Rubrica Eye Remember - God of War

Ripercorriamo le gesta dello spartano più famoso dell'industry

Rubrica Eye Remember - God of War
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God of War è senza ombra di dubbio uno dei padri dell’action gaming moderno. E’ infatti alle peripezie di Kratos su Playstation 2 che dobbiamo alcune delle feature che oggi caratterizzano ogni grande videogame d’azione. Quick Time Event per rendere spettacolari e brutali le gesta dell’eroe, sapiente mix di platform, puzzle gaming e combattimento. Ma anche l’ingegnoso sistema di switching istantaneo delle armi e la possibilità di potenziare le stesse per guadagnare nuove tecniche. Il titolo di Santa Monica Studios, partorito dalla mente di David Jaffe, è dunque un capitolo fondamentale nella storia del medium videoludico. All’alba della sua sesta iterazione (contando anche la saga portatile) ripercorriamo passo passo gli step della saga.

God of War

E’ il 2005 quando God of War fa il suo pomposo ingresso nel mondo dei videogiochi, su Playstation 2. La produzione Santa Monica ci catapulta nella Grecia Antica, ripensata mescolando in maniera molto interessante mitologia e realtà. Vestiamo i panni di Kratos, fiero generale dell’esercito spartano caduto anni prima in disgrazia, compromettendo per sempre la sua anima. Tutto risale a quando un’orda di Barbari assale il villaggio di Kratos, prendendo tutti alla sprovvista ed arrivando quasi ad uccidere il nostro eroe. In punto di morte Kratos invoca Ares, suo protettore, che interviene sterminando i Barbari ma legando per l’eternità l’anima dello spartano al suo volere. Kratos diventa da quella notte il Flagello di Ares, iniziando a sterminare e spargere il panico tra i seguaci di Atena in tutta la Grecia. Fino a quando, un bel giorno, si spinge ben oltre la semplice crudeltà, irrompendo in un tempio di Atena e sterminandone tutti i sacerdoti. Non si accorge però che, giocandogli un pessimo tiro, Ares fa in modo che la moglie e figlia di Kratos si trovino sotto le spade dello spartano, che le ammazza in preda alla cieca furia omicida. Il dolore è indicibile e, non bastasse, l’oracolo del villaggio che l’aveva in precedenza sconsigliato trasferisce sulla sua pelle le ceneri dei suoi cari, in maniera che il misfatto lo perseguiti per sempre. Si apre così l’epopea del Fantasma di Sparta, guerriero senza onore in cerca di vendetta.
Una vendetta che Kratos ha la possibilità di compiere proprio in questo primo capitolo, quando Atena gli promette di perdonare il suo terribile passato se riuscirà a debellare Ares, in procinto di distruggere Atene con le sue armate. Kratos accetterà e, dopo mille peripezie (affronterà ala terribile Medusa e recupererà il Vaso di Pandora) riuscirà ad eliminare brutalmente Ares. Gli Dei perdonano Kratos ma ammettono di non poterlo liberare dagli incubi, che lo tormenteranno in eterno. Lo spartano decide quindi di suicidarsi, gettandosi dall’Olimpo. Atena, a questo punto, interviene e lo salva, permettendogli di occupare la carica di Dio della Guerra al posto del defunto Ares.
A livello ludico già in questo primo capitolo si vede perfettamente il carattere dinamico ed immediato che caratterizzerà poi tutta la saga. Munito per la quasi totalità dell’avventura delle sole Spade del Caos (le famose lame legate indissolubilmente ai suoi polsi), Kratos ha dalla sua un moveset che ricorda da vicino Devil May Cry per complessità e spettacolarità. Prese, combo a terra e juggling aereo sono l’ossatura di un combat system fenomenale; uno dei cardini di God of War. Ad esaltare le capacità dello spartano è però soprattutto la brutalità, veicolata da tremende cut scene che sottolineano ad ogni instant kill le motivazioni del rating PEGI 18+. Un oceano di violenza e sangue che esalta il videoplayer, in particolare durante i Boss Fight, che diventeranno il simbolo della grandezza di God of War. Sfruttando QTE sapientemente inseriti, gli scontri con le gigantesche creature (indimenticabile l’Idra a tre teste in apertura) diventano delle sconvolgenti prove di forza, che l’eroe supererà lasciando a bocca aperta il giocatore. Per quanto i combattimenti contro le creature mitologiche siano il cuore pulsante della produzione, durante tutta l’avventura sfide e sorprese non mancano. God of War fu infatti uno dei pochi videogame a presentare una vastissima schiera di avversari, dotati di punti di forza e debolezze con cui lo spartano deve misurarsi, sfruttando le armi e i poteri magici in suo possesso.
Collateralmente la produzione inserisce fasi platform interessanti ma non troppo impegnative ed un pizzico di puzzle solving. Nulla di sconvolgente o paragonabile agli altri interpreti illustri del genere adventure, ma una funzionale alternativa al continuo massacro. Alternativa capace anche d’inserire un minimo di velleità esplorative, che uniscono l’utile al dilettevole quando consentono di recuperare anime ed oggetti atti a potenziare le capacità dello spartano.
L’impatto convincente di God of War è dovuto anche all’ottimo motore grafico che lo muove. Siamo di fronte ad un vero e proprio spettacolo per gli occhi, dato che il titolo Santa Monica Studio è uno dei primi a proporre a schermo una così elevata mole di elementi in movimento senza scendere a compromessi in termini di frame rate. I 60 frame al secondo sono quasi una novità su Playstation 2, e l’ottimizzazione del motore è talmente accurata da mantenere una velocità d’esecuzione ottimale anche senza il supporto dei 60Hz nella versione PAL. Caratteristiche vincenti che accompagneranno da ora in poi la serie.

