Rubrica Dreamland Express - Momenti Videoludici Indimenticabili - Vol. 7

n questa puntata: Endless Ocean, Shenmue 2, Katamari Damacy, Little King Story

Rubrica Dreamland Express - Momenti Videoludici Indimenticabili - Vol. 7
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Nella memoria collettiva spesso rimangono opere di ogni tipo: dai film, dei quali si ricordano magari battute o scene particolari, alla musica, con brani che hanno fatto e continuano a fare la storia. Il videgioco è un medium culturale non da meno, e anzi si presta ancora di più ad un'operazione di recupero, dato che in molti casi fonde quelle che sono le caratteristiche di altri prodotti.
Questa rubrica nasce quindi con l'intenzione di cercare e riproporre alcuni dei migliori momenti della storia videoludica tutta, senza far alcuna distinzione: troverete quindi estratti di titoli storici così come recenti, di enorme successo così come di nicchia. Ma in ognuno di loro ci sarà sempre qualcosa, dall'estetica alla colonna sonora, dalle emozioni suscitate da un particolare episodio ad un singolarissimo espediente di gameplay (finanche al connubio di tutti questi elementi), che saprà stuzzicarvi, catturarvi e magari invogliarvi a rivivere quella particolare esperienza
Pensate ad un viaggio in una terra di affezionati ricordi, una landa onirica, sterminata, una terra di frontiera tutta da esplorare. Un viaggio lungo i binari della creatività e della fantasia. Un viaggio a bordo del Dreamland Express.

The water is wide

Endless Ocean è qualcosa di più di un gioco. Innumerevoli volte questa espressione viene utilizzata per magnificare un titolo o un altro, ma mai come nella produzione Arika ha un senso. Il titolo apparso su Nintendo Wii infatti, non vive di particolari espedienti di gameplay; non ha una profondità di gioco rilevante; è estremamente basilare nella sua offerta. Elementi che normalmente decreterebbero l'insuccesso di qualunque videogioco, ma dei quali Endless Ocean si fa invece bellamente beffe. Esplorare gli abissi marini nei panni di un sommozzatore è tutto quello che dovremo fare, niente di più niente di meno.
Sembra poco, ed infatti per un giocatore normale poco rischia di esserlo davvero. Ma come si fa a non rimanere rapiti da uno spettacolo del genere, una visione così meravigliosa? Mettere la testa sotto le limpide acque dell'arcipelago di Manaurai rischia di togliere il fiato, e non per la mancanza d'ossigeno. Fin dove l'occhio arriva, il mare mostra la sua bellezza, fatta di una fauna viva e placida, di una flora rigoglios, e di misteriosi ed attraenti effetti di luce che solo la rifrazione dell'acqua sa dare.
Ma la meraviglia vera, il paradosso più straniante, è che tutto quello che ci troviamo di fronte è reale, come lo sono le spiagge a pochi minuti da casa. Follia, in un panorama ludico che si affida alle soluzioni estetiche più ricercate, che spende tempo e risorse nella costruzione di mondi fittizi che nemmeno lontanamente raggiungono la ricchezza della nostra madre Terra. Pare incredibile che quei pesci così colorati e vispi, minuscoli, strani, siano abitanti del pianeta tanto come lo siamo noi, ed è stupendo che sia un videogioco a ricordarcelo.
La bellezza del creato Endless Ocean la sublima, senza scendere mai nell'eccesso. Tutto è verosimile ma stupendo, e quello che il gioco si limita a fare è porcelo innanzi così com'è, senza orpelli. Solo un elemento fa eccezione: una colonna sonora che di più belle è raro trovarne, con la voce onirica di Hayley Westenra a farci compagnia tra gli abissi blu.
Quando quella musica esplode niente rimane come prima, i sensi effettivamente si perdono in connubio al quale nemmeno il più freddo dei giocatori riesce a resistere. E quando ci si abitua, ecco che qualcosa nuovamente riacuisce l'emozione, in un climax di eventi, misteriosi, paurosi, sublimi, sontuosi. Ed il punto massimo di un viaggio simile non può che essere toccato dalla visione della più maestosa delle creature marine, fittizia quanto si vuole ma comunque talmente commuovente da sembrar reale.
Dopo mille avventure tra i fondali, la Grande Madre Bianca è finalmente di fronte ai nostri occhi, una balena candida come la neve, enorme, pacifica. Lo spettacolo della natura concentrato in una sola, straordinaria creatura, che non si può far a meno di guardare rapiti, mentre i crediti scorrono via e la visione bianca si muove sinuosa tra i flutti. Ed ancora una volta è la musica a sottolineare la magnificenza di uno spettacolo unico, degno coronamento di un Viaggio davvero irripetibile.Fabio Canonico

