Rubrica Gratis significa Gratis - La logica del Free-to-play

Perchè pagare quello che è gratis?

Rubrica Gratis significa Gratis - La logica del Free-to-play
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Vi racconto due recenti episodi personali. Una mattina mi reco all'interno di un negozio di abbigliamento, ma ne esco dopo un paio di minuti abbastanza contrariato. Il motivo? La scarsa scelta: cercavo due paia di pantaloni corti per affrontare i torridi mesi estivi, ma il negozio in questione me ne offriva giusto un paio date le scarse dimensioni e la voglia di soddisfare maschi e femmine, adulti e bambini in ogni caso. Il negozio di fronte, una griffe in parte più giovanile, con il triplo della superficie mi offriva uno scaffale riservato ai pantaloni corti. Deo gratias...e striscia la carta di credito.
Qualche giorno dopo girovago su Amazon alla ricerca di un fumetto sul cui acquisto rimuginavo da tempo. Lo trovo e decido di aggiungerlo al carrello; ma subito emerge il demone dei 19 euro. Ne avevamo parlato nella seconda puntata di come Amazon invogli a spendere qualcosa in più solo per avere le spese di sedizione gratuite, appunto superando i 19 euro. Aggiungo un libricino sulle migliori battute dei film di Sergio Leone e un DVD di terz'ordine solo per accollare ad Amazon il costo del corriere e rimpinguare il mio pacco.
Dunque abbiamo un negozio piccolo e con poca scelta, ma con capi firmati e di comprovata qualità. Un negozio di abbigliamento giovanile, dalla maggiore superficie di vendita e un prezzo intermedio. E abbiamo un sito di e-commerce che offre una varietà di scelta praticamente infinita, il quale minimizza il rischio del se-non-vedo-non-credo e la necessità dell'attesa del pacco con stratagemmi informativi e le spedizioni gratis.
Ma sopratutto all'aumentare degli spazi espositivi e di magazzino aumenta la scelta e c'è la possibilità di trovare non più solo ciò che l'Armani di turno decide sia alla moda in quella stagione, ma quel capo di abbigliamento che rispecchia veramente il gusto personale in termini di forma e di colore (non capisco perchè devo indossare per forza pantaloni attillati!). Su Amazon non sono più costretto ad affidarmi alla classifica dei best seller, ma posso esplorare in lungo e in largo un catalogo smisurato, lasciandomi trasportare da consigli e recensioni degli utenti. E su Steam ho a disposizione (quasi) ogni titolo mai pubblicato su PC, senza dover fare a pugni con il commesso del Gamestop che continua a chiedermi se voglio preordinare PES 2015.
Benvenuti in quella che in gergo viene chiamata la Coda Lunga, il regno dei videgiochi/libri/DVD apprezzati da pochi utenti che solo sugli scaffali digitali, illimitati e - ormai lo avrete capito - dal costo di magazzino nullo, possono trovare posto. Benvenuti nel regno di Netflix, di Steam, di GOG, eccetera. Benvenuti nel reame d'elezione del free-to-play.

La logica Freemium

"Perchè se è possibile vivere l'intera esperienza di gioco senza scucire un centesimo, qualcuno paga?"
Questa domanda aveva dato il via a questo ciclo di quattro articoli (ma continuiamo dopo la pausa estiva!) ed oggi riceve una prima provvisoria risposta. A dire il vero sono una serie di possibili risposte.
Ma andiamo con ordine. Come scritto in apertura gli scaffali digitali uniti all'evoluzione di banda larga e spazio d'archiviazione permettono per la prima volta nella storia dell'uomo di offrire un bene (una serie di impulsi elettrici codificati in sequenze binarie) in forma totalmente gratuita; e dato che noi esseri umani ci strappiamo le vesti quando ci viene offerto qualcosa di prezzo 0, siamo ben felici di approfittare. Regaliamo i nostri dati a Facebook e Google in cambio di un servizio mail, di un canale Youtube o della possibilità di ficcare il naso nelle vite dei nostri amici. Scopriamo nuove band che regalano gli mp3 dei loro brani su Myspace e poi li ripaghiamo andando al loro concerto. Sfogliamo l'anteprima di un libro sulle Lontre della Cordigliera prima di essere certi di promuovere la lettura completa a divertissement estivo. Ed ovviamente siamo ben disposti a scendere in guerra per qualche minuto a bordo di un carro armato oppure di decifrare qualche carattere coreano solo perchè quell'MMO ha un costo di download pari a 0.
Nelle altre puntate abbiamo capito che il fenomeno dei videogiochi proposti in forma gratuita non solo ha senso, non solo è economicamente sostenibile, ma è anche una delle strade per sostenere la crescita del settore ed incrementare il bacino d'utenza. Su smartphone il videogioco a pagamento è ormai una rarità, tanto meglio offrirlo gratis a tutti e ricavare qualche soldino o tramite i banner pubblicitari oppure tramite gli acquisti in app. Quest'ultimi sono in crescita nell'ultimo anno, segno che ormai una sempre più larga fetta di utenti si sente a proprio agio nell'accordare un prezzo superiore allo 0 per servizi superiori all'interno di suite come Skype, Evernote, Feedly, ecc...

