Da Assassin's Creed 2 a Valiant Hearts: c'era una volta Ubisoft

La proposta ludica di Ubisoft sta vivendo un momento non facile: ecco perché abbiamo ripensato a quando le sue fucine creative ci facevano sognare.

C'era una volta Ubisoft
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Ubisoft è una delle principali major del gaming e attualmente sta vivendo un momento che non è dei più sereni. Produzioni come Avatar: Frontiers of Pandora e il remake di PoP: Le Sabbie del Tempo, il cui sviluppo è passato nelle mani del team di Montreal, sono state rinviate a data da destinarsi, mentre di alcune - pensiamo all'atteso Beyond Good & Evil 2 - si sono un po' perse le tracce. A settembre ci verrà svelato il futuro di Assassin's Creed ma tra le cancellazioni e i dubbi che aleggiano su progetti come Skull and Bones (qui la nostra anteprima di Skull and Bones), la preoccupazione dell'utenza circa lo stato del colosso appare più che motivata.

Detto questo, Ubisoft ci ha regalato delle perle inestimabili, di varia natura e dimensione: da Assassin's Creed II a Valiant Hearts: The Great War, il nostro scopo non è quello di elencarle tutte ma soltanto di ricordare che negli anni le fucine creative della compagnia francese sono riuscite a sorprenderci a più riprese, sperando che possano tornare a farlo nel prossimo futuro.

Far Cry 3: Blood Dragon

Dopo un secondo episodio straordinariamente avanzato sul fronte tecnologico e il suo sequel, che tramite il suo psicotico villain ci ha fatto conoscere la vera definizione di "follia", Ubisoft ha stregato i patiti degli shooter sopra le righe con un'espansione standalone a dir poco fuori di testa, ambientata in una versione del futuro da VHS anni '80. Tra i tutorial pensati per sminuire la loro stessa utilità, la chiara presa in giro al "badass" statunitense e una quantità smodata di cliché - tutti rigorosamente voluti - Blood Dragon ha chiamato i giocatori a impersonare Rex "Power" Colt, un soldato cyborg incaricato di sventare i piani di colui che una volta era stato il suo superiore: il Colonnello Sloan.

Nelle vene dell'esperienza scorreva il sangue del B-movie e ciò era evincibile perfino dalle animazioni di ricarica delle armi. Migliorabili tramite il completamento di semplici missioni secondarie e la raccolta di collezionabili - attività questa nata per prendersi gioco delle famigerate piume e bandierine di Assassin's Creed - gli strumenti di morte diventavano ancor più grossi, potenti e tamarri ma impallidivano di fronte alla possibilità di scatenare la furia dei Blood Dragon.

Questi bestioni dai colpi energetici a base nucleare mettevano a ferro e a fuoco gli insediamenti occupati dagli sgherri di Sloan e potevano essere direzionati col giusto "osso": i cybercuori appena strappati agli avversari. Se a ciò aggiungiamo una colonna sonora che ha guadagnato un posto di diritto tra le più ispirate di sempre e un finale spettacolare e fieramente cafone, che chiudeva in bellezza gli eventi di questo piccolo gioiello, capirete perché abbiamo deciso di dargli spazio. Vi abbiamo incuriosito? Recuperate la recensione di Far Cry 3 Blood Dragon.

Child of Light

Ispirato allo stile artistico dello Studio Ghibli e del grande Yoshitaka Amano, Child of Light è stato realizzato con l'UbiArt Framework, lo stesso engine che ha dato vita anche ad alcune tra le migliori incarnazioni di Rayman. Forte di una splendida colonna sonora definita dal Director Patrick Plourde come fresca, romantica e ottimistica, questo poema giocabile parzialmente basato sulla celebre fiaba de La Bella Addormentata ha lasciato il segno nei giocatori che lo hanno vissuto e il perché è presto detto.

Incorniciato da una splendida presentazione visiva con schermate bidimensionali disegnate a mano e dai colori tenui, il viaggio di Aurora ha avuto inizio a seguito del suo misterioso risveglio nelle terre di Lemuria, un mondo connesso a quello da cui la giovane proveniva attraverso un misterioso specchio.

Per tornare a casa da suo padre, la nobile si armava di una spada per combattere i nemici, in quella che era una classica esperienza RPG che offriva la possibilità di battagliare al fianco di un compagno. Oltre al dover alternare i colpi fisici e magici e a intuire le debolezze degli avversari, ci si poteva librare in aria per esplorare in lungo e in largo quello che era un contesto ludico di rara bellezza, una terra dai toni onirici popolata da strani personaggi e avvolta dal medesimo alone di mistero di una fiaba.

Assassin's Creed II

Forte di un immaginario assolutamente incredibile, di una serie di indovinate idee di game design e - più d'ogni altra cosa - capace di valorizzare ambientazioni viste molto di rado in altre grandi IP, il franchise di Assassin's Creed è ancora oggi un caposaldo della proposta di Ubisoft e, nel periodo immediatamente successivo al debutto, era un simbolo della creatività che permeava i giochi della compagnia. Ancor più del capostipite della saga degli assassini, è il secondo capitolo ad aver fatto innamorare milioni di giocatori, per molteplici ragioni.

