Call of Cthulhu: il mito di Lovecraft, tra letteratura e videogioco

Lo scrittore di Providence ha cambiato per sempre l'immaginario collettivo: riscopriamone la poetica letteraria ed i videogiochi che ha ispirato.

Call of Cthulhu: il mito di Lovecraft, tra letteratura e videogioco
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  • Pc
  • PS4
  • Xbox One
  • Switch
  • Xbox One X
  • PS4 Pro
  • "Gli uomini di più ampio intelletto sanno che non c'è netta distinzione tra il reale e l'irreale, che le cose appaiono come sembrano solo in virtù dei delicati strumenti fisici e mentali attraverso cui le percepiamo." - La Tomba, 1917
    Da videogiocatori quali siamo, queste parole non possono fare a meno di andare a toccarci personalmente: il nostro hobby preferito infatti ci ha insegnato non solo a immedesimarci, ma anche a sentirci parte attiva degli innumerevoli mondi che abbiamo visitato, salvato o distrutto durante la nostra carriera pad alla mano. Grazie a questa abilità, rientriamo di diritto in quella stretta cerchia di uomini "dall'ampio intelletto" che riescono a comprendere quanto il piano dell'immanenza e della trascendenza siano in realtà molto legati tra loro, almeno stando a colui che quelle parole le ha scritte, Howard Phillips Lovecraft.
    Con l'ormai imminente release di Call of Cthulhu di Cyanide, prevista per il 30 ottobre, abbiamo pensato di cogliere l'occasione per approfondire la figura del Solitario di Providence e la sua poetica, e di come questa abbia influenzato nel corso degli anni la cultura di massa, arrivando anche ad ispirare numerosissimi videogiochi. Prima di addentraci nei dettagli del mito di Cthulhu però, è importante però comprendere quale fosse il pensiero dell'autore, la filosofia esistenziale e le tematiche che ne hanno caratterizzato la produzione artistica.

    Il solitario di Providence

    Nato a Rhode Island nel 1890, Lovecraft fin da piccolo si appassionò alla lettura e allo studio di svariate discipline. Gran parte della sua vita fu caratterizzata da uno stato di salute precario e da condizioni economiche molto vicine alla povertà, fattori che non gli impedirono comunque di dedicarsi alla scrittura e di diventare uno degli autori americani più prolifici, soprattutto grazie alla sua titanica produzione epistolare, stimata in più di 118mila lettere. Sono però i suoi numerosi racconti in prosa ad aver consacrato Lovecraft ai posteri della letteratura, seppur in notevole ritardo: in vita infatti non fu mai apprezzato particolarmente dai critici del tempo e fu solo dopo la sua morte che la sua fama crebbe a dismisura.
    Le sue opere sono divise in tre grandi macrocategorie: le storie macabre, quelle oniriche e il ciclo di Cthulhu, con quest'ultimo che ne caratterizza la fase più importante e nota. Lovecraft fu uno dei maggiori scrittori horror nonché precursore della fantascienza americana: i suoi testi vengono descritti come weird fiction e mescolano elementi orrorifici, sci-fi e fantasy, in tutte le loro sfumature. Coniò inoltre la corrente di pensiero chiamata cosmicismo, secondo la quale l'uomo non è altro che un'insignificante presenza nello schema generale dell'universo, destinata a scomparire senza lasciare nessuna traccia. Questa filosofia è profondamente radicata nella misantropia e nell'ateismo propri del pensiero lovecraftiano, gli effetti dei quali sono ben tangibili in molti prodotti videoludici ad esso ispirati, come vedremo tra poco. I finali delle sue opere raramente sono positivi: le rivelazioni e i colpi di scena che concludono gran parte dei racconti infatti davvero poco spazio al "vissero felici e contenti", con i vari protagonisti che soccombono (spesso a livello psicologico più che fisico) dinanzi alle situazioni, misteri e avvenimenti che si trovano a dover affrontare.

