Rubrica Febbre da remake

Dietro la maschera del remake

Rubrica Febbre da remake
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Nintendo aveva solo due modi per festeggiare il venticinquesimo anniversario della sua mascottedi punta, Super Mario: realizzare una collection di quelle veramente cazzute (perdonate il francesismo), spalmare su una fettazza di pane pura Nutella piattaformica, sia bidimensionale che tridimensionale, restaurando graficamente quegli sprite o quei poligoni deperiti con gli anni, oppure rilasciare su disco qualche titolo già convertito su Virtual Console, reimpacchettare il tutto con alcuni lustrini e un manuale d'istruzioni più colorato del solito.
Si è scelta la seconda via e, bando alla nostalgia, si tratta di una ristampa di Super Mario All-Stars, già pubblicato su Super Nintendo nel 1993, a dieci anni esatti da Super Mario Bros. Allora sì che si trattava di qualcosa di prezioso; quattro avventure mariesche, rifatte graficamente per l'occasione, cui si aggiunse Super Mario World in una particolare versione venduta in bundle con la console. Nell'anno 2010, ritrovarsi tra le mani ancora tale collection suona decisamente come un furto: primo perchè tutti coloro interessati a stappare lo champagne per il primo quarto di secolo dello sturatubi vantano già tra le proprie cartucce un esemplare della All-Stars; secondo, tale operazione sembra dimostrare l'inesistenza di episodi degni di nota di Super Mario post-Super Mario World. Super Mario 64, Super Mario Sunshine, New Super Mario Bros, Super Mario Galaxy?
L'infausta esperienza avuta con Super Mario All-Stars per Wii convola a nozze con l'argomento di De Re Ludica di Gennaio, ovvero l'ansia da remake. Una questione costantemente dibattuta sin da quando hanno fatto capolino le prime riedizioni (da arcade a NES, da NES a Master System), ma sempre focalizzata su ricorrenti perplessità: perchè la stragrande maggioranza dei remake o collection escono malriusciti, colmi di bug e assemblati controvoglia, privi di questo o quel gioco, mancanti di capitoli inediti/personaggi/armi?

Ri-fare chi che cosa?

Cerchiamo anzitutto di precisare di cosa vogliamo parlare. Remake è parola inglese di facile traduzione: non vogliamo complicarci in astrusi adattamenti, pertanto se letteralmente sta per ri-fare, questo è anche il suo concetto. Nell'ambito videoludico quando si parla di remake si intende un ri-facimento di un prodotto precedente, un ripensamento o ludico o grafico solamente parziale che possa restituire il divertimento passato variando la formula o rivedendola in minimi aspetti.
Solitamente quindi si parla di un software dal medesimo nome (Tactics Ogre per Super Nintendo e ora PSP) o in grado di richiamarlo (Pokèmon Rosso Fuoco rispetto a Pokèmon Versione Rossa), ma tale che non sia né un seguito (meccaniche analoghe ma storyline completamente inedita) né tantomeno un porting liscio e asciutto, paro paro. In quest'ultima categoria inseriamo tanto le trasposizioni intenzionate a non mettere mano al codice originale (se non in minimi accorgimenti audio/video) come ad esempio le release Virtual Console, così come quelle da arcade o da altra console della medesima generazione; anche se aggiungono contenuti al titolo originale il loro scopo ultimo risiede nell'avvicinarsi quanto possibile alla prima uscita senza ri-vederne la struttura di gioco (Soul Calibur per Dreamcast o Virtua Tennis 3 pur essendo ben più ricchi della formula arcade non sono annoverati tra i remake).
Detto ciò ecco palesarsi immediatamente i primi dubbi. Fino a che punto è legittimo intervenire sul prodotto originario?
Quale il motivo scatenante il ritorno del videogioco nuovamente sugli scaffali?
E infine a quale target si rivolge il remake? I giocatori che avevano già spolpato l'originale oppure i neofiti assoluti?

