello stato di avanzamento nei quadri, il villain viene sostituito dai suoi scagnozzi, che utilizzano i medesimi pattern di attacco del loro capo. Di fatto non si avverte alcuna differenza nei combattimenti, e questo appiattisce sia l'esperienza generale, sia la figura stessa del Predicatore. Il tutto infine sfocia in un finale anticlimatico e "aperto", incapace di dare al giocatore il giusto premio per i suoi sforzi.

    È un peccato che la ripetitività mini le fondamenta un titolo con una buona dose di contenuti extra: oltre ai livelli segreti, fanno per esempio la loro comparsa delle anime incapaci di andare ad est per il fardello che le affligge. In questi casi Mason può "prendersi sulle spalle il loro peccato", e tutto ciò si traduce in una sfida extra in cui basta solo un colpo per morire, almeno fino a quando non si è ucciso il numero richiesto di nemici per fare ammenda. Di nuovo, parliamo di una dinamica già vista - con le dovute eccezioni - in Dead Cells, ma la sua integrazione del flusso del gameplay non risulta altrettanto efficace, e finisce con l'acuire il fattore ripetitività.

    In generale l'interpretazione dell'aldilà offerta da West of Dead è interessante, ma pare esaurire gli stimoli troppo facilmente. In questo senso, anche il design dei vari livelli non aiuta più di tanto, visto che l'oscurità concede ai giocatori solo piccoli scorci panoramici e pochi elementi caratteristici. Ne consegue un'esperienza che, seppur breve (bastano due ore per una run completa, una volta perfezionato il proprio stile), si consuma con rapidità e offre pochi incentivi per un'esplorazione più approfondita, nonostante la mole contenutistica. Chiude il tutto un comparto tecnico che, su Xbox One base, mostra chiari problemi di frame rate. In tal senso vi consigliamo di puntare sulla versione PC, capace di offrire prestazioni ben più convicenti.

    West of Dead West of DeadVersione Analizzata Xbox OneWest of Dead aveva ottime potenzialità per distinguersi egregiamente nel panorama dei roguelite, ma il lavoro degli sviluppatori è riuscito solo a metà: da un parte abbiamo una rappresentazione dell’aldilà carismatica, meccaniche di gameplay originali e un protagonista degno di questo nome (sia ringraziato Ron Perlman). D’altra parte è possibile constatare uno scarso bilanciamento delle armi, capace di disinnescare tutta l’inventiva di Upstream nel creare tante bocche da fuoco particolari, e soluzioni ludiche che si consumano troppo in fretta, specialmente per colpa di una certa pigrizia sul fronte delle boss fight. Cionondimeno, alcune sbavature all’IA e ai controlli rischiano di generare un’esperienza incline alla frustrazione, eppure qualcosa brilla ancora nei meandri di Purgatory: la scintilla di un’avventura che vuole sfidare sfacciatamente il giocatore con tutto quello che ha a disposizione. Lasciate ogni speranza o voi che entrate, direbbe qualche poeta d’altri tempi, ma il Far West non è il posto adatto a decantare poemi. A cantare è meglio che siano le pistole.

    7.3

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