Psychonauts: l'incredibile follia di Tim Schafer

Dagli esordi in LucasArts agli incredibili viaggi mentali di Razputin: uno sguardo alla storia di Tim Schafer e di Psychonauts.

My Generation - Psychonauts
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Il tempo è galantuomo, specialmente con le opere che lo meritano. Questa è la storia di un creativo e di un'avventura benedetta a tal punto dalla fantasia da resistere stoicamente ai segni della vecchiaia. Questa è la storia di Psychonauts, il simbolo del primo passo di Tim Schafer nel suo cammino lontano da LucasArts, che ritornerà con un sequel quest'anno a ben sedici anni di distanza dall'esordio (qui trovate la nostra recensione di Psychonauts). Questa è la storia di un "eroe" dotato di poteri mentali incredibili, chiamato a esplorare i meandri dei cervelli più assurdi, e soprattutto a lottare contro tutto e tutti per ciò in cui crede. Questa è My Generation, la rubrica che celebra i grandi videogiochi che hanno segnato l'industria.

La svolta

È un Tim Schafer dubbioso quello che si aggira per gli uffici di LucasArts. Non sa se è davvero giunto il momento di salutare l'azienda che lo ha introdotto al mondo dei videogiochi, fin da quando aveva visto l'annuncio come programmatore e scrittore di dialoghi. Quella era la società che non solo aveva in mano la licenza di Star Wars, ma che lo aveva attirato per tutte le avventure con cui aveva passato giornate intere su Atari: Rescue on Fractalus, The Eidolon e soprattutto BallBlazer.

Con quest'ultimo titolo, poi, c'era un aneddoto divenuto leggenda: durante il colloquio con David Fox (il creatore di Maniac Mansion e del sistema SCUMM), alla classica domanda sul gioco preferito, Tim rispose prontamente "Ballblaster". Peccato che questo fosse il titolo per le copie pirata di BallBlazer. Una figuraccia a cui Schafer pose rimedio grazie a una candidatura tanto assurda quanto geniale, composta principalmente da fumetti disegnati a mano.

Fu l'inizio di una carriera intera passata a scalare le gerarchie quasi per caso, prima come programmatore, poi come tester e dopo ancora come scrittore e creatore. Fu proprio la prima opera interamente di Schafer, Full Throttle, il pomo della discordia (anzi, il sequel mai completato). Un giorno, infatti, quando Tim scoprì che alcuni colleghi erano stati assegnati a Full Throttle 2, qualcosa si ruppe nel rapporto con LucasArts: il "suo" gioco, dove perfino il nome del protagonista Ben proveniva da vicende personali, in realtà apparteneva all'azienda. Tim era pagato per il suo tempo e questo doveva bastargli, la proprietà intellettuale non era nelle sue mani. Era giunto il momento di fondare un nuovo studio dove i personaggi sarebbero rimasti vicini al creatore, senza nessuno che li portasse via.

Schafer decise quindi di fondare, insieme ad altri ex colleghi, Double Fine, portando con sé la sua creatività e le idee maturate in quel periodo. Una fra tutte vedeva una spy story dove i personaggi avrebbero potuto visitare le menti degli altri comprimari, esplorando mondi tangibili creati dalla psiche della "cavia di turno". Un soggetto inconsueto, nato da un laboratorio di psicologia che Tim frequentò durante il college:

"In un video, una donna parlava di questa fontana che aveva sognato, e venne invitata dal terapista a porsi nei panni della fontana per raccontare la vicenda. La donna iniziò a dire ‘sono sempre piena d'acqua, ma nessuno la beve'. In quel momento scoppiò a piangere, e rimasi folgorato. Era assurdo e interessante. Di fatto quella donna aveva creato una metafora degna di un poeta, e tutto era nato semplicemente mentre dormiva, all'interno della sua mente. E tutti noi facciamo continuamente queste cose: sogniamo di combattere orsi, e dovrà pur significare qualcosa. Volevo creare un gioco in cui entrare nella testa delle persone per vedere fontane e combattere orsi, dove l'ambientazione stessa sarebbe stata la mente umana".

Fu proprio quell'obiettivo, coadiuvato dal desiderio di creare qualcosa che nessuno gli avrebbe mai portato via, a dar vita allo studio Double Fine e alla sua prima IP: Psychonauts.

Un sogno

Whispering Rock non è un campo estivo qualsiasi, ma il luogo in cui vengono addestrati giovani menti a diventare Psychonauts, agenti con poteri psichici chiamati a difendere gli innocenti in tutto il mondo. Un ruolo importante nonché il sogno del giovane circense Razputin che, una notte, fugge dal tendone di famiglia per unirsi abusivamente ai suoi coetanei. Sin da piccolo brama di poter dare un senso alle sue capacità, sebbene il padre lo abbia sempre ostacolato: i poteri mentali sono roba pericolosa, e tutta la famiglia è stata condannata a una morte orrenda proprio per averli usati.

