Pixel Perfect è una nuova rubrica di Everyeye.it che nasce da un'esigenza: espandere la conoscenza generale della Virtual Photography amplificandone le caratteristiche essenziali e mettendone in luce gli aspetti più intimi. Pixel Perfect è il mondo della fotografia virtuale esplorato dai suoi stessi autori. Dopo aver analizzato la Fotografia Virtuale di Jenny Karlsson, in questo secondo episodio facciamo la conoscenza di Francesco Favero, nuova promessa della Virtual Photography italiana e neo-membro del collettivo artistico italiano Neoludica. Personalmente sono un grande fan del suo uso di colori saturi molto aggressivi ma allo stesso tempo carichi di emozione, e dell'illuminazione ambientale, dove gioca con luci e spazi negativi per evidenziare specifici soggetti o stati d'animo.
La Virtual Photography nel destino
Everyeye.it: Cominciamo piano e facile: raccontaci qualcosa di te.
Francesco Favero: Ciao! Innanzitutto grazie a te e ad Everyeye.it per questa intervista, è un piacere per me poter parlare e dare un contributo concreto alla bellissima comunità della fotografia virtuale. Mi chiamo Francesco Favero, ho 28 anni e abito in un piccolo paesino nella provincia di Padova. Ho iniziato a giocare all'età di 7 anni su PC per passare poi al mondo console da Playstation2 in poi. Mi sono avvicinato al mondo della Virtual Photography con Playstation 4 grazie al Photo Mode di Far Cry 5. Nel 2020, svariati mesi e foto dopo, allo scoccare dei miei primi 1000 followers rinominai il mio account Instagram di allora in "VP Sharing Panda" (Virtual Photography Sharing Panda) dal quale tutt'oggi opero.
Everyeye.it: Sei un VP autodidatta o hai basi di Fotografia o Design che ti hanno aiutato?
Francesco Favero:Il mio approccio con la fotografia è iniziato con la Virtual Photography. Inizialmente scattavo per puro diletto per ritrarre uno scenario mozzafiato, un personaggio interessante o una costruzione particolarmente bella, ma andando avanti nel tempo sentivo sempre di più il bisogno di sperimentare, provando nuove inquadrature e usando sempre più le opzioni fornitemi dal Photo Mode. Questo particolare passaggio l'ho riscontrato maggiormente dopo aver conosciuto il carissimo collega Cristiano Bonora (per approfondire, ecco la gallery di Cristiano Bonora dedicata a Demon's Souls) al Milan Games Week, nel 2019, dove mi sono imbattuto per la prima volta nella fotografia verticale, che diventerà in seguito anche un mio tratto distintivo.
Da quel momento ho iniziato a concentrarmi sempre più nella fotografia e nella sua composizione, usando il Photo Mode con più passione e voglia di scoprire nuovi modi di inquadrare una scena. Per questo, poco dopo, ho iniziato a documentarmi anche riguardo la fotografia classica, acquistando alcuni libri di composizione per appurarne le regole e le dinamiche che rendono una foto più godibile all'occhio umano, ottenendo risultati più soddisfacenti anche a livello virtuale.
Everyeye.it: Tra le tante opzioni di un Photo Mode, qual è la tua preferita e di quale invece senti più spesso la mancanza?
Francesco Favero: La mia opzione preferita è quella che si tende a sottovalutare a causa della sua semplicità, ed è quella che più ha caratterizzato il mio stile di scatto: il tilt. Il tilt, conosciuto dai più come "rotazione", è una funzione che se usata correttamente può cambiare uno scatto in modo significativo sia per una mera questione compositiva che per una questione d'impatto in chi osserva. Il pubblico tende a percepire il medium in senso orizzontale, quindi il tilt porta una benvenuta novità e fonte di stupore e interesse. Non solo, grazie al tilt possiamo ottenere un effetto più concitato in una scena d'azione, oppure enfatizzare il senso di velocità di un'auto in corsa durante un inseguimento.
