Speciale Coming Out Simulator 2014

Un giro tra i finalisti dell'IGF: dichiarazioni digitali.

Speciale Coming Out Simulator 2014
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  • Spulciare gli elenchi dei finalisti dell'Independet Game Festival è, in questi giorni di moderato torpore, un sistema sicuro per incontrare gli splendidi e più legittimi figli del panorama Indie, evadendo così da una realtà abbastanza desolata (movimentata solo dagli strascichi degli acquisti natalizi).
    Alcuni dei progetti più interessanti si “nascondono” nella categoria “Excellence in Narrative”, dove pure compare l'ottimo 80 Days (premiato dal Times come il miglior gioco del 2014) e l'interessante “This War of Mine”, titolo che si attarda ad inquadrare la guerra da un punto di vista decisamente insolito.
    E' qui che, oltre ad un paio di romanzi interattivi molto promettenti, si trova Coming Out Simulator 2014, titolo che si colloca nel filone di quei prodotti autobiografici pensati da una parte per esorcizzare una tormentata esperienza personale, dall'altra per condividerla con il mondo, e fare quindi da cassa di risonanza per tutti i giocatori che ne abbiano vissuta una simile.
    Tra gli esponenti più celebri della categoria (per chi si fosse perso quel sincero movimento che qualche anno fa ha dato sfogo a personalissime urgenze espressive), ricordiamo il Dys4ia di Auntie Pixelante, racconto toccante della terapia ormonale per il cambio di sesso; e Lim, esperienza scheletrica e minimalista eppure profondamente impegnata a raccontare l'urgenza, la fatica e la violenza di sentirsi necessariamente integrati nella “società dei normali”.

    Il sottobosco di produzioni “intimiste”, nonostante non conosca molta fama e resti profondamente indigesto a chi fatica a considerare il software come un medium, e insomma come uno strumento di comunicazione che può rinunciare a tratti alla componente ludica, continua ad essere piuttosto rigoglioso. Fra i prodotti più recenti segnaliamo quindi I'm Positive, breve racconto di come l'HIV cambi (o non cambi?) la vita di chi lo contrae.
    E poi c'è appunto Coming Out Simulator, sviluppato da Nicky Case: una storia interattiva che racconta proprio il momento del Coming Out, quando Nicky ha svelato ai sui genitori “ultra-conservatori” di essere bisessuale.
    Al di là delle tematiche affrontate, il titolo rappresenta un prodotto curