Rubrica Speciale Virtual Console - Vol. 2 - Run Like Hell

Gunstar Heroes, Alien Soldier, Contra 3: the Alien Wars, Super Turrican/Mega Turrican, Cybernator

Rubrica Speciale Virtual Console - Vol. 2 - Run Like Hell
Articolo a cura di

Le uscite per Nintendo Wii hanno subito un arresto praticamente quasi totale. Ormai sono pochi i titoli che arrivano sulla console, e questo ovviamente fa mugugnare i giocatori più accaniti, sempre desiderosi di nuovi titoli con i quali testarsi.
Ma i periodi di stanca, si sa, sono i migliori per recuperare qualche gioco particolarmente meritevole, magari anche a buon prezzo. Oppure per spulciare più a fondo il colossale archivio di titoli scaricabili tramite i servizi di digital delivery.
La Virtual Console del Wii mantiene, nonostante le migliorie della concorrenza, il primato in tal ambito, piena zeppa com'è di titoli d'importanza storica e dal gameplay sopraffino: in una serie di speciali, vi proporremo quelli più particolari, ma comunque dal valore ludico assoluto, con l'intento di far conoscere titoli magari ignoti ai più e di aiutarvi a passare (quasi) indenni questo lungo (?) periodo di transizione.
Il secondo volume è dedicato ai run ‘n' gun, ovvero il genere di riferimento della devastazione videoludica: abbiamo scelto per voi i più meritevoli.

Gunstar Heroes

Treasure è Gunstar Heroes, e Gunstar Heroes è Treasure. L'identità tra la software house nipponica, composta per la maggior parte da ex dipendenti Konami, e quella che fu la loro prima vera produzione di rilievo, è totale. Treasure è un team che ha scolpito nella storia dei videogiochi un certo modo di intendere la progressione bidimensionale, in ogni sua declinazione, dallo shooter al platform all'hack ‘n's slash. Spesso, lo ha fatto col fuoco e col piombo, elementi dei quali è infarcito all'inverosimile Gunstar Heroes. Salto e azione sono le fondamenta dell'action platform, in questo caso l'azione è lo sparo, nelle innumerevoli manifestazioni che il titolo sottende.
Già la prima partita mette bene in chiaro quali siano le prerogative del titolo Treasure: potrete selezionare un livello tra tre, a scelta, ma l'esito sarà lo stesso, ovvero un battesimo del fuoco fatto di esplosioni, proiettili da schivare al millimetro e salti, tanti salti. Il caos dell'azione è simile a quello che si vede in un Contra, simile anche lo scorrimento; cambia la rilevanza dello sparo: basilare nella serie Konami, sperimentale nel titolo Treasure, vista la possibilità di combinare vari tipi di fuoco, in accostamenti tutti da provare ed ognuno con punti di forza e debolezza. Ne risulta influenzata non solo la qualità della progressione, visto che determinate combinazioni appaiono più efficaci, ma anche lo stile di gioco, che muta sostanzialmente grazie alla possibilità di fissare lo sparo o renderlo sempre disponibile in movimento.
Una meraviglia di gameplay, perfettamente funzionale ad un'azione furiosa, che culmina negli scontri con i boss. Qui vien fuori tutta l'inventiva dei ragazzi di Treasure, poi confermata negli anni. Robot stranissimi, combinazioni meccaniche, gorghi metallici: basta pensare al solo storico Seven Force per rendercisi conto di quanta creatività ci sia dietro a Gunstar Heroes. Come al solito imparare i pattern d'azione è la chiave per sconfiggere i bestioni, ma una buona flessibilità del gameplay permette battaglie decisamente piacevoli. Il tutto poi condito da un direzione artistica peculiare, immediatamente identificabile e che diventerà lucidissimo distintivo di Treasure.

