Come classificare i videogiochi?

Giochi e videogiochi sono molto diversi tra di loro: in alcuni prevale la competizione, in altri la fortuna, in alcuni le regole sono note, in altri pressoché inesistenti. Classificarli permette di capire meglio i propri gusti e cosa si ricerca!

Come classificare i videogiochi?
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Gioco e videogioco non sono diversi. A parte la presenza di uno o più schermi, Super Mario e Nathan Drake obbediscono sempre alle stesse regole degli scacchi, del calcio, del Monopoli. Ad un gioco così come ad un videogioco i giocatori partecipano volontariamente, giocano all'interno di uno spazio (cerchio magico) separato dalla realtà quotidiana (scolastica e lavorativa), rispettano regole concordate dai partecipanti, si sfidano per conseguire la vittoria dall'esito incerto all'inizio del gioco e giocano per spendere energie, intelligenza e talvolta denaro, ma mai per guadagnarlo.
Secondo Freud "il contrario di gioco non è ciò che è serio, ma ciò che è reale". Si può giocare con la massima concentrazione per strappare la vittoria, si può giocare per lavoro sopportando stress, pressioni e to-do-list infinite, basta che però non si sconfini nel mondo reale. Si può dire che si gioca seriamente solo nel momento in cui ci si immerge nel gioco e ci si focalizza su di esso, sul conseguire la vittoria e sul rispetto delle regole.

C'è chi se ne infischia delle regole

Già le regole. Nel precedente articolo ho letto una bella discussione nei commenti, in cui veniva messa in dubbio la necessità di regole affinché un gioco possa aver ragione di essere. A pensarci bene in effetti ci sono moltissimi giochi e moltissimi giocatori che si divertono ed evadono dal reale senza però seguire alcuna regola. Sono ad esempio i bambini che quando giocano da soli si inventano mondi e fanno lavorare la fantasia, senza definire a priori nessuna regola/durata/esito di vittoria o sconfitta: sopratutto i bambini molto piccoli, che cucinano pietanze immaginarie, girano per casa fingendosi un treno, snobbano i contorni di un disegno . Ma anche un attore che di punto in bianco decide di improvvisare sul palcoscenico, abolendo il copione ed invitando gli altri attori a seguirlo su un sentiero incerto. Cosa ire poi del calcio e di un giocatore che anziché pensare a buttare la palla in porta, comincia a palleggiare e va avanti finché la palla non cade o il campionissimo si stufa?
Simili variazioni della regola oppure inesistenza di regole definite a priori esistono anche nei videogiochi. Penso ad esempio ad Animal Crossing o a Sim City, al vetusto Seaman e al vendutissimo Minecraft, senza dimenticare i sandbox à la GTA V o Just Cause. Videogiochi dove la comunicazione è l'asse portante, dove non c'è una fine ma i giocatori proseguono (giorno dopo giorno) finché non si annoiano, oppure videogiochi in cui si ha un foglio bianco, una piscina di sabbia, e si può costruire qualsiasi cosa blocco dopo blocco, mettere insieme la città dei propri sogni o scegliere tra una miriade di attività. Senza andare ad analizzare il caso specifico (in alcuni casi l'assenza di regole o di script avvicina il videogioco alla libertà del mondo reale dove si può fare ciò che si vuole, o quasi) esistono in effetti molti esempi in cui le regole sono tanto invisibili da apparire assenti e sopratutto non è affatto presente una discriminante tra vittoria e sconfitta, così come una inconfutabile fine del gioco.
Ritornando ai classici della letteratura sul gioco, Huizinga e Caillois, occorre sottolineare come il primo non aveva affatto considerato il problema, mentre il secondo proprio perchè ne tiene conto allarga a dismisura il campo d'applicazione delle sue teorie. "Molti giochi - scrive il francese - non comportano regole. Non ce ne sono ad esempio - almeno non rigide - per giocare con le bambole, per giocare alla guerra, a guardie e ladri": in questi tipi di giochi la competizione e la fortuna sono assenti, mentre si fanno rilevanti l'imitazione, il travestimento, il coinvolgimento (dove sono le regole in una discesa alla velocità della luce sulle montagne russe?).