God of War II

Due anni dopo, nel 2007, Santa Monica dimostra definitivamente le sue intenzioni riguardo al brand. Il secondo capitolo, diretto da Cory Balrog (che subentra a Jaffe per far confluire nuove idee), apre a quello che sarà il “carattere evoluzionista” della serie. Si cavalcano le idee migliori mantenendo ben salda (ed anzi potenziando) la struttura di base, ed al contempo si cerca di inserire qualche nuova feature, sempre nello “spirito” di God of War.
A livello narrativo il secondo episodio prende il via esattamente dove era terminato il primo. Kratos è divenuto il nuovo Dio della Guerra, nonché protettore degli spartani e siede tra gli Dei dell’Olimpo. Nutre però ancora del rancore nei confronti delle divinità che, dopo avergli promesso completa redenzione, lo hanno lasciato in balia dei suoi incubi più tremendi. Alle divinità del Pantheon greco questo non sfugge e, colta la prima occasione utile (la discesa in campo di Kratos a Rodi), lo privano dei suoi poteri facendolo tornare umano. Zeus, Padre degli Dei, si manifesta intimando a Kratos di sottomettersi al suo volere o morire. Da fiero guerriero che è, Kratos rifiuta categoricamente, inimicandosi l’intero Olimpo. Sbattuto nell’Ade è subito chiaro come la sua vendetta non potrà compiersi senza un provvidenziale supporto, che arriva da Gaia, alla quale Kratos si allea sposando la causa dei Titani.
Ancora una volta l’avventura si dipana tra scontri epici, creature mitologiche e rivisitazione di miti e leggende. Fino a giungere, sconfitte le Parche ed ottenuti i Poteri del Tempo, al momento in cui tutto ha avuto origine. Kratos salva se stesso dalle grinfie di Zeus e lo segue fin nell’Olimpo, dove si accende uno scontro furibondo. Al culmine della battaglia interviene Atena, sacrificandosi per salvare Zeus (che fugge) e rivelando a Kratos che il Padre degli Dei è anche suo Padre, intenzionato ad eliminarlo perché la storia (Zeus e Crono, Crono e Urano) non si ripeta mai più. Al culmine dell’ira, Kratos sfrutta il Potere del Tempo per giungere all’istante in cui i Titani sono stati sconfitti dagli Dei, riportandoli nel presente per un assalto al Monte Olimpo che conclude l’avventura.
L'impianto narrativo costituisce una delle più gradevoli novità di questo episodio: la trama diviene parte integrante del gioco, facendo capolino frequentemente e accompagnandoci lungo tutta l'avventura. Una storia epica che riesce a ricalcare il tono della mitologia da cui prende spunto. Pur non mostrando una perfetta aderenza filologica, l'intreccio imbastito dagli sceneggiatori risulta avvincente e ricco di pathos, con personaggi divini estremamente aderenti al prototipo del mito ed in grado di magnificare la personalità del protagonista.
E così nel ricco pantheon ellenico troviamo Prometeo (condannato ad una supplizio eterno), il folle Icaro (ormai vagheggiante nella sua ossessione), il coraggioso Perseo e il prode e sfortunato Giasone; ai quali si aggiungono Dei, Titani ed una moltitudine di creature mitologiche come Pegaso o la Medusa. Un mix di personaggi e situazioni in cui spicca la figura di Kratos, il quale spesso si offre come punto di riferimento negativo nell'intreccio della storia. Un antieroe magistralmente caratterizzato: un uomo, un guerriero, un dio, la cui condotta violenta e brutale non è fine a se stessa, ma trova una sua ben precisa motivazione all'interno della canovaccio narrativo.