Song for travelers

Dieci anni più tardi cosa hanno imparato i videogiochi da Shenmue? Eccezion fatta per gli ormai diffusissimi QTE poco o nulla, se non che è stato un autentico suicidio commerciale per Sega.
Eppure quanti hanno giocato i due capitoli pubblicati su dreamcast non possono che rammentare i molti momenti indimenticabili dell'opera diretta da Yu Suzuki.
Se il primo prendeva le mosse nella familiare Yokosuka, minuta città portuale, nella quale Ryo Hazuki conosceva il conforto degli amici in seguito alla morte del padre, Shenmue II debutta con l'approdo a Hong Kong, caotica metropoli cinese nella quale sembra celarsi Lan Di, l'assassino del genitore.
Il game designer rende in maniera eccellente la sensazione di straniamento e dispersione cui il protagonista/giocatore va incontro: non solo si trova in una città che non conosce, ma anche i suoi cittadini si dimostrano poco amichevoli. Sin da quando mette piede nel porto di Aberdeen alla richiesta di indicazioni per il quartiere Wan Chai i portuali tagliano immediatamente corto.
La situazione pare ripigliarsi poco dopo quando due sorridenti vecchietti abbigliati con abiti tradizionali intonano una melodia per i viaggiatori: un bambino esorta Ryo a donare qualche moneta come buon auspicio. Abbiamo nello zaino la paghetta che ci ha dato Ine-san alla nostra partenza: vale la pena spenderla per queste superstizioni locali? Oppure meglio inserire qualche gettone nella Capsule Toy poco più avanti? Oh, è uscito Night. I'll try again?
Non tutti appunto si dimostrano gentili con noi. Qualcuno intuisce la nostra provenienza nipponica e cerca di imbrogliarci consigliando stamberghe in cui alloggiare, "modici" tour della città; qualcuno addirittura ci scatta una foto con una reflex rudimentale e poi pretende pure di essere pagato. Dice che è un inestimabile ricordo del viaggio...
Altri invece si fanno incontro e cercano di metterci in guardia dai possibili pericoli: una giovane dai modi gentili e una bambina dai grandi occhi neri. Entrambe indossano tuniche scarlatte e paiono avere familiarità con Ryo. Probabilmente la sceneggiatura dava loro un posto di rilievo nel capitolo di gioco ambientato sulla nave in rotta verso Hong Kong, poi eliminato dalla versione finale di Shenmue II.
La magnanimità delle due sorprende il protagonista/giocatore fin quasi a imbarazzarlo, tant'è che il ragazzo nipponico fa di tutto per interrompere la conversazione.In poche righe e in pochi incontri l'opera di Yu Suzuki si stravolge completamente rispetto alle vicissitudini in terra natia: al calore e all'affetto della città natale oppone il caos e l'imbroglio di una grande metropoli ricostruita digitalmente, nella quale non si potrà contare sulla sincerità delle amicizie, ma piuttosto sulla fortuna degli eventi.Il secondo, imponente capitolo, della saga può così avere inizio, ma già tutte le sue peculiarità sono elencate nell'hub portuale. Oltre ad esso un ponte verso il lungomare, oltre Wan Chai, oltre Lan Di, oltre Guilin, l'incertezza del viaggio.Nicolò Pellegatta

Do we look, like, different?