Classifichiamo i giochi

Lo studioso francese Caillois nel 1967 nel libro La maschera e la vertigine propone la seguente classificazioni di TUTTI i giochi. Egli si concentra sul contenuto del gioco, lasciando perdere distinzioni più antiche e comode, come quella tra giochi dei bambini e degli adulti, tra 2 giocatori e più di 2, tra giochi di abilità/sforzo fisico ed intelligenza/logica.

Egli definisce 4 elementi che possono esistere autonomamente ed identificare una certa categoria di giochi.
Mimicry ed Ilinx sono elementi tipici dei giochi più antichi, quelli praticati sin dagli uomini primitivi dove l'elemento sacrale/religioso è fondamentale; di contro Agon e Alea, competizione e fortuna, sono molto più attuali e riconducibili rispettivamente alle competizioni sportive che seguiamo in TV oppure alle nottate trascorse al casinò. Ancora, Agon e Mimicry vedono il giocatore partecipare attivamente, concentrato verso la vittoria o coinvolto/assorbito nel mondo di fantasia da lui creato; di contro Alea e Ilinx vedono la persona abbandonarsi alla fortuna e alla casualità o lasciarsi andare all'esperienza al limite (un salto con paracadute, una discesa in kayak).

Classifichiamo i videogiochi

Ma nei videogiochi? Questa classificazione resiste oppure l'intrattenimento elettronico ha delle peculiarità che non gli permettono di riconoscersi nello schema di Caillois? La risposta è: .
Ci sono giochi in cui la competizione e la sfida sono assolutamente preponderanti (un Halo, un League of Legends, un Rocket League), mentre altri dove la vittoria dipende in buona parte dalla fortuna e dalla casualità (Hearthstone, Tetris); abbiamo già visto che ci sono videogiochi in cui ci si dimentica delle regole per comunicare, passeggiare (Gone Home, To the moon), costruire (Minecraft), ma ci sono anche videogiochi in cui contano soltanto i rifletti, essere reattivi mentre l'azione su schermo scorre a gran velocità (Forza Motorsport, Sonic, Frogger, Dodonpachi).
Tuttavia, alcuni studiosi contemporanei ritengono come ciascun videogioco attuale possa rientrare in tutte e 4 le categorie, cioè possedere elementi di ciascuna contemporaneamente. Forse i videogiochi odierni hanno raggiunto un grado di complessità di gran lunga maggiore rispetto a tutti gli altri giochi, a causa del desiderio non solo di divertire ed evadere ma anche di coinvolgere come potrebbe fare un buon film, educare dal punto di vista artistico e raccontare trame ricche di personaggi e colpi di scena.

A questo proposito Marc LeBlanc propone ben 8 categorie per i videogiochi, a seconda delle emozioni e del tipo di esperienza ricercata dal giocatore nel momento in cui sceglie un videogioco per evadere dalla realtà. Ha lo svantaggio che ciascun videogioco possa ricadere comunque in tutte le categorie, dal momento che ciascuna non è affatto mutualmente esclusiva rispetto a tutte le altre; io preferisco, infatti, quella molto più scarna ma anche più profonda proposta da Caillois tempo addietro.
Aldilà del modo di classificare giochi e videogiochi, sono importanti anche i numeri ovvero le persone che giocano con i prodotti di una categoria piuttosto che un altra. D'altra parte sono gli stessi sviluppatori a scegliere di andare a posizionarsi in una categoria piuttosto che un altra, nella speranza di raggiungere il numero più vasto di giocatori possibile. La domanda è: sono più i giocatori che amano la competizione oppure quelli che prediligono l'imitazione? La risposta (i dati appartengono alla mia tesi di laurea sui free-to-play per smartphone e tablet) la mostra il grafico seguente, dove Agon (competizione) ed Ilinx (velocità) sono le categorie più apprezzate, quelle dove di conseguenza si concentra il maggior numero di videogiochi pubblicati; Alea e Mimicry sono minoritarie, ma comunque piuttosto importanti se pensiamo che qui vi troviamo Candy Crush (e relativi cloni) ed Hearthstone, entrambi videogiochi sotto etichetta Activision vista l'acquisizione lo scorso anno di King.