Purtroppo questa opzione, per ragioni a me sconosciute, viene gestita in modo molto limitato da alcuni titoli (Watch Dogs: Legion, Cyberpunk 2077, The Division 2, ecc..) che permettono una rotazione massima di 45/60 gradi, impedendo al fotografo di scattare nel formato verticale e quindi limitando la creatività stessa dell'artista. Le opzioni di cui invece sento più la mancanza sono quelle di color correction come esposizione, contrasto, saturazione, alte luci e sarebbe molto gradita anche una maggiore libertà di movimento della camera che speriamo venga implementata in questa generazione che può godere di molta più memoria grazie al SSD .
Everyeye.it: Quando sono "nella fotozona" e completamente concentrato sulla VP a malapena riesco a giocare, divertirmi e seguire la trama. Tu, riesci ancora a divertirti giocando?
Francesco Favero: Ho pensato molto a questo aspetto della VP, soprattutto in quest'ultimo anno, e un po' agli antipodi con la tua posizione ho realizzato che trovo molto meno divertenti ed interessanti i giochi senza la Modalità Fotografica. La VP mi permette una maggiore immersione e comprensione dei mondi in cui mi immergo, nonché un maggiore apprezzamento del lavoro di Director e Designer sui minimi dettagli di paesaggio, arredamento, costumi e animazioni. Tutto questo mi "costringe" a empatizzare sotto ogni punto di vista con loro, garantendomi un'esperienza videoludica a trecentosessanta gradi.
Everyeye.it: Quale è la cosa che più ti fa rendere conto di essere migliorato nel tempo? Quali sono i progressi che più hanno segnato la tua crescita?
Francesco Favero: Credo di aver avuto i miei primi riscontri di crescita nel momento in cui ho iniziato a non accontentarmi più di ciò che stavo scattando. Da quel giorno ho iniziato ad interessarmi al lavoro di altri VP per imparare e capire le possibilità offerte dal medium. Questo mi ha aperto gli occhi nel capire fino a che punto la fotografia virtuale potesse spingersi, portandomi a cercare lo stile che più mi si addicesse. Un ruolo fondamentale nella mia crescita l'ha avuto Ghost of Tsushima, videogioco ambientato nel Giappone feudale del 1274, che grazie alla sua incredibile Direzione Artistica mi ha permesso di produrre alcuni dei miei migliori scatti di sempre.
Un altro segno di miglioramento e riconoscimento del mio lavoro l'ho avuto quando l'anno scorso sono stato invitato a far parte dell'associazione di Artisti Digitalisti Italiani conosciuta con il nome di Neoludica, gestita da Luca Traini e Debora Ferrari. Grazie al loro impegno alcuni miei scatti sono stati portati al Lucca Comics & Games, alla Milan Games Week fino ad arrivare all'evento di arte digitale incentrato su Assassin's Creed Valhalla. Infine, ho partecipato al London Games Festival, dove sono state selezionate due mie foto ("Lost Soul" e "Hunted"), tra le migliori 100 foto su un totale di più di 1200 scatti proposti a livello mondiale.
La VP come strumento di espressione
Everyeye.it: Il Photo Mode è un "attrezzo" nelle tue mani, ma fino a che punto? Quanto ne sfrutti le variabili? Quanto sono personali i risultati che ne ottieni?
Francesco Favero: Il Photo Mode è uno strumento magnifico che, quando ben realizzato, permette di avvcininarsi alla resa e opzioni di una fotocamera reale con il vantaggio che ci si può muovere liberamente in un momento congelato nel tempo, cosi da creare scatti sempre unici e da angolazioni differenti che risulterebbero perlopiù impossibili nella realtà. In alcuni titoli, però, la modalità risulta talmente scarna e priva di personalizzazioni da restituire foto molto simili tra loro e molto poco personali. Un esempio su tutti è quello di Cyberpunk 2077 dove, a causa delle limitazioni del Photo Mode, tutte le foto della Community finiscono per essere molto simili tra loro.
La personalizzazione degli scatti, quando si parla di Virtual Photography, è tutto. Un pesante sfruttamento delle opzioni ed una specifica personalità data alla fotografia è fondamentale per distinguersi in questo campo. Oltre a questo io personalmente aggiungo anche una certa ripetizione del medesimo scatto da più angolazioni, per cercare l'inquadratura che poi risulterà più convincente e originale. Se dovessi dare un consiglio agli aspiranti Virtual Photographer di Everyeye, l'unico che posso suggerirvi, di cuore, è: sperimentate, sempre.