Sul palco dell'E3 2009, il geniale Patrice Désilets (per approfondire, ecco lo speciale sulla carriera di Patrice Désilets) ha presentato al mondo Ezio Auditore da Firenze, un nobile fiorentino che suo malgrado abbracciava il credo del padre assassinato per vendicarlo, il tutto in un setting storico d'eccezione: il Rinascimento italiano. Mentre accresceva le proprie abilità, il giovane visitava anche Venezia, Forlì, San Gimignano, Monteriggioni - dove sorgeva la Villa Auditore - e altre città dall'altissimo valore storico, che hanno saputo incantare il pubblico internazionale grazie ai rispettivi monumenti e all'aura di mistero che le permeava. Dalla grande varietà delle missioni principali, che ad esempio chiamavano Ezio a usare la Macchina Volante di Leonardo Da Vinci o ad adottare strategie ardite per intrufolarsi in strutture sorvegliate, fino alla minaccia dei Borgia e alla rinnovata importanza della Prima Civilizzazione sul fronte degli sviluppi di trama, Assassin's Creed II era (ed è) una perla, l'esempio perfetto di come creare un sequel capace di espandere in ogni senso le conquiste del suo predecessore.

Beyond Good & Evil

Dopo anni spesi a occuparsi di Rayman, Michel Ancel voleva passare ad altro e dar vita a un intero universo che potesse far sentire il giocatore un curioso esploratore in un'esperienza all'insegna della libertà d'azione. Per creare qualcosa di davvero memorabile, il Director ha partorito dei personaggi deliziosamente caratterizzati e ha conferito un ritmo cinematografico al dipanarsi degli eventi.

Ispiratosi alle opere di Miyazaki (badate bene, parliamo di Hayao) e a eventi storici, politici e culturali del tempo, incluse le conseguenze dell'11 Settembre, Michel ha regalato agli appassionati una space adventure a base di puzzle solving, sezioni stealth e combattimenti pensati per mettere in mostra le capacità da artista marziale di Jade, la foto reporter protagonista di Beyond Good & Evil.

A tal proposito, la giovane era ispirata proprio alla moglie del creativo, il quale voleva assicurarsi che i giocatori potessero identificarsi nel personaggio. Ambientata nell'anno 2435 sul pianeta Hillys, situato in un angolo remoto della galassia, l'avventura vedeva Jade ricorrere all'aiuto di particolari compagni, degli animali antropomorfi diventati un tratto caratteristico dell'universo di Ancel.

Il primo fra questi è certamente Pey'j, lo zio adottivo e protettore della protagonista dalle sembianze di un cinghiale. Coloro che hanno sventato la minaccia aliena dei DomZ nei panni di Jade ne serbano certamente un bel ricordo e ci auguriamo che, quando farà il suo debutto, Beyond Good & Evil 2 possa riuscire a generarne degli altri, possibilmente ancor più vividi.

Valiant Hearts The Great War

Il Valiant Hearts di Ubisoft Montepellier è ad oggi una delle produzioni più particolari dell'intero catalogo del colosso, un'idea partorita per far vivere ai giocatori vicende d'umanità immerse nella bruttura della Prima Guerra Mondiale. Toccati dalle storie dei propri avi, i creativi volevano ultimare l'avventura in tempo per il centenario del conflitto e renderla il più possibile "radicata nella storia".

Per raggiungere lo scopo, hanno ascoltato testimonianze dirette, studiato lettere scritte dai soldati e compiuto viaggi in Francia per esplorare le vecchie trincee. Tra le informazioni raccolte e tradotte in collezionabili e la collaborazione coi produttori di un famoso documentario dedicato alla Grande Guerra, il viaggio dei quattro protagonisti al centro degli eventi narrati è stato portato a schermo in modo impeccabile.

Il titolo di Ubisoft non nascondeva alcun dettaglio, dall'impiego disastroso dei gas, alle maschere fatte con panni bagnati di urina ed esponeva quanto fosse spietata la guerra di trincea. Lo stile grafico cartoonesco, approntato col già citato UbiArt Framework non rendeva assolutamente più facili da digerire le situazioni proposte, peraltro basate sull'idea - assolutamente indovinata - di non permettere ai protagonisti di uccidere qualcuno, così da non compromettere la potenza del messaggio di base.

La struttura da puzzle/platform bidimensionale, sempre e rigorosamente al servizio della narrazione, ha reso l'esperienza accessibile a utenti di tutte le abilità, un tratto questo che ancora una volta testimonia il valore concettuale di un'opera fortemente voluta dai suoi creatori. Per approfondire vi rimandiamo alla recensione di Valiant Hearts The Great War.