Alien Soldier

Alien Soldier è probabilmente il picco di follia più alto mai toccato da Treasure. La maestria degli sviluppatori giapponesi nel variare la classica ricetta dell'action shooter è nota, ma nonostante ciò ci si stupisce di fronte alle strane alchimie che compongono la struttura di questo particolarissimo sparatutto. Com'è ovvio che sia, sono presenti tutti gli elementi del genere e della produzione Treasure, in primis miriadi di esplosioni a schermo e proiettili in ogni dove; ma accanto ad essi ve ne sono di altri, mutuati da altri generi, che donano ad Alien Soldier la propria identità.
Epsilon Eagle, incaricato di terminare la solita minaccia planetaria, mostra un dinamismo eccezionale, e veder muoversi, correre, sparare il suo sprite di generosissime dimensioni, è una gioia per gli occhi. Prevedibilmente, l'azione si svolge sul livello orizzontale, ma c'è una peculiarità nel ritmo di gioco che trova pochi riscontri. Non c'è la solita progressione che ci chiede di devastare il devastabile, dal momento che anche i più piccoli nemici richiedono un buon numero di colpi per esser tirati giù; c'è invece, forse questo è il modo migliore per descrivere la strana combinazione di Alien Soldier, una serie interminabile di scontri con dei boss intervallati da brevissimi interludi a scorrimento. Ci si trova quindi a scansare proiettili ed abbattere nemici per pochissimi secondi, e poi ritrovarsi impegnati in difficoltosi scontri con enormi mostri e robot. Ogni nozione riguardo la memorizzazione dei pattern d'attacco derivata da altri giochi è qui superata: i boss richiedono un approccio al limite del maniacale, ogni pixel spostato deve essere un indizio sul prossimo movimento da effettuare. Roba da picchiaduro, quasi.
Epsilon Eagle è dotato di ogni arma possibile, intercambiabile in ogni momento, ed il suo potenziale distruttivo è reso ancora più alto dalla possibilità di levitare per alcuni secondi, sparare in corsa o da fermo, superare ogni ostacolo con uno scatto; il problema è che il sistema di controllo che sottende tutti questi dinamismi non è all'altezza, e necessita di molto tempo per esser padroneggiato, rendendo Alien Soldier un'esperienza di gioco infernale. Il gioco è infatti incredibilmente impegnativo, e le difficoltà intrinseche del gameplay son maggiorate dalla scomoda configurazione. Un capolavoro per concezione ma non nella realizzazione, il titolo Treasure merita di essere comunque giocato, anche solo per dire che pure voi avete avuto a che fare con uno dei giochi più difficili mai sviluppati.

Contra 3: the Alien Wars

L’esplosione delle guerre aliene. Ovvero come Contra diventa più grande, più cattivo, più brutale. Per quel che riguarda una serie interminabile di proiettili ed esplosioni, le possibilità date da una nuova macchina sono rilevantissime, e nel momento in cui Contra evolve dalla sua forma NES a quella SNES (probabilmente la migliore della sua storia), trova una dimensione del tutto nuova, pur replicando in maniera fedelissima la struttura di gioco dei due primi episodi. Non c’è bisogno di reinventare, non è pressante la richiesta di nuovi elementi che donino linfa vitale al gameplay. Perché allora ci s’accontentava. Ed era un bell’accontentarsi, di un impianto di gioco che reggesse su di un’unica chiave di volta: lo sparo.
Lo sparo dei due mercenari (o dei robot nell’infaustamente modificata versione PAL), elemento fondante di una particolare liturgia. Inizio livello, orde di nemici che arrivano da ogni dove, scorrimento orizzontale o visuale dall’alto grazie alle meraviglie del Mode 7, boss di fine livello. Con tante variazioni, con sezioni squisitamente platform, altre alla guida di mezzi futuristici, altre di una follia straordinaria, ancora nella scia della cultura anni '80, in declino ma non ancora del tutto scomparsa (stavolta i richiami maggiori sono alla serie Terminator).
Bastava tutto questo allora? Bastava eccome, per merito di una genuinità nella formula di gioco che forse negli anni s’è persa. Ed anche al netto delle innovazioni incredibili che il medium videoludico ha subito, rendendo i giocatori più scafati e smaliziati rispetto ad allora, nonché più esigenti, può bastare anche oggi.
Contra 3: the Alien Wars può essere una delle tante prove che quando un’opera è valida, lo rimane per sempre, anche nonostante lo scorrere degli anni. Se si vuol prendere il divertimento come riferimento per valutare la qualità di un videogioco, allora la produzione Konami ne fornisce a pacchi. Certo, non si lascia avvicinare facilmente, dato che nella piena tradizione della serie ci troviamo di fronte ad un titolo dalla difficoltà non comune. Ma la basilarità dell’impianto di gioco lo rende padroneggiabile, l’onestà invitante, perché se si muore non è mai per oscenità di programmazione o imprevedibili eventi messi lì solo per far incazzare il giocatore: ci vuole occhio, allenato certo, ma solo quello. Affinato quello, la via verso la distruzione videoludica è aperta.

