Aracnofobia e videogiochi: chi ha paura dei ragni?

Se avete paura dei ragni, continuate a leggere: potreste ritrovarvi in alcuni di questi racconti e molti titoli citati avranno terrorizzato anche voi...

Aracnofobia e videogiochi: chi ha paura dei ragni?
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Se avete paura dei ragni, questo è lo speciale che fa per voi: potreste ritrovarvi in alcuni di questi racconti e molti titoli tra quelli citati avranno terrorizzato anche voi, forse al punto da farvi appoggiare con profonda frustrazione il controller, con il battito accelerato e qualche sudore freddo.
Se invece non siete aracnofobici, probabilmente farete fatica a capire cosa si prova quando due file di zampe sottili escono dall'ombra, congelando il giocatore.

Le origini

Non so come e quando sia iniziata la mia paura: nella mia mente ci sono alcuni ricordi confusi, a loro modo complementari e conflittuali.
Se mi sforzo per provare a tornare indietro nel tempo, in un periodo difficilmente collocabile della mia infanzia, affiorano colori e sensazioni vaghe e che stanno sbiadendo: correvo in un prato, credo non lontano dalla casa dei miei nonni materni, e al limitare della pianura erbosa di estendeva un bosco. Nella foga dello slancio mi ero fatto largo all'interno di un folto cespuglio, spostando le fronde con le mani. Improvvisamente eccolo lì, al centro di una tela tesa tra la vegetazione: è grande, stranamente colorato e oscilla ritmicamente al centro del suo nido. Le sue dimensioni sono probabilmente alterate dal fatto che sta oscillando a pochi centimetri dal mio naso, così vicino da obbligarmi a incrociare gli occhi per metterlo del tutto a fuoco. Non fa nulla, è immobile, mentre cavalca i movimenti ritmici che devo avere impresso alla ragnatela muovendo improvvisamente il cespuglio: probabilmente non mi percepisce come una minaccia, malgrado l'irruenza, mentre in me accende qualcosa, probabilmente i ricettori di una paura che era presente ma sopita. E che da quel giorno non mi ha più abbandonato.
Devo aver urlato, forse il mio corpo si è mosso all'indietro, istintivamente, senza che io potessi oppormi o avere davvero la percezione di cosa stava accadendo.

È successo davvero? Oppure si tratta di un episodio che la mia mente ha costruito per giustificare un terrore così radicato, in grado di far scattare i muscoli in maniera quasi autonoma, per fuggire ad ogni avvistamento il più rapidamente possibile?
Me lo sono domandato più volte e onestamente non so darmi una risposta: sono passate decine di anni e quella paura è ancora presente, annidata sotto la pelle e sempre pronta a scattare, tanto nella vita reale quanto davanti a uno schermo o indossando un visore VR.

I meccanismi della paura

Storicamente il genere horror è sempre stato ben rappresentato all'interno del mercato dei videogiochi: da pietre miliari come il primo Alone in the Dark fino ad arrivare al recente settimo capitolo di Resident Evil, l'horror non solo è sopravvissuto al salto dal cinema ad un media interattivo, ma ha guadagnato molto in termini di impatto e coinvolgimento.
I mezzi con i quali si riesce a suscitare sentimenti che vanno dalla tensione al terrore sono evoluti di pari passo con l'estro dei designer e le potenza di elaborazione di PC e console, ma i protagonisti sono mediamente rimasti gli stessi: mostri di vario tipo, zombie e, ovviamente... ragni.

Questi ultimi hanno però avuto una marcia in più perché sono esseri che esistono sul nostro pianeta - anche se molti di noi ne farebbero volentieri a meno - e quindi riescono a solleticare una delle paure primordiali e incontrollabili, ben superiore a quella del buio, che spesso sparisce progressivamente con l'età.
Ecco quindi che i videogiochi hanno sempre fatto largo uso degli infausti animali ad otto zampe, spesso utilizzandoli come soluzione più semplice per spaventare il giocatore, facendo leva sulla diffusione così ampia della fobia a loro collegata.