Da pagina 2 tutte le risposte a tali quesiti

1. Opera di re-visione

Diciamo che ad oggi quasi nessuno si è lamentato nell'aver trovato un remake peggiorativo del titolo originario. Spesso e volentieri la possibilità offerta consente di aggiustare determinati elementi secondo una sensibilità più matura ed evoluta, tale da accostare l'antico avo ai più giovincelli. Così è successo ad esempio con Dead or Alive Ultimate per Xbox: all'interno Team Ninja inserì una conversione di Dead or Alive con la sola aggiunta dell'online, mentre si sbizzarrì con Dead or Alive 2 superando di gran lunga gli sforzi grafici del terzo capitolo, inserendo il supporto a Xbox Live nonché raffinatissimi filmati in Computer Grafica. Ben più che l'ennesima versione del 2, dopo quella Dreamcast e l'Hardcore per Playstation 2, ma l'anello di congiunzione tra Dead or Alive 3 e 4.
Un lavoro davvero prezioso quello svolto a suo tempo da Itagaki, forse sminuito con il passare degli anni solo perché non si trattava di un episodio ufficiale. Ciononostante il prossimo Dead or Alive Dimension previsto in Primavera su Nintendo 3DS, ennesimo rifacimento della seconda iterazione del picchiaduro Tecmo, appare assai simile nella modellazione poligonale proprio all'Ultimate, a riprova del segno lasciato da tale remake nell'humus del franchise.
Discorso analogo lo si può fare per Metal Gear Solid The Twin Snake apparso su Gamecube: accolto con clamore dalla fanbase Nintendo quasi come una sottrazione dell'amato franchise ai fan Playstation, in realtà il remake di Metal Gear Solid servì a Kojima per adattare il primo episodio agli standard tecnologici dei 128 bit (in termini di presa poligonale e di qualità audio) e in particolare a quelli di Metal Gear Solid 2. Ora Snake può appendersi ai bordi delle strutture, sparare attraverso una modalità in prima persona, affrontare nemici dotati di una IA più perspicace. Kojima si appoggiò a Silicon Knights nel lavoro di ri-conversione, chiedendo inoltre al regista Ryuhei Kitamura un suo impegno sulle cut-scene. Essendo la base di appassionati della saga tutta spostata su Playstation 2 quasi nessuno espresse parole d'apprezzamento per la rifinitura operata al capitolo originale, tanto che Konami quando si trattò di distribuire la Metal Gear Solid Essential Collection non pensò di proporre agli utenti Sony Twin Snake bensì nuovamente il disco a dorso nero della prima Playstation.
L'esempio di Tecmo e quello di Konami dimostrano senz'altro la potenzialità insita nei remake quando ben pensati e ben realizzati: per il picchiaduro ci si avvalse addirittura del team originale reduce dal successo strepitoso di Ninja Gaiden, mentre per Twin Snake si chiesero idee fresche ai Silicon Knights di Eternal Darkness e a un rispettato regista nipponico. E tuttavia spesso e volentieri si è disposti ad ignorarli per motivi futili, cioè per la solita ossessione di volere a tutti i costi seguiti su seguiti e quindi per la cronica incapacità di cogliere i remake come occasioni per metabolizzare al meglio le conquiste del titolo in questione. Dead or Alive Ultimate è stato superato in tecnicismo da Dead or Alive 4, eppure lo sfavillio grafico del titolo Xbox consente di accostarlo al successivo episodio per Xbox 360 non certo al picchiaduro giocato su Deamcast. Crediamo proprio che i remake abbiano la funzione di attualizzare il gameplay di un prodotto uscito 5-10 anni prima, abbiano la missione di fare delle intuizioni avute a suo tempo qualcosa di contemporaneo, valido anche per la generazione successiva e magari anche per quella dopo ancora.
Fintantoché l'oggetto della re-visione è la trama di gioco, il cast d'avventurieri, la mole poligonale, siamo sempre pronti a supportare gli sviluppatori armati di un certo coraggio; la situazione si presenta più annosa quando gli interventi si soffermano specificatamente sul sistema di controllo. La categoria dei Wiimake, o più formalmente "New Play Control", rappresenta l'esempio più recente a nostra disposizione: si va da un Pikmin che s'adatta perfettamente al sistema di puntamento del Wiimote ad un Mario Power Tennis crocevia tra Wii Sports e il nunchuck per gestire il movimento. Altrove la Metroid Prime Trilogy adatta Metroid Prime e Metroid Prime 2 Echoes allo schema dei controlli del terzo capitolo Corruption, mentre Donkey Kong Jungle Beat sostituisce volentieri i bonghi di Donkey Konga con la più agile accoppiata Wiimote+nunchuck.
Di sicuro Nintendo non ha optato casualmente nella scelta dei titoli da trasporre da Gamecube a Wii, selezionando produzioni capaci di sfruttare al meglio giroscopio e rilevatori di movimento della bianca console. Eppure vi era il fisiologico bisogno di avere simili produzioni portate paro paro su Wii e modificate nei soli controlli? In origine nessuno di questi titoli deficitava in mappatura dei tasti sul pad Gamecube, quindi non vi era la trasbordante necessita di ri-giocarseli tali e quali con solo un nuovo joypad...
Ma ancora non abbiamo risposto alla domanda: fino a che punto è data facoltà agli sviluppatori di intervenire sui titoli originari? Ci ragioniamo immediatamente. Un sensibile limite non sussiste, già solo riscrivendo il gioco con un nuovo engine si può ottenere qualcosa di completamente differente nell'aspetto. E' importante, però, non agire per snaturare il concept originario, rispettarlo per quello che era all'epoca della prima release, comprenderlo anche nelle più imperdonabili leggerezze. Completeremmo il quadro delle smancerie chiedendo agli sviluppatori un atteggiamento quasi paternalistico quando s'accingono a compilare un remake. Fatto!