L'aver raggiunto Whispering Rock, però, non garantisce a Raz di poter accedere ai corsi, e proprio mentre si sta guadagnando l'interesse degli insegnanti, un oscuro nemico minaccia l'esistenza stessa degli Psychonauts. Da questo incipit, che miscela sapientemente psicologia, spionaggio e una gustosa estetica alla Tim Burton, Double Fine ha esordito nel mondo delle avventure platform in tre dimensioni.

Ciò che rende l'opera di Schafer ancora oggi godibile è l'enorme creatività che permea ogni stage, ambientati per l'appunto nelle menti di diversi personaggi: scenari di guerra provenienti dai ricordi di un soldato, teatri vuoti partoriti dalla sofferenza di un'attrice ricoverata in manicomio, o ancora case piene di spie alla ricerca del "fantomatico lattaio", fulcro di una cospirazione internazionale. Nulla è logico eppure tutto è sensato, perché la mente umana ha meandri insondabili per chiunque. Grazie a questo pretesto, Tim Schafer ha potuto dare libero sfogo al suo estro, caratterizzando ogni livello in modo unico. Volendo fare un paragone più moderno, si avverte la medesima varietà vista nel recente It Takes Two (per approfondire, eccovi la nostra recensione di It Takes Two), capace di stravolgere a ogni livello le carte in tavola.

Pur risalendo al 2005, Psychonauts rappresentava un titolo estremamente moderno, quasi pionieristico, capace di sfruttare la narrativa per non lasciare nulla al caso. Essendo cresciuto in un circo, l'agilità di Raz e le numerose sessioni platform trovano perfettamente senso, mentre l'impossibilità di poter nuotare (grosso limite tecnico nei giochi 3D di un tempo) viene giustificata da una maledizione di famiglia che prende forma in una creatura acquatica pronta ad afferrare il protagonista.

L'esperienza si lega a doppio filo con i poteri di Raz che, a ogni nuova sfida, impara tecniche inedite per migliorare le sue doti mentali: pirocinesi per incendiare i nemici, levitazione per compiere balzi prodigiosi e invisibilità per sgattaiolare ovunque. Una ricchezza ludica non sempre calibrata con le sfide poste dalla campagna principale, ma che resta il simbolo di un enorme sforzo creativo e produttivo. La formula esplode in maniera dirompente nell'enorme eterogeneità degli stage: giusto per citare un altro esempio, Raz entra nella mente di una creatura marina mutante, approdando in una metropoli di uomini pesce nei panni di un gigantesco kaiju rinominato Goggalor dagli autoctoni. I ragazzi di Double Fine avevano dato vita a un racconto incredibile. Purtroppo, il solo talento non è sempre la chiave per ottenere il consenso del pubblico.

Morte e rinascita

Double Fine e Tim Schafer sono quindi chiamati a un esordio difficile: i fondi per lo sviluppo si stanno prosciugando rapidamente, e il capo dello studio ha dovuto perfino pronunciare un discorso preoccupato ai dipendenti. Bisogna tenere duro, sfruttare al meglio ogni centesimo, ma le cose potrebbero precipitare presto e i computer dell'azienda sono a disposizione per trovare altri impieghi nel caso in cui il gioco non uscisse sul mercato.

Fortunatamente, l'arrivo per il rotto della cuffia del publisher Majesco Entertainment salva il progetto dal fallimento, ma la riuscita commerciale è un sottile equilibrio che richiede altri sforzi. Accade quindi che Psychonauts su PlayStation 2 non raggiunga neanche il mezzo milione di copie vendute (agli annali passerà il dato di 100.000 copie, ma Schafer ha chiarito successivamente che furono il quadruplo), pareggiando a malapena i costi dello sviluppo, nonostante i pareri entusiasti della critica specializzata.

Il tempo, però, come abbiamo detto sa essere galantuomo con chi lo merita: con la riedizione in digitale, giunta anni dopo, Psychonauts supera agevolmente il milione di unità, dimostrandosi ancora brillante dopo tutto il tempo passato. Un segnale che pone Raz sulla bocca di un numero consistente di appassionati, donando all'avventura la nomea di "perla incompresa". In realtà, ancora una volta è il tempo a dare all'opera di Tim Schafer il giusto riconoscimento.

Oggi Double Fine è infatti uno studio interno di Microsoft, che ha garantito a Schafer la libertà creativa e la stabilità economica di cui aveva bisogno. Psychonauts 2 diventerà presto realtà, e pare avere tutte le carte in regola per offire un'altra esperienza onirica, fantastica e soprattutto "psichedelica". Nell'attesa di conoscere la data di uscita del gioco, che dovrebbe si spera non essere troppo lontana, vi invitiamo a leggere la nostra ultima anteprima di Psychonauts 2.