Everyeye.it: Chi beneficia di più del Photo Mode? Il pubblico o i publisher?
Francesco Favero: Credo ci sia una sostanziale differenza a favore dei secondi. Come possiamo vedere quotidianamente, attraverso il Photo Mode i giochi usufruiscono di una quota di pubblicità supplementare e a zero costo, grazie al lavoro della community. Il che d'altra parte mi fa chiedere, a questo punto, come mai la modalità fotografica non sia ancora uno standard di qualsiasi gioco e purtroppo non ho ancora una risposta a questa domanda. I publisher, inoltre, godono una seconda volta del nostra lavoro quando portiamo il loro già eccezionale lavoro ad un altro livello di visione e interpretazione, con nostra, e loro, grandissima soddisfazione. Possiamo dire in sintesi che i publisher godono del nostro lavoro sia a livello di marketing che sul piano della visione artistica.
Everyeye.it: Qual è il tuo sentimento nei confronti dei Social Media?
Francesco Favero: La mia esperienza con i Social Media è stata per lo più positiva ed è grazie a loro se oggi mi trovo qui a parlare con voi di Virtual Photography. Soprattutto grazie ad Instagram: è stata la mia piattaforma di lancio ed è il mio Social di riferimento seppur con i suoi grandissimi problemi di qualità delle foto caricate e di algoritmi pazzerelli che cambiano continuamente. È indubbio che con la giusta dose di fortuna, capacità manageriale e talento i Social siano la piattaforma ideale per farsi notare dal mondo che conta. Da qualche mese sono sbarcato anche su Twitter, social non molto usato qui in Italia, ma che per la VP si sta dimostrando sorprendentemente utile grazie ad una qualità maggiore dei file caricati e di aver apprezzamenti con minor difficoltà dalle case di sviluppo e dalle persone che hanno lavorato al titolo in questione.
Everyeye.it: La VP può sfociare in una carriera o i tempi non sono ancora maturi?
Francesco Favero: Al momento credo che la VP sia ancora una nicchia troppo piccola perché possa sfociare in una vera e propria carriera. Il massimo che se ne può trarre, oltre alla soddisfazione personale, può essere un qualche premio o alcuni piccoli riconoscimenti dalle case di sviluppo. Spero però che in futuro il lavoro dei fotografi virtuali venga riconosciuto sia per la creazioni di archivi di immagini che di consulenza con gli sviluppatori (ad esempio nella realizzazione dei Photo Mode). Non si può negare che gran parte di questa evoluzione della figura del VP sia sulle nostre spalle e sul nostro lavoro. Dobbiamo migliorare ed evolverci fino al punto di essere notati giornalmente e costantemente, perché il nostro lavoro diventi uno standard dell'Industria.
Everyeye.it: Ora che la VP è sbarcata in musei, esposizioni, fiere, ed è stata ufficialmente etichettata come arte "ready-made", abbiamo finalmente ottenuto una risposta all'annosa questione "i videogiochi sono arte?" o la VP trascende talmente tanto il gioco da cui deriva da essere una cosa a sé stante?
Francesco Favero: I videogiochi sono arte. Ho voluto rispondere subito alla domanda in modo diretto perché è un'affermazione a cui tengo particolarmente. Il videogame è un'arte collettiva che riassume il lavoro di game designer, graphic designer, level designer fino ad arrivare agli sceneggiatori e ai sound engineer. Il ruolo della Virtual Photography, a mio avviso, è quello di portare l'arte videoludica ai suoi massimi livelli andando ad esaltare tutti i suoi magnifici dettagli tramite un'altra arte: la fotografia.
Purtroppo il videogioco ancora oggi è svalutato dal suo essere prevalentemente ludico e limitato ad una fascia di pubblico specifica, per cui tutt'ora questa idea di medium dai forti connotati artistici fa fatica ad emergere. Quando mi sento dire "il videogioco non è arte", rispondo con una semplice domanda "e i film sono arte?" portando ogni analogia possibile tra mondo cinematografico e mondo videoludico, quali possono esser regia, scrittura, 3D designer, compositori di colonne sonore e molti altri. Solitamente funziona.
Pixel Perfect: la Virtual Photography nel destino di Francesco Favero
Torniamo a parlare di Virtual Photography, intervistando un nuovo esponente della scena italiana che in pochi anni ha saputo distinguersi.
