Adr1ft: la prova con Oculus Rift

Dopo la nostra recensione di Adr1ft, siamo tornati a provare il simulatore spaziale di 505 games con la realtà virtuale di Oculus Rift, nausea e malessere ci attendevano dietro l'angolo: purtroppo terribilmente reali.

Adr1ft: la prova con Oculus Rift
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Disponibile per
  • Pc
  • PS4
  • Xbox One
  • Sono ormai più di dieci anni che lavoro con i videogiochi, e nonostante il susseguirsi di nuove tecnologie la mia passione è rimasta sempre inalterata, portandomi ad apprezzare il medium in ogni sua più piccola sfaccettatura. Dai primi giochi composti solo da qualche pixel, passando per le console più diffuse e per i giochi mobile, fino ad arrivare alle produzioni più sfarzose su PC ultra-pompati, ogni singola esperienza ha saputo lasciarmi qualcosa di positivo. Qualsiasi prodotto, per quanto mal riuscito potesse essere, mi ha comunque fatto passare delle ore spensierate, e mai ho deciso di smettere di giocare perché il mio corpo stava rispondendo in maniera problematica. Tutto questo fino all'arrivo della realtà virtuale. Negli ultimi due anni, con la diffusione massiccia dei visori, mi è capitato sempre più spesso per lavoro di dovermi sorbire tech demo non proprio ottimizzate, arrivando addirittura a sentirmi male in diverse occasioni. Oculus è stata la periferica che più di ogni altra mi ha dato grossi problemi di nausea e disorientamento, e lì ho iniziato a ragionare su quanto potesse essere corretto immettere sul mercato uno strumento non ancora evidentemente pronto per il grande pubblico, o per lo meno non "universale". È una riflessione personale, su cui ho pensato a lungo e svariate volte, tanto da decidere di scrivere i pezzi sulla realtà virtuale in prima persona. Quella con la VR, del resto, è un'esperienza intima, personalissima, e nessuno, al momento, può spiegarvi davvero quanto può essere entusiasmante, divertente o al contrario insipido passare mezz'ora con quel caschetto in testa: dovete per forza provarlo sulla vostra pelle.

    Siamo solo all'inizio

    Mi sono sempre confrontato con i colleghi durante le prove dei giochi e, quando si parla di VR, le prime domande che saltano fuori sono relative allo stato fisico durante la prova. "Come ti senti?", "Sei stato male?" o la peggiore di tutte:"Sei riuscito ad arrivare in fondo alla demo?". Ognuna di queste domande esula dal lavoro di critica videoludica, entrando in un ambito che non dovrebbe riguardare i prodotti in senso stretto. La realtà virtuale, specialmente Oculus, non è una tecnologia matura ed è impensabile che un soggetto sano possa sentirsi male solo per aver indossato un caschetto per una decina di minuti. Questa tecnologia, allo stato attuale dei fatti, presenta fortissime controindicazioni e troppe variabili, e la mia considerazione ultima è che ogni esperienza di gioco sia davvero troppo legata alla persona che ha effettuato la prova per poter essere poi "esportata" indistintamente a tutti gli altri videogiocatori. Speravo che con l'arrivo della versione consumer questo problema sarebbe passato in secondo piano e la prova del nove è arrivata solo qualche giorno fa, quando Halifax ci ha invitati a provare nei suoi uffici la versione completa di Adr1ft attraverso gli occhi di Oculus. Tutte le mie più tetre paure si sono nuovamente materializzate.

    Sarebbe impreciso dire che tutti i giochi provati in precedenza con Oculus mi hanno fatto stare male, ma un paio di demo non andate esattamente per il verso giusto hanno fatto in modo che il mio corpo, alla sola visione di quel marchingegno infernale, inizi a prepararsi al peggio. Il caschetto indossato in questa sua versione, fortunatamente, è molto più comodo di quelli precedenti e anche particolarmente più leggero. Le cuffie integrate svolgono bene il lavoro di isolamento acustico necessario per calarsi completamente all'interno del prodotto, e il visore ben si adatta al volto, non facendo filtrare alcuna luce dall'esterno senza comprimere in maniera eccessiva la faccia. Adr1ft mi accoglie nel peggiore dei modi, sballottandomi da una parte all'altra tra i relitti di una base spaziale, dandomi un benvenuto non esattamente dei più tranquilli. Le budella però sono al loro posto e tutto, almeno per i primi minuti, sembra essere nella norma. Il disorientamento è comunque palpabile e la sensazione di non essere esattamente a mio agio con il caschetto in testa è molto forte. Sapere di avere un controller in mano, inoltre, fa perdere qualcosa nell'immedesimazione, dal momento che vediamo le mani del nostro alter ego virtuale che sono invece libere: un difetto che mai ho sentito con HTC VIVE, ad esempio. Dopo qualche minuto per riorganizzare le idee ho deciso di muovere, molto cautamente, i primi passi nella stazione spaziale e l'impatto è stato devastante. Quando muovere la testa sposta la visuale, ma è uno degli stick analogici a controllare la torsione del corpo e della testa virtuali, il disastro è pressoché garantito, costringendomi ad effettuare una rotazione davvero lentissima per non stare male quasi immediatamente. Ho passato i primi dieci minuti cercando di ambientarmi, per lasciare che il mio cervello capisse che era tutta una finzione, ma il corpo continuava a rispondere come se fossi stato completamente ubriaco. Dopo svariati tentativi con la concentrazione ai massimi livelli per analizzare il gioco le cose hanno iniziato a funzionare leggermente meglio e ho anche iniziato a prendere la mano con Adr1ft.

    Il simulatore di 505 Games non ha mostrato però grandissime doti tecniche. L'aggancio degli oggetti avveniva in maniera troppo automatizzata e la qualità grafica comunque non era delle migliori se pensiamo ai dettagli raggiungibili con quel mostro di PC che stava facendo girare il titolo. Il frame rate, fortunatamente, era piuttosto stabile, ma osservando i dettagli con attenzione emergevano davvero una quantità abnorme di piccoli artefatti legati alla matrice di pixel degli schermi di Oculus; problemi che su schermo piatto non si sarebbero mai mostrati.
    Un altro problema sorto con Adr1ft e al quale non avevo ancora pensato è relativo alla differenza tra altezza "reale" e virtuale. Sostanzialmente il nostro cervello conosce la nostra altezza, altezza che però è differente da quella dell'avatar in gioco, costringendoci ad adattarci a dimensioni alle quali non siamo assolutamente abituati e che mi ha portato in questa demo ad urtare con la testa o con le gambe portelloni dentro i quali invece pensavo tranquillamente di passare o viceversa; un altro elemento che da oggi terrò sotto controllo durante l'analisi dei prodotti su Oculus con movimento libero.

    ADR1FT La mia prova con Adr1ft non è stata indubbiamente delle migliori. Nausea, sensazione di calore e vertigini durante un test di trenta minuti non possono assolutamente essere tollerati per un prodotto che dovrebbe intrattenere e divertire. Come se non bastasse, questa breve esperienza mi è bastata per vedere tantissimi piccoli problemi tecnici che ancora devono essere risolti dagli sviluppatori. Comunque non mi arrendo: la sfida con Oculus e con la strana "VR sickness" è al momento rimandata. Sperando ovviamente che il prossimo titolo sia un simulatore di bevute di cocktail su una spiaggia caraibica. In ogni caso, per almeno un mese di realtà virtuale, gravità zero e viaggi spaziali non ne voglio più sapere nulla.

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