Difficile trovare un momento veramente indimenticabile della serie Katamari Damacy. Fossimo il Re del Cosmo delegheremo il nostro amato (?) principino a scandagliare tutti gli episodi finora usciti alla ricerca del meglio, che in questo caso coincide con il più folle, il più apertamente nipponico, il più geek.
Ma visto che il principino siamo noi, visto che pianeti e costellazioni li abbiamo ricomposti noi, visto che le colpe dei padri le devono redimere sempre i figli, abbiamo piluccato qua e là e infine ci siamo innamorati di un momento presente in Me and My Katamari, il capitolo diretto a PSP.
Con un analogico in meno e i quattro tasti frontali ad arginare le problematiche di un sistema di controllo zoppo, le avventure della palletta che attrae ogni cosa dalle capocchie di spillo ai transatlantici, dalle tazze da the ai dromedari, e su e su sempre più su fino a grattacieli, vulcani, nuvole...
Succede che nell'ultima missione si parte da un katamari di appena venti centimetri e lo si porta sino ad un diametro di 2500 chilometri. Quando si raggiunge questo risultato interi continenti, creature mitologiche e divoranti tornado si prostrano ai nostri piedi: è il segno del superamento della nostra missione, per la gloria non nostra ma del solito Re del Cosmo. Stavolta, però, ci ha stupiti: stava mostrando un briciolo di gratitudine, quando d'improvviso lo schermo si scurisce, perde l'insieme di linee morbide e lisergiche dell'art design del gioco per presentarsi come un qualunque platform 16 bit.
Lo Staff Roll si trasforma così in un gioco di piattaforme a scorrimento in cui si salta con il tasto X, si schivano burroni e si cerca di avvinghiare quanti più oggetti possibili. Gli ostacoli in questo caso non vanno aggirati, ma saltati: le persone inizialmente, poi le automobili, quindi le case fino a quando niente e nessuno vi impensierirà più.
Strano a dirsi ma anche questa variazione sui generis funziona, tant'è che sono disponibili tre livelli di difficoltà crescente (Morning, Evening, Night).
E dove poteva concludersi la nostra rotolata se non alle pendici di un castello fungato, con un bionda principessa a farci ciao ciao mentre il cielo è illuminato da fuochi d'artificio?Nicolò Pellegatta

Arithmetic!! Basketball!! Bathroom!! Pencil!! Ball pepper!! Hamburger!!

Little King's Story è senza ombra di dubbio il miglior gioco disponibile per Nintendo Wii. Anzi, è il miglior esponente di questa generazione. Chi dice il contrario può democraticamente avviarsi verso l'uscita.
Ma non divaghiamo. Il titolo Cing è davvero una meraviglia, il miglior esempio di come anche nei videogiochi si possano rintracciare quella follia e quella creatività che segnano indelebilmente le opere d'arte. Possedere un Wii e non aver giocato Little King's Story è delittuoso, e fa rabbia sapere che molti che su questo gioco hanno posato gli occhi lo hanno snobbato in maniera superficiale, a causa del suo look onirico e fiabesco.
Niente di più sbagliato. Little King's Story è un gioco maturo, dalle tematiche sotterranee ma che suscitano riflessione, ha una profondità di gioco immensa e non ultimo un alto livello di sfida. Ma come si fa a coniugare un aspetto così particolare ad un gameplay d'eccellenza? Semplice, dando il massimo spazio alla creatività ed all'inventiva.
Ogni singola fase di gioco è ispirata, piena di riferimenti culturali, transmediali e persino metafisici, ma se la natura del videogioco è soprattutto ludica allora ecco che deve esserci qualcosa che intrattiene, diverte. La testimonianza migliore di questo connubio, ed i picchi più alti della produzione, sono certamente gli scontri con i boss. Sinceramente, sono tutti da antologia, ma uno in particolare merita menzione a testimonianza di quella straordinaria e giocosa follia.
Arrivati in una piana piena di strumenti da lavoro, fogli di carta, forbici e matite, ci troviamo di fronte ad un ammasso disordinato di cianfrusaglie. Ma questo ben presto prende forma, piano piano, secondo i canoni propri delle attivazioni dei robot anni ottanta: King Jumbo Champaloon mette in funzione i suoi componenti, mentre il movimento numero quattro della New World Smyphony di Antonin Dvorak risuona minaccioso.
Lo scontro contro il pupazzone inizia subito furioso, il giocatore non sa che sta andando incontro a minuti di frenesia inarrivabile, impegnato com'è tra lo scaraventare addosso al bestio i propri sudditi, impedire agli Oni di curarlo, evitare gli attacchi aerei delle matite. I polpastrelli fanno male, le vene pulsano, ed il caos cresce ad ogni secondo, perché lo schermo si riempie di proiettili, mostracci e quant'altro. Il tocco di classe? Galop infernal, di Jacques Offenbach: un can can di follia pura, incalzante, emozionante, ansiogeno.
Crollerà infine il bestione. Si disintegrerà, ennesimo regno conquistato, ennesimo nemico spazzato via dal piccolo re. Ve la sarete sudata, assai: ma si sa, più le cose sono faticose da conquistare più sono belle.Fabio Canonico

Dreamland Express Dopo questo episodio all'insegna dell'originalità, ci vien difficile pensare a qualcosa di ancora più estremo: tra palle rotolanti, balene bianche, robot semoventi ed il dovuto omaggio ad un titolo storico e peculiare, abbiamo dato un'occhiata a cosa vuol dire applicare veramente la creatività al mezzo videoludico. Ma i viaggi si sa, celano sempre sorprese, e non è detto che la prossima stazione del treno dei sogni sia altrettanto folle: magari, anche un po' di più.