Aspettando Dead Island 2: le origini del virus sull'isola di Banoi

In attesa di Dead Island 2, ripercorriamo le origini del franchise e scopriamo la natura del virus che ha seminato il panico in quel di Banoi.

Dead Island: le origini del virus #AD
Speciale: Multi
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  • Pc
  • PS4
  • Xbox One
  • Xbox One X
  • PS4 Pro
  • PS5
  • Xbox Series X
  • Ambientato in una Los Angeles piombata nel caos a seguito di un'apocalisse zombie, Dead Island 2 (di cui vi abbiamo parlato nel dettaglio nella nostra anteprima di Dead Island 2) ci chiamerà a fronteggiare orde di non morti con armi d'ogni sorta, che grazie a un avanzato sistema di danni deturperanno i nostri oppositori con dovizia di sanguinosi particolari. Il debutto di questa mattanza di ex umani a firma Dambuster Studios - previsto per il 28 aprile - è sempre più vicino ed è per questo che abbiamo voluto ripercorrere le origini del virus HK, e i motivi alla base del successo della serie, che le hanno permesso di distinguersi in un panorama che soprattutto al tempo del suo ingresso sul mercato non era certamente a corto di giochi di zombie.

    L'alba dell'orrore: il trailer d'annuncio e la lore del virus

    Quella del primo Dead Island, portato alla luce dai ragazzi di Techland, non è stata una gestazione facile o contenuta per tempistiche. Annunciato originariamente nell'agosto del 2007, il titolo è infatti scomparso dai radar per molto tempo - fino a lasciar credere di essere stato cancellato - salvo poi riapparire nel 2011 con un trailer destinato a scrivere una pagina importante di storia del videogioco (motivo per cui sono in molti a ricordarlo).

    Il filmato promozionale infatti si apriva col volto senza vita di una bambina, con le scioccanti immagini che venivano seguite dagli ultimi istanti della sua esistenza, in un commovente riavvolgimento degli eventi capace di tenere gli spettatori incollati allo schermo.

    La tragedia in "rewind" infatti mostrava il salvataggio della piccola - ormai già infetta - da parte del padre ma poi era proprio l'uomo, una volta morso al collo dalla ragazzina, a lanciarla nel vuoto, verso la morte. Ad assestare il colpo finale sul piano emotivo era la scena conclusiva, raffigurante l'allegra famigliola appena arrivata al resort dell'isola paradisiaca di Banoi, ignara del suo triste destino. Accompagnato da una musica malinconica, il trailer in CG non aveva poi molto a che fare con Dead Island, se escludiamo le ambientazioni s'intende, ma raggiunse l'obiettivo per cui era stato pensato: attrarre sul prodotto le attenzioni del pubblico. Le aspettative dei giocatori erano cresciute a dismisura e i ragazzi di Techland dovevano soddisfarle. Seppur non privo di difetti, soprattutto di natura tecnica, l'action adventure ha mostrato la bontà delle intuizioni del team, perché forte di un combattimento melee a dir poco soddisfacente e di scenari che lo separavano dal classico gioco di zombie. La profondità della narrazione, vista l'intenzione di dare un ruolo centrale ai sanguinosi massacri offerti, è stata via via ridotta in fase di sviluppo ma il gioco in realtà conteneva diversi collezionabili che ben esponevano le ragioni dietro l'infezione di massa.

    A tal proposito, forse non tutti sanno che gli addetti ai lavori si sono ispirati a "il Kuru" per giustificare i loro orridi mostri e, se pensiamo al fatto che questa malattia abbia colpito proprio una ristretta zona della Nuova Guinea - quindi nei pressi dell'immaginaria isola di Banoi in Dead Island - non stupisce la loro decisione di servirsene.

    Definita "la morte che ride" perché in grado di paralizzare i muscoli facciali, nonché di indurre atassia, tremori e disturbi della coscienza, fino all'esito fatale, la malattia che a metà degli anni '50 ha afflitto alcune tribù della Nuova Guinea era causata dai prioni, degli agenti infettivi trasmessi mediante il cannibalismo rituale praticato al tempo in quelle zone (fortunatamente oggi il Kuru è praticamente scomparso).

    Nel mondo di Dead Island, il patogeno HK è stato chiamato così da alcuni membri di Consortium, un'organizzazione dai malvagi scopi, perché al suo interno hanno trovato sia il ceppo dell'HIV che quello del Kuru. Trasmissibile attraverso il sangue e quindi le ferite, una volta all'interno di un organismo il virus entra in incubazione per ore o al massimo giorni e nel mentre l'infetto sperimenta un dolore indescrivibile, con le sue capacità mentali che si riducono progressivamente fino a impedirgli di parlare correttamente.

    Al momento della morte però l'uomo o la donna "stravolti" dal patogeno HK mantengono le capacità mentali primarie, diventando di fatto degli zombie guidati dall'istinto di cibarsi dei non contagiati.