Super Turrican/Mega Turrican

Dell’importanza storica della serie di Turrican non si parla mai abbastanza. Quello che il genio di Manfred Trenz partorì nell’ormai lontano 1990 rimane ad oggi uno dei più fulgidi esempi di action-platform, coniugato ad una complessità della mappa di gioco che offriva di più rispetto ad esponenti dello stesso genere. Il fatto che però manchi su console e PC da un ventennio ne ha ridotto, per non dire cancellato, il ricordo, e non ci stupiremmo di trovare qualche giocatore che di questa strepitosa serie non ha mai sentito parlare. Per fortuna sulla Virtual Console del Nintendo Wii esistono due episodi che, seppur leggermente diversi dall’impostazione storica della serie, ne ricalcano i fasti.
Super Turrican per SNES è un capolavoro, senza dubbio. Ne abbiamo già scritto su queste pagine, ma rimarcarne il valore non fa male: il titolo sviluppato da Factor 5, che si occupò della trasposizione su console della serie, è un ibrido perfetto tra il gameplay originario e lo shooter platform più basilare. Il level design infatti è abbastanza complesso, la progressione abbastanza libera, sebbene si tratti sempre di raggiungere il punto B partendo dal punto A. L’impatto visivo è clamoroso, tra le visioni estetiche di Trenz ben riportate su SNES e l’ovvia costipazione di nemici, da blastare in ogni modo. Ad accompagnare l’azione, la colonna sonora di Chris Huelsbeck, con temi strepitosi che han fatto la storia. Non c’è niente di incredibile nelle capacità d’azione del protagonista, che spara e salta come tanti altri e si trasforma in una palla come una certa eroina, ma la sensazione di lottare in mondi alieni è travolgente.
Stessa sensazione, vista la comune ispirazione artistica e l’ottima realizzazione tecnica, la dona Mega Turrican, episodio sviluppato per Sega Megadrive. L’esperienza di gioco è nettamente semplificata però, affine molto più ad un Contra a caso, con un level design classicissimo, ma senza le variabili del titolo Konami. Non per questo la produzione non riesce ad essere divertente, senza però toccare i picchi di eccellenza del suo cugino per SNES. Il meglio lo dà negli scontri con i colossali boss, ma non vi si trova la profondità del capolavoro. Entrambi i titoli sono però del tutto consigliabili, per gli appassionati del genere come per tutti gli altri, per magari iniziare a conoscere una saga che ha fatto la storia.

Cybernator

Accompagnate alla formula di gioco tipica dei run ‘n’ gun l’ostentazione tutta nipponica di mech di ogni sorta ed avrete Cybernator. Meglio conosciuto, e difatti la serie proseguì con questo nome, come Assault Suits Valken. Un tempo alcuni giochi cambiavano titolo nel processo di localizzazione, spesso per ragioni extra ludiche (censura, soprattutto), ed è quanto avvenne alla produzione NCS Corp. Gente brava con gli sparacchini di ogni derivazione, visti titoli come Cho Aniki e Gley Lancer. Cybernator è un po’ il sogno proibito di ogni ragazzo cresciuto tra gli anni ottanta e novanta, dato che ci mette al comando di un enorme robot da battaglia dotato di un arsenale devastante, e ciò basterebbe a giustificarne l’acquisto, ma questa piccola gemma ha dalla sua una serie di elementi che lo contraddistinguono da produzioni analoghe, rendendolo per noi irrinunciabile.
Rispetto ai canoni del genere, Cybernator gode di un ampio respiro. I livelli sono abbastanza complessi, articolati, spesso esplorabili in verticale così come in orizzontale, tanto da contenere spesso anfratti nei quali recuperare preziosi potenziamenti. Il mech può portarci ovunque, nonostante non sia il massimo dell’agilità, sia quando si tratta di affrontare sezioni con gravità terrestre, sia nelle particolarissime missioni nelle quali fluttua e rimbalza nello spazio, più simili ad uno shooter a scorrimento. La formula di gioco è sostanzialmente classica, poggiando su salto e sparo, ma questa alternanza dona alla produzione una discreta varietà, ulteriormente migliorata da piccoli ma intriganti elementi introdotti dagli sviluppatori: alcune missioni conterranno infatti obiettivi secondari da soddisfare, o vedranno cambiare in corso d’opera il loro fine. Bazzeccole, ma che in un genere piuttosto granitico aiutano a migliorare l’esperienza di gioco, che non fa dei ritmi infuriati il suo punto forte. Ovviamente ci sono esplosioni ovunque, armi potenziabili, enormi boss e tutto quanto possa deliziare gli amanti del genere, ma in dosi controllate.
Non per questo ci si trova di fronte ad un titolo facile: Cybernator picchia duro fin dai primi momenti, ma non la butta brutalmente in caciara, preferendo una fruizione più ragionata, ed allora le missioni secondarie diventano importanti per il finale del gioco, non potenziare bene le proprie armi può diventare un problema serio man mano che si avanza. Proprio per questo suo carattere particolare e per la sua direzione artistica merita di stare tra i titoli Virtual Console più meritevoli, e non possiamo pensare che qualcuno non possa rimanere estasiato di fronte alla possibilità di mettersi al controllo di un maestoso mech.

Virtual Console Se avvertite un forte bisogno di devastazione videoludica i cinque titoli che vi abbiamo consigliato fanno al caso vostro, nessuno escluso. La loro varietà dovrebbe soddisfare tutti, tra titoli con approcci più tradizionali ad altri con un maggior componente platform ad altri un pelo più esplorativi: ma il focus dell’esperienza di gioco rimane sempre la distruzione totale e indiscriminata, declinata secondo alcuni degli esempi migliori di direzione artistica dell’epoca.