Febbre da demake

Accanto al più ovvio remake come boost tecnologico di un classico del passato, da diversi anni taluni sviluppatori si sono cimentati in operazioni all'incontrario, meglio note come demake.
Si sceglie deliberatamente di riproporre franchise attuali attraverso una grafica povera, passando spesso dalla terza dimensione alla seconda. E' il caso ad esempio di Halo 2600 per Atari 2600 realizzato da Ed Fries, ex vicepresidente della divisione entertainment di Microsoft.
Meno ironici, ma più nostalgici sono Megaman 9 e 10: si tratta di due platform game che Capcom ha volutamente realizzato con un occhio all'hardware NES onde coinvolgere tutti quei bambini che giocarono i primi capitoli del robottino in blu proprio sull'8 bit Nintendo.

2. Ri-torno del passato

Del perchè ritornare sui propri passi le ragioni sono diverse. Molte software house tendono a riproporre i propri titoli storici quando si avvicina la pubblicazione del seguito. Spesso e volentieri il remake funziona da mossa pubblicitaria, traina le vendite del ben più ambizioso capitolo inedito.
Questa è un'usanza molto in voga nel paese del Sol Levante, dove si è soliti ri-dare in pasto produzioni storiche allo zoccolo duro della community, con l'obiettivo di creare un clima di forte attesa (quaggiù si direbbe hype), mediante spot tv, articoli sulle riviste, cartelloni pubblicitari, attorno al ritorno del franchise: ad esempio quando si trattò di pubblicare Final Fantasy Tactics Advance 2 per Nintendo DS, gli utenti PSP si beccarono un grandioso remake del primo capitolo per Playstation, qui rinominato Final Fantasy Tactics: The War of the Lions. Non fosse altro per il plot inedito, difficile per il titolo ex novo superare il remake quando così curato nei filmati d'intermezzo e nella grafica in-game.
E tale considerazione permette di porre sotto nuova luce la categoria dei remake: spesso e volentieri se ne può approfittare per distribuire in nuovi territori (leggasi Europa) prodotti che le pieghe del tempo avevano trattenuto in madrepatria o oltreoceano, come è il caso di Final Fantasy Tactics oppure di Dragon Quest IV e V per Nintendo DS. Quest'ultimi due (cui si dovrebbe aggiungere il futuro Dragon Quest VI), sviluppati da Artepiazza (Innocent Life, Opoona) e pensati da Nintendo Japan come una ponderata preparazione a Dragon Quest IX, in Europa sono stati trattati alla stregua di capitoli inediti non avendo visto la luce nel Vecchio Continente su Super Nintendo. Rispetto alle edizioni 16 bit queste tre avventure includono solamente un comparto grafico tridimensionale e di conseguenza una telecamera libera: come considerarli allora? Per chi ha già provveduto a calcare le lande essi appaiono ben più spogli di un Final Fantasy III, sempre per Nintendo DS; per chi ancora non lo avesse fatto sono delle buone occasioni per rimediare, per quanto l'ombra dello sfavillante Dragon Quest IX metta di sicuro in soggezione il pur discreto lavoro di Artepiazza.
Un remake, infine, può essere la tanto sospirata occasione per concedere al titolo originario quel successo di pubblico che a suo tempo aveva solo accarezzato. The Chronicles of Riddick: Assault on Dark Athena dello studio Starbreeze doveva inizialmente essere un mero remake del precedente Escape from Butcher Bay visto su xbox e PC, con un capitolo bonus chiamato Dark Athena e un comparto multiplayer sviluppato per l'occasione. In realtà il progetto si è dilatato esponenzialmente, configurando Dark Athena come un vero e proprio seguito, dinnanzi alle latitanze dei publisher disposti a finanziare e distribuire il prodotto: un'occasione comunque colta con entusiasmo dagli sviluppatori, contenti di lavorare "ancora sull'universo di Riddick. Assault on Dark Athena ci ha concesso l'opportunità di ri-vistare il gioco originale e condividerlo con una nuova audience, così come di offrire una continuazione al gameplay e alla storia di Butcher Bay".
Altro esempio di potenziamento dell'originale incanalando il concept verso nuove sacche d'utenza può essere Rez HD pubblicato da Q Games come Xbox Live Arcade: lo stesso Mizuguchi reduce dai successi di Lumines ed Every Extended Extra, acquista da Sega i diritti circa il gioco Rez da lui sviluppato per Dreamcast con l'obiettivo di farne un remake in Alta Definizione e con supporto audio 5.1. Dato anche l'alone leggendario che circonda il titolo originario l'operazione convince gran parte degli utenti Xbox 360 a sborsare gli 800 MP necessari all'acquisto della versione completa. Qualche mese più tardi un impresario di Ubisoft bussa alla porta di Q Games e quello che ne esce è Child of Eden...
Da questo lungo discorrere ne emerge un chiaro segnale: realizzare un remake non richiede grossi investimenti né di tempo né di denaro, eppure non si può sottovalutare la necessità di cogliere il momento opportuno per rilasciarlo, la giusta occasione per ridestare i sonnacchiosi fans e magari imbrigliare pure qualche avaro della serie...