Per quanto riguarda le novità introdotte a livello di gameplay, il titolo riprende gli aspetti migliori della passata esperienza ampliandoli in maniera corposa e virando in maniera consistente verso il lato adventure. L'ultimo nato di casa Sony, ammiccando a serie storiche come Castlevania o Metroid, punta su scenari dalla rinnovata ampiezza, strutturati in modo tale da essere esplorati gradualmente. Le nuove location, infatti, nascondono un alto numero di segreti raggiungibili solo attraverso la risoluzione di enigmi ambientali: i quali potranno essere affrontati sia attraverso l'interazione diretta con gli stage, sia attraverso lo sfruttamento di nuove abilità recuperate nel corso dell'avventura. Proprio le nuove virtù di Kratos influenzano in maniera consistente l'intero level design: la facoltà di intervenire sullo scorrere del tempo, la capacità di planare grazie alle ali di Icaro, le rinnovate doti atletiche di cui disporremo portano in dote tutta una serie di stage infarciti di meccanismi a tempo da attivare, trappole da evitare, e oggetti da riposizionare.
Come se non bastasse le nuove ambientazioni si prestano all'esplorazione in modo più completo rispetto al precedente episodio, dato che Kratos può ora sfruttare particolari "agganci" per utilizzare le spade di Athena a mo' di rampino, permettendoci di superare in sequenza burroni, precipizi, ed ostacoli simili.
La bontà di queste scelte trova riscontro in tutto l'arco dell'avventura mostrandoci il fantasma di Sparta impegnato in situazioni estremamente dinamiche, mescolate a fasi di puro puzzle solving. Il risultato è un prodotto molto più vario e complesso del primo episodio. Non viene, tralasciato, ovviamente, il combattimento. Tornano le spade di Athena, le due lame assicurate ai polsi di Kratos per mezzo di lunghe catene, dotate di nuovi ed impressionanti attacchi: una serie di combo spettacolari capaci di falciare gli avversari posti su ogni lato, ed in grado di garantire una protezione continua ed efficace. Ad esse si affiancano due nuove armi: un mastodontico martello da guerra ed una lancia dal raggio di azione estremamente elevato e dotata di attacchi molto particolari. Unitamente alle armi troviamo quattro nuove abilità magiche che ricalcano i vecchi poteri. Tra un carnet di nuovi attacchi e un più ampio e sviluppato utilizzo dei Quick Time Event, spettacolarità e violenza di Kratos arrivano al culmine, grazie anche ad una decisa spinta verso l’inserimento di diversi Boss Fight in più rispetto al predecessore.
Da un punto di vista squisitamente tecnico God of war II si rivela un titolo sublime. Ci troviamo di fronte a coreografie maestose, solide, immerse in effetti di luce e particellari di primissimo livello; costruzioni poligonali dettagliate, ricche di riflessi in tempo reale sulle superficie metalliche, avvolte da texture di indubbia qualità. Il tutto accompagnato da un frame rate costante e privo di cali nonostante la mole di oggetti in movimento.