    Dai più basilari Walker ai Thug, dei non morti più grossi e in perenne stato di rabbia, passando per i Floaters - capaci di sputare acido mortale - fino agli esplosivi Suiciders, che prima di saltare in aria chiedono aiuto alla vittima nelle vicinanze, tanti sono gli abomini creati dal patogeno HK. Giungiamo quindi alle varianti più pericolose in assoluto, a partire dai Butcher, muscolosi mostri dal volto scheletrico e le ossa delle braccia esposte e insolitamente affilate, che utilizzano per dilaniare le carni delle vittime.

    Ultimi ma non per importanza, i Ram sono dei colossi in camicia di forza in grado di spazzar via ogni ostacolo, "colleghi" zombie inclusi. In definitiva, visto anche che in parte si ispiravano alle creature del cinema di Romero ma anche di 28 Giorni Dopo, i nemici marcescenti avevano personalità da vendere.

    Il successo del primo capitolo e l'annuncio del suo sequel

    Dal paradisiaco resort d'inizio gioco, fino alla città in rovina - a causa di una sanguinosa guerra tra gang - e persino a una giungla, Dead Island offriva diversi teatri degli orrori, ricchi di personalità e possibilità offensive. Generate randomicamente e piazzate in determinati punti degli scenari, le armi melee erano le protagoniste indiscusse, al punto tale che le più classiche soluzioni da fuoco non erano disponibili per una buona porzione della campagna.

    Completando missioni e in sostanza qualsiasi attività offerta dall'open world, il personaggio di turno otteneva punti esperienza da spendere in diversi rami di abilità, così da tramutarsi in un sopravvissuto sempre più letale. In aggiunta però poteva darsi agli "attacchi d'arte" e modificare i suoi strumenti di morte improvvisati, con chiodi grossi e appuntiti, batterie per elettrificare un machete e, come da tradizione, le immancabili seghe circolari. Le armi si logoravano nel tempo e andavano riparate, è vero, ma sfoderarle contro i non morti generava del puro godimento, perché i singoli impatti, le lacerazioni e, in generale, i danni causati, venivano splendidamente gestiti e rappresentati, con ciascuno zombie che possedeva diversi strati di carne da ridurre a brandelli... con soddisfazione.

    In sostanza, scegliere l'esilarante rapper Sam B - un tank amante dei martelli - l'esperta di lame Xian, il tuttofare Logan o Purna, più dotata invece con le armi da fuoco, non cambiava la capacità di Dead Island di stampare sorrisi genuini sui volti di coloro che si davano alla mattanza dei morti viventi in quel di Banoi. Il fatto che la ricetta ludica fosse solida e divertente è stato ulteriormente avvalorato dai risultati commerciali del gioco, che ha venduto più di 5 milioni di copie.

    A seguito dell'uscita di Riptide, l'espansione standalone del primo capitolo e dello spin-off Escape Dead Island, non sviluppato più da Techland ma dal team svedese Fatshark, il franchise era pronto a ospitare un vero e proprio sequel, annunciato con un esilarante trailer molto più in linea coi toni della produzione rispetto allo storico teaser in CG dedicato al capostipite. Accompagnato dalle note di "The Bomb" di Pigeon John, il filmato mostrava un vanitoso e atletico individuo fare una corsetta con la musica nelle orecchie, mentre alle sue spalle i morti viventi seminavano il panico in città.

    Sviluppato in origine da Yager, il titolo è passato prima nelle mani di Sumo Digital nel 2016 - l'anno del debutto della ricca Dead Island: Definitive Edition (qui la nostra recensione di Dead Island Definitive Edition - e poi di Dambuster Studios, un team interno di Deep Silver formato da veterani dell'industry.

    Il "nuovo" Dead Island 2

    Il Dead Island 2 di Dambuster ha fatto bella mostra di sé allo show d'apertura della Gamescom 2022, con un esplosivo video di gameplay che ci ha permesso di dare un'occhiata al variegato combat system alla base del massacro di non morti a Los Angeles, il setting dell'avventura. La riproduzione virtuale della Città degli Angeli, da Beverly Hills fino alle rive di Santa Monica, sarà piena zeppa di ville da sogno, hotel ormai "gestiti" da mostri assetati di sangue e carne e bar in cui trovare ristoro e scambiare due chiacchiere coi folli comprimari del gioco.

    Nei panni di Amy e Jacob dovremo fronteggiare quello che nell'ultimo video di gameplay è stato definito uno "Zombpokedex", termine che ben indica la grande varietà estetica e ludica che caratterizza questi opponenti in decomposizione. Oltre ai dropkick in corsa e alle eliminazioni ambientali, le armi corpo a corpo torneranno a essere le grandi protagoniste dell'esperienza, tra grossi martelli, katane, coltellacci e attrezzi ninja, che neanche a dirlo potremo modificare con appositi giocattolini capaci di renderle formidabili in battaglia. Complice una gestione localizzata dei danni ad alta precisione, chiamata sistema F.L.A.S.H, ci aspettiamo grandi cose da questo aspetto dell'esperienza, che se dovesse poggiare anche su di un level design efficace potrebbe ridestare la voglia di darsi ai massacri di zombie anche in coloro in cui si era sopita. Mancano pochi mesi all'appuntamento col lungamente atteso Dead Island 2 e noi stiamo già affilando le lame e spolverando i martelli per non farci cogliere impreparati.

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