3. Ri-connetersi con la community

Uno degli ingredienti più importanti per confezionare un remake gustoso risiede senza dubbio nella selezione del pubblico a cui indirizzarlo. Gettarlo nella mischia senza averne individuato alcuno è quasi sempre una leggerezza imperdonabile, mentre ridimensionare l'operazione a un univoco settore, neofiti o appassionati della serie, nella maggior parte dei casi porta maggior appagamento.
Spesso e volentieri, però, non sempre è possibile cogliere tale distinzione di primo acchito. Prendete Super Mario 64 DS, titolo di debutto su Nintendo DS, remake dell'assoluto protagonista al day one di Nintendo 64: il cambio del sistema di controllo (croce direzionale più touch screen) ha subito fatto rimpiangere la mancanza di un analogico al due schermi Nintendo, per quanto le variazioni al gameplay e l'aggiunta di tre personaggi giocabili all'onnipresente Mario hanno infine portato il numero delle Stelle da raccogliere da 120 a 150. Dici poco: chi non aveva avuto modo di giocare l'originale su Nintendo 64 ha saputo apprezzare il gioco senza scadere in puntigliose comparazioni tra touch screen e levetta del tricornuto, mentre coloro che già avevano passato gioiosi pomeriggi a zonzo con l'idraulico nel castello di Peach poterono lanciarsi alla conquista di trenta stelle inedite.
Ma la situazione non è sempre tutta rose e fiori: simili dubbi si insinuano anche circa il futuro The Legend of Zelda Ocarina of Time 3D per Nintendo 3DS. Laddove Nintendo non ha ancora specificato se ci saranno dungeon inediti o nuove linee di dialogo, le uniche novità risiedono nella resa grafica (3D, texture rimaneggiate) e in minimi accorgimenti di gameplay (menù adagiato sullo schermo tattile, visuale in soggettiva sensibile al giroscopio). Sufficiente per aprire il portafoglio nel corso della Primavera oppure aggiunte superflue a un prodotto già saggiato in più forme? Noi propenderemmo per la seconda,  non fosse per il fatto che tale remake guarda ancora una volta ai giocatori hardcore, avendo la serie Zelda una visibilità minore rispetto a quella di Super Mario. The Legend of Zelda A Link to the past nel remake per Gameboy Advance osava nettamente di più, proponendo l'inedita avventura multiplayer Four Sword e aggiungendo al completamento di quest'ultima un dungeon inedito al capolavoro 16 bit.
Esistono, invece, saghe amatissime da un pubblico assai eterogeneo che nei remake cercano nuovi spunti: sospesi tra il sondare il terreno, provare a giocare con l'hardware e sperimentare qualche novità qua e là, queste fanno dei remake un'occasione per aumentare il grado di coesione tra gioco e appassionati.
Ridge Racers per PSP riuniva gran parte dei tracciati della serie, una larga fetta delle hit musicali e la novità assoluta del Turbo. Un certo successo lo fece questo remake sui generis, tanto da aprire la strada a Ridge Racers 2 (il seguito di un remake è cosa tanto bizzarra quanto affascinante: l'atteso Bionic Commando Rearmed 2 conferma tale affermazione!) e oscurando in parte i nuovi capitoli della serie per Xbox 360 e Playstation 3.
Il futuro Metal Gear Solid Snake Eater 3D è la scusa ufficiale di Kojima per giochicchiare con le specificità tridimensionali nei videogiochi e proseguire il fortunato filone della Guerra Fredda e della giungla tropicale inaugurato su Playstation 2 e portato in auge su PSP dai Portable Ops e da Peace Walker.
