La storia di Naughty Dog: dagli anni '80 a The Last of Us, Studio Tour EP1

Nasce una nuova rubrica sulle pagine di Everyeye.it, Studio Tour, che vi porterà alla scoperta dei principali sviluppatori internazionali...

Studio Tour Episodio 1: Naughty Dog
Speciale: Multi
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  • PS4
  • PS4 Pro
  • Cosa hanno in comune un marsupiale schizofrenico, un esploratore di tombe ed un sopravvissuto all'apocalisse? Ovviamente lo studio che li ha creati, Naughty Dog. Benvenuti in Studio Tour, la rubrica in cui raccontiamo la storia di sviluppatori e creativi che hanno dato vita ai capolavori dell'industria. Oggi Naughty Dog è considerato uno dei team più importanti della scuderia Sony, forse la vera e propria punta di diamante tra gli studi interni dedicati a PlayStation.

    In attesa di The Last of Us Part 2, oggi ripercorreremo tutta la storia del cane impertinente, dagli esordi fino al successo mondiale, ma per iniziare dobbiamo tornare indietro nel tempo, fino ai primi anni ‘80. È qui, in una classe della Virginia dove i giovani studiano in preparazione del Bar Mitzvah, che Jason Rubin ed Andy Gravin si conoscono. I due teenager scoprono di avere in comune una forte passione per i videogiochi, e non solo: Jason ama programmare con il suo Apple II, mentre Andy mostra delle forti doti artistiche. Decisero quindi di unire le forze, formando la "JAM Software", in un'epoca in cui l'industria emergeva dal baratro del 1983 grazie a Nintendo.

    Le origini

    Proprio dalla casa di Kyoto arrivò l'ispirazione, se così si può definire, per il loro primissimo progetto: una copia perfetta e funzionante per Apple di Punch Out, il titolo sulla boxe pubblicato sulla console nipponica. I due ragazzi registrarono tutte le movenze del gioco, ricreandolo a menadito sul proprio PC, spendendo un intero anno per dar vita alla loro versione, con l'intento di venderla.

    Prima di incappare in qualche guaio legale, però, arrivò un innocente errore di gioventù: durante un backup dell'unica copia del titolo Jason Rubin riscrisse erroneamente il disco, distruggendo di fatto dodici mesi di lavoro. Subito dopo, nel 1985, nacque il primo gioco originale del duo: Math Jam, un titolo educativo per imparare la matematica su Apple II, venduto inizialmente ad un quarto di dollaro. La neonata JAM Software iniziò piazzare pacchetti contenenti un floppy disk ed un libretto delle istruzioni, fotocopiato e confezionato all'interno di un sacchetto di plastica. I primi clienti furono i compagni di banco, poi di classe, infine di scuola. E quando l'istituto fu battuto in ogni direzione, Andy e Jason si informarono sul come venderlo ad altre strutture.

    Accantonato l'onere dei giochi educativi, i due ragazzi iniziarono a sviluppare il primo titolo con cui divertirsi: fu così che l'anno dopo crearono Ski Crazed, in cui si doveva discendere lungo una montagna innevata. Per svilupparlo usarono un tool del computer da loro stessi modificato, per colorare ed animare gli sprite bidimensionali. Lavorando con un programma non ufficiale, non erano in grado di salvare normalmente i dati delle immagini.

    Per poterlo fare erano costretti a spegnere brutalmente il pc dopo ogni sessione, recuperando il materiale inedito dalla cache d'emergenza. Tutti questi sacrifici vennero ripagati quando Sky Crazed venne presentato ed accettato da un piccolo publisher del Michigan: Baudville. Il gioco vendette 1500 copie, e la coppia di ragazzi iniziò a sviluppare un altro titolo per lo stesso publisher. Nel 1987 arrivò Dream Zone, un'avventura testuale che, per la prima volta, fece approdare il duo anche su console Amiga e Commodore.

    Con una trama che faceva vestire i panni di un ragazzo prigioniero dei propri sogni, Dream Zone fu un successo commerciale per JAM Software, arrivando a vendere oltre 10.000 copie. Andy e Jason però rimasero insoddisfatti dalla distribuzione di Baudville e, con appena tre giochi all'attivo, contattarono Electronic Arts per un accordo.