God of War: Chains of Olympus

Siamo nel 2008, la Playstation Portable è disponibile da oramai tre anni in Europa e Sony pensa di dare una nuova sferzata alla sua portatile producendo il primo episodio portatile di God of War, sottotitolato Chains of Olympus. Lo sviluppo è affidato a Ready at Dawn, per dare un taglio leggermente diversificato alla versione portable rispetto a quella home.
L’avventura portatile funge in un certo senso da prequel alla trilogia pensata per Home Console. Kratos è già il Fantasma di Sparta al servizio degli Dei ma non ha ancora preso il posto di Ares nell’Olimpo, come nuovo Dio della Guerra. Dopo esser stato mandato ad Attica per scacciare gli invasori Persiani Kratos osserva Elio precipitare ed il Mondo rimanere vittima dell’oscurità. Gli Dei si indeboliscono e l’eroe, deciso a scoprire le cause di tale catastrofe, scende nell’Ade alla ricerca della Divinità del Sole. Ad aspettarlo trova Caronte, il traghettatore di anime, che lo attacca e lo sconfigge gettandolo nel Tartaro - dimora dei Titani. Kratos si accorge qui dell’assenza di Atlante e, ancora ignaro di quanto stia realmente accadendo, risale l’Ade (sconfiggendo Caronte) fino a raggiungere il tempio di Persefone nel quale scorge il fantasma della figlia. Tentando di inseguirla si imbatte nella principessa dell’Ade, che lo costringe a purificarsi ed abbandonare le sue armi per giungere nei Campi Elisi e riabbracciare la figlia. Quando tutto sembra finalmente potersi conciliare Persefone espone a Kratos il suo piano, rivelando la verità sugli accadimenti di cui lo spartano è stato sino ad ora testimone. Segregata dal marito Ade la donna è intenzionata a vendicarsi contro lo stesso e contro tutti gli Dei, che non hanno mosso un dito per aiutarla. Per farlo ha intenzione di distruggere il pilastro con cui Atlante sorregge la Terra, sfruttando la luce di Elio. Così facendo, però, anche la Terra verrebbe spazzata via. Con un ultimo sacrificio Kratos riabbraccia odio e violenza, riottenendo le sue armi e venendo bandito dai Campi Elisi per sventare una volta per tutte il piano di Persefone, eliminata nel solito cruento scontro.
La versione PS Vita è una miniatura di quanto sino ad ora mostrato su Home Console, con anzitutto una trama più semplice e meno ricca di protagonisti e creature mitologiche. L’intreccio, tuttavia, funziona e presenta come unico difetto una durata non all’altezza delle aspettative. Sono infatti necessarie appena cinque ore per portare a termine l’avventura. La caratterizzazione del Fantasma di Sparta non viene comunque meno ed il titolo riesce, come primo esponente della serie portatile, ad entusiasmare e convincere il pubblico.
A livello ludico Chains of Olympus presenta le medesime caratteristiche che hanno sin qui caratterizzato la saga. Furiosi combattimenti, creature mostruose e Quick Time Event compongono l’ossatura di questo capitolo portatile, ovviamente in forma ridimensionata rispetto alle controparti home. Ancor più ridimensionate le componenti platform e puzzle solving, che qui si limitano a qualche statua da spostare. La fase action, sicuramente la più curata, prevede l’utilizzo delle Spade del Caos, intercambiabili ad avventura inoltrata con il Guanto di Zeus. Le due armi, oltre a determinare un approccio diverso ai combattimenti (uno più debole ma a distanza di sicurezza, l’altro più efficace ma ravvicinato), vengono sfruttate anche nella risoluzione di piccoli rompicapi. Stesso discorso per quanto riguarda gli altri strumenti offensivi che recupereremo durante il nostro peregrinare: l’evocazione Efreet, in grado di incendiare i nemici, la Luce dell’Alba e la Collera di Caronte, entrambe magie da distanza, e lo Scudo del Sole, capace di riflettere i proiettili. L’azione combinata di queste elementari ma efficaci magie e le classiche armi bianche rendono ogni combattimento una sfida intrigante e mai banale.
A livello tecnico lo spettacolo che si presenta d’innanzi una volta ottenuto il controllo sul personaggio è quanto di più maestoso e visivamente incredibile la portatile Sony abbia visto all’epoca. Animazioni impeccabili, ambienti complessi e ricchissimi di particolari, effetti particellari convincenti, illuminazione dinamica e tanto altro ancora hanno reso, Chains of Olympus il titolo graficamente più evoluto della ludoteca Playstation Portable al tempo della sua uscita.