Infine per chi vuole fare un gradito regalo a quanti desiderassero rigiocare questo o quel blockbuster Sony sta portando avanti con grande serietà il progetto dei Classic HD: mentre sugli store digitali appaiono singoli remake gratificati da una rimasterizzazione in Alta Definizione e Nintendo sperimenta nuove soluzioni ai sistemi di controllo con la collana New Play Control, ecco Playstation 3 invogliare non pochi sviluppatori a portare i propri successi planetari da Playstation 2 a Playstation 3. Di base vi è la riconversione in HD (God of War Collection), per alcuni si tratta di un percorso logico attraverso una storyline raccontata attraverso più episodi (Prince of Persia Trilogy), per altri il supporto a Move (The Sly Collection) o ancora la visione in 3D (ICO & Shadow of the Colossus Collection), per qualcuno l'occasione di speculare senza troppe remore proponendo una manciata di titoli senza filo logico alcuno (The Tomb Raider Trilogy). Dietro a simili collection in HD vi è, però, un motivo tutt'altro che elegante, ovverosia la rimozione dalle ultime Playstation 3 di quel chip che garantiva la retrocompatibilità con la softeca Playstation 2.
Per i titoli elencati sopra è il ricatto perpetrato nei confronti dell'affezionata community a garantire loro vita commerciale oppure un più sincero spirito di celebrazione?
Cosa dire infine del tanto chiacchierato remake di Final Fantasy VII, insieme simbolo delle vanità dei fans e fonte lucrativa senza paragoni per Square Enix. Mentre un teaser del settimo capitolo ha solleticato la presentazione di Playstation 3, la software house nipponica metteva in conto lo sviluppo di Dirge of Cerberus per Playstation 2 e qualche anno più tardi di Crisis Core per PSP, nonché della pellicola Advent Children. Tutti viaggi nell'universo di Final Fantasy VII, spin off non sempre di qualità elevata, eppure acquisti imprescindibili per i molti appassionati della settima fantasia finale. Nel frattempo i pezzi grossi di Square Enix si sono lanciati nelle più fantasiose considerazioni sul remake diretto a Playstation 3: il Ceo Yoichi Wada si è rimesso nelle mani dei fans considerando positivamente le molte petizioni giunte al quartier generale, Tetsuya Nomura stima attorno al decennio i tempi di sviluppo anche solo se si volesse porre la medesima cura delle ambientazioni di Final Fantasy XIII, il team di sviluppo di Final Fantasy The Crystal Bearers pur ritenendo il progetto qualcosa di mastodontico ha giurato che prima o poi si farà (seguì smentita di Nomura dalle colonne di Famitsu), Kitase e Toriyama stimano a trent'anni circa il tempo di sviluppo. Siamo alla fantascienza, alla speculazione, alla cazzata che diventa fanservice puro.
Non è raro perdere di vista l'interesse del giocatore quando si confeziona un remake, non pochi hanno prodotto buchi nell'acqua per aver biecamente proposto poche novità alla formula originaria vendute magari a un prezzo spropositato. Un remake di Final Fantasy VII è davvero così importante per la salute della serie? Non è più realistico interessarsi ai capitoli inediti come Versus o Type-0?
Insomma: quando un semplice remake paralizza uno dei franchise più apprezzati della storia dei videogiochi.

De Re Ludica Croce e delizia delle software house in cerca del soldo facile, felicitazione ora, apprensione poi del videogiocatore appassionato: da quando il videogioco è entrato nei salotti di casa il remake è una costante dell'esperienza ludica. Everyeye si interroga stamane sui benfici che può apportare una operazione del genere, sollevando ampiamente i dubbi connessi a un remake venuto male, sviluppato con fretta o povero di extra significativi. Per la salute di un franchise un remake è meno rischioso di un seguito originale, eppure ciò non toglie il grado di affezione a questo personaggio o a questa meccanica che solo un riuscito remake è in grado di conferire. Con una console come Nintendo 3DS nei cui primi mesi di vita usciranno ben tre remake (Dead or Alive Dimensions, The Legend of Zelda Ocarina of Time, Metal Gear Solid Snake Eater 3D) il discorso è più che mai attuale...