    La consacrazione del mito di Cthulhu

    Il racconto più noto partorito dalla penna di Lovecraft è sicuramente The Call of Cthulhu, scritto nel 1926 ed eponimo del suo ultimo ciclo letterario. L'universo narrativo è caratterizzato dall'idea secondo la quale, prima della nascita dell'umanità, la Terra era abitata da razze aliene che veneravano i cosiddetti Grandi Antichi, potenti e antichissime divinità spaziali dalle colossali dimensioni che trascendevano lo spazio-tempo e governavano il nostro pianeta, e rappresentavano inoltre la completezza dell'universo, prima di cadere misteriosamente in un profondo sonno simile alla morte, in attesa di essere risvegliate grazie a una favorevole congiunzione astrale.

    Il loro potere era talmente enorme e incomprensibile all'uomo che sarebbe bastato un solo sguardo rivolto verso queste creature per cadere nella pazzia. Il culto demoniaco di tali divinità si è protratto fino ai giorni nostri, al punto che in determinate parti del mondo esistono ancora adepti dediti alla loro venerazione, secondo antichissimi e blasfemi rituali, tra sacrifici umani e altre perversioni. Questo pantheon di divinità è presente in molte delle opere di Lovecraft, ma The Call of Cthulhu è indubbiamente quella che ne tratta più in dettaglio. Lovecraft identifica l'origine di tutte le informazioni disponibili su queste entità divine nel Necronomicon, un antico manoscritto risalente all'VIII secolo. Ovviamente il libro in questione è anch'esso un'invenzione di Lovecraft e viene definito per questo motivo uno Pseudobiblion, termine che identifica un libro fittizio considerato invece realmente esistente all'interno di un'opera letteraria, al fine di approfondirne e giustificarne gli spunti narrativi.

    Ma chi o che cosa è di fatto Cthulhu? Secondo la mitologia ideata da Lovecraft, si tratta di un'entità cosmica facente parte dei sopracitati Grandi Antichi (dei quali ricopre anche la funzione di sacerdote) e che risiede dormiente nell'antichissima città sommersa di R'lyeh. Cthulhu viene rappresentato a livello fisico come un enorme essere dalla forma vagamente antropoide, la testa simile a quella di un polpo e contornata da lunghi tentacoli tra i quali si trovano due spiritati occhi. Sulla schiena sono presenti due ali e gli arti superiori sono dotati di affilatissimi artigli.
    Lovecraft non è però solo Cthulhu: come anticipato, all'autore americano si devono numerosissimi altri racconti. In particolare, le cosiddette "storie oniriche" ricoprono un'altra importante parte del suo lavoro: ambientati nel Mondo dei Sogni, accessibile solamente attraverso la visione onirica, questi racconti, nonostante presentino alcuni punti di contatto con il ciclo di Cthulhu, appartengono propriamente al genere fantasy e l'universo in cui si collocano presenta una propria geografia e una propria cultura. Inoltre, l'autore ha mostrato grande eclettismo nel trattare le tematiche più svariate, dalla religione alla sessualità, dal razzismo alla scienza, spesso arrivando a cambiare idea a causa delle numerose scoperte scientifiche che in quei tempi vennero registrate.

    Influenze videoludiche

    Come anticipato nella nostra anteprima, il gioco di Cyanide è chiaramente ispirato dal racconto lovecraftiano sia nel nome, sia nelle premesse narrative: entrambe le opere cominciano infatti con i rispettivi protagonisti che si trovano ad indagare su delle morti avvenute in circostanze misteriose. Nel racconto originale, il narratore Francis Wayland Thurston ricerca le cause che hanno portato alla scomparsa del prozio, mentre la controparte digitale vede il detective Edward Pierce indagare su un incendio che ha causato la scomparsa dell'intera famiglia Hawkins.

    Ma Call of Cthulhu è solo l'ultimo esempio di prodotti videoludici che affondano le proprie radici nell'opera di Lovecraft. Esistono infatti svariati studi di sviluppo che, ammaliati da queste cupe atmosfere, hanno deciso di indirizzare il loro lavoro verso questa direzione letteraria. Va detto a onore del vero che raramente questi giochi possono essere considerati veri e propri adattamenti digitali delle opere dell'autore: è infatti nell'ispirazione artistica e concettuale che queste analogie vanno ricercate.
    Nel lontano 2006, Bethesda pubblicava l'ottimo Call of Cthulhu: Dark Corners of the Earth, un FPS survival horror con elementi da action-adventure, ispirato a La maschera di Innsmouth, romanzo di Lovecraft datato 1931: non solo entrambe le opere si svolgono nella cittadina di Innsmouth, ma anche le creature che i rispettivi protagonisti si troveranno loro malgrado ad affrontare presentano quelle parvenze mostruose e deformi di matrice assolutamente lovecraftiana.