    EA rimase incuriosita da Dream Zone, e presentò ai ragazzi di JAM un accordo da 15.000 dollari per un nuovo progetto. In aggiunta, avrebbero guadagnato il 10% dei ricavi sulle copie vendute. Nel frattempo il team aveva cambiato nome, scegliendo nel 1989 l'iconico Naughty Dog, e pubblicando nello stesso anno Keef the Thief per Apple II, Amiga ed MS-DOS. Questo RPG dalle tinte umoristiche arrivò a vendere un ammontare di 50mila copie, e mise per la prima volta il duo davanti ad un publisher che influenzava anche le decisioni artistiche durante lo sviluppo.

    Nonostante tutto, EA sostenne i due ragazzi, che spesero quasi il triplo del budget nella produzione di Keef the Thief, accettando l'idea di un nuovo RPG ancora più ambizioso: il nome in codice del progetto era Buccaneer ed il budget richiesto era fissato a 90mila dollari, cifra che aumentò a 150mila durante la lavorazione. Tutte condizioni accettate dall'azienda. Tuttavia ci fu un'ulteriore difficoltà durante lo sviluppo: Rubin e Gavin nel frattempo erano cresciuti, e si erano iscritti a diversi college in stati differenti. In una spola telematica, con i poveri mezzi dell'epoca, i due lavorarono dalle rispettive università in Michigan e Pennsylvania.

    Da Rings of Power a Way of the Warrior

    Terminati gli studi i due si riunirono in Virginia, ma nel frattempo lo sviluppo aveva subito dei ritardi, portando a tre i due anni di lavoro inizialmente prefissati. Al netto di tutte le difficoltà, Rings of Power vide la luce nel 1991 su Sega Mega Drive, segnando il definitivo passaggio di Naugthy Dog al mondo delle console. C'è da dire che un RPG isometrico non fu la migliore delle scelte per un titolo console, ma con 100mila copie vendute, il successo di Andy e Jason cresceva mese dopo mese.

    EA vendette ogni singolo esemplare di Rings of Power, ma decise di non stamparne ulteriori copie, dato che la cartuccia conteneva una batteria per salvare i progressi di gioco, aumentando i costi produttivi. Fu in questo momento che Jason Rubin ed Andy Gravin capirono che Electronic Arts era un'azienda poco incline, in quel frangente storico, ad assecondare la sperimentazione e la creatività.

    Decisero quindi di prendersi una pausa dall'industria, con l'idea di concedere un po' di tempo a studio e relax. Ovviamente non andò così: Jason aprì una compagnia di effetti speciali e grafica 3D, ottenendo anche un'offerta dal mondo del cinema per il film "Wolf" con Jack Nicholson. Tuttavia, l'industria in cui si erano contraddistinti tornò a reclamarli, e durante il 1993 arrivò un accordo per sviluppare un titolo per una console lanciata proprio quell'anno. Stiamo parlando del 3DO, piattaforma commercializzata da Trip Hawkins, fondatore di Electronic Arts che, per spingere le vendite della macchina, pensò di contattare proprio i ragazzi di Naughty Dog. L'idea di abbandonare il supporto delle cartucce per passare alle potenzialità del CD-ROM convinse il duo ad accettare l'offerta.

    Fu così che nacque, nel '94, Way of the Warrior, progetto che seguiva il genere più in voga del momento: i picchiaduro. Il titolo fu sviluppato nell'appartamento di Jason, che nel frattempo si era trasferito nei dormitori di studenti del MIT e di Harvard, e i due ragazzi allestirono persino un casalingo set per registrare le animazioni dei lottatori. Nonostante l'ambizione le difficoltà produttive del progetto furono ampiamente sottovalutate: per la prima volta i due capirono che non ce l'avrebbero fatta con le loro sole forze, ed iniziarono ad assumere altri studenti per velocizzare lo sviluppo. Il roster fu creato sui modelli di amici e parenti, dato che, per non avere vincoli creativi, fu deciso di autoprodurre il gioco con i guadagni raccolti da Rings of Power.