Pixel Perfect è una nuova rubrica di Everyeye.it che nasce da un'esigenza: espandere la conoscenza generale della Virtual Photography amplificandone le caratteristiche essenziali e mettendone in luce gli aspetti più intimi. Pixel Perfect è il mondo della fotografia virtuale esplorato dai suoi stessi autori.
Dopo aver analizzato la Fotografia Virtuale di Jenny Karlsson, in questo secondo episodio facciamo la conoscenza di Francesco Favero, nuova promessa della Virtual Photography italiana e neo-membro del collettivo artistico italiano Neoludica. Personalmente sono un grande fan del suo uso di colori saturi molto aggressivi ma allo stesso tempo carichi di emozione, e dell'illuminazione ambientale, dove gioca con luci e spazi negativi per evidenziare specifici soggetti o stati d'animo.
La Virtual Photography nel destino
Everyeye.it: Cominciamo piano e facile: raccontaci qualcosa di te.
Francesco Favero: Ciao! Innanzitutto grazie a te e ad Everyeye.it per questa intervista, è un piacere per me poter parlare e dare un contributo concreto alla bellissima comunità della fotografia virtuale. Mi chiamo Francesco Favero, ho 28 anni e abito in un piccolo paesino nella provincia di Padova. Ho iniziato a giocare all'età di 7 anni su PC per passare poi al mondo console da Playstation2 in poi. Mi sono avvicinato al mondo della Virtual Photography con Playstation 4 grazie al Photo Mode di Far Cry 5. Nel 2020, svariati mesi e foto dopo, allo scoccare dei miei primi 1000 followers rinominai il mio account Instagram di allora in "VP Sharing Panda" (Virtual Photography Sharing Panda) dal quale tutt'oggi opero.
Everyeye.it: Sei un VP autodidatta o hai basi di Fotografia o Design che ti hanno aiutato?
Francesco Favero: Il mio approccio con la fotografia è iniziato con la Virtual Photography. Inizialmente scattavo per puro diletto per ritrarre uno scenario mozzafiato, un personaggio interessante o una costruzione particolarmente bella, ma andando avanti nel tempo sentivo sempre di più il bisogno di sperimentare, provando nuove inquadrature e usando sempre più le opzioni fornitemi dal Photo Mode. Questo particolare passaggio l'ho riscontrato maggiormente dopo aver conosciuto il carissimo collega Cristiano Bonora (per approfondire, ecco la gallery di Cristiano Bonora dedicata a Demon's Souls) al Milan Games Week, nel 2019, dove mi sono imbattuto per la prima volta nella fotografia verticale, che diventerà in seguito anche un mio tratto distintivo.
Da quel momento ho iniziato a concentrarmi sempre più nella fotografia e nella sua composizione, usando il Photo Mode con più passione e voglia di scoprire nuovi modi di inquadrare una scena. Per questo, poco dopo, ho iniziato a documentarmi anche riguardo la fotografia classica, acquistando alcuni libri di composizione per appurarne le regole e le dinamiche che rendono una foto più godibile all'occhio umano, ottenendo risultati più soddisfacenti anche a livello virtuale.
Everyeye.it: Tra le tante opzioni di un Photo Mode, qual è la tua preferita e di quale invece senti più spesso la mancanza?
Francesco Favero: La mia opzione preferita è quella che si tende a sottovalutare a causa della sua semplicità, ed è quella che più ha caratterizzato il mio stile di scatto: il tilt. Il tilt, conosciuto dai più come "rotazione", è una funzione che se usata correttamente può cambiare uno scatto in modo significativo sia per una mera questione compositiva che per una questione d'impatto in chi osserva. Il pubblico tende a percepire il medium in senso orizzontale, quindi il tilt porta una benvenuta novità e fonte di stupore e interesse. Non solo, grazie al tilt possiamo ottenere un effetto più concitato in una scena d'azione, oppure enfatizzare il senso di velocità di un'auto in corsa durante un inseguimento.
