Rubrica Il crollo di Square Enix

I più recenti pasticci della casa di Final Fantasy

Rubrica Il crollo di Square Enix
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Lo stand Square Enix all'ultimo E3 è stato particolarmente apprezzato per la sobrietà della sua organizzazione. Laddove quelli di altre compagnie (Sega e Microsoft in primis) soffocavano il visitatore all'interno di stretti cubicoli e minisalette, la compagnia nipponica recentemente maritatasi con Eidos offriva al centro un maxischermo e ai lati ampie postazioni di gioco. Altra particolarità risiedeva nelle seggioline sopra cui poggiare le natiche stanche e desiderose di un po' di CG made in Square.
Le demo station poggiavano su luminosi tavoli di legno e offrivano sulla destra i titoli occidentali della compagnia come Dead Island e Deus Ex: Human Revolution, mentre simmetrici si trovavano WAKFU (Square Enix distribuisce in Nord America i titoli Ankama) e per la prima volta giocabile Final Fantasy XIII-2.
Dietro all'accogliente facciata scorreva un nugolo di stanzette private all'interno delle quali gli sviluppatori incontravano la stampa per dimostrazioni ravvicinate. E' stato proprio mentre il sottoscritto attendeva di scambiare quattro chiacchiere con lo staff del MMORPG WAKFU, che ha vissuto luogo uno dei momenti videoludici topici del suo E3 2011. Ed è proprio da qui che inizia la nostra riflessione sul presente di Square Enix, compagnia celebrata per i suoi successi ruolistici, ma incapace di offrire nel corso dell'ultima generazione validi motivi per apprezzarla dissipando risorse in progetti decennali e impegnando la forza lavoro su poco graditi spin off.

Altri universi...

Lo schermo HD 32" sembra ancora più grande ad una distanza ravvicinata di neanche mezzo metro. Le cuffie nelle orecchie per isolarsi dal trambusto lì attorno. La demo di Final Fantasy XIII-2 comincia con l'esplorazione di una piccola comunità: si parla con alcune persone, si girovaga per un'ambientazione sviluppatasi a gradoni e quindi si accetta una quest di gioco. Rispetto alla monotona linearità di Final Fantasy XIII sembra proprio che gli sviluppatori abbiano voluto fare ammenda, ipotizzando una interazione più ampia con luoghi e NPC.
Quindi si passa ad affrontare i primi combattimenti. Anzitutto si nota immediatamente la ristrutturazione degli incontri casuali, che si possono affrontare, non affrontare (fuga) e affrontare sperando nell'attacco sorpresa (attacco rapido). Il battle system, però, non si distanzia dal criticato pastiche action/turni del prequel, cosa che non ha entusiasmato chi scrive.
Il combattimento si interrompe proprio quando il fondoschiena della PR statunitense mi invita ad ottemperare all'appuntamento con i tipi di Ankama. Ma un momento prima di poggiare il controller, ho modo di gettare una fugace, ma intensa occhiata alla giapponesina occhiali e caschetto nero impegnata nella postazione a fianco. Stavamo giocando alla medesima sezione di Final Fantasy XIII-2, ma mentre il cervello dell'italico redattore si produceva in una sequela di "mah", "boh", "eh?!?", ella pareva rapita da un mondo così inconsistente e così tristemente uguale a quello già affrontato, e già deplorato, più o meno dodici mesi prima.
Siamo entrambi lì al Convention Center e stiamo provando il medesimo videogioco. Viviamo in due paesi così distanti e certamente i punti in comune tra noi due sono piuttosto scarni, eppure i nostri destini ci hanno condotto a quel momento. Sembra una dichiarazione d'amore, ma in realtà non lo è. E' piuttosto la presa di coscienza di due modi differenti di rapportarsi con il videogioco, con i JRPG, con Square Enix. Per lei è probabilmente la prima occasione di mettere le mani su una delle produzioni più attese dagli appassionati del suo paese, per il sottoscritto il sequel di una serie mai troppo apprezzata il cui confronto con le più affini produzioni occidentali è inappellabile.