God of War: Ghost of Sparta

Considerato il successo della precedente incarnazione portable e l’oramai imminente terzo capitolo in arrivo su Playstation 3, Ready at Dawn Studios decide di cavalcare l’onda e portare in dono, nel 2010, un secondo capitolo portatile. Nasce così Ghost of Sparta una delle incarnazioni più interessanti della saga di Kratos.
La trama che sostiene questo capitolo può definirsi, per certi versi, la più riuscita dell’intera saga. Consultando la timeline, questo episodio va ad inserirsi storicamente tra l’originale e il seguito pubblicato sempre su PS2. Ancor più che nel primo capitolo, dove il finale dimenticava in modo inspiegabile il vero dramma di Kratos, lo spartano sarà consumato per tutta la durata dell’avventura da un orribile senso di colpa. Un’inattesa rivelazione, infatti, risveglia antichi demoni assopiti e gli riporta alla mente la figura del fratello Deimos. Quando i due erano ancora giovani, ed erano soliti allenarsi insieme, il destino li volle separare, lasciando credere a Kratos che l’amato fratello fosse morto. Venuto a conoscenza che in realtà egli è ancora vivo, al Dio della Guerra non resterà altro da fare se non aprirsi la strada con tutta la sua collera per trarlo in salvo e riabbracciarlo, o stringergli almeno la mano, visto il rigore spartano che vieta eccessivi slanci affettivi. La vicenda richiama insomma i soliti leitmotiv della saga: tormento, vendetta, ira implacabile. Il vero pregio dell’arco narrativo qui descritto consiste sostanzialmente nell’assoluta coerenza di ogni aspetto. Dall’inizio alla fine, il conflitto interiore di Kratos verrà puntualmente alimentato e contestualizzato. Le motivazioni del protagonista sono dunque sempre evidenziate e palesate, restituendoci un personaggio la cui umanità viene contrappuntata solo dalle gesta sovrannaturali. Pur non aspirando alla composizione di uno script degno di memoria, considerato anche il genere d’appartenenza, la sceneggiatura di questo capitolo è in grado di offrire nuovi scorci interessanti dell’universo di God Of War, grazie a un Kratos sempre più poliedrico e a Divinità tanto meschine quanto egoisticamente interessate alla propria sopravvivenza. Un capitolo tra i più intriganti per far luce sul passato e presente del nuovo Dio della Guerra.
Per quanto riguarda il gameplay invece, ci troviamo di fronte al solito God Of War, dove “solito”, in questo caso, è sinonimo di perfetto. Ancora una volta, sulla piccola PSP, il combat system sorprende per precisione, velocità di risposta e numero di mosse disponibili. Alle canoniche e famose Spade di Atena in questo capitolo potremo alternare lo scudo e la lancia spartana, di cui Kratos entrerà in possesso a circa metà dell’avventura. Questo set di armi si distingue per la capacità di offrire una maggior capacità difensiva e per la possibilità di scagliare la lancia al fine di colpire oggetti o nemici distanti. Ed anche se difficilmente la nuova dotazione riuscirà ad equipararsi, per potenza e carisma, alle doppie lame, il suo utilizzo svelerà qualche interessante risvolto tattico.
God Of War: Ghost of Sparta sorprende infine nell’intelligenza e arguzia dei nemici, come il suo predecessore non aveva saputo fare. Ognuno degli avversari è capace di sfruttare sapientemente la superiorità numerica del gruppo, così come il moveset a propria disposizione, costringendo il pur potente eroe a non sottovalutare nessuno scontro. Non deludono, naturalmente, i boss fight. Per quanto non numerosissimi, lasceranno ancora una volta un ricordo indelebile nella memoria, presentando giganteschi avversari in opposizione e violente esecuzioni da portare a termine.
Graficamente Ghost of Sparta non tradisce le aspettative, anzi. Ancora una volta Redy at Dawn Studio riesce a spremere al massimo le caratteristiche della piccola portatile Sony, mostrando un comparto tecnico che si avvicina prepotentemente a quanto visto su Playstation 2 - per PSP un vero e proprio miracolo. Non c’è dubbio dunque: God of War: Ghost of Sparta è il picco tecnologico più alto di Playstation Portable.

