Battlefield 1: Il realismo dell'ambientazione - Tra cielo e terra

Terzo e ultimo appuntamento dedicato all'ambientazione del nuovo sparatutto DICE e incentrato sugli Harlem Hellfighters e sul dominio dei cieli.

Battlefield 1: Il realismo dell'ambientazione - Tra cielo e terra
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Disponibile per
  • Pc
  • PS4
  • Xbox One
  • Battlefield 1 è ormai giunto sul mercato da un po' e, nonostante l'arrivo di un paio di concorrenti - tra cui, purtroppo, il compagno di scuderia Titanfall 2 -, si sta difendendo egregiamente. La sempre attiva community popola i server di gioco spendendo centinaia di migliaia di ore sui campi di battaglia della Prima Guerra Mondiale. Noi, nel corso delle scorse settimane, saltando dalla foresta delle Argonne al Monte Grappa sino all'arido teatro bellico mediorientale, ci siamo presi un po' di tempo per analizzare in modo approfondito la "fedeltà storica" dell'ultimo lavoro firmato DICE. Come ben sapete, la campagna "antologica" messa a punto dal team di sviluppo scandinavo, si compone di sei capitoli che offrono uno spaccato - ovviamente romanzato - di alcuni tra i principali episodi che caratterizzarono il primo conflitto mondiale.
    Il primo appuntamento non poteva non esser all'insegna della storia del giovane Luca, Ardito in azione durante l'offensiva italiana sul Monte Grappa. Dopo un rapido excursus sui primi carri armati utilizzati dagli inglesi nel pieno delle ostilità sul fronte occidentale, abbiamo deciso di spostarci verso altri lidi. Con il secondo speciale, infatti, da un lato abbiamo ripercorso la disfatta alleata sulle coste di Gallipoli, mentre dall'altro ci siamo confrontati con uno degli uomini più famosi del ventesimo secolo: il tenente colonnello dell'esercito inglese T.E. Lawrence, altrimenti conosciuto come Lawrence d'Arabia. Sinora, comunque, abbiamo visto unicamente la guerra di terra, ma non dobbiamo dimenticarci che la Grande Guerra fu anche il primo conflitto ad assistere a cruenti scontri per il controllo dei cieli. Per questo, nell'ultimo appuntamento dedicato al single player di Battlefield 1 ci spostiamo nuovamente nel cuore ferito della Vecchia Europa per conoscere gli Harlem Hellfighters, leggendaria compagnia dell'esercito statunitense, e per vedere in che modo l'immenso potenziale dell'invenzione dei fratelli Wright fu sfruttata per la prima volta.

    Proud To Be Americans, Proud To Be Black

    Il 369° Reggimento dell'esercito degli Stati Uniti fu tra i reparti più attivi e decorati di tutto il primo conflitto mondiale e rimase in prima linea ininterrottamente per sei mesi. Per quale motivo se ne parla? Beh, anzitutto la compagnia era composta esclusivamente da soldati afro-americani. Non dimentichiamo che la questione razziale, i cui strascichi giungono sino ai giorni nostri, nei primi anni del novecento discriminazione e segregazione erano pratiche che rientravano nell'ordine naturale delle cose. E i combattenti afro-americani lo sperimentarono molto presto anche sotto le armi: i vertici militari, oltre a ritenere i neri inadatti al campo di battaglia in quanto codardi, reputavano rischioso dare loro degli strumenti che avrebbero potuto in modo inappropriato. Eppure, gli uomini del 369° si distinsero per coraggio e senso del dovere, riuscendo a coprirsi d'onore guadagnandosi non solo il diritto a partecipare alla parata trionfale lungo la Fifth Avenue - prima impensabile -, ma anche le più alte onorificenze dello Stato francese come la Legion d'Onore e la Croix de Guerre.

    Gli Harlem Hellfighters, infatti, pur facendo parte dell'esercito americano, vennero cortesemente "ceduti" all'alleato francese: per questo i soldati che si vedono nel prologo dello sparatutto targato DICE indossano gli elmetti Adrian (con la classica targhetta "R.F." frontale), in uso all'esercito d'oltralpe. Inoltre, i combattenti del 369° Reggimento vennero sbattuti senza troppi complimenti in prima linea e parteciparono alla cruenta offensiva della Mosa-Argonne e alla seconda battaglia della Marna, molto probabilmente quella che DICE ha messo in scena nel prologo, sempre inquadrati nei ranghi dell'esercito transalpino che accolse il reparto americano a braccia aperte senza mostrare alcun pregiudizio.
    Uno degli Harlem Hellfighters più conosciuti, al quale Obama rese onore solo nel 2015 con la Medal of Honor, fu Henry Johnson, newyorkese famoso col soprannome di "Black Death" per il coraggio dimostrato in battaglia. Assieme al commilitone Needham Roberts sbaragliarono, con tutto ciò che avevano a disposizione, un'unità di almeno ventiquattro tedeschi che avevano tentato una sortita verso la loro posizione. Questa storia fece scalpore oltreoceano e contribuì, come una cassa di risonanza, ad amplificare il dibattito sociale sulla questione razziale negli Stati Uniti e, forse, ad aprire la via verso un cambiamento che ancora non è giunto alla sua piena maturità.