Purtroppo questa opzione, per ragioni a me sconosciute, viene gestita in modo molto limitato da alcuni titoli (Watch Dogs: Legion, Cyberpunk 2077, The Division 2, ecc..) che permettono una rotazione massima di 45/60 gradi, impedendo al fotografo di scattare nel formato verticale e quindi limitando la creatività stessa dell'artista. Le opzioni di cui invece sento più la mancanza sono quelle di color correction come esposizione, contrasto, saturazione, alte luci e sarebbe molto gradita anche una maggiore libertà di movimento della camera che speriamo venga implementata in questa generazione che può godere di molta più memoria grazie al SSD .
Everyeye.it: Quando sono "nella fotozona" e completamente concentrato sulla VP a malapena riesco a giocare, divertirmi e seguire la trama. Tu, riesci ancora a divertirti giocando?
Francesco Favero: Ho pensato molto a questo aspetto della VP, soprattutto in quest'ultimo anno, e un po' agli antipodi con la tua posizione ho realizzato che trovo molto meno divertenti ed interessanti i giochi senza la Modalità Fotografica. La VP mi permette una maggiore immersione e comprensione dei mondi in cui mi immergo, nonché un maggiore apprezzamento del lavoro di Director e Designer sui minimi dettagli di paesaggio, arredamento, costumi e animazioni. Tutto questo mi "costringe" a empatizzare sotto ogni punto di vista con loro, garantendomi un'esperienza videoludica a trecentosessanta gradi.
Everyeye.it: Quale è la cosa che più ti fa rendere conto di essere migliorato nel tempo? Quali sono i progressi che più hanno segnato la tua crescita?
Francesco Favero: Credo di aver avuto i miei primi riscontri di crescita nel momento in cui ho iniziato a non accontentarmi più di ciò che stavo scattando. Da quel giorno ho iniziato ad interessarmi al lavoro di altri VP per imparare e capire le possibilità offerte dal medium. Questo mi ha aperto gli occhi nel capire fino a che punto la fotografia virtuale potesse spingersi, portandomi a cercare lo stile che più mi si addicesse. Un ruolo fondamentale nella mia crescita l'ha avuto Ghost of Tsushima, videogioco ambientato nel Giappone feudale del 1274, che grazie alla sua incredibile Direzione Artistica mi ha permesso di produrre alcuni dei miei migliori scatti di sempre.
Un altro segno di miglioramento e riconoscimento del mio lavoro l'ho avuto quando l'anno scorso sono stato invitato a far parte dell'associazione di Artisti Digitalisti Italiani conosciuta con il nome di Neoludica, gestita da Luca Traini e Debora Ferrari. Grazie al loro impegno alcuni miei scatti sono stati portati al Lucca Comics & Games, alla Milan Games Week fino ad arrivare all'evento di arte digitale incentrato su Assassin's Creed Valhalla. Infine, ho partecipato al London Games Festival, dove sono state selezionate due mie foto ("Lost Soul" e "Hunted"), tra le migliori 100 foto su un totale di più di 1200 scatti proposti a livello mondiale.
La VP come strumento di espressione
Everyeye.it: Il Photo Mode è un "attrezzo" nelle tue mani, ma fino a che punto? Quanto ne sfrutti le variabili? Quanto sono personali i risultati che ne ottieni?
Francesco Favero: Il Photo Mode è uno strumento magnifico che, quando ben realizzato, permette di avvcininarsi alla resa e opzioni di una fotocamera reale con il vantaggio che ci si può muovere liberamente in un momento congelato nel tempo, cosi da creare scatti sempre unici e da angolazioni differenti che risulterebbero perlopiù impossibili nella realtà. In alcuni titoli, però, la modalità risulta talmente scarna e priva di personalizzazioni da restituire foto molto simili tra loro e molto poco personali. Un esempio su tutti è quello di Cyberpunk 2077 dove, a causa delle limitazioni del Photo Mode, tutte le foto della Community finiscono per essere molto simili tra loro.
La personalizzazione degli scatti, quando si parla di Virtual Photography, è tutto. Un pesante sfruttamento delle opzioni ed una specifica personalità data alla fotografia è fondamentale per distinguersi in questo campo. Oltre a questo io personalmente aggiungo anche una certa ripetizione del medesimo scatto da più angolazioni, per cercare l'inquadratura che poi risulterà più convincente e originale. Se dovessi dare un consiglio agli aspiranti Virtual Photographer di Everyeye, l'unico che posso suggerirvi, di cuore, è: sperimentate, sempre.