Chiamare via web i telefoni fissi, avere uno storage cloud illimitato oppure integrare i propri feed RSS con altri programmi utilizzati quotidianamente rappresenta un vantaggio ed una spesa che molti utenti sono interessati a sborsare. Ma qui parliamo di servizi extra, che hanno un impatto sui costi delle singole software house (nuovi server, accordi e partnership, costruire altri data center) e che vengono in parte scaricati sugli utenti paganti. A dire il vero questi utenti paganti (in genere tra il 5 e il 10% del totale) pagano anche per quelli che non pagano ed utilizzano il servizio Basic in forma gratuita; sono i loro soldi che consentono ad un utente di Evernote di avere il suo spazietto limitato dove inserire note scritte o vocali, a chi usa Skype per sentirsi con amici e parenti lontani ma senza intaccare i loro telefoni di casa e per concedere al team di Feedly la semplice lettura dei Feed RSS per tutti.
Dato il costo quasi nullo per veicolare un servizio cloud ad un utente vale la pena rendere gratuito il servizio base, espanderlo ed aggiornarlo per renderlo più appetibile (fare in modo che gli utenti stiano lì e non si rivolgano ad un concorrente migliore), mentre nel frattempo aggiungere servizi periferici ma utili che possano massimizzare l'esperienza di utilizzo ed offrire un plus per il quale vale la pena pagare.
Se già bilanciare tale aspetto all'interno di un servizio di storage sembra difficile, provate ad immaginare all'interno di un videogioco free-to-play dove contano due cose: la competizione e la vittoria!

Perchè pagare ciò che è gratuito?

Kazuki Morishita è il Presidente di GungHo, una compagnia cresciuta in tempi recenti grazie ad un singolo gioco free-to-play: Puzzle & Dragons. Qua in Europa non ha una briciola del successo di cui gode nel Sol Levante, dove è possibile trovarlo su ogni sistema in commercio, dai cellulari ai cabinati arcade. Quando gli si chiede come incentivare i giocatori a pagare per giocare ad un titolo proposto in forma gratuita, Morishita prende carta e penna ed abbozza il seguente disegno.

Il punto di partenza è il medesimo: tutti coloro che sono interessati al videogioco scaricano il client o installano l'app. Quindi iniziano a giocare: le prime partite sono cruciali per conquistare il giocatore e fare anche solo in modo che la versione gratuita resti sulla memoria del PC o dello smartphone. Sopratutto su mobile lo spazio è limitato e chiedere di tenere in memoria una applicazione da 1 GB e passa è una pretesa non di poco conto, specie se il videogioco non è di proprio gradimento. Una statistica diffusa da Google rivela come l'80% delle applicazioni sono scaricate ed avviate una volta soltanto!
Premessa fondamentale dunque: il videogioco deve essere di qualità, fluido nelle meccaniche, comprensibile nelle regole, accattivante nell'aspetto grafico. Se per un gioco retail una pessima qualità generale non intacca i soldi versati per acquistarlo da un Gamestop (i soldi spesi non possono essere restituiti!), per un free-to-play il percorso è inverso: quando iniziate a giocare non avete ancora sborsato un centesimo.
Se il titolo riesce dunque a conquistare milioni di persone facendo ricorso ai più vari mezzi pubblicitari, dagli AdMob (banner pubblicitari in altre applicazioni) agli spot in TV, dal passaparola tra amici alle infestanti notifiche di Facebook (Tizio ti ha invitato a giocare a Vattelapesca), la probabilità che sempre più utenti inizino a giocare e magari anche a pagare. Il milione è una cifra elevata per un gioco pacchettizzato, ma assolutamente piccola per un free-to-play. Ne servono 10, 20, 50 di milioni di giocatori affinchè la regola del 5% pagante possa dare frutti: a questo punto, però, ci ritroviamo con un unico gioco, un unico set di regole, un unico insieme di contenuti e bonus (es. skin o costumi), ma due pubblici diversi.
All'obiettivo di vittoria (semplifichiamo...) ci si può arrivare o non pagando (come fa il 95% degli utenti) o pagando (come fa il 5%). C'è un unico obiettivo, ma due diversi modi/percorsi per raggiungerlo. Uno prevede il grinding indefesso, l'altro un paio di euro per potenziare il tank; uno invita ad aspettare il nuovo pacchetto di vite, l'altro ve ne concede una immediatamente al costo di qualche centesimo; uno vi remunera con una spada pregiata per aver superato indenni decine di quest, l'altro vi mette in mano la medesima spada in cambio di un sacchetto d'oro (in origine una frazione del vostro conto corrente...).

