Tra la regole più frequenti del marketing videoludico di una azienda vige sicuramente la costante necessità di sottolineare quanto il proprio gioco sia innovativo e rivoluzionario, un system seller che ogni giocatore dovrebbe possedere. Al netto però di qualche caso specifico, è decisamente raro che un genere o persino l'intero settore vengano totalmente rivoluzionati dal successo e dalla pubblicazione di un singolo prodotto. Al contempo, anche la più piccola delle meccaniche diventa invece influente per gli autori, che con occhi e prospettive diverse riescono spesso a cogliere quegli elementi distintivi capaci di dettare nuovi standard in termini di game design. Si pensi alle torri d'osservazione della serie Assassin's Creed, e poi declinate in tutte le salse possibili in quasi ogni grande sandbox tripla A; o magari allo stesso "occhio dell'aquila" della famosa saga Ubisoft, poi ripreso in molti altri giochi d'azione o di stampo investigativo. Ovviamente, tra le varie esperienze disponibili sul mercato, proprio gli open world e i sandbox si prestano particolarmente a sfruttare idee e dinamiche estrapolate da altre produzioni, integrandole con l'enorme quantità di attività generalmente disponibili all'interno di vastissimi ambienti esplorabili in totale libertà. Se dunque è impossibile affermare con certezza quali schemi e strutture seguiranno gli open world del futuro, possiamo quantomeno provare a capire quali aspetti un game designer potrebbe voler "rubare" dai titoli che, nel corso di quest'anno, hanno avuto maggiore apprezzamento da parte della critica e del pubblico. D'altronde, i giochi "a mondo aperto" sono oramai diventati una costante nel panorama dell'intrattenimento interattivo, e dopo molti anni di staticità, nel 2017 abbiamo potuto saggiare finalmente alcune nuove strade da percorrere, all'insegna della qualità e della creatività.
Horizon: Zero Dawn
La tradizione di molti open world, da quelli di maggior successo fino ai titoli di nicchia, generalmente non si accompagna a un sistema di combattimento particolarmente complesso, al di là di qualche eccezione. Che siano sparatutto o giochi d'azione, solitamente si concentrano su aspetti diversi e distanti dall'efficacia del battle system. In tal senso,Horizon: Zero Dawn diventa un nuovo punto di riferimento per il genere: pur senza dover incentrare l'intera esperienza solo ed esclusivamente sulla gestione delle battaglie, Guerrilla Games è comunque riuscita a costruire un sistema che la metta in grande risalto, rendendo ogni scontro appagante e fresco fino alla fine dell'avventura.
Dalle intelligenze artificiali fino alla distruttibilità ambientale, passando per l'inventario e il level design, l'intera esperienza è costruita per dare al giocatore molte possibilità e libertà d'approccio durante i combattimenti contro le macchine, senza però limitarsi ad offrire solo una manciata di nemici dotati di pattern tutti uguali: ogni singola creatura possiede infatti mosse e reazioni uniche e riconoscibili, che si lasceranno scoprire e apprezzare anche svariate ore dopo l'inizio del gioco, e che restituiscono agli utenti sensazioni sempre stimolanti ed avvincenti. Dopo Horizon: Zero Dawn, insomma, la natura open world di un'opera non potrà più fungere da pigra giustificazione per la presenza di un combat system poco profondo o troppo semplicistico.
The Legend of Zelda: Breath of the Wild
A detta sostanzialmente di chiunque, dalle più grandi testate videoludiche fino a critici e designer, l'ultima opera di Eiji Aonuma ha riscritto le regole creative non solo degli open world, ma del videogioco in generale. La straordinarietà di Breath of the Wildnon risiede tanto nel suo eccellere in ogni singolo aspetto, ma nel riuscire a mantenere coese e solide tutte le sue componenti, che sostengono un'esperienza semplicemente eccezionale.
Dal punto di vista squisitamente ludico, Zelda implementa in modo incredibilmente completo il processo di azione/reazione che ha fino a oggi caratterizzato soltanto i cosiddetti "immersive sim": il mondo di gioco diventa "fisico", gestito da regole che si discostano momentaneamente da quelle ludiche e abbracciano saldamente quelle reali. Per ore e ore potremo giocare con l'universo di Hyrule, forzando le scelte dei designer e piegando la fisica al nostro volere: YouTube è ricolmo di video che raccontano come l'immaginazione, la libertà e l'intraprendenza di alcuni giocatori abbiano dato origine a vicende indubbiamente strabilianti. Nel permettere al giocatore di ricreare situazioni così varie e dinamiche con tale facilità, Nintendo e Aonuma hanno creato un punto d'arrivo per il settore che si è immediatamente trasformato in un punto di partenza. Dopo Breath of the Wild, i mondi di gioco non possono più essere semplicemente grandi, grossi e immensi: dovranno dimostrarsi vivi, reattivi, credibili e immersivi.
