Speciale Bayonetta 2 - L'Apoteosi della Danza

Oh lunari muse, perchè tacete della diletta Bayonetta la danza perfetta?

Speciale Bayonetta 2 - L'Apoteosi della Danza
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  • Wii U
  • Switch
  • Nel vano tentativo di porre in parole ciò che rivelano alla psiche -attraverso l'occhio- le coreografie sublimi della danza dionisiaca e apollinea di Bayonetta, mi trovo in difficoltà.
    Ci vorrebbe un poeta dei tempi antichi per cantare la sfrenata sinfonia vettoriale che anima di armonie visibili i movimenti ipercinetici della strega.
    Cerco invano l'occhio sbarrato della luna piena, affogata nel cielo piovoso della mia notte insonne, come se anelassi l'ausilio di una musa. Il satellite tace celato dalle nubi e non replica al mio supplicante delirio. Forse è meglio così, perché anche il mio vicino non dorme e incrocio il suo sguardo imbarazzato rimproverare la mia fanciullesca esibizione pseudo-poetica (e vagamente alcolica) nelle tenebre dal balcone che affianca il mio. Non tento di spiegargli che era un "gioco", un'anemica, lunatica e ironica imitazione di un'invocazione alle muse affinché mi aiutino a trovare le parole per celebrare Bayonetta.
    Avrei peggiorato le cose.

    Ma la mancanza di parole è significativa perché confuta quella fastidiosa aura di carnalità e materialismo che avvolge la strega su molti media, alimentata ulteriormente dalla comunque pregevole campagna di Playboy con una modella travestita da Cereza, il vero nome della fattucchiera di Platinum Games.
    E' irritante e persino comico trattare Bayonetta come una bellezza sexy alla Lara Croft o in stile Itagaki, così come trovo ingenuo travestirsi con i suoi panni: perché ella è qualcosa di incontenibile, astratto e simbolico che è sensuale ma non sessuale. La modella che la interpreta cattura la superficie erotica innegabile della strega come lo scatto di un fotografo quella di una lago che cela i ruderi di un'antica e insondabile civiltà.
    E' il moto perpetuo del suo corpo a definire Bayonetta, la sua incessante metamorfosi in qualcos'altro, che sfida con la magia le leggi della fisica e infrange le tecniche di qualsiasi contorsionista.
    C'è della voluttà in Bayonetta, c'è anche uno sguardo registico che insiste su quelle che Alessandra Contin ha definito con genio "spaccate ginecologiche", ma non sono che frammenti di un essere elettronico in perenne trasfigurazione, che è inafferrabile allo sguardo quanto funzionale alle meccaniche ludiche e generoso con il giocatore.
    Bayonetta è un tramite perfetto per azioni impossibili, una semidea gentile che sembra intuire la volontà del giocatore prima ancora di quest'ultimo per assecondarla con amore e abnegazione.
    Nessun personaggio dei videogiochi (mi dispiace Dante, tu hai stile: Bayonetta l'Arte) consente una varietà di movenze marziali che si tramutano in bellezza cinetica come quelle che ci offre la strega. La danza di Bayonetta nel primo episodio e nel suo seguito è il sogno impossibile dei grandi coreografi.
    Provate a registrare un breve segmento di gioco e poi osservatelo al rallentatore. Se sapete giocare, alternando e componendo le mosse di Bayonetta come un musicista fa con le sette note sullo spartito, vedrete sullo schermo una ricchezza di forme e colori travolgente, che dimostra come questi due videogiochi siano tra le opere d'arte della visione più estreme, belle e significative della storia della rappresentazione.
    Esagero?
    Non credo: forse inconsapevolmente, con il solo intento di farci giocare nel migliore dei modi, gli artisti di Platinum Games non hanno solo composto un inno alla danza, ma all'Idea primordiale della Danza.
    Bayonetta corrisponde, in maniera più sensuale e più femminea in senso assoluto, alla settima sinfonia in la maggiore di Ludwig Van Beethoven che Richard Wagner definì nel suo trattato L'Opera d'arte dell'Avvenire: " l'apoteosi della danza in se stessa: è la danza nella sua essenza superiore, l'azione felice dei movimenti del corpo incarnati nella musica".

    CHI HA PAURA DELLE STREGHE?

    E' inquietante che le tre streghe più affascinanti, belle, buone, tenere, emancipate e carismatiche della storia, Kiki di Hayao Miyazaki, Bia di Makiko Narita e Bayonetta, siano di origine nipponica.
    Come dimostra lo spaventoso Le Streghe di Salem di Rob Zombie forse la cultura occidentale si porta dietro, suo malgrado, un prevenuto odio per questa magica categoria di donne ribelli dai tempi delle antiche persecuzioni medievali e quelle successive.
    Può sembrare elementare l'intreccio della saga di Bayonetta, un allucinante miscuglio fanta-teologico, ma è supportato da un comparto artistico sofisticato e di rara profondità allegorica. Le rappresentazioni degli angeli scavalcano sia ogni immaginario contemporaneo che la fisicità di Mantegna, per creare chimere esemplari tra le invenzioni mistiche e robotiche di Go Nagai e una simbolica quanto mostruosa astrazione.
    Alla sinuosità fluviale e imprevedibile di Bayonetta si oppone la monolitica e immutabile geometria matematica delle gerarchie angeliche. Sembrerebbe uno scontro tra sentimento e logica spietata, tra la fantasia dell'irrazionale e il dogma matematico di una ragione geometrica; se non fosse che Bayonetta è la Ragione mentre gli angeli, chiusi nella gabbia della virtù assoluta che li definisce, escludono tutte le altre. Essi diventano un estremo e una malefica parodia che nega ogni forma di dialettica con la coscienza, attraverso una pulsione dominante annichilente quella che dovrebbe essere una intelligenza superiore. Non c'è empatia alcuna negli angeli dei due episodi e c'è più "umanità", nel bene e nel male, nelle creature infernali che possiedono l'aspetto e l'imperscrutabile bestialità dei Kaiju con una parvenza di etica, come Godzilla.
    Nel caos disumano tra il paradiso e l'inferno, Bayonetta lotta contro le autorità ancestrali, ribadendo l'indipendenza dell'umanità utilizzando doti non esclusivamente marziali, come la gentilezza, la dolcezza e l'altruismo.
    C'è chi può temere il suo sfrontato esibizionismo che non esclude una grazia iperbolica, il suo essere una donna libera che non dipende mai dall'uomo, la sua ironia trasgressiva, la sua quasi-blasfemia di distruttrice di "falsi idoli", e la vorrebbe fare passare come mero oggetto sessuale per deliziare le sessioni videoludiche di maschi pruriginosi.
    Ma non è così: Bayonetta è una strega che infrange i luoghi comuni, che trasgredisce leggi millenarie e che bacchetta con irriverenza l'ottusa cattiveria della tirannia, l'idiozia di un pensiero bigotto e il dominio virile di una cultura maschilista che ammicca dalla sciocca bocca sdentata la sua presunta superiorità.
    "Friedrich Nietzsche si è sbagliato con la sua disperata misoginia", ci sussurra Bayonetta lasciva con il suo fascino impossibile e la sua dolcezza alla Audrey Hepburn: non sarà mai il tempo dell'oltreuomo, ma quello dell'oltredonna.

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