    Siamo destinati a diventare leggenda...o a sparire dalla storia

    Amici nelle alte sfere ci strappa dal fango e dal fetore di morte che impregna la terra di nessuno e cambia prospettiva, questa volta posta a qualche centinaio di metri sopra le teste dei soldati bloccati in trincea. Volare è un desiderio connaturato nell'uomo da tempo immemore. Più di cinquecento anni fa, fu Leonardo da Vinci a codificare i primi studi dotati di scientificità; ma furono i cosiddetti "pionieri dell'aviazione" - come i fratelli Wright e Traian Vuia - a cavallo tra diciannovesimo e ventesimo secolo a trasformare il sogno di Icaro in realtà. Abbiamo già ricordato più volte come la Grande Guerra abbia rappresentato una fucina inarrestabile di innovazioni: nel giro di poco più di un decennio anche i primi rudimentali aeroplani passarono dall'esser raffazzonati e mal bilanciati involucri in grado di percorrere solo qualche metro prima di schiantarsi al suolo, a macchine davvero efficienti. Allo scoppio del conflitto, infatti, imperava ancora una visione ottocentesca della guerra e nessun vertice militare fu tanto lungimirante da pensare all'enorme potenziale tattico e strategico che quell'invenzione portava con sé.

    Molto presto, comunque, si iniziò a comprendere che gli aeroplani utilizzati per le semplici ricognizioni fotografiche potevano esser arricchiti anche con strumenti d'offesa. E, va detto, in questo il genere umano ha sempre dato il meglio di sé mostrando un ingegno incredibile. In breve tempo vennero installati i primi ordigni e mitragliatrici le quali, grazie al meccanismo di sincronizzazione messo a punto da Anthony Fokker, consentivano al pilota di sparare attraverso le pale dell'elica. Nacque così l'era dei duelli aerei che caratterizzò tutta l'ultima parte del conflitto. Le fabbriche iniziarono dunque la produzione in serie di velivoli sempre più performanti. I piloti, dato che non esistevano precedenti nella storia, non avevano una grande preparazione e solitamente morivano durante la prima missione. Considerate che nel corso della battaglia di Arras la vita media di un pilota si attestava sulle 18 ore. I pochi fortunati sopravvissuti, invece, si guadagnavano l'appellativo di "assi" divenendo delle vere e proprie leggende, come il Barone Rosso, contribuendo anche alla codificazione delle prime regole del combattimento aereo, come Oswald Boelcke.
    Il vero protagonista dell'episodio Amici nelle alte sfere, insomma, non è il truffatore Blackburn, bensì il "suo" aeroplano: un Bristol F.2B. Questo biplano della Royal Flying Corps fu in servizio nel corso delle fasi finali del conflitto, il più delle volte, ebbe la peggio contro i più maneggevoli triplani Fokker della squadriglia del già citato Barone Rosso. L'episodio, ottimamente orchestrato da DICE, ci offre uno spaccato - ovviamente romanzato e, verso la fine, ricco di licenze poetiche - sulla nascita dell'aviazione: dall'aura romantica che ammantava i primi, incoscienti, piloti sino ai pericolosi voli di ricognizione, ai duelli aerei e alle incursioni tedesche sui cieli di Londra. Sin dal 1915, infatti, gli Zeppelin arrivarono a minacciare la capitale britannica ma, a causa della loro scarsa precisione, vennero lentamente sostituiti dai letali bombardieri Gotha entrati pienamente in servizio nel 1917. Lo sforzo ricostruttivo degli sviluppatori, insomma, ci è parso ancora una volta titanico tanto per l'accuratezza con cui sono stati rappresentati gli armamenti dell'epoca, quanto per l'impegno nel mescolare il vero al verosimile e nel calare le storie dei diversi protagonisti in un contesto credibile e ricco di fascino.

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