Ecco dei numeri da tenere a mente: l'80% di chi scarica un'app la avvia una volta sola e non paga, il 20% ci gioca continuamente, metà paga e metà non paga
Confusi? Vi sembra troppo facile? Ci sono altre situazioni dove per raggiungere il medesimo obiettivo posso pagare o non pagare. Per raggiungere Roma posso ad esempio andare a piedi (euro 0), posso andarci in bicicletta (costo o noleggio di una due ruote), in auto (costo o noleggio dell'auto, caselli o Telepass, benzina), in treno (Frecciarossa o Italo) oppure in Aereo (Alitalia o...). In parole povere, più si va veloce, più si fa in fretta ad arrivare a Roma, più si paga. Si può andare a piedi e non spendere, comunque...
Un esempio più concreto possono essere due ragazzini che affrontano Latino al Liceo. Uno può essere portato e capire al volo una regola grammaticale, l'altro invece fa più fatica e necessita di qualche ora di ripetizione. Entrambi hanno l'obiettivo minimo e comune di agguantare il 6 in pagella, ma il primo ci riesce senza sborsare un centesimo mentre l'altro necessita di una "spintarella" a suon di qualche decina di euro.
Ma i videogiochi non sono (non dovrebbero...) fondamentali quanto l'arrivare in orario ad una riunione in quel di Roma o strappare una promozione alla Scuola Superiore. Ergo cosa vi spinge a pagare moneta sonante per raggiungere quegli obiettivi che si potrebbero tranquillamente ottenere gratis? Ma sopratutto, cosa vi spinge a privarvi dello scopo per cui state giocando cioè il divertimento, l'evasione, l'esperienza, la competizione ed acquistare banalmente il risultato, invece che guadagnarvelo con i vostri sforzi?
Per rispondere io ho alcune idee:

  • Tempo: il tempo è...denaro. Se siete un top manager oppure una donna che si divide tra casa e lavoro forse troverete valido trascorrere qualche ora in compagnia di questo o quel videogioco, ma potreste trovare frustrante quel livello lungo più di 10 minuti oppure quel puzzle difficile da risolvere. Pagate, i soldi non vi mancano e li spendete come volete: un 5% formato da ricconi può essere plausibile?
  • Dipendenza: per i MMO (World of Tanks ed RPG Online) talvolta il mondo vi assorbe così tanto che non potete più smettere, ne va della vostra reputazione e più prosaicamente della vostra lista di amici virtuali. World of Warcraft ancora ci insegna come sia possibile tenere in ostaggio una carta di credito per dieci e passa anni. Nei free-to-play semplicemente la voglia di competere ad armi pari, di scalare le classifiche, di portare alla ribalta la vostra Gilda possono essere forti motivazioni per spendere soldi reali in oggetti e potenziamenti virtuali
  • Fedeltà: il tempo è limitato, il denaro anche. Meglio quindi appassionarsi ad un singolo videogioco, provarne molti gratuiti e poi decidere di divertirsi solamente con uno. Questo sarà anche l'occasione di sporadiche micro-transazioni, boost che accelerino la vostra progressione nel gioco o costumi che esibiscono la vostra fedeltà a quell'universo digitale.
  • Difficoltà: talvolta la curva di difficoltà di un videogioco cresce così tanto e in maniera talmente ripida da spaventare molti giocatori non propriamente hardcore. Nei titoli retail ci troviamo spesoo a poter saltare una missione ostica (Grand Theft Auto V), osservare le performance di un avatar comandato dalla CPU (New Super Mario Bros U) e così via. Nei free-to-play si paga per rimuovere questi ostacoli, per avere un minuto di invincibilità così da sconfiggere un boss o piazzare un determinato bonus per avere vita più facile all'interno di un puzzle game.
Che dite? Vi convincono come motivazione? Vi ritrovate in qualcuna di esse? Avete altre idee a riguardo?
Aspetto i vostri commenti!