Nerf This: Realtà Eventuale

Da mente illuminata a traffichino di seconda categoria: la caduta Palmer Luckey (e della sua Realtà Virtuale?)

Nerf This: Realtà Eventuale
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Il mito americano del garage. Quello per cui ogni fenomeno globale deve necessariamente nascere da una casupola in legno e lamiera, tra viti e bulloni, in qualche viale alberato della provincia americana. E poi quello della rivincita dei nerd cicciottelli, meglio ancora se giovani, che contro tutto e tutti riescono a raggiungere la vetta grazie, inutile dirlo, al loro sublime intelletto. Non avevamo alcuna chance contro Palmer Luckey, il messia californiano che qualche anno fa tirò fuori dal cappello un visore chiamato Oculus Rift, praticamente il futuro in forma scatolata.
Ma come spesso accade, specialmente in odor di Silicon Valley, la differenza tra storia e storytelling è a dir poco abissale.

E stavolta a dirlo non sono biografie non ufficiali, o pettegolezzi di quartiere, ma giudici federali del Texas, che hanno dato ragione a Zenimax, quelli di Bethesda e iD Software, costringendo Oculus a tirare fuori dalle tasche 500 milioni di dollari. Spiccioli, per un colosso come Facebook, che controlla l'azienda. Ma che gettano più di un'ombra sul mito di San Luckey, il piccolo genio che sul retro di casa assemblava visori col nastro adesivo. Ricordandoci ancora una volta che la percezione conta più della realtà, reale o virtuale che sia.
Perché senza il lavoro dietro le quinte di John Carmack, anche lui coinvolto nelle beghe legali, e senza i soldi di Zuckerberg, Oculus sarebbe una meteora sbiadita degna dei peggiori Kickstarter. Perché, e non lo ripeterò mai abbastanza, come videogiocatori abbiamo anche la responsabilità di scegliere cosa compriamo e da chi lo compriamo. Palmer Luckey mi puzzava dal primo giorno, e quella tragica copertina di Time in cui fluttuava mollemente a mezz'aria era solo l'ennesimo colpo di grazia a una cultura per la quale siamo ancora costretti, troppe volte, a giustificarci. Senza poi dolercene troppo, visto che questi sono gli ambasciatori che abbiamo votato con le nostre tasche? Sborsando soldi che, spero lo sappiate, hanno pure contribuito all'elezione di un certo Donald Trump.

Qualcuno in Rete scrive che le magagne legali di Luckey potrebbero mettere in difficoltà Oculus, portando allo stop delle vendite, e in generale screditare a livello mediatico la realtà virtuale. Stronzate. La realtà virtuale potrebbe essere già spacciata di suo. E a Zuckerberg, che ha comprato Oculus per la tecnologia e non per il prodotto, non interessano i visori, ma le piattaforme. Le magagne legali di Luckey faranno male solo a Luckey, già messo in disparte dai piani alti di Facebook e pronto a ritirarsi in meditazione con il suo bel gruzzolo. E perché no, pronto anche a tornare sulla scena fra qualche anno, magari con qualche altra ideuzza rubacchiata qui e là. Peccato solo che avremo già dimenticato tutto, pronti a farci abbagliare dalla prossima promessa di futuro. Peace.

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