Rubrica Gratis significa Gratis - Il free-to-play nel mondo reale

Il gratis oltrei videogiochi: l'esperienza di libri, musica, musei e rasoi

Rubrica Gratis significa Gratis - Il free-to-play nel mondo reale
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I 4 articoli pubblicati prima dell'Estate e dedicati all'economia del Gratis ed al variopinto mondo dei Free-to-play hanno ricevuto commenti entusiasti (vi ringrazio!), racconti di esperienze e momenti di vita vissuti (ne terrò conto per i prossimi articoli) e più di un anatema riguardo alla rovina del F2P. Non era proprio il tema del ciclo di articoli demonizzare World of Tanks e soci (anzi, per certi versi il contrario), ma posso capire la delusione per quei giochi che partendo con le migliori premesse poi sfociano in un'esperienza frustrante; nell'ambiente multiplayer i due terribili opposti sono il Pay-to-win (tu che paghi hai ben diritto a potenziamenti fuori dal comune per avere la meglio su qualsiasi avversario!) e per convesso la customizzazione (paghi per avere un costume differente dal resto del mondo. Grazie per i tuoi soldi, ma resti sempre un giocatore mediocre!). Nell'ambiente offline da singolo giocatore l'esperienza per chi decide di non pagare è costellata da spot da 10 secondi, messaggini agli amici su Facebook per sbloccare la missione ed attese lancinanti per una prossima partita. Il recente Crazy Taxi City Rush ha tutti questi difetti, non ne manca nemmeno uno...
Ci sono free-to-play ben bilanciati e divertenti e questi vanno assolutamente imitati, ce ne sono altri assolutamente deleteri, per colpa non degli sviluppatori, ma da economisti et similia che non hanno idea di come si coinvolga un giocatore fedele per estrarre qualche moneta dal suo portafogli. Con il sorriso!
Perchè il gratis è economicamente sostenibile e gradevole per gli esseri umani ne abbiamo parlato in qualche puntata precedente (le ho raccolte in questo PDF eventualmente); prima però di continuare a trattare del mondo dei videogiochi volevo presentare 4 esempi di sistemi simili al free-to-play, ma applicati ad altri ambiti del mondo che ci circonda. Non per forza legati al digitale ed al tecnologico, come il primo: la storia dei rasoi Gillette...

Rasoi e lamette

King Gillette, un impiegato di una fabbrica di tappi di bottiglia di Boston, era abituato a produrre prodotti che la gente poi avrebbe buttato via. Ecco perchè ci provò anche con rasoi e lame per radersi: fino ad allora gli uomini barbuti o andavano dal barbiere o affilavano una lama piuttosto spessa per loro conto. Ma anzichè uscire di casa o anticipare la rasatura con lunghi preparativi (sopratutto di prima mattina o ogni giorno), non si poteva avere una lama molto sottile, funzionale a tagliare i peli del viso e non un machete utile anche per accoltellare il vicino? Dopo due-tre utilizzi la lama sarebbe stata gettata via ed il rasoio appositamente predisposto ne avrebbe accolta un'altra identica.
Gillette inventò difatti una lama che non taglia: riducendo il metallo impiegato riuscì a contenere di gran lunga i costi delle lamette, il cui attacco tra l'altro le rendeva compatibili solamente con i rasoi di King. L'obiettivo era quindi distribuire il più possibile i rasoi, cosicchè i loro possessori avrebbero dovuto acquistare per forza lamette Gillette... per tutto il resto della loro vita.
Come fare? Sulle lamette si poteva e si doveva guadagnare, facendole pagare un prezzo molto superiore al loro costo di fabbricazione, ma i rasoi dovevano diffondersi il più possibile, dovevano costare poco. Doveva regalarli, dovevano essere gratuiti!
L'intuizione di Gillette fu proprio di concederli a prezzi stracciati alle banche, attraverso un originale programma shave and save (raditi e risparmia), oppure all'esercito durante la Prima Guerra Mondiale contando sul fatto che i soldati potevano indossare una maschera antigas solo se avevano la pelle del viso perfettamente rasata!
E' un trucco di marketing ormai vecchio, ma l'idea di Gillette ha fatto scuola: vendere un prodotto a prezzo basso o nullo per poi guadagnare sul prodotto complementare/compatibile. Si possono installare a costo zero le macchinette del caffè negli uffici, per poi vendere a caro prezzo ogni singola capsula; si possono anche vendere in perdita le console per videogame, sperando di guadagnare con le vendite di milioni di copie dei videogiochi in esclusiva.

E-Book o Book Book?