La Terra di Mezzo: L'Ombra della Guerra
Quando nel 2014 Monolith pubblicò Shadow of Mordor, Ken Levine scrisse che eravamo di fronte a "gli scacchi che incontrano Amleto. Ok, forse non Amleto, ma è un inizio". L'autore di Bioshock e Bioshock: Infinite giunse a questa conclusione suggerendo come per la prima volta Shadow of War non proponesse solo spazi aperti a fronte a una narrativa limitata, ma un vasto mondo vissuto da decine e decine di possibili personaggi, ognuno con una sua potenziale narrazione.
Mai nella storia dei videogiochi ogni singolo NPC ha assunto un peso specifico così rilevante: tre anni dopo, Monolith espande ulteriormente questo concetto, creando un insieme di variabili, di trame e di eventi che non solo coinvolge gli NPC con cui interagiremo, ma che li trasforma persino in veri e propri comprimari, con tanto di caratteristiche squisitamente personali in grado di renderli o più o meno affabili. Non siamo solo di fronte a una serie di meccaniche che ci permettono di massacrare i nostri nemici: ci troviamo in una realtà digitale dove ogni nostra singola azione, senza l'uso di QTE o di risposte multiple, acquisisce un peso e un significato non solo per noi, ma per chiunque viva all'interno quel mondo.
Nuove aperture
Dall'incontrastato dominio dei collezionabili e delle fetch quest, l'open world si sta evolvendo verso un'interpretazione diretta e fisica del concetto di immersività: non più interpretazione di un ruolo, bensì identificazione col personaggio. Oltrepassando la dicotomia tra gioco di ruolo e d'azione, Nintendo e Monolith ci mostrano un nuovo percorso possibile, composto da infinite narrazioni ed esperienze interattive, forgiate non da uno sceneggiatore ma da un sistema interno, dal software che risponde dinamicamente alle nostre azioni dirette.
Guerrilla, invece, dimostra come un open world, che solitamente offre un enorme quantitativo di attività da svolgere, possa anche esaltare ottimi sistemi ludici, tra cui il combat system, tradizionalmente legati ad altri generi. Se lo strepitoso successo di The Witcher 3due anni fa ci ha concesso di stringere oggi tra le mani un Assassin's Creed: Origins palesemente rivisto e ricostruito dalle fondamenta proprio a partire dall'opera di CD Projekt Red, dopo questo splendido 2017 possiamo legittimamente aspettarci, nel corso dei prossimi anni, l'avvento di un futuro videoludico straordinario.
Come saranno i videogiochi Open World dopo il 2017?
Il 2017 ci ha regalato alcuni tra i migliori giochi Open World della recente storia videoludica, in grado di cambiare i canoni del genere...
Tra la regole più frequenti del marketing videoludico di una azienda vige sicuramente la costante necessità di sottolineare quanto il proprio gioco sia innovativo e rivoluzionario, un system seller che ogni giocatore dovrebbe possedere. Al netto però di qualche caso specifico, è decisamente raro che un genere o persino l'intero settore vengano totalmente rivoluzionati dal successo e dalla pubblicazione di un singolo prodotto. Al contempo, anche la più piccola delle meccaniche diventa invece influente per gli autori, che con occhi e prospettive diverse riescono spesso a cogliere quegli elementi distintivi capaci di dettare nuovi standard in termini di game design.
Si pensi alle torri d'osservazione della serie Assassin's Creed, e poi declinate in tutte le salse possibili in quasi ogni grande sandbox tripla A; o magari allo stesso "occhio dell'aquila" della famosa saga Ubisoft, poi ripreso in molti altri giochi d'azione o di stampo investigativo. Ovviamente, tra le varie esperienze disponibili sul mercato, proprio gli open world e i sandbox si prestano particolarmente a sfruttare idee e dinamiche estrapolate da altre produzioni, integrandole con l'enorme quantità di attività generalmente disponibili all'interno di vastissimi ambienti esplorabili in totale libertà.
Se dunque è impossibile affermare con certezza quali schemi e strutture seguiranno gli open world del futuro, possiamo quantomeno provare a capire quali aspetti un game designer potrebbe voler "rubare" dai titoli che, nel corso di quest'anno, hanno avuto maggiore apprezzamento da parte della critica e del pubblico. D'altronde, i giochi "a mondo aperto" sono oramai diventati una costante nel panorama dell'intrattenimento interattivo, e dopo molti anni di staticità, nel 2017 abbiamo potuto saggiare finalmente alcune nuove strade da percorrere, all'insegna della qualità e della creatività.
Horizon: Zero Dawn
La tradizione di molti open world, da quelli di maggior successo fino ai titoli di nicchia, generalmente non si accompagna a un sistema di combattimento particolarmente complesso, al di là di qualche eccezione. Che siano sparatutto o giochi d'azione, solitamente si concentrano su aspetti diversi e distanti dall'efficacia del battle system.
In tal senso, Horizon: Zero Dawn diventa un nuovo punto di riferimento per il genere: pur senza dover incentrare l'intera esperienza solo ed esclusivamente sulla gestione delle battaglie, Guerrilla Games è comunque riuscita a costruire un sistema che la metta in grande risalto, rendendo ogni scontro appagante e fresco fino alla fine dell'avventura.
