Yakuza Kiwami: Recensione del remake del primo episodio della serie SEGA

Il Dragone di Dojima torna su PlayStation 4 con Yakuza Kiwami, remake del primo capitolo della serie uscito originariamente nel 2005.

Yakuza Kiwami
Recensione: PlayStation 4
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Disponibile per
  • Pc
  • PS4
  • La carpa, in terra nipponica, è un simbolo venerato come rappresentazione terrena di forza, virtù e perseveranza. Questo perché è un pesce che ha la capacità di nuotare controcorrente e risalire i fiumi in condizioni avverse. Trasposto in linguaggio umano, significa che quella creatura ha la capacità di seguire la propria strada e superare le avversità, indipendentemente dalle condizioni in cui si trova a dover nuotare. Esiste una leggenda popolare cinese, che narra di come una carpa sia riuscita a risalire il fiume Giallo sino ad arrivare alla Porta del Drago, superata la quale essa si trasforma in un dragone, acquisendo il dono dell' immortalità. La carpa e il dragone: due simboli che in Yakuza rappresentano due antipodi di una vicenda lunga più di dieci anni. Non è un caso che essi siano tatuati sulle schiene di due giovani cresciuti come fratelli al Sunset Orphanage. Da un lato c'è Akira Nishiki, la "carpa", ovvero colui che, solitario, nuota controcorrente e scala senza mai guardarsi indietro i ranghi del Clan Dojima. In direzione ostinata e contraria, come direbbe qualcuno. Forse è un modo per rimediare agli errori commessi in passato. La vita, infatti, ha uno strano senso dell'umorismo: l'ha già punito a suo modo, ma a pagare è stato qualcun altro. Il Dragone di Dojima, per l'appunto, Kazuma Kiryu.
    Una leggenda: temuto, rispettato e destinato a grandi cose. Per amore - una parola qui intesa nel suo senso universale - perde tutto. Dieci anni di carcere per un crimine che non ha commesso: l'efferato omicidio del suo Oyabun. Tutto per proteggere le persone più importanti della sua vita. Il mondo, fuori, è cambiato. Kamurocho, è cambiato. Il Dragone non sente più come "casa" quel quartiere che per anni l'ha visto crescere e fare carriera. Vuole ricominciare, rivedere la donna che ama, e suo "fratello". Tutto, però, è cambiato, nonostante le ruggini rimangano antiche. È nell'ordine delle cose. Sul palcoscenico, ad animare un'epopea eroica dai moderni tratti suburbani, si avvicendano personalità indimenticabili, tratteggiate in maniera raffinata e coerente, capaci di incastrarsi alla perfezione in un puzzle i cui pezzi compongono un ritmo corale in costante crescendo. Già, perché il titolo parte lento ma con idee ben chiare, segno di un modo di concepire il videogioco che, purtroppo, non esiste più. Yakuza, ad ogni modo, rimane un'opera videoludica dall'elevatissimo valore narrativo, insensibile allo scorrere del tempo. Anzi, il remake non ha fatto altro che aggiungere qualità alla qualità, arricchendo la narrativa con nuove cut scene tese a chiarire alcuni passaggi della storia di cui, prima, potevamo solamente ipotizzare lo svolgersi.

    Back to Kamurocho

    Fittizio simulacro di Kabukicho, quartiere del vizio ad est di Shinjuku a Tokyo, Kamurocho è un luogo "magico", in cui storie, basse perversioni e rare virtù umane si intersecano nello stretto budello di vicoli bagnati da una pioggerellina che riflette un'esplosione di fredde luci al neon che ammiccano peccaminose ad avventori d'ogni sorta. Ricchi e poveri, uomini d'affari e semplici operai che desiderano stordirsi con un po' d'alcool e gioco d'azzardo, scommesse clandestine, negozietti microscopici e amori in svendita nei numerosi Love Hotel che animano la vita notturna del quartiere. Yakuza, bande di teppisti spiantati e papponi rappresentano solo una piccola parte del patchwork umano che decide chi è degno di vivere e chi, invece, non può dirsi così fortunato. Sotto la fluida luce artificiale delle insegne, insomma, si compie il fato di molti. Kamurocho, l'abbiamo già ricordato, per Kiryu rappresenta il caldo e accogliente abbraccio di una mamma premurosa in cui si torna per essere coccolati e rassicurati. Almeno così pensava lui. Dopo dieci anni le cose sono cambiate e quel quartiere così familiare, lui, non lo riconosce più. Noi, invece, si: Kamurocho l'abbiamo vissuto praticamente in ogni sua fase, ma il primo "incontro" non si scorda mai. Il quartiere in cui ci ritroviamo è lo stesso di sempre, ma le meraviglie della tecnica - e gli oltre dieci anni trascorsi dalla release originale - ci permettono di godercelo in un modo totalmente inedito. Sotto il profilo tecnico e contenutistico, infatti,Yakuza Kiwami è un remake con i controfiocchi. Il team di sviluppo è ripartito da zero (sì, esattamente da Yakuza 0), per costruire Kamurocho e ora il quartiere appare vivo, vivace e affascinante. Le luci al neon si riflettono sulle pozzanghere che si allargano mano a mano a causa del temporale; gli elementi di contorno contribuiscono a rendere viva la scena e dare un senso di "vissuto" all'intero quartiere. La telecamera è totalmente libera e lo sguardo può finalmente godere di tanta ricchezza senza limitazioni. Certo, il quartiere rimane un angusto budello di vicoli se paragonato ai titoli che siamo abituati a vedere oggigiorno (o alla magnificenza di Yakuza 5, per stare in tema), ma non abbiamo mai avuto la sensazione di essere "imprigionati" in un ambiente claustrofobico e spoglio. Non solo Kamurocho può essere girato senza incappare in tempi di caricamento tra una zona e l'altra, ma il quartiere è ricolmo di attività con cui Kiryu può staccare per un po' dal dramma che lo affligge.

