Ve lo ricordate Enslaved? Una bellissima avventura di Ninja Theory

Prima di DmC e Hellablade, Ninja Theory aveva pubblicato Enslaved Odyssey to the West, un gioco tanto bello quanto sfortunato. Ricordiamolo insieme.

Enslaved: ve lo ricordate?
Speciale: PlayStation 3
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Prima dell'ingresso all'interno della famiglia degli Xbox Game Studios, prima di Hellblade: Senua's Sacrifice e di DmC: Devil May Cry, la storia del team inglese Ninja Theory non è sempre stata costellata di grandi successi. C'è un gioco della software house di Cambridge che in particolare vorremmo ricordare insieme a voi, una chicca rimasta colpevolmente ignorata dai più che avrebbe meritato una considerazione ben diversa. Partiamo quindi alla riscoperta di Enslaved Odyssey to the West nella nostra rubrica intitolata "ve lo ricordate?", volta a riportare a galla alcune perle del passato (recente e remoto) dell'industria videoludica.

Viaggio in Occidente secondo Ninja Theory

Enslaved Odyssey to the West è un action-adventure originariamente pubblicato a ottobre 2010 su Xbox 360 e PlayStation 3. Si tratta di una reinterpretazione in salsa fantascientifica di Viaggio a Occidente, immortale classico della letteratura cinese che ha ispirato tra gli altri anche il manga Dragon Ball e il suggestivo videogioco indipendente cinese ancora in sviluppo Black Myth Wukong (a tal proposito vi consigliamo di leggere la nostra anteprima di Black Myth Wukong).

L'idea alla base dell'avventura di Monkey, lo scimmiesco guerriero protagonista della storia insieme alla bella Trip, è quella di ambientare il tutto in un suggestivo futuro post apocalittico in cui gli esseri umani si sono fondamentalmente estinti dopo un micidiale conflitto su scala globale, con la natura che ha inesorabilmente ripreso il controllo del pianeta. In un contesto in cui tantissime produzioni mosse dall'Unreal Engine 3 scimmiottavano il look di Gears of War e la sua palette virata sui toni del marrone, Enslaved aveva il coraggio di abbracciare con forza la gioia e la genuina bellezza dei colori.

Presentando scenari mozzafiato fatti di grattacieli devastati e interamente ricoperti di vegetazione, per un'idea di giungla urbana all'epoca davvero evocativa e originale. Il risultato era un contrasto stridente tra passato - ovvero il mondo che conosciamo oggi - e futuro, tra natura e tecnologia, tra uomo e macchina. Già, perché a popolare queste rovine abbandonate rimanevano solo e soltanto sferraglianti robot da combattimento, ulteriore e definitivo ricordo della dolorosa guerra totale.

Un gameplay tra forza e agilità

A livello ludico, Enslaved recuperava il concetto di dualismo tra i due personaggi principali nientemeno che da un titolo seminale come Ico. L'utente poteva controllare direttamente, con la classica visuale in terza persona, il nerboruto Monkey, mentre proprio come nell'opera di Fumito Ueda l'indifesa Trip andava protetta a ogni costo e scortata verso un'astratta idea di salvezza.

Monkey e Trip

Viaggio in Occidente in salsa futuristica

Se la giovane poteva essere impiegata per rispondere a semplici comandi, hackerare particolari elementi e in generale supportare rimanendo il più possibile in disparte, il protagonista era perfetto per menare le mani come in un action che rispetti. Un peculiare bastone capace di attaccare anche a distanza permetteva a Monkey di destreggiarsi in inferiorità numerica, anche grazie alla naturale agilità dello stesso - un tratto evidente anche durante le occasionali fasi di puro platforming.

Notevole tecnologia e grandi firme

Esattamente come già accaduto per Heavenly Sword, esclusiva PlayStation 3 che non ottenne il successo sperato e che anzi portò Ninja Theory a interrompere il suo rapporto diretto con Sony, anche Enslaved faceva largo uso del performance capture.

Una tecnologia che, anche grazie alla naturale espressività di Andy Serkis (il Gollum de il Signore degli Anelli, qui nei panni di Monkey) dava un'enfasi e un carattere deliziosamente cinematografico alla produzione in un'era in cui soluzioni simili non erano affatto lo standard. Da notare anche il coinvolgimento alla scrittura di Alex Garland, rinomato sceneggiatore inglese responsabile di 28 Giorni Dopo, The Beach e Sunshine, oltre che in seguito regista di Ex Machina e Annientamento. Un nome prestigioso, di cui in effetti si sente inequivocabilmente la presenza una volta arrivati allo sconvolgente finale del gioco. Enslave si concludeva in effetti con un colpo di scena tanto inatteso quanto difficile da dimenticare, che avrebbe idealmente dato il la a un secondo capitolo tutto da scoprire.

Un seguito che in realtà non vide mai la luce a causa delle performance del gioco, ritenute buone ma assolutamente non all'altezza delle aspettative del publisher Bandai Namco, che aveva fortemente creduto nel progetto. A poco servirono le convincenti recensioni della stampa: il pubblico non tributò mai a Monkey e Trip l'affetto che avrebbero meritato, neppure a tre anni di distanza, in occasione della pubblicazione su PC della Premium Edition (a tal proposito, vi consigliamo di rispolverare anche la nostra recensione di Enslaved).

Al di là di tutto, Enslaved: Odyssey to the West rimane un esperimento particolare e affascinante, che è comunque di certo servito ai Ninja di Cambridge per proseguire nel loro percorso di maturazione. Quanti di voi lo hanno giocato, e che ricordi ne avete a distanza di oltre dieci anni? Fatecelo sapere nello spazio riservato ai commenti.