God of War III

La consacrazione definitiva e totale del brand avviene qualche mese più tardi, a Marzo, quando God Of War III debutta in esclusiva su Playstation 3. Pur senza essere per molti versi rivoluzionario, il terzo capitolo della saga setta in ogni suo aspetto nuovi standard, rendendo Kratos un’icona ancor più forte del panorama Playstation. Si tratta inoltre, non dimentichiamolo, di una delle conferme delle potenza di Playstaion 3, scoperta e sfruttata da pochi in questa generazione.
In God Of War III troviamo Kratos esattamente dove l’avevamo lasciato. Dopo aver aperto il vaso di Pandora, ucciso Ares e subito la rappresaglia degli Dei dell’Olimpo, lo spartano per eccellenza è pronto, grazie anche all’appoggio dei Titani, ad ultimare la sua vendetta. I primi minuti di gioco, che rappresentano senza ombra di dubbio la miglior apertura di sempre per quel che riguarda un action game, vedono il nostro violento eroe “cavalcare” Gea nell’intento di scalare il Sacro Monte Olimpo. Sulle spalle del Titano Kratos deve affrontare la prima battaglia, contro Poseidone, in uno degli scontri più spettacolari di sempre. Annientato il signore dei mari è il momento di affrontare Zeus, che si dimostra però ancora inarrivabile e spedisce il nostro muscoloso eroe negli abissi dell’Ade. La seguente nuotata nello Stige prosciuga Kratos da molti dei poteri acquisiti, lasciandone al minimo le capacità ed immergendo il giocatore in quella che sarà la vera avventura.
Con l’aiuto di pochissimi alleati l’ex Dio della Guerra dovrà risalire dagli inferi all’Olimpo, superando innumerevoli insidie ed annientando senza alcuna pietà i nemici che gli si pareranno di fronte. Sebbene l’intreccio narrativo non sia dei più articolati, le 8-10 ore di gioco necessarie per completare l’avventura scorrono fluide; l’attenzione del giocatore, grazie ad un ritmo sempre incalzante, è costantemente ai massimi livelli e l’appagamento finale, sebbene si tratti di una conclusione “scontata”, è totale. Ritornano prepotenti tutti i riferimenti mitologici che avevamo lasciato su Playstation 2 e che si erano un po’ persi nelle incarnazioni PSP. Affronteremo dunque sfide epiche, creature risorte direttamente dal mito ellenico e quanto di meglio abbia da offrire l’eredità lasciata da quanto la saga ha già fatto in passato.
Dal punto di vista del gameplay God Of War III non si scosta minimamente dalla struttura, solidissima ed oltremodo collaudata, inaugurata con successo cinque anni prima dagli studi Santa Monica. L’azione, costante irrinunciabile dell’esperienza, si mescola ad una nutrita serie di momenti d’esplorazione durante i quali impegnarsi nella ricerca di reliquie e nella risoluzione di interessanti puzzle ambientali. Minori ma altrettanto interessanti i momenti “platformici”, durante i quali Kratos avrà tempo di rifiatare dai combattimenti, sfruttando i suoi mezzi atletici per superare ostacoli di sorta. Ma il cuore del gameplay rimane il combattimento, veicolato dall’innumerevole mole di combo e dal famosissimo sistema Quick Time Event adottato per la violenta esecuzione