Nè Oriente nè Occidente

La prima considerazione: Square Enix è una società la cui fanbase risiede prevalentemente in Giappone, i suoi team di sviluppo lavorano nei dintorni di Tokyo e hanno come principale punto di riferimento il pubblico nipponico. Eppure fino a qualche anno fa la società era ben orgogliosa dei propri appassionati occidentali, coccolati con adattamenti di giochi di ruolo che mai avrebbero varcato i confini nipponici, selezionando il palco dell'E3 per gli annunci più importanti (il publisher di solito teneva una propria conferenza dopo quella Sony).
Ora invece dribbla la convention losangelina dando largo spazio ad Eidos, eccezion fatta per il solo Final Fantasy XIII-2: "Grazie all'unione con Eidos che ha presentato titoli come Tomb Raider, Deus and Hitman siamo riusciti a non rimetterci la faccia, ma il declino dei nostri titoli prodotti in Giappone è umiliante" ha ammesso esterrefatto il SEO Koji Taguchi. Per i nuovi annunci la società si affida alla celebre testata Famitsu, sulle cui pagine di Luglio ha presentato Thetrhythm Final Fantasy e diramato nuove informazioni sull'atteso Final Fantasy Versus XIII. Inoltre ha preferito lasciare a bocca asciutta i giornalisti di tutto il globo circa un hands on su Final Fantasy Type-0, ma di certo non ha badato a spese quando si è trattato di organizzare una sessione di prova aperta al pubblico in quel di Odaiba.
Possibile che anche il colosso Square Enix sia divenuto vittima della mentalità provinciale, quasi autarchica nei confronti del mercato nipponico, di cui sono state vittima non poche software house del Sol Levante? Ciò deriva sicuramente da scarsi ritorni economici di fronte a ingenti investimenti oltreoceano. The Last Remnant rientra senz'altro tra questi: se ricordate si tratta di quel gioco di ruolo a turni sviluppato con l'Unreal Engine 3. Square Enix lo distribuì su Xbox 360, Playstation 3 e financo PC pressochè simultaneamente nei tre mercati principali. Le recensioni non furono entusiaste e il pubblico lo abbandonò al suo destino sugli scaffali: povero in qualità, la casa di Final Fantasy ritenne invece il pubblico occidentale non più interessato ai giochi di ruolo.
Quello che sembrava un genere destinato ad essere sempre più popolare in Europa su Playstation 2, in realtà era ed è rimasto dominio di una nicchia di appassionati. E' in Giappone che si è sentita alquanto la crisi dei JRPG durante gli ultimi anni: le console portatili (PSP e Nintendo DS) sono divenute ben più popolari delle loro controparti casalinghe, motivo che ha spinto gran parte delle software house a indirizzare i propri titoli verso gli handheld. Ma un gioco di ruolo non è adatto al portable gaming: primo perchè lo schermo di ridotte dimensioni non garantisce spettacolarità alle scene in CG e vastità alle ambientazioni, secondo perchè le ridotte capacità di memoria limitano fortemente il fattore longevità, terzo perchè un'esperienza prettamente single player mal si concilia con i ritmi metropolitani e, specie dopo il successo di Monster Hunter, con il trionfo del multiplayer cooperativo.
Ma questa non è una scusa: se da un lato tale crisi è stata sofferta specie dalle nuove IP (vedi The World Ends with you), dall'altro le grandi saghe (Tales of, Dragon Quest e Final Fantasy) non hanno minimamente visto le proprie vendite in calo, inclusi gli spin off che sono andati parimenti esauriti sugli scaffali.

Il vecchio è il bambino

A Square Enix nell'arco di questa generazione sono proprio mancati i pezzi da novanta, le produzioni AAA che hanno fatto il successo della compagnia. Il grande rilancio della serie Mana si è esaurito in due episodi portatili di non eccelso appeal come Children of Mana e Heroes of Mana, mentre Dawn of Mana (Seiken Densetsu 4 in Giappone) non è né approdato in Europa né prodotto epigoni sulle console della generazione successiva.
Altrove Kingdom Hearts 3 è stato più volte confermato, più volte rimandato, più volte annullato dallo stesso Tetsuya Nomura: molto probabilmente il progetto è inizialmente partito su Playstation 3 per poi scindersi nei vari 358/2 Days e Birth by Sleep per console portatili, apprezzati senz'altro dagli appassionati, ma incapaci di regalare un degno seguito ad una serie tra le più riuscite della scorsa generazione.
Dragon Quest si è distinto per un processo di rinnovamento che ha smosso il franchise dal suo conservatorismo, preferendo per la prima volta una console portatile come hardware di riferimento del nuovo capitolo della serie principale. Addirittura Dragon Quest IX fu inizialmente presentato come un action RPG, privo quindi del battle system a turni immutato dal primo capitolo della saga: tale idea fu poi eliminata dalla versione finale, che riuscì comunque ad inserire una fitta serie di opzioni multigiocatore. Bisogna comunque considerare che Enix è una compagnia piccola, che si è sempre affidata ad altre compagnie come Chunsoft e Level-5 per realizzare i suoi prodotti più ambiziosi: proprio per questo aldilà delle serie Dragon Quest e Itadaki Street (a breve su Wii, per la prima volta anche in Occidente con il nome di Fortune Street), non ha mai desiderato un profilo d'alto livello quantitativo come invece è proprio di Squaresoft sin dall'epoca del Super Nintendo.
E quindi veniamo proprio alla serie di Final Fantasy, senza ombra di dubbio sottotono durante l'intera generazione. Mentre i Chronicles non sono riusciti a decollare sulle console Nintendo perchè troppo distanti dal filone principale, il tanto chiacchierato Fabula Nova Crystallis XIII praticamente non è ancora partito su Playstation 3. Un simile ripensamento del franchise doveva assecondare l'arco generazionale di dieci anni previsto da Sony per la propria console ammiraglia, ma è infine divenuto un'infinita promessa sotto forma di Final Fantasy Versus XIII che forse uscirà l'anno prossimo o forse quello dopo ancora; Final Fantasy Agito XIII si è svincolato dal progetto trasformandosi in Final Fantasy Type-0, quest'Autunno in terra nipponica quale ultimo respiro di PSP. Dribbliamo volentieri sul capitolo Final Fantasy XIV, MMORPG dai numerosi problemi, ribadiamo l'inattesa delusione di Final Fantasy XIII e l'immotivata scesa in campo di un sequel diretto, stendiamo un velo pietoso sul remake in HD del settimo capitolo a ennesima dimostrazione dell'attuale incapacità da parte di Square Enix di ascoltare i desideri dei fan.
Inconcludente è quindi l'aggettivo che associamo agli ultimi anni del franchise Final Fantasy, smarritosi in progetti dispendiosi che faticano a trovare la propria forma completa nonostante molti di questi siano in sviluppo da più di un lustro.

De Re Ludica La scarsa line up presentata dai team nipponici di Square Enix allo scorso E3, almeno confrontata ai validi videogiochi di una Eidos fino a un anno fa praticamente agonizzante, può dipendere dal periodo di transizione che sta affrontando la compagnia, indecisa sopratutto sul fronte portatili (il loro primo progetto per Nintendo 3DS è l'hack'n slash Heroes of Ruin sviluppato da N-Space e da Square Enix solo prodotto). Oppure significa un allontanamento rispetto al pubblico occidentale, guardato con particolare benevolenza fino a qualche anno fa e ora praticamente snobbato a fronte di continue attenzioni dedicate a quello giapponese. Negli ultimi anni si sono moltiplicati le piccole produzioni, molte delle quali spin off di una saga famosa, gran parte destinate alle console portatili come i Kingdom Hearts, Dragon Quest IX e i due Monster Joker, Crisis Core Final Fantasy VII, Final Fantasy Tactics Advance 2, Final Fantasy III DS, Final Fantasy IV DS, Final Fantasy XII Revenant Wings, eccetera eccetera eccetera. Fallimentari al botteghino tutte le nuove IP, anche quelle discretamente originali come The world ends with you o Lord of Arcana. La saga di Final Fantasy è quella che ha sofferto maggiormente, focalizzandosi su obiettivi irraggiungibili e dispendiosi. quare Enix pare aver perso lo smalto avanguardista celebrato da Playstation e tenacemente conservato su Playstation 2 dando alla luce l'ottimo Kingdom Hearts: per ritrovare un simile entusiasmo bisogna rivolgersi altrove, all'emergente Level 5. Non a caso Yasumi Matsuno, creatore di Tactics Ogre, da qualche mese lavora per la software house di Layton, Ninokuni e Rogue Galaxy.