    Oltre a proporre una gratificante esperienza narrativa e ludica, il gioco irrompeva nel mercato portando diverse novità, dall'assenza totale di HUD allo status di salute mentale del personaggio, destinato inevitabilmente a calare a causa dei molteplici eventi crudi e traumatici a cui il protagonista assisterà nel corso del gioco e che gli causeranno allucinazioni auditive, visive e un forte scoordinamento nei movimenti: questi elementi sono molto vicini a determinati fattori propri dell'opera lovecraftiana, in cui molto spesso l'uomo è incapace di reagire a eventi che vanno oltre la sua comprensione.

    Quest'ultimo principio caratterizza fortemente anche la serie videoludica di Alone in the Dark, soprattutto nell'episodio del 2008, in cui è costante la sensazione di ineluttabilità. Nel primo capitolo del 1992 invece è possibile reperire in una biblioteca il sopracitato Necronomicon, mentre diverse creature sono modellate sulle descrizioni lovecraftiane dei Grandi Antichi.
    Anche il riuscitissimo survival horror Amnesia: the Dark Descent, sviluppato da Frictional Games, ricorda molto da vicino la produzione letteraria dell'autore: l'avventura fa in modo che il protagonista si senta perennemente impotente, costretto a confrontarsi con i suoi demoni interiori, mentre la narrativa procede, come da prassi, in maniera subdola e criptica, senza poter essere del tutto compresa.

    Ma il gioco che più di tutti gli altri prende vita dall'horror lovecraftiano è indubbiamente Bloodborne, capolavoro di From Software in esclusiva Playstation 4. Ogni anfratto, ogni mostro, ogni luogo presenti nel gioco di Miyazaki possiedono un'anima lovecraftiana, anche se l'elemento preponderante in tal senso è senza dubbio proprio la narrazione. Per quanto riguarda il bestiario del gioco, in molti degli orribili nemici che il nostro cacciatore dovrà affrontare troviamo i tratti "fisici" tipici delle creature di Lovecraft. Pensiamo infatti ad esempio a Ebrietas, la figlia del Cosmo, che coi suoi tentacoli, le sue ali, la sua testa orripilante ricordano proprio il nostro simpatico Cthulhu, nonostante questa affascinante mostruosità sia in realtà una citazione di un'altra novella di Lovecraft, ovvero Le montagne della follia, dal momento che la sostanza rossa che Ebrietas sputa, simile a sangue umano, può rendere folli al semplice contatto.

    Un altro importante punto di comunione sono i continui richiami ai Grandi Antichi lovecraftiani: la bellissima e decadete Yharnam è infatti stracolma di riferimenti e citazioni che alludono ad esseri dotati di poteri superiori, denominati nel gioco Grandi Esseri, che hanno l'unico scopo di riprodursi per assicurare la continuazione della propria progenie. Date le loro diverse fisionomie, per i Grandi Esseri di Bloodborne l'accoppiamento risulta impossibile e hanno perciò bisogno di un surrogato umano, fattore fondamentale per comprendere la lore dell'opera From Software. La stessa narrazione, che procede in maniera criptica, confusa e imperfetta, richiama proprio lo stile dell'autore americano.
    Guardando invece al futuro, a marzo del 2019 Frogwares Games pubblicherà l'interessante The Sinking City, gioco che seguirà le vicende di Charles Reed, investigatore privato afflitto da malattia mentale, e che si focalizzerà principalmente sull'elemento psicologico di rimando lovecraftiano.

    Come abbiamo visto fino ad ora, Lovecraft ha avuto e ha tuttora una forte influenza sul mondo videoludico, grazie ad un immaginario ben costruito, criptico e macabro al punto giusto, che solo i moderni media hanno avuto la capacità di valorizzare rendendo i giusti meriti a questo fantastico autore, penalizzato - quando era ancora in vita - dall'essere stato troppo in anticipo rispetto ai suoi tempi.

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