dei nemici. La brutalità vede in questo terzo episodio il suo culmine, facendo sembrare i precedenti favolette per bambini. L’aspetto più interessante di God Of War III, quello ciò che davvero lo contraddistingue dai predecessori, è però l’ancor più rimarcata evoluzione del gameplay nel corso dell’avventura. Sconfiggendo questa o quella Divinità otterremo dei benefici che, pian piano, ci permettono di approcciare il prodotto in maniera diversa. Questo non vale solamente per i combattimenti, resi estremamente vari dalla mole di armi diverse (ben quattro), dalla possibilità di cambiarle “al volo” concatenando le combo e dall’ottima varietà di nemici, ma anche -e talvolta soprattutto- per le fasi esplorative.
Alcuni avversari lasceranno in eredità equipaggiamento utile non solo all’annientamento dei nemici, ma anche a superare agilmente le difficoltà di un mondo devastato dall’avanzata dei Titani, espandendo una fase di backtracking che mostra qui il suo culmine. L’approfondimento di queste meccaniche, capace di cambiare radicalmente il gioco, non preclude in ogni caso il mantenimento delle feature più care ai fan della saga. Il potenziamento delle armi, ad esempio, reso ancor più efficace dall’apprendimento di sempre più variabili da aggiungere al carnet di combinazioni e dal legame in questo terzo capitolo tra armi e poteri magici. Non mancano poi gli spettacolari Boss Fight, che hanno contraddistinto la serie dal principio e che vedono qui Kratos impegnato in battaglie molto articolate ed incredibilmente spettacolari.
Se il gameplay è una summa di tutto quello visto sino ad ora, a stupire veramente è il comparto tecnico. Visivamente God of War III è forse il videogame più impressionante del 2010, capace di settare nuovi standard per tutti. La meraviglia non si esprime solamente tramite modelli poligonali ottimamente realizzati, texture precise e ricche di effetti avanzati ma anche e soprattutto dalla mole devastante di elementi in movimento. Sin dal primo istante giocare a God Of War III significa non credere letteralmente ai nostri occhi, per quello che è risulta a tutti gli effetti un nuovo standard nelle prodzioni Next Gen.

Eye Remember Quella di God Of War è una delle saghe videoludiche più significative dell’ultimo decennio: un brand che ha saputo dettar leggere nell’ambito degli action game, alzando costantemente l’asticella qualitativa. Sfruttando l’esperienza ed una nuova mente al comando (quella di Todd Papy), la sesta incarnazione delle avventure di Kratos sembra promettere un risultato altrettanto maestoso. Il team non si è assolutamente adagiato sugli allori, ma ha tentato di potenziare e rinnovare ancora la struttura. Lo ha fatto, ad esempio, inserendo la novità delle armi raccolte dai nemici (in single player) nonchè un interessantissimo comparto multipalyer competitivo. Se quello di Ascension sarà un successo tale da rendere God Of War nuovamente un punto di riferimento inarrivabile per tutti gli altri, tuttavia, lo vedremo solo a Marzo. E lo vedrete solamente rimanendo sintonizzati sulle pagine di Everyeye.it.