Dalle intelligenze artificiali fino alla distruttibilità ambientale, passando per l'inventario e il level design, l'intera esperienza è costruita per dare al giocatore molte possibilità e libertà d'approccio durante i combattimenti contro le macchine, senza però limitarsi ad offrire solo una manciata di nemici dotati di pattern tutti uguali: ogni singola creatura possiede infatti mosse e reazioni uniche e riconoscibili, che si lasceranno scoprire e apprezzare anche svariate ore dopo l'inizio del gioco, e che restituiscono agli utenti sensazioni sempre stimolanti ed avvincenti.
Dopo Horizon: Zero Dawn, insomma, la natura open world di un'opera non potrà più fungere da pigra giustificazione per la presenza di un combat system poco profondo o troppo semplicistico.
The Legend of Zelda: Breath of the Wild
A detta sostanzialmente di chiunque, dalle più grandi testate videoludiche fino a critici e designer, l'ultima opera di Eiji Aonuma ha riscritto le regole creative non solo degli open world, ma del videogioco in generale. La straordinarietà di Breath of the Wild non risiede tanto nel suo eccellere in ogni singolo aspetto, ma nel riuscire a mantenere coese e solide tutte le sue componenti, che sostengono un'esperienza semplicemente eccezionale.
Dal punto di vista squisitamente ludico, Zelda implementa in modo incredibilmente completo il processo di azione/reazione che ha fino a oggi caratterizzato soltanto i cosiddetti "immersive sim": il mondo di gioco diventa "fisico", gestito da regole che si discostano momentaneamente da quelle ludiche e abbracciano saldamente quelle reali.
Per ore e ore potremo giocare con l'universo di Hyrule, forzando le scelte dei designer e piegando la fisica al nostro volere: YouTube è ricolmo di video che raccontano come l'immaginazione, la libertà e l'intraprendenza di alcuni giocatori abbiano dato origine a vicende indubbiamente strabilianti.
Nel permettere al giocatore di ricreare situazioni così varie e dinamiche con tale facilità, Nintendo e Aonuma hanno creato un punto d'arrivo per il settore che si è immediatamente trasformato in un punto di partenza. Dopo Breath of the Wild, i mondi di gioco non possono più essere semplicemente grandi, grossi e immensi: dovranno dimostrarsi vivi, reattivi, credibili e immersivi.
La Terra di Mezzo: L'Ombra della Guerra
Quando nel 2014 Monolith pubblicò Shadow of Mordor, Ken Levine scrisse che eravamo di fronte a "gli scacchi che incontrano Amleto. Ok, forse non Amleto, ma è un inizio". L'autore di Bioshock e Bioshock: Infinite giunse a questa conclusione suggerendo come per la prima volta Shadow of War non proponesse solo spazi aperti a fronte a una narrativa limitata, ma un vasto mondo vissuto da decine e decine di possibili personaggi, ognuno con una sua potenziale narrazione.
Mai nella storia dei videogiochi ogni singolo NPC ha assunto un peso specifico così rilevante: tre anni dopo, Monolith espande ulteriormente questo concetto, creando un insieme di variabili, di trame e di eventi che non solo coinvolge gli NPC con cui interagiremo, ma che li trasforma persino in veri e propri comprimari, con tanto di caratteristiche squisitamente personali in grado di renderli o più o meno affabili.
Non siamo solo di fronte a una serie di meccaniche che ci permettono di massacrare i nostri nemici: ci troviamo in una realtà digitale dove ogni nostra singola azione, senza l'uso di QTE o di risposte multiple, acquisisce un peso e un significato non solo per noi, ma per chiunque viva all'interno quel mondo.
Nuove aperture
Dall'incontrastato dominio dei collezionabili e delle fetch quest, l'open world si sta evolvendo verso un'interpretazione diretta e fisica del concetto di immersività: non più interpretazione di un ruolo, bensì identificazione col personaggio. Oltrepassando la dicotomia tra gioco di ruolo e d'azione, Nintendo e Monolith ci mostrano un nuovo percorso possibile, composto da infinite narrazioni ed esperienze interattive, forgiate non da uno sceneggiatore ma da un sistema interno, dal software che risponde dinamicamente alle nostre azioni dirette.
Guerrilla, invece, dimostra come un open world, che solitamente offre un enorme quantitativo di attività da svolgere, possa anche esaltare ottimi sistemi ludici, tra cui il combat system, tradizionalmente legati ad altri generi. Se lo strepitoso successo di The Witcher 3 due anni fa ci ha concesso di stringere oggi tra le mani un Assassin's Creed: Origins palesemente rivisto e ricostruito dalle fondamenta proprio a partire dall'opera di CD Projekt Red, dopo questo splendido 2017 possiamo legittimamente aspettarci, nel corso dei prossimi anni, l'avvento di un futuro videoludico straordinario.
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