Nerf This: Twitch or Die

La morte di uno streamer dovrebbe farci riflettere. Non tanto sulla piattaforma in sé, ma su quello che siamo disposti ad accettare

Nerf This: Twitch or Die
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Hidetaka Miyazaki è un terribile game designer! Hideo Kojima è un personaggetto! Shigeru Miyamoto ruba le carabelle ai bambini! Esatto! Proprio così!
Bene! Ora che ho la vostra attenzione volevo dirvi che potete scrivermi all'indirizzo drpeace@everyeye.it.
Perché? Beh questo decidetelo voi, dalle domande videoludiche ai consigli sulle relazioni di coppia. L'unica certezza è che vi risponderò in pubblica piazza su Everyeye.it.
Ok, ora siete liberi di continuare con la lettura.


Ci sono molti modi di lasciare questo mondo. E probabilmente uno dei più insulsi di tutti è quello di farsi venire un malore a forza di stare lì, impalati davanti a un computer, mentre si trasmette la propria vita in diretta per almeno 20 ore su 24. D'altronde è quello che potrebbe essere successo a Brian Vigneault, 35 anni, padre di due figli, morto per cause ancora sconosciute nel corso di una lunga maratona su Twitch. Oppure quello che sarebbe probabilmente capitato a Joe Marino, sulla quarantina, se la morte di un altro streamer non lo avesse convinto a sottoporsi a una serie di esami medici, finendo poi sul tavolo operatorio per un bel bypass coronarico.

Fermi, fermi, fermi, feeeeermi. A costo di essere didascalico: no, non sto dicendo che Twitch nuoce gravemente alla salute. Non sto dicendo che se questi signori sono morti, hanno rischiato di morire o moriranno presto, la colpa sia di una piattaforma di streaming. Non sto dicendo che sia assurdo basare la propria esistenza su una stanza di tre metri per due, un microfono e una webcam. Anzi si, in realtà questo lo sto dicendo eccome. Ma non è comunque il punto. Perché se si arriva a fare 20 ore di diretta qualche volta è per nobili motivi, come le maratone di beneficenza. Ma nel 99% dei casi è perché lo spettatore medio di Twitch è un essere affamato, selettivo e (più o meno) inconsciamente spietato. E creare un canale di successo, per poi mantenerlo, è un compito a dir poco gravoso.

La colpa, tanto per cambiare, è anche un bel po' nostra. Perché non c'è più limite a quello che siamo disposti ad accettare pur di avere il nostro sollazzo on demand. Perché la nostra soglia di attenzione è diventata sottile come un foglio di carta. Abbiamo il clic facile, la bava alla bocca e credimi ragazzo, se nel prossimo minuto non mi piace quello che vedo ho già pronta un'altra scheda del browser. Con il canale di uno probabilmente più bravo di te. E se siamo così brutali nei confronti del dirimpettaio in streaming è perché, in fondo, pensiamo tutti che ehi, ma cosa ci vorrà mai, bastano una webcam e una connessione, posso farlo anch'io. I videogiochi non sono mica un lavoro. E poi sono così simpatico, i miei amici mettono sempre mi piace alle mie battute su Facebook. Mi dispiace deluderti, tenero orsacchiotto, ma a nessuno frega della tua partitella a Dark Souls 3. Quindi, se non altro, magari vedi di non tirarci le cuoia.

Un pesce che gioca a Pokémon. E' stato uno degli streamer più seguiti nel 2014! Fate un po' voi...


Ora, sarà l'avvicinarsi della trentina d'anni. Oppure l'esser cresciuto in una generazione videoludica (e non solo) completamente diversa. Ma al mio paese siamo ancora rimasti che quando hai due ore libere cerchi di passarle giocando, piuttosto che guardare qualcuno farlo al posto tuo. L'abuso di Twitch, l'idea di passare intere giornate a vedere qualcuno che con tutta probabilità ha smesso di divertirsi da un bel po', non è semplicemente una perdita di tempo. Quanto più una perversa distorsione dell'essenza di questo medium. Leggasi: una cacata.
Tralasciando ovviamente chi fa informazione, da che mondo è mondo il videogioco, per manifestarsi e dirsi tale, presuppone la mia presenza, anzi, quella del mio dito, su un cazzo di controller. Altrimenti è un'altra cosa, una cosa che va avanti da sola, anche senza di me (oppure una cutscene di Kojima). Però allora a sto punto mi guardo un film. O leggo un libro. Magari ascolto un disco. E nulla riuscirà a distogliermi dal fatto che se spesso preferiamo l'assistere al fare in prima persona, qualcosa è irrimediabilmente andato storto. Perché, ragazzi miei, le uniche volte in cui sono rimasto a guardare era quando si giocava a Mario Kart 64 oppure Goldeneye, ma non c'erano abbastanza controller a disposizione.

Questa si commenta da sola!


Poi certo, il mercato dello streaming vale miliardi (quelli di Amazon non sono mica scemi) e gli spettatori sono milioni in tutto il mondo. Mentre io sono solo un povero stronzo inacidito, geloso del successo altrui e invidioso dei big money guadagnati dalle personalità dell'internet come PewDiePie (ammicca ammicca). Il che, me lo consentirete, rende il tutto ancora più divertente. Vi lascio allora con un quesito filosofico: se uno streamer muore in diretta ma non c'è nessuno a guardarlo, può dirsi davvero morto?? E in ogni caso, dove posso rivederlo in differita? Peace!

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