Rubrica Neon Bible - Vol 7

La caduta di Blockbuster. La colpa è del Gaming?

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Il mondo dei videogiochi non accenna a rallentare, malgrado la mancanza di annunci eclatanti che, forse, arriveranno insieme all’E3 di Los Angeles.
L’indotto, però, sta subendo scosse ed assestamenti, spesso legati alla transizione progressiva che vede l’abbandono, o comunque la riduzione, della distribuzione fisica in favore di quella digitale, da tutti definita il futuro ma della quale nessuno è in grado di prevedere l’evoluzione.
All’interno del panorama italiano, però, un evento particolare va segnalato, benché solo marginalmente legato di videogiochi: la chiusura dei negozi Blockbuster sta avvenendo proprio in questo periodo, dopo una lunga agonia.

Nome Storico

Il marchio Blockbuster può essere definito storico e per lunghi anni ha rappresentato un modo di fare business differente rispetto alle tipiche videoteche che molti hanno frequentato a lungo, prima dell’avvento della banda larga e della conseguente diffusione della pirateria, sotto forma dei file DivX e dello streaming.
Blockbuster ha imposto un’impronta corporate, mutuata dalla casa madre statunitense, che puntava alla fidelizzazione estrema del cliente, con politiche di prezzo e restituzione dei supporti che hanno in gran parte modificato l’approccio della clientela al noleggio dei film.
Blockbuster ha poi esteso la sua presenza sul mercato aprendo i punti vendita Gamerush, a volte stand alone, altre appendici dei negozi principali di più ampia metratura, abbracciando la vendita di videogiochi,

"Quanti di questi trentenni, ormai quarantenni, negli ultimi anni hanno diminuito il numero di film visti, in favore di svariati impegni online, tra Call of Duty, Fifa e Forza Motorsport, o dei ritrovi con gli amici a base di Wii Sports o Mario Party?"

console e periferiche, next big thing dell’entertainment, muovendosi però un po’ in ritardo rispetto a Gamestop, rivale altrettanto statunitense che continua ad aumentare la propria presenza sul territorio.
L’agonia di Blockbuster è durata alcuni anni, con continue voci che parlavano dell’acquisto del marchio da parte di altri colossi del settore, con i negozi che hanno sempre continuato a tener duro, almeno fino ad un mese fa.
Il declino del brand ha imposto la chiusura dei punti vendita, partendo da quelli minori, con svendite organizzate in tutto il paese per alleggerire i magazzini, fino al momento in cui far scendere una volta per tutte la serranda davanti alle vetrine, oscurando o addirittura rimuovendo l’insegna, mettendo quindi la parola fine ad una storia più che decennale.
Molti ricorderanno l’apertura di un negozio Blockbuster, soprattutto gli abitanti delle cittadine di provincia, come una rivoluzione, che ha portato un’offerta più ampia e una serie di servizi che prima erano semplicemente impensabili, con feste di inaugurazione che hanno destato ben più una curiosità.

Fine di un'epoca

La chiusura di Blockbuster Italia fa riflettere perché rappresenta il declino di un grande nome, da sempre legato al mondo del cinema e che lentamente ha perso terreno.
Cos'ha a che fare tutto questo con la diffusione dei videogiochi?
Due sono i legami, a loro volta interconessi tra loro: il primo è il marchio Gamerush, tentativo di espandere il business verso il divertimento interattivo, in aperta competizione con Gamestop, Mediaworld e altre catene che, probabilmente, si sono mosse prima e più rapidamente. Il secondo riguarda i dipendenti, che in numerosi casi hanno abbandonato il posto di lavoro presso un punto vendita di Blockbuster per passare alla concorrenza, lavorando ora presso uno store Gamestop.
La clientela è invece una storia a parte: anni fa l'adulto tra i trenta e i quarant'anni era il tipico avventore di Blockbuster; affittavano molti film, con un flusso costante di nuove pellicole utili a riempire serate solitarie, con amici, mogli o fidanzate.
Con il passare degli anni, però, il videogioco si è imposto, affermandosi come media di intrattenimento alternativo, in diretta competizione proprio con quei film che radunavano sul divano di casa un gruppo di persone, in modo passivo, rese invece parte integrante del divertimento anche grazie all’introduzione dei controller di movimento e dell’esplosione dei giochi casual, vera molla che ha fatto sdoganare i videogiochi presso le masse.
Quanti di questi trentenni, ormai quarantenni, negli ultimi anni hanno diminuito il numero di film visti, in favore di svariati impegni online, tra Call of Duty, Fifa e Forza Motorsport, o dei ritrovi con gli amici a base di Wii Sports o Mario Party?
Anche la nascita delle grandi campagne pubblicitarie relative ai videogiochi ha visto un'escalation negli ultimi anni, con Sony, Microsoft e Nintendo che hanno cercato, ognuna a modo suo, di imporre il divertimento interattivo come nuova via per svagarsi, alternativo alla televisione, al cinema, alla musica, alla lettura. In parte, probabilmente, hanno ottenuto i risultati sperati.

Neon Bible I videogiochi hanno quindi guadagnato terreno alle spese dei film? Probabilmente sì e la chiusura di un marchio come Blockbuster non fa che confermare questa tesi, tanto azzardata quanto, probabilmente realistica. Se i vertici di Blockbuster si fossero mossi più rapidamente, intuendo i movimenti del mercato e cercando di anticiparli, il brand sarebbe ancora in vita? Ovviamente non lo sapremo mai ma è indubbio che il mercato dei videogiochi, in un’ottica completamente retail come quella italiana, è e continuerà ad essere terreno di scontro, nel quale i pochi gladiatori nell’arena combatteranno a suon di esclusive, servizi aggiuntivi per l’utenza e prezzi sempre più competitivi, in una battaglia che, probabilmente, continuerà a mietere le sue vittime. Blockbuster non sarà l’ultima testa a cadere anche se, tra quelle illustri, forse può essere ricordata come la prima.