    Missioni secondarie in cui ci si imbatte semplicemente girando per i vicoli; immancabili scontri con gli esponenti del ricco sottobosco criminale e gli altrettanto immancabili passatempi come il bowling, il biliardo, il baseball, le freccette, il Karaoke, il gioco d'azzardo in quasi ogni sua declinazione e non solo. È possibile iniziare una carriera come pilota di macchinine elettriche (ovvero le leggendarie Mini4WD della Tamiya); intraprendere la carriera di lottatore all'interno della Gabbia; collezionare carte di un popolare gioco chiamato MesuKing Battle Bug Beauties, un minigioco (stupendo!) a metà strada tra la lotta e il card game con pettorute bellezze vestite da insetti che se le danno di santa ragione; oppure scontrarsi decine di volte con "Mad Dog" Majima. Il pittoresco boss dalla giacca pitonata esponente della famiglia Shimano, infatti, gira liberamente per il quartiere e, non appena percepisce la nostra presenza ci rincorre per sfidarci. Tali incontri non sono fortuiti; anzi, come vedremo tra poco gli scontri con Majima si legano in modo indissolubile con il sostrato ruolistico che sostiene l'intero impianto ludico.

    Lo stile della leggenda

    Dieci anni dietro le sbarre piegherebbero la volontà e il fisico di chiunque e Kazuma Kyriu, in questo, si trova a esser uno tra tanti. Ha perso tutte le sue abilità; è debilitato e da molto tempo non ha il piacere di pestare qualcuno come ai bei vecchi tempi. In poche parole è un vecchietto arrugginito. Uscendo di prigione si trova al livello di qualunque teppistello di strada, ma, non appena dà sfogo a quell'intenso formicolio che gli è venuto alle mani, inizia a recuperare l'antica possanza. Tradotto in freddi termini videoludici: scontrandosi con la variegata fauna che popola le strade di Kamurocho, portando a termine le missioni, nonché una ricchissima congerie di attività (come i minigiochi o, più semplicemente, esplorando il quartiere e interagendo con le persone), il nostro elegante eroe può guadagnare punti abilità da spendere in un sistema di crescita profondo e stratificato. Quest'ultimo si sviluppa su quattro livelli: Soul; Tech; Body e Dragon. Essi divengono parametri che potremmo definire come degli Enso, il simbolo per la cultura nipponica rappresenta l'infinito. Ognuno possiede, al suo interno, una progressione circolare ben precisa che va ad aumentare un particolare parametro di Kazuma, permettendogli di diventare più forte (attraverso un boost dell'health bar); acquisire una maggiore consapevolezza per raggiungere più facilmente lo stato "Heat"; imparare nuove tecniche di lotta e difesa legate ai tre stili di combattimento principali. Questi sono i classici archetipi che già conosciamo: Rush (colpi rapidi e schivate fulminee), Brawler (uno stile più equilibrato che permette le prese e l'utilizzo di oggetti) e, ovviamente, Beast (attacchi lenti, poco eleganti, ma estremamente potenti).

    Ne esiste anche un quarto, ovvero lo stile del Dragone. In questo caso, però, le cose funzionano in modo leggermente diverso. Per re-imparare le tecniche che un tempo Kazuma padroneggiava con eleganza è necessario soddisfare, di volta in volta, determinati requisiti. E qui entra in gioco il già citato Majima. Battendolo quando ci sfida per la strada, infatti, vengono sbloccate in automatico nuove mosse. Lo stesso avviene anche completando le challenge proposte da un altro insegnante, ma non vi sveliamo oltre. L'impianto ruolistico e il combat system, insomma, sono stati rivisti, curati e levigati in modo sopraffino per evitare che il titolo potesse apparire un "vecchio" simulacro dei giorni che furono.