Everyeye.it: Chi beneficia di più del Photo Mode? Il pubblico o i publisher?
Francesco Favero: Credo ci sia una sostanziale differenza a favore dei secondi. Come possiamo vedere quotidianamente, attraverso il Photo Mode i giochi usufruiscono di una quota di pubblicità supplementare e a zero costo, grazie al lavoro della community. Il che d'altra parte mi fa chiedere, a questo punto, come mai la modalità fotografica non sia ancora uno standard di qualsiasi gioco e purtroppo non ho ancora una risposta a questa domanda. I publisher, inoltre, godono una seconda volta del nostra lavoro quando portiamo il loro già eccezionale lavoro ad un altro livello di visione e interpretazione, con nostra, e loro, grandissima soddisfazione. Possiamo dire in sintesi che i publisher godono del nostro lavoro sia a livello di marketing che sul piano della visione artistica.
Everyeye.it: Qual è il tuo sentimento nei confronti dei Social Media?
Francesco Favero: La mia esperienza con i Social Media è stata per lo più positiva ed è grazie a loro se oggi mi trovo qui a parlare con voi di Virtual Photography. Soprattutto grazie ad Instagram: è stata la mia piattaforma di lancio ed è il mio Social di riferimento seppur con i suoi grandissimi problemi di qualità delle foto caricate e di algoritmi pazzerelli che cambiano continuamente. È indubbio che con la giusta dose di fortuna, capacità manageriale e talento i Social siano la piattaforma ideale per farsi notare dal mondo che conta. Da qualche mese sono sbarcato anche su Twitter, social non molto usato qui in Italia, ma che per la VP si sta dimostrando sorprendentemente utile grazie ad una qualità maggiore dei file caricati e di aver apprezzamenti con minor difficoltà dalle case di sviluppo e dalle persone che hanno lavorato al titolo in questione.
Everyeye.it: La VP può sfociare in una carriera o i tempi non sono ancora maturi?
Francesco Favero: Al momento credo che la VP sia ancora una nicchia troppo piccola perché possa sfociare in una vera e propria carriera. Il massimo che se ne può trarre, oltre alla soddisfazione personale, può essere un qualche premio o alcuni piccoli riconoscimenti dalle case di sviluppo. Spero però che in futuro il lavoro dei fotografi virtuali venga riconosciuto sia per la creazioni di archivi di immagini che di consulenza con gli sviluppatori (ad esempio nella realizzazione dei Photo Mode). Non si può negare che gran parte di questa evoluzione della figura del VP sia sulle nostre spalle e sul nostro lavoro. Dobbiamo migliorare ed evolverci fino al punto di essere notati giornalmente e costantemente, perché il nostro lavoro diventi uno standard dell'Industria.
Everyeye.it: Ora che la VP è sbarcata in musei, esposizioni, fiere, ed è stata ufficialmente etichettata come arte "ready-made", abbiamo finalmente ottenuto una risposta all'annosa questione "i videogiochi sono arte?" o la VP trascende talmente tanto il gioco da cui deriva da essere una cosa a sé stante?
Francesco Favero: I videogiochi sono arte. Ho voluto rispondere subito alla domanda in modo diretto perché è un'affermazione a cui tengo particolarmente. Il videogame è un'arte collettiva che riassume il lavoro di game designer, graphic designer, level designer fino ad arrivare agli sceneggiatori e ai sound engineer. Il ruolo della Virtual Photography, a mio avviso, è quello di portare l'arte videoludica ai suoi massimi livelli andando ad esaltare tutti i suoi magnifici dettagli tramite un'altra arte: la fotografia.
Purtroppo il videogioco ancora oggi è svalutato dal suo essere prevalentemente ludico e limitato ad una fascia di pubblico specifica, per cui tutt'ora questa idea di medium dai forti connotati artistici fa fatica ad emergere. Quando mi sento dire "il videogioco non è arte", rispondo con una semplice domanda "e i film sono arte?" portando ogni analogia possibile tra mondo cinematografico e mondo videoludico, quali possono esser regia, scrittura, 3D designer, compositori di colonne sonore e molti altri. Solitamente funziona.
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