Pensateci bene: il primo Resident Evil stipava l'ormai celebre mansion di umani trasformati in zombie, ci aggiungeva qualche cane che aveva subito lo stesso destino (e amava sfondare le finestre con un tempismo a dir poco perfido) ma, quando le idee stavano per finire, recuperava un paio di innocui aracnidi, li gonfiava oltre misura giustificando la mutazione grazie al virus sviluppato da Umbrella Corporation e te li faceva trovare in una stanza le cui dimensioni portavano quasi certamente al contatto fisico: un incontro che mi ha fatto lanciare fisicamente il controller per lo spavento, appena mi sono reso conto che ciò che si muoveva sul soffitto era un ragno (il pad si salvato in extremis grazie al cavo che lo collegava al primo modello di PlayStation).

Vogliamo poi parlare di Skyrim? È il titolo più citato quando tra amici e conoscenti amanti dei videogiochi si decide di rivelare la propria fobia e credo di aver sentito la frase "allora non giocare a Skyrim" almeno una quindicina di volte negli ultimi anni.

Continuiamo con Demon's Souls, primo e ruvido esperimento di From Software prima dell'esplosione di popolarità ottenuta da Dark Souls: mi aggiravo in un cunicolo il cui fondo era immerso in un mix di nebbia (strategicamente piazzata per nascondere le carenze tecniche del gioco) e oscurità; improvvisamente sento un rumore sospetto e un getto di veleno verdognolo mi manca di poco, passando a fianco del mio già intimorito personaggio. Decido di proseguire, sfruttando i suoni per evitare di venire colpito, avanzando con circospezione senza riuscire a capire perché l'antagonista non si avvicini e, anzi, lasci a me l'onere di raggiungerlo. Quando finalmente la nebbia si è diradata, vedo un corpo che sembra sospeso nel vuoto e zampe che iniziano a muoversi, poco prima che le mie dita si muovano autonomamente e richiamino la dashboard di PlayStation 3, per poi chiudere il gioco senza salvare e non avviarlo mai più.

Vogliamo rimanere in ambito From Software? Che dire del trailer di Bloodborne, in grado di farmi dire subito e con forza "no, grazie" dopo meno di due minuti? Una veduta aerea di una città maestosa ma inquietante detta il mood dell'esclusiva Sony, alternando ambientazioni spettrali a creature fuoriuscite dai peggiori incubi. Ma la vera star è lui; un ragno gigante che scala una delle maestose e decadenti torri con noncuranza di ciò che accade al livello del suolo, puntando alla vetta e nascondendosi poi dietro al logo del gioco, che compare chiudendo uno dei trailer più raccapriccianti che io abbia mai avuto il dispiacere di vedere.

Altro video promozionale, altro titolo che non ho mai avuto il coraggio di provare, in quanto non so come evolve una specifica scena: in The Evil Within uno spaventato detective Castellanos cammina in un lugubre corridoio, raggiungendo una stanza immersa nella penombra, a metà tra una sala da thé e una camera operatoria; mentre l'occhio studia i contrasti una spaccatura simile ad una ferita si apre nel pavimento e una creatura umanoide ma con arti aggiuntivi simili alle tanto temute otto zampe emerge lentamente.

Un click sul pulsante di pausa del video, un altro sull'icona di chiusura della tab del browser: grazie YouTube ma per oggi ne ho avuto abbastanza. Non di solo horror si ciba l'immaginario aracnide del mondo dei videogiochi: fino a circa metà avventura Brothers era un mix malinconico ma riuscitissimo di ottimo game design, narrazione minimalista e puzzle da risolvere sfruttando la collaborazione dei due fratelli, nel tentativo di salvare il loro padre malato. Il senso del viaggio è trasmesso in maniera molto forte, ma quando la solitudine del duo viene interrotta dall'incontro con una ragazza, della quale il secondogenito si invaghirà quasi subito, è chiaro che qualcosa non va. Devo ricordarvi come è andata a finire e di come il fratello maggiore salverà il suo compagno di viaggio, strappando gli arti a quella... cosa?

I cunicoli di Metro 2033 sono un altro luogo ad alto tasso di ragnatele, visto lo stato di sostanziale abbandono in cui versa la metropolitana di Mosca dopo che la superficie esterna è stata devastata da armi nucleari. I sopravvissuti non si curano però troppo dei ragni e giocando al titolo ispirato al romanzo campione di incassi di Dmitrij Gluchovskij avremo ben altre preoccupazioni in termini di creature mutate da tenere a bada.