    Con questa scelta Naughty Dog si trovò presto in un periodo di difficoltà economica, ma Way of the Warrior sarebbe stata la carta per risollevarsi. Sprovvisti di un publisher, i due ragazzi decisero di presentarsi per un nuovo accordo, e sul tavolo arrivarono tre offerte: la prima giungeva dal fondatore stesso di 3DO, che chiedeva loro di mantenere il gioco come esclusiva per la piattaforma, la seconda da Crystal Dynamics, interessata all'engine sviluppato dai ragazzi per creare un altro titolo, Samurai Showdown. Infine gli Universal Studios, che fecero un'offerta per lo sviluppo di tre giochi nel futuro. Se Andy e Jason avessero accettato la proposta di Trip Hawkins, Naughty Dog oggi non esisterebbe, dato che il 3DO si rilevò in seguito un grosso flop commerciale, che portò alla chiusura della compagnia tre anni dopo.

    Way of the Warrior fu un gioco qualitativamente scadente, ma Universal non ritirò la sua offerta, che Gavin e Rubin accettarono. Il duo si trasferì in California, per lavorare a quella che sarebbe diventata la mascotte di PlayStation: Crash Bandicoot. Era ancora il 1994, ed Universal lasciò carta bianca agli sviluppatori, che impararono una precisa lezione dai tempi su 3DO: avevano bisogno di aiuto per realizzare grandi giochi. Fu così che Naughty Dog assunse i suoi primi due dipendenti nel gennaio del 1995, Dave Baggett e Taylor Kurosaki.

    La nascita del marsupiale

    Il team capì subito che l'industria stava scoprendo le potenzialità del 3D, e allo stesso modo di Way of the Warrior cercò di anticipare le richieste del mercato. L'idea di creare una mascotte riconoscibile come Mario o Sonic fece muovere il gruppo verso il genere dei platform. L'ispirazione per gestire la telecamera venne dal Donkey Kong della concorrenza, mentre il concept del personaggio principale arrivò dai Looney Tunes. Per la prima volta Naughty Dog stava producendo con calma, fondi ed una vena artistica ispirata. Restava un dettaglio da definire: il nome del protagonista. Durante lo sviluppo, la futura mascotte Sony venne soprannominata Willy the Wombat, cambiato poi in Crash e, successivamente, per facilitare la pronuncia, Crash Bandicoot.

    Nel frattempo il mercato stava vedendo l'esordio del celebre idraulico Nintendo nel mondo tridimensionale con Super Mario 64, mentre il Sega Saturn registrava l'arrivo di Nigths Into Dreams, entrambi platform 3D. Furono queste uscite a spingere Naughty Dog verso un accordo con Sony e PlayStation. Scendendo nel dettaglio, il team di sviluppo aveva il supporto finanziario di Universal, ma non aveva mai ottenuto gli strumenti veri e propri per costruire il gioco.

    Per creare Crash, ancora una volta, il gruppo armeggiò con macchine già esistenti, hackerando e modificando ciò che era necessario. Sony non era propriamente alla ricerca di una mascotte, concentrata piuttosto sulla potenza del brand, ma inevitabilmente la trovò nel progetto di Gavin e Rubin. Il 9 settembre del 1996 Crash Bandicoot venne pubblicato su PlayStation.

    Gli sviluppatori ricordano con divertimento le review che recitavano tra i difetti "Non è Mario", eppure, complice il successo della console di Sony, le copie vendute superarono quelle dell'idraulico, mettendo il nome Naughty Dog sotto i riflettori mondiali. Crash fu infatti il primo gioco "americano" ad avere un forte riscontro anche in Giappone, portando Sony e Universal a spingere per un sequel immediato, con un aumento di fondi e impiegati. Fin dallo sviluppo del primo capitolo un uomo in particolare si dimostrò attento verso i bisogni di Naughty Dog: Mark Cerny, ai tempi vicepresidente di Universal, che aiutò gli sviluppatori così tanto da abbandonare in seguito la sua carica per seguirli.

    Nel novembre del 1997 arrivò il sequel di Crash Bandicoot, che registrò un altro successo, portando all'ennesima crescita del team, che iniziava a raccogliere personaggi con un passato nell'industria. Ne è un esempio Erick Pangilinan, che in passato aveva lavorato con SEGA, e che in seguito venne licenziato per scelte aziendali insieme ad altri dipendenti. Quando si trovò davanti alla sede di lavoro di Naughty Dog, considerato ancora un team indipendente in crescita, Erick rimase impressionato dal mix di gentilezza e dedizione del gruppo. Affermò in seguito che era "come trovarsi in una famiglia, ma tutti si impegnavano così tanto da far capire che non si scherzava. Per SEGA sono stato un numero, niente di più, ma in Naughty Dog le cose erano diverse".

