Rubrica It's my Party: Road to E3 2014

Usciamo per un drink?

Rubrica It's my Party: Road to E3 2014
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C'era un tempo in cui all'E3 si andava anche per i party.
Io ero giovane, Everyeye era giovane, e se anche non pubblicavamo il resoconto delle conference tre ore dopo la fine dell'evento, in fondo in fondo potevamo pure sbattercene. Quindi, la sera: tutti fuori.
Erano, quelli, anche i tempi dell'ettré mitologico, prima della crisi del 2007 e della successiva esplosione del mercato, che ha ormai trasformato l'evento in una bolgia borbottante piena di publisher che sgomitano, e che con sempre maggiore difficoltà riescono a far emergere i propri prodotti.
Un tempo, all'E3 i ritmi erano quantomeno umani. O forse -chissà?- mi reggeva meglio il fisico, a scrivere fino alle tre di notte imbottito di taurina, guaranà, e delle altre diavolerie chimiche che infilano negli energy drink.
Di quegli anni, oltre alla meraviglia dello showfloor, ricordo soprattutto i buffet e le serate sui rooftop, coccolati da questa o quella software house.

Questo è lo SkyBar. Chill Out.
Una volta, Nintendo aveva organizzato una festa allo SkyBar, un posto incredibile su Sunset Boulevard: lasciandosi alle spalle il Saddle Ranch e la mitica House of Blues, e si arriva di fronte all'hotel Mondrian. Sul tetto, con una vista magnifica sulle colline di West Hollywood, c'è lo SkyBar. Quella sera, oltre ad una cena stratosferica e ai soliti free-drink, c'era pure un gioco in piscina in cui dovevi pescare delle paperelle e, se prendevi quella con il logo Nintendo stampato sulla pancia, ti portavi a casa un DS. E insomma questa rischia di diventare la storia di come tutta la delegazione di Everyeye tranne me si conquistò il suo DS.
A me dettero invece Brain Training, il primo Phoenix Wright (fu amore a prima vista!), e -in barba al conservatorismo- un set di bicchierini da shot con il logo della console portatile.
All'epoca nessuno tirava fuori questioni di etica del giornalismo, poi è arrivato il Doritos Gate e siamo passati ad un regime sorvegliatissimo in cui persino le magliette promozionali vanno dichiarate o -per rigorosa policy aziendale- date in beneficenza. Io non oso immaginare cosa succederebbe se si scoprissero le abitudini di chi lavora nel settore dell'automotive.

E' tutta colpa delle patatine.
Tanti anni fa, mi ricordo, l'E3 si faceva a maggio. E c'era quest'azienda improbabile che organizzava un party hi-tech in occasione del Cinco de Mayo, americanissima festa dell'orgoglio nazionale messicano (!). Per arrivarci si doveva passare attraverso i quartieri a sud di downtown, schivando l'area di Skid Row di appena qualche isolato. Mi ricordo che non ci fermavamo ai semafori rossi perchè avevamo seriamente paura che potesse succederci qualcosa. Del resto, Los Angeles è uno di quei posti in cui sali sul bus e trovi uno che giura -gridando- di avere degli Uzi sotto la giacca, o dove qualcuno ti fa vedere una pistola appena estratta dal cruscotto solo perché stai facendo inversione e rallenti il traffico. Roba così.
Per farvi capire, l'anno del mio primo E3 hanno sgombrato il secondo piano dell'hotel perché i poliziotti dovevano appostarsi e tenere sotto tiro “uno che urlava” vicino ad una stazione di rifornimento. C'erano gli elicotteri e la psicologa criminale.
Comunque, a questa festa c'era solo un sacco di paccottiglia digitale: nuove pedane per giocare a stepmania, visori a realtà virtuale, tech demo tremende. Però c'era anche un buffet da paura, tutto in stile messicano, con una Fajita di gamberoni clamorosa. Per qualche anno è stato un appuntamento fisso.

Questa è la colonna sonora dell'articolo.
Poi, all'improvviso, qualcosa è cambiato. I publisher hanno iniziato a tenere a bada i costi, le responsabilità sono arrivate di colpo, e la taurina di Red Bull e Mountain Dew ha smesso di fare effetto. Ormai quando arrivano gli inviti ai party ci tocca declinare mestamente.
L'ultima festa a cui sono andato durante l'E3 è stata quella per la presentazione di APB, il flop clamoroso di EA: era in una bettola stratosferica in cui erano state invitate le Suicide Girl, tatuatissime ninfette losangeline che se ne stavano nel privè ad abbracciarsi e sbaciucchiarsi tra loro. Le guardavano tutti, e a me sembrava solo di essere tornato ai tempi del liceo.
I party, insomma, non sono più quelli di una volta. Tranne quelli di Wargaming. Se vi chiedete dove finiscono tutti i soldi delle microtransazioni di World of Tanks, a parte negli studi di sviluppo che spuntano come funghi, io una mezza idea ve la posso dare. Dai party di Wargaming non si esce vivi. Io nella mia vita sono stato male poche volte come la mattina dopo dei party Wargaming: ridefiniscono alla base il concetto di hangover. Ho anche delle storie su Andrea, ma ve le racconto solo via PM.
Comunque io ormai vado solo alle feste che organizzano in occasione della GDC di San Francisco, perché a Los Angeles sono troppo impegnato. Bisogna scrivere in continuazione, cercare di dormire quel tanto che basta per mantenere le occhiaie sotto il livello di guarda, ed essere abbastanza riposati per schizzare almeno trenta volte al giorno fra il padiglione nord e la south hall, facendo visite regolari in sala stampa.
Fortunatamente ogni tanto capita una scusa buona per svagarsi un po': qualche anno fa -per dire- Activision aveva affittato tutto lo Staples Center -lo stadio dei Lakers- barattando la sua presenza sullo showfloor con un mega-evento in cui c'erano, fra gli altri, Eminem, Rihanna, Deadmouse, i NERD, un'orchestra intera e uno spettacolo di lapdance acrobatica. Non preoccupatevi: c'erano anche i trailer dei giochi.
Quell'anno, Lorenzo è impazzito: lui è quello che negli articoli si firma ancora “Kobe” (sottintendendo “Bryant”, non “Beef”), e per il solo fatto di essere lì dentro saltellava come un bambino.
A questo giro, comunque, niente “scuse buone”: la sera faremo le dirette dal vivo, ci sarà il coprifuoco. Adesso lo capite, quanto vi vogliamo bene?