La presenza di un accendino nell'inventario di Metro Last Light, seguito nuovamente sviluppato da 4A Games, mi ha però provocato un brivido: a cosa servirà? Chiaramente a illuminare leggermente le zone più buie, ma l'amara verità è che la sua funzione primaria è bruciare le ragnatele che infestano la maggior parte dei cunicoli più stretti. Alla quarta occasione in cui sono stato obbligato a strisciare a terra, con quei piccoli bastardi che mi salivano su mani e braccia, non ce l'ho più fatta e non sono quindi mai riuscito a vedere il finale delle avventure di Artyom.

Se i ragni sono stati usati come soluzione semplice per far paura in tanti titoli del passato, nei quali le limitazioni tecnologiche obbligavano a scendere a compromessi, nemmeno le ultime innovazioni sono immuni alla presenza di tali abomini. In Farpoint un gruppo di astronauti si trova isolato e separato sulla superficie di un pianeta inospitale e mai esplorato prima; ovviamente a quale tipologia di animale ben noto sulla terra possono assomigliare le creature aliene che andremo a incontrare? E dire che imbracciare PlayStation AIM dona un certo senso di sicurezza, perché in VR la bianca periferica di Sony si trasforma in un massiccio e iper tecnologico fucile d'assalto. Inoltre la sequenza iniziale, che dopo il naufragio sulla superficie ci vede impegnati ad avanzare in mezzo ad una tempesta di sabbia nello strenuo tentativo di ritrovare i nostri compagni, lascia a bocca aperta e non fa presagire ciò che accadrà.

E invece le loro maledette zampette inizieranno a ticchettare tra le rocce poche decine di minuti dopo il nostro arrivo e mentre sentiremo il battito cardiaco accelerare e il corpo inondarsi di sudore - ovviamente non per il motion sickness, fenomeno praticamente assente nella produzione di Impulse Gear - inizieranno le loro manovre di avvicinamento, coronate da un bel salto mirato al viso una volta accorciate le distanze.
PlayStation AIM caduto a terra, visore sfilato dalla testa in un istante e anche Farpoint viene aggiunto alla lista degli intoccabili, quei giochi che veramente vorrei ma non posso, fisicamente.

videogiochi Se vi state chiedendo se la scrittura di questo speciale è stata sofferta, la risposta è chiaramente sì: ogni ricordo ha provocato un brivido, ogni dettaglio ha forzato la necessità di volgere lo sguardo verso la parete bianca e sgombra alla mia destra, per rendermi conto che è tutto nella mia testa, sono al sicuro e nella peggiore delle ipotesi la micia, vera regina della casa, farà pulizia di un eventuale quarto inquilino ben prima che io mi accorga della sua presenza, magari giocandoci un po' prima di ucciderlo. Se alcuni dei miei racconti dell'orrore videoludici sono poco chiari o non del tutto aderenti a ciò che effettivamente accade nei vari titoli, molto probabilmente è un effetto secondario della paura, in grado di sbiadire i ricordi e ostacolare il loro saldarsi nella mente, mandando a suo modo in tilt tanto la parte razionale quanto - e soprattutto! - quella inconscia. Sappiate anche che una volta pubblicato questo speciale non tornerò a rileggerlo, perché non l'avrò impaginato personalmente e quindi non so quali terribili immagini saranno state scelte a suo corredo. Quindi, se siete come me e volete svelarlo al mondo nei commenti, sarò lieto di leggerli passando dal forum. Se invece siete immuni a quelle bestiacce (o magari semplicemente dei portatori sani) abbiate pietà di noi, anche perché gli sviluppatori non mai stati troppo gentili e la voglia di fondare un "Movimento di Liberazione” per liberare i videogiochi dalla opprimente presenza degli aracnidi si fa sempre più concreta. A tutto c'è un limite: finché si tratta di horror possiamo ancora accettarlo, ma vedere Rayman vestito di rosa con tanto di parrucca, a cavallo di una tarantola in un vecchio artwork promozionale di Ubisoft, è un vero e proprio colpo basso.