    Fu così che Crash vide un terzo episodio della serie platform ed un quarto titolo dedicato alle corse su kart (presto in arrivo in versione rimasterizzata con il titolo Crash Team Racing Nitro Fueled), raccogliendo grandi elogi da pubblico e critica. Ma quando il personaggio era all'apice della sua gloria, le cose iniziarono ad andar male con Universal, che a causa di successive trasformazioni burocratiche porto con sé la licenza del personaggio, rendendolo in seguito multipiattaforma. La situazione si ripercosse anche su Naughty Dog, che si ritrovava in un limbo di accordi tra Universal e Sony, bisognosa di definire la propria identità. Avevano creato Crash Bandicoot ma non lo possedevano, ed il nuovo millennio preparava nuove sfide.

    Nuove mascotte su PlayStation 2

    Già nel 1998 iniziarono a costruire un primo concept, chiamato inizialmente Progetto X, ma lo studio stava per attraversare una fase cruciale: il passaggio a PlayStation 2. Per sviluppare quello che sarebbe diventato il primo Jak & Daxter erano necessari 14 milioni di dollari. Rubin e Gavin avrebbero voluto autofinanziare il progetto come fatto in passato, per mantenere intatta la libertà creativa, ma insieme sarebbero riusciti a coprire a malapena un terzo delle spese. Naughty Dog divenne in seguito uno studio interno di Sony, chiarendo burocraticamente la proprietà delle nuove IP, condizioni che vennero accettate senza indugi dall'azienda giapponese .

    A differenza dell'avventura con EA, il team non si indebolì con l'accordo, ma divenne più organizzato e strutturato. Inoltre, personalità come Yoshida e Hirai supportavano serenamente il lavoro del team. Fu proprio in quel periodo che si definì il rapporto con Naughty Dog che esiste ancora oggi. Gavin e Rubin vendettero la compagnia a Sony nel 2001, e la guida del team passò progressivamente in mano ad Evan Wells e Cristophe Balestra.

    Nel frattempo gli sforzi lavorativi si spostarono su Jak & Daxter, un titolo pensato per essere un Crash più grande, migliore e con un mondo aperto ed accessibile da esplorare. Era anche un passaggio di testimone tra i vecchi talenti di Naughty Dog e le nuove leve chiamate per ampliare lo studio. Uno di questi fu Josh Scherr, arrivato dal mondo dell'animazione in computer grafica, ed entrato nel team dal febbraio del 2001.

    Durante lo sviluppo, diverse idee scartate nella precedente serie trovarono terreno fertile nella nuova IP: scene d'animazione vere e proprie, influenze multiculturali per abbracciare il più vasto bacino d'utenza mondiale e la voglia di costruire una narrativa profonda a sostegno dell'avventura. Tuttavia, fu proprio Scherr a notare come i personaggi parlassero guardando la telecamera virtuale, con ritmi di recitazione lenti e convenzionali per l'industria. Sfruttando il suo background, decise semplicemente di seguire un modello recitativo differente, andando anche contro alcuni suoi colleghi.

    Questo perché Naughty Dog era solita organizzare dei meeting in cui ognuno era libero di parlare apertamente, e come viene raccontato in certe testimonianze, anche un sound designer aveva la possibilità di criticare l'intero progetto davanti i suoi superiori. Scheer dovette quindi vincere diverse resistenze, e i tempi di sviluppo si allungarono oltre la data stabilita, ma fu proprio in questo momento che si delineò un aspetto fondamentale di Naughty Dog: avrebbero pubblicato solo giochi di cui sarebbero stati orgogliosi, poco importava qualche settimana di ritardo.

    Jak & Daxter: The Precursor Legacy uscì il 3 dicembre del 2001, raccogliendo un successo straordinario a livello globale. A differenza di Crash fu un brand in evoluzione. Dopo l'uscita gli sviluppatori iniziarono infatti a sentire le influenze delle altre esclusive Sony, come God of War e Killzone e, andando oltre, persino quelle di GTA III. Era percepibile che il mercato si stesse muovendo alla ricerca di maggiore realismo, col desiderio di portare sulle console mondi più credibili, immersivi e anche violenti. Jak & Daxter, ovviamente, non aveva nessuna di queste caratteristiche.

