Battlefield 1: Il Realismo dell'Ambientazione - Avanti Savoia e i carri inglesi

Il titolo DICE ci offre uno spaccato, romanzato ma molto curato, del primo conflitto mondiale. Quali sono i fatti storici a cui si sono ispirati?

Battlefield 1: Il Realismo dell'Ambientazione - Avanti Savoia e i carri inglesi
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  • Pc
  • PS4
  • Xbox One
  • Il periodo che va dal 1914 al 1918 fu, probabilmente, il più buio della storia dell'umanità. Un momento storico che racchiude un conflitto crudele, che ha mietuto milioni di vittime senza far distinzione di bandiera o credo. Una guerra che doveva porre fine a tutti i conflitti e che, invece, non fece altro altro che gettare i semi di una nuova discordia. Una tragedia raccontata in modo toccante e delicato anche da Ubisoft, con il suo indimenticabile Valiant Hearts.
    La Vecchia Europa, storicamente una polveriera pronta a saltare in aria, portava ancora le ferite di guerre civili, invasioni e sommosse avvenute nel corso dell'Ottocento. Interi imperi traballavano, alleanze e accordi saltavano per motivi futili ed esisteva sempre un casus belli da sfruttare per invadere il vicino. La Francia voleva la rivincita sui prussiani dopo i fatti del 1870 intendendo riappropriarsi dell'Alsazia e la Lorena. L'Austria-Ungheria e la Russia, invece, speravano di risolvere le loro difficoltà interne rivolgendo le loro mire all'esterno dei propri confini, con una politica estera particolarmente aggressiva che potesse unificare la poliedrica congerie di etnie sotto un'unica bandiera.

    In questo quadro esplosivo, nei primi anni del '900 l'eccezionale sviluppo industriale mise a disposizione della maggior parte delle nazioni una quantità indescrivibile di innovazioni, tanto in campo civile quanto in ambito militare. Proprio i progressi in campo bellico raggiunsero in pochissimo tempo un livello tecnologico mai visto prima d'allora, mettendo in crisi ogni teoria fondata ancora su una concezione napoleonica della guerra. Assalti all'arma bianca e lento stillicidio dell'avversario, insomma, imperavano tanto da caratterizzare l'immobilismo dei primi anni di guerra. Armi automatiche, armi chimiche, i primi pesanti carri armati e l'aviazione furono sfruttati per la prima volta sul campo di battaglia, raggiungendo il loro apice quando, però, i giochi erano ormai fatti. DICE, in modo molto intelligente, ha scelto proprio le fasi finali del conflitto come setting per il suo nuovo sparatutto. In particolare la campagna "antologica", con i suoi sei diversi protagonisti, ha il merito di offrirci uno sguardo a tutto tondo - seppur, ovviamente, molto romanzato e profilato sugli standard del genere - delle vicende belliche occorse un secolo fa. Dunque, da dove ha tratto ispirazione la software house svedese per la campagna di Battlefield 1? Iniziamo a esplorare le prime due mini campagne del titolo DICE.

    Gloria a voi, soldati del Grappa

    Non potevamo che partire dalla storia a noi più "vicina", ovvero quella di un giovane Ardito in azione durante l'offensiva italiana sul Monte Grappa. Sequenza che, come saprete, di recente ha dato adito a una polemica tutta italiana infarcita dal consueto sdegno per la spettacolarizzazione (o, meglio, presunta banalizzazione) della guerra vista attraverso il videogioco, definito come una forma espressiva "deviata". Una mancanza di rispetto, insomma, per il territorio e i suoi caduti. Chissà cosa avrebbero da dire i tedeschi, gli inglesi, i francesi sul punto. Invece, in Avanti Savoia si sono viste unicamente l'eroismo e l'incrollabile tenacia di un esercito decimato, mal equipaggiato (e ancor peggio addestrato) capace di respingere il nemico dalla terra patria.
    A ogni modo, chi scrive è nato e cresciuto alle pendici del Sacro Monte e quello presentatoci da DICE, va detto, non è esattamente il profilo del Grappa. Nonostante la finzione scenica, basta fare un giro lungo le linee di difesa tra Trentino e Veneto per apprezzare lo sforzo "ricostruttivo" del team di sviluppo. Inoltre, non dobbiamo dimenticare che un videogioco, fruito potenzialmente da milioni di giocatori in tutto il mondo, dà l'opportunità di conoscere (o, almeno, incuriosire) su una vicenda bellica che fu tra le più importanti del fronte italiano, assieme alla Battaglia degli Altipiani, Caporetto e Vittorio Veneto.
    La conquista del Grappa, infatti, avrebbe consentito agli austo-ungarici di dilagare nella sottostante pianura veneta e colpire alle spalle lo spossato schieramento italiano attestato sul Piave. Tre furono le battaglie combattute sul Grappa; l'ultima, quella decisiva in cui gli italiani contrattaccarono, ha ispirato gli sviluppatori che hanno messo in scena una toccante storia di amore fraterno ed eroismo non mancando di sottolineare che tra quei soldati, molti appartenevano a quella generazione perduta conosciuta come i "Ragazzi del '99".