    Kamurocho Lullaby

    Yakuza Kiwami, ve ne sarete accorti leggendo queste righe, tiene fede a quel sottotitolo che si è guadagnato sul campo. Kiwami significa, appunto, Extreme. E questo remake lo è. Che brutto, però,definirlo così. Yakuza Kiwami, per parafrasare una celebre citazione, esiste in un posto a metà strada tra il sogno e la realtà, la mente e la materia. Vive di contraddizioni. Di quelle belle, però. Da un lato, è lo stesso di cui i fan si sono perdutamente innamorati oltre una decade fa; dall'altro però è nuovo, diverso. Migliore. Tanto piccolo e raccolto in un unico quartiere oppresso da violente luci al neon, quanto imponente e vasto come solo le opere più moderne sanno essere.

    È tremendamente bello da vedere, affascinante (quale Yakuza non lo è?), al contempo struggente e ricolmo di vita al pari di un germoglio di ciliegio in procinto di sbocciare. E lo fa. Con i suoi tempi, come è giusto che sia; come è sempre stato per ogni capitolo del franchise. La direzione artistica rimane quella di oltre un decennio fa e questo si pone in netta controtendenza con la maggior parte delle produzioni odierne. Ma, Yakuza Kiwami, è un adolescente finalmente fattosi adulto; ha raggiunto la maturità rimediando ai tipici errori che solo un giovane inesperto, dall'alto della sua ingenua spocchia, può commettere. Il lavoro di aggiornamento tecnico è andato a destrutturare l'opera originale riassemblandone ogni singolo aspetto. Anzitutto, dando una nuova forma alla storia, attraverso la realizzazione di nuove cut scene, atte a spiegare alcuni punti prima poco chiari; facendo poi tesoro dell'esperienza maturata in Yakuza 0 estrapolando da quest'ultimo alcuni elementi decisivi. Inoltre, ha vestito con una cascata di nuovi poligoni i protagonisti di questo dramma kabuki e ha tirato a lucido i vicoli del quartiere del vizio riempiendolo di texture e...vizi, appunto, da cui farsi tentare. Il titolo, poi, beneficia di una pulizia e fluidità - già assaporate in Yakuza 0 - che donano un rinnovato incedere all'opera e rendono tutto più leggero e frenetico, soprattutto (grazie al cielo) i combattimenti. Per non lasciare nulla fuori posto, il developer ha dato una svecchiata anche agli effetti sonori, doppiando nuovamente l'intera avventura (impresa produttiva non da poco) e ridefinendo la qualità di ogni traccia audio.

    Yakuza Kiwami Yakuza KiwamiVersione Analizzata PlayStation 4Yakuza Kiwami è un atto d'amore di SEGA verso la propria creatura ma, prima di ogni altra cosa, verso i propri fan. La primissima avventura del tormentato Dragone di Dojima giunge finalmente anche nei nostri lidi e mostra sin da subito i muscoli (e i pesanti tatuaggi). Chi non ha mai toccato uno Yakuza prima d'ora può (deve!) iniziare senza timore da qui. Sappiamo che in molti consiglieranno il prequel, ma chi vi scrive è della vecchia scuola: ovvero segue rigorosamente l'ordine d'uscita. Al di là di questa sterile querelle, il lavoro di aggiornamento tecnico svolto in Yakuza Kiwami ha mantenuto l'intero - indimenticato - impianto originale, andando a destrutturare l'opera sin dalle basi riassemblando e ammodernando ogni singolo aspetto. Recupera, prima d'ogni altra cosa, le conquiste di Yakuza 0 (tra i migliori episodi della serie); dà una nuova forma alla storia grazie a nuove cut scene, atte a spiegare alcuni punti rimasti poco chiari; tira a lucido il decadente quartiere di Kamurocho e veste con l'abito delle grandi occasioni tutti gli attori di questo dramma moderno. Il risultato? Un remake con i controfiocchi, anche se definirlo così si rischia di svilire il lavoro svolto dal team di sviluppo. Yakuza Kiwami è qualcosa di diverso, di migliore, in equilibrio tra vecchio e nuovo. Yakuza Kiwami, come abbiamo ricordato nel corso della nostra lunga disamina, è un adolescente finalmente fattosi adulto: ha raggiunto la maturità rimediando ai tipici errori che solo un giovane inesperto può commettere. Yakuza Kiwami, insomma, può essere considerato come un moderno romanzo di formazione: toccante; appassionante; dotato di una sensibilità e una delicatezza rare allorquando racconta le tragiche vicende di un uomo a cui è stato tolto tutto.

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