    Jak II Renegade venne quindi sviluppato con nuovi propositi, per avvicinarsi ai gusti del pubblico: la deriva open world e l'introduzione delle sparatorie ne sono un chiaro esempio. Guardando la serie, si nota la tendenza a diventare sempre più dark con il passare degli episodi, abbracciando la direzione in cui si stava muovendo l'industria, penalizzando, però, le vendite sul territorio giapponese.

    Naughty Dog, insomma, si stava evolvendo, ma continuava a mantenere la sua identità, quasi come uno studio indipendente che cresceva negli anni diventando sempre più grande. Dopo Jak X, sviluppato rapidamente al pari di Jak 3, la compagnia si preparò al nuovo cambio generazionale. Fu anche il periodo in cui Gavin e Rubin lasciarono definitivamente il team, dopo alcuni anni di consulenze e supporto ai programmatori.

    Un'avventura inesplorata

    Il futuro era sicuramente incerto, e fu un altro momento cruciale dello studio. Di comune accordo con Sony si decise inizialmente di dividere lo studio in due parti per approcciare PS3 e PSP. Tuttavia il team incappò in un enorme problema, ovvero il fatto che non fosse possibile adattare l'engine utilizzato fino a quel momento alle nuove piattaforme. Era necessario quindi ripartire da zero, in un momento in cui Naughty Dog ricopriva un ruolo centrale nelle strategie del colosso nipponico. Venne stabilito un programma per costruire un nuovo motore, da condividere anche con gli altri studi satellite di Sony, ma per farlo venne abbandonato il progetto su PSP, che avrebbe dovuto avere come protagonista Jak. Paradossalmente, fu proprio su quel progetto che un programmatore di nome Neil Druckmann aveva speso ore di fatica, cercando di dimostrare ai suoi superiori le proprie qualità da creativo.

    Era la prima volta che un titolo molto promettente veniva accantonato, ma il passaggio su PS3, l'annosa questione dell'engine ed il debutto di Uncharted misero Naughty Dog alle strette come mai prima d'ora.

    Molti dipendenti che erano stati assunti pensavano di lavorare a progetti come Crash o Jak, ma lo studio si stava muovendo verso una nuova direzione, non condivisa da tutti. La questione dell'engine influenzava chiaramente il benessere dello studio, costretto a riprogrammare ogni tool da zero, dopo gli ottimi risultati con le passate generazioni. Fu un periodo in cui ogni tanto balenava l'idea di pagare un motore costruito da qualcun altro, ma la filosofia dello studio era di farcela con le proprie forze. Involontariamente, la nuova PS3 aveva causato ben più di un grattacapo.

    Per l'esordio di Nathan Drake venne assunta poco tempo prima Amy Hennig, la scrittrice che aveva lavorato, tra le altre cose, su Legacy of Kain Soul Reaver. Amy spiegò poi che in quel periodo l'industria si stava muovendo verso un fronte comune fatto di giochi dal gusto post-apocalittico, e spesso prima persona. Il team non voleva gettarsi nella mischia del confronto: serviva invece qualcosa che continuasse la tradizione dello studio, pieno di humor, atmosfere positive, ma con la giusta dose di realismo per rendere giustizia al nuovo hardware. Da questa filosofia nacque la scelta di utilizzare personaggi umani, non stilizzati o cartoon, e l'ispirazione venne anche da Tomb Raider, considerando che Amy Hennig aveva ricoperto un ruolo in Cristal Dynamics prima di passare a Naughty Dog.

    Furono scartate molte idee: un mondo totalmente subacqueo, un Nathan Drake nei panni di un archeologo del futuro, impegnato a recuperare i cimeli della nostra epoca, ed alcuni progetti legati alla fantascienza. Alla fine venne mantenuta l'idea di una grande avventura dai toni positivi, ispirata da Lara Croft, Indiana Jones e tante altre influenze che presero corpo nell'esordio di Drake. La sfida era quella di coniugare l'anima cinematografica del progetto con un gameplay che lasciasse il giocatore libero di agire.