    DICE cala la storia di Luca, volontario combattente delle Fiamme Nere, in un contesto verosimile ovviamente non tanto per ciò che concerne elementi di contorno, come la frenesia del combattimento e l'improbabile massiccia presenza dell'aviazione austro-ungarica, quanto per l'accuratezza storica della ricostruzione relativa alle trincee, alle fortificazioni in cemento armato con gli imponenti obici, sino alle armi ed equipaggiamento effettivamente in dotazione all'esercito sabaudo in quei giorni. Come probabilmente avrete notato, i soldati indossano le uniformi tipiche dei reparti Arditi del periodo, così come i tedeschi, con le loro uniformi tessute con l'ortica e l'elmetto Stahlhelm privo del tipico chiodo sulla sommità. In particolare, il protagonista di questo diario di guerra indossa una variante rivisitata di un tipo di corazza chiamato "Farina" che, secondo il progettista, avrebbe consentito un'azione audace in prima linea tesa soprattutto a sabotare i reticolati nemici. Certo, non esattamente come abbiamo visto fare al nostro alter ego digitale. Questo tipo di protezione, molto simile a un'armatura medievale, in realtà pesava non meno di trenta chili (elmo escluso, che ne aggiungeva altri cinque) e poteva fermare unicamente i proiettili di piccolo calibro sparati da una distanza superiore ai cento metri. Pensate al disagio del soldato, che si trovava a indossare un peso del genere (oltre all'uniforme e alle giberne), imbracciando un'arma muovendosi su un terreno dissestato. Comunque, tale tipo di corazza fu estremamente raro; basti pensare che un corpo d'armata ne poteva contare solamente una decina in tutto. Storicamente accurate sono anche le armi, come la mitragliatrice Villar Perosa: considerata la prima pistola mitragliatrice della storia, in dotazione proprio ai reparti d'assalto italiani verso la fine della guerra. A questo proposito, vi consigliamo la lettura de "Un anno sull'Altipiano" di Emilio Lussu e la visione, su tutti, del film "Uomini Contro" del 1970 diretto da Francesco Rosi.

    Sangue e Fango

    Il secondo Diario di Guerra che vogliamo affrontare ci porta sul fronte occidentale, verso Cambrai, dove l'esercito britannico impiegò per la prima volta in modo massiccio oltre quattrocento carri armati che riuscirono a spezzare la linea di difesa tedesca "Sigfrido". La vicenda umana vissuta in Sangue e Fango è forse una delle migliori raccontate in Battlefield 1 e ci permette di conoscere un po' di più sui primi cingolati, che portarono morte e devastazione sul campo di battaglia, superando così l'impasse causato da anni di immobilismo con trincee e postazioni fisse.

    I primi carri armati, come abbiamo potuto sperimentare in modo molto semplificato nel titolo DICE, non erano altro che pesanti scatole di acciaio quasi impossibili da manovrare (d'altronde venivano utilizzati più per difendersi che per attaccare) a cui venivano aggiunte su ogni lato armi di qualsiasi foggia, prendendo spunto dai progetti della macchina da guerra di Leonardo.
    Nonostante i carri armati fossero stati progettati dagli inglesi per raggiungere un vantaggio tattico nel corso della battaglia della Somme, il terreno fangoso e accidentato non consentì di sfruttare i pesanti mezzi che, successivamente, furono dirottati verso Cambrai confidando in una conformazione territoriale più solida e favorevole. E funzionò. A questo proposito, sarebbe stato interessante analizzare ciò che accadde tra le file germaniche, visto che proprio in quei giorni, sopra Cambrai, la RAF era impegnata in una strenua lotta con i triplani della squadriglia del Barone Rosso.

    I protagonisti principali di questo "diario di guerra" sono due carri armati: il Mark I, utilizzato dai carristi inglesi per oltrepassare la terra di nessuno sfondando la prima linea nemica, e il mastodontico juggernaut tedesco A7V (conosciuto simpaticamente come "anatra seduta"), che ci darà del filo da torcere verso la fine del capitolo.
    Quest'ultimo entrò in produzione (peraltro con una commessa di appena un centinaio di esemplari) solamente verso la fine della guerra e, nonostante l'enorme stazza (la corazza era spessa il doppio rispetto ai più "leggeri" corazzati inglesi) e il fornitissimo arsenale disposto su ogni lato, non fu mai in grado di rivaleggiare con i più evoluti cingolati alleati, i quali avevano circa due anni di vantaggio sullo sviluppo.
    Sangue e Fango ci consente, inoltre, di "vivere" uno spaccato delle dure condizioni in cui carristi erano costretti a convivere in uno spazio angusto in mezzo a munizioni, scarichi dei rumorosissimi motori a benzina e altri odori di natura più o meno organica. Il carro armato rappresentava, insomma, la loro casa; molto spesso la loro tomba d'acciaio. Persino la presenza di un piccione evidenzia il grande paradosso tra l'avvento di una tecnologia rivoluzionaria in grado di cambiare il futuro della guerra e un mezzo di comunicazione ultra secolare.
    Un film sull'argomento che ci sentiamo di consigliarvi è, ovviamente, Fury. Non importa se le vicende raccontate dalla pellicola prendono piede durante la Seconda Guerra Mondiale. Come ben sapete la guerra, la guerra non cambia mai.

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