Su Amazon l'e-book della Divina Commedia pesa 603 KB (mezzo floppy disk) e costa 0,89 euro. Lo stesso testo con copertina rigida pesa 522 g (mezzo chilo!) e costa 24,61 euro. Se avessi un Kindle non avrei dubbi di quale versione leggermi per (ri)affondare i miei ricordi nelle lezioni di letteratura del Liceo; ma 89 centesimi non è l'offerta più vantaggiosa, visto che i diritti sull'opera in versi sono più che scaduti, sempre su Amazon si trovano altre versioni digitali ad un costo pari a zero. 600 kilobyte hanno un costo irrisorio per essere mantenuti sui server di Amazon o per inviarli via Internet agli utenti finali, e visto che nessuno è abbastanza vivo per guadagnarci un euro, tanto vale offrirli gratis.
Ma l'e-book non torna utile solamente per rendere immortali gli scritti di letterati decomposti da centinaia di anni, ma anche per autori contemporanei vivi e vegeti. Diversi autori per promuovere il proprio libro pubblicano online brevi estratti, interi capitoli o addirittura l'intero libro. Sia pure per un breve periodo di tempo o limitato ad esempio all'audio-book, questa possibilità di leggere un libro gratis su Internet ha molti vantaggi: il lettore può apprezzare la scrittura dell'autore non solo sulla base delle precedenti pubblicazione, ma anche sullo stile presente; si viene a conoscere a costo zero la nuova uscita letteraria e si può condividere con gli amici qualcosa di concreto; leggere anche l'intero libro sullo schermo di un computer affatica la vista e quindi è molto più salutare uscire in libreria ed acquistarne una copia.
Neil Gaiman con American Gods ha avuto successo proprio in questo modo: per 4 settimane ha proposto il libro come download digitale sul proprio sito. L'esperimento ha avuto un esito positivo: 85000 sono coloro che hanno sfogliato il suo libro online, leggendone in media 45 pagine (non tutte come si temeva!). L'esperienza di lettura online è risultata scomoda per la metà dei lettori, ma in ogni caso li ha convinti a continuare la lettura sulla versione cartacea.
Al contrario dell'industria discografica, quella editoriale non sembra ancora aver compreso appieno quanto possa fare bene il gratis anche in termini di guadagni, non solo di visibilità. Gaiman è un autore conosciuto, il rischio del suo esperimento era tutto sommato basso, ma anche gli autori che desiderano emergere potrebbero iniziare a pubblicare qualche estratto sul proprio blog: anche le stesse bozze, chiedendo poi ai lettori di far loro da beta-tester alias correttore di bozze!

Perchè non entrate?

Alla fine di Luglio sono stato qualche giorno a Londra in vacanza. La capitale inglese offre moltissime attrazioni, diurne e notturne: tra le imprescindibili ci sono i molti musei d'arte e di storia. Il motivo è semplice: il loro ingresso è gratuito.
Dal 1990 sempre più musei nel Regno Unito hanno trovato altre forme di sostentamento, aprendo le porte a chiunque (inglesi e turisti esteri). I più importanti (British Museum, National Gallery e Tate) erano gratuiti da tempo, ma allargare la rosa di musei gratuiti ha avuti riscontri positivi un po' in tutta la nazione.
Più di 1 inglese su 4 visita almeno un museo all'anno, quarta attività più gettonata del tempo libero dopo cinema, biblioteca e monumenti storici. Il 40% dei turisti di stanza nel Regno Unito hanno visitato almeno un museo ed io mi aggrego a questa statistica.
Il vantaggio del gratis -ormai dovremmo averlo capito- è che attrae un numero impressionante di persone: dei 5 musei più visitati al Mondo, 3 sono inglesi. Per l'economia dell'isola significa alloggi in hotel, mezzi pubblici e pasti consumati sotto la bandiera di Sua Maestà. Tante persone che entrano in un museo significa anche interesse per gli sponsor, che fanno a gara nel donare pezzi storici o ristrutturare quelli che stanno per deteriorarsi. Le istituzioni museale conservano, ispirano e promuovono l'arte e la cultura, determinando in parte il 5,6 % del PIL della Gran Bretagna.
Al di là dei freddi numeri l'esperienza diretta mi ha insegnato che trasformare un museo da collezione di opere d'arte bisognose di restauro (Italia...coff...coff) ad edifici dalla libera entrata permette di mantenere vive le esibizioni all'interno ed avere l'interesse per ammodernarle (giustificando così una seconda visita), di regalare ai visitatori cultura e sapere che possono tradursi in una sosta al negozio di souvenir (altrettanto pacchiani come i nostri, ma ben più forniti), così come in uno spuntino consumato all'interno del museo (al Science Museum c'è un ristorante per piano ed a tema con l'esibizione lì accanto).
L'Italia ha un patrimonio storico ed artistico infinito. Siamo letteralmente sepolti da opere d'arte ed alcune non possiamo nemmeno esibirle o dobbiamo impilarle una sopra l'altra nelle sale dei nostri musei. Al tempo stesso, però, ci crogioliamo di fronte a quanto ci hanno lasciato i nostri avi. Possiamo metterci nell'ottica che non possiamo guadagnare alcunchè dall'esibizione di quei quadri, ma possiamo guadagnare molto di più aprendo le porte dei musei, valorizzando le opere d'arte all'interno, permettendo a molti di ammirarle, ai residenti di tornarci più volte per far visita (o anche solo andare al bagno!), ai commercianti del luogo di avere più persone in transito o accomodate alle loro trattorie.
Nei mesi successivi alla sua apertura il Museo del Novecento a Milano è stato sempre pieno, con code di turisti e milanesi, interessati a quadri e sculture di un secolo fa. Oggi, a pagamento, è solo un edificio imponente a fianco del Duomo, visitato soltanto da svogliate scolaresche...

Dal vinile a Spotify. Non vi costa nulla!

L'età dei compact disc è finita. Non è necessariamente colpa della pirateria, non solo, ma della conclamata allergia degli appassionati verso playlist pre-confezionate. Non a caso uso il termine playlist, perchè ha ormai superato il termine scaletta di brani musicali: è tutta colpa dell'iPod, il quale già nel 2001, offriva una capacità di storage di 5 GB, circa 1000 contando un peso per canzone di 5 MB, pari quindi ad una discografia di 51 cd, ipotizzando 20 brani per ciascuno.
Di fronte alla possibilità di sminuzzare i cd in proprio possesso ed inserire nell'iPod solo i brani che più ci piacciono, diventa superfluo pagare l'intero cd per poi ascoltare solo quei 2-3 brani. Molto meglio andare su iTunes e scaricare solamente quello che veramente ci piace, magari dopo aver ascoltato in streaming un'anteprima.
Il gratis entra nell'industria discografica soltanto nel momento in cui i ricavi delle major crollano a picco ed anche l'affare iTunes non porta i fatturati in attivo. I Radiohead in questo senso sono stati dei pionieri e nel 2007 hanno offerto il proprio album di inediti In Rainbows direttamente sul proprio sito, chiedendo in cambio un'offerta libera, compresa la possibilità di un prezzo zero. Ai vantaggi di una release simultanea in tutto il mondo senza passare dai negozi, i Radiohead hanno fatto conoscere la loro nuova compilation musicale a milioni di appassionati, non per forza di cose loro fan: quest'ultimi hanno ascoltato ma non pagato, mentre i loro fan storici hanno voluto donare qualcosa. La donazione media è stata di 6 dollari, che per 1,2 milioni di download nella prima settimana di presenza online (di solito la migliore per generare traffico) fanno 7 milioni di dollari, più o meno 7 volte tanto quanto guadagnato dai due album precedenti, Amnesiac e Hail to the Thief.
Abbastanza per pareggiare i costi supportati dalla band nei 2 anni di lavorazione? Non proprio, ma il veicolo pubblicitario del gratis, il passaparola tra amici, ha poi spinto le vendite sia su iTunes (30 000 download nella prima settimana) e anche di cd, vinili ed una lussuosa deluxe box da 80 dollari che è stata acquistata da 100 000 persone. Senza parlare poi dei concerti, con il tour del 2008 che ha strappato circa 1,2 milioni di biglietti. Anzi parliamone dei concerti: l'industria discografica sta imparando a svezzare artisti e popstar che non guadagnano solo grazie a cd e download da iTunes, ma che presenziano ai galà, fanno comparsate in serie tv/film, girano spot pubblicitari, disegnano linee di intimo e lanciano profumi, rimbalzano da un punto all'altro per estenuanti tour di concerti. Il gratis è lo strumento promozionale per farli conoscere e per far conoscere la loro musica: più sono conosciuti più il loro cachet pubblicitario aumenta, più sono bravi più la gente è disposta ad andare a sentirli in concerto. Solo in un secondo momento arriva il tempo di acquistare il CD, ma non importa: il fan più sfegatato oggigiorno può anche nascondersi in chi scarica il CD da Torrent, poi passa gli mp3 agli amici e poi tutti insieme vanno al concerto.
Ciò ha vantaggi sia per i big, sia per gli artisti emergenti. Derek Webb ha limitato le pessime performance dell'album Mockingbird regalandolo in cambio di alcune basilari informazioni, un indirizzo e-mail ed un codice postale. A cosa sono serviti? Beh, ad inviare loro delle mail per segnalare la presenza dell'artista nella loro zona ed invitarli al concerto.
Così la musica è riuscita a salvare sé stessa dal tracollo cui era destinata. E badate, nemmeno si è parlato di Spotify!