    Nel 2007 Uncharted vide finalmente la luce, ma il team si sentiva insicuro: aveva paura di tradire la propria fanbase, abituata ad un altro tipo d'esperienza. Nonostante alcune resistenze della stampa, ed una campagna marketing poco accesa da parte di Sony, Uncharted funzionò, segnando un buon successo per Naughty Dog che, nel frattempo, iniziò a pensare ad un sequel. Le ragioni dietro la serializzazione di Nathan Drake sono diverse: la voglia di riprendere tante idee scartate nel primo capitolo e la consapevolezza di aver appena scalfito la potenza di PlayStation 3.

    Con Uncharted 2 il sistema lavorativo dello studio cambiò, si fece più analitico, tecnicamente più complesso, definendo una sicurezza crescente nei mezzi del team. L'attenzione per i dettagli si fece più profonda e critica, e se l'esordio di Drake nasceva principalmente, per stessa ammissione dei creatori, da una serie di cliché amati da tutti, è col secondo capitolo che la storia venne approfondita ulteriormente. I frutti non tardarono ad arrivare e, nel 2009, Uncharted 2 Il Covo dei Ladri venne considerato uno dei migliori titoli dell'anno.

    Il successo raccolto aumentò la pressione mediatica sul team, al lavoro sulla nuova avventura di Drake. Tuttavia Naughty Dog si sentiva pronta ad un'ulteriore sfida, e tentò nuovamente una divisione interna, per lavorare su due progetti paralleli. Così, sul terzo capito di Uncharted si impegnò solo una parte del team, mentre l'altra iniziò i lavori su The Last of Us.

    Uncharted 3 fu un capitolo che segnò meno innovazioni rispetto al passaggio tra primo e secondo episodio, spaccando critica e pubblicò. Il peso della gloria raccolta da Among Tieves era ancora vivo negli occhi dei fan, che non apprezzarono alcune scelte fatte da Amy Hennig. In particolare, prendevano corpo le proteste in merito alle dissonanze narrative, con un eroe positivo come Drake capace di sterminare schiere di nemici col sorriso stampato sul volto. Nonostante tutto Uncharted 3 fu comunque un successo commerciale, ma nulla in confronto al progetto curato dall'altro versante del team.

    Gli ultimi saranno i primi

    Dopo aver lavorato al design dei primi due Uncharted, l'ex programmatore Neil Druckmann fu scelto per ricoprire il ruolo di creative director del nuovo progetto, che prometteva di sfruttare ogni goccia d'esperienza dello studio. The Last of Us segnò un nuovo traguardo per Naughty Dog, ed influenzò l'industria stessa, settando un nuovo livello di profondità narrativa. Il motion capture utilizzato esaltò le doti degli attori che impersonarono Joel ed Ellie, con una trama matura incentrata proprio sul loro rapporto.

    Per l'occasione venne sviluppato un nuovo engine, frutto dell'ormai lunga esperienza maturata con PS3, rendendo il titolo un vero canto del cigno della generazione sotto ogni aspetto, anche quello tecnico.

    Nel frattempo, preparandosi al passaggio verso la nuova generazione, la parte rimanente del team iniziò i lavori sul nuovo Uncharted per PlayStation 4. Amy Hennig volle affrontare tutte le critiche ricevute, ideò quindi un gioco molto stealth, diverso dai capitoli precedenti, in cui Nathan non avrebbe sparato un singolo colpo per almeno metà dell'avventura. Sarebbe stato il congedo di Drake ed Uncharted, ma Druckmann e gli altri sviluppatori, tornati dai lavori su The Last of Us, si opposero a molte delle scelte fatte dalla scrittrice.

    Naughty Dog affrontò quindi un'altra piccola crisi, ma questa volta a pagarne le spese fu Amy Hennig, che abbandonò lo studio definitivamente. Alcune delle sue idee vennero mantenute, ma non sapremo mai quale gioco sarebbe diventato Uncharted 4 Fine di un Ladro se avesse conservato la sua filosofia principale.

    Naughty Dog rappresenta il fiore all'occhiello degli studi interni di Sony, e con il seguito di The Last of Us in arrivo, siamo certi che la sua storia sarà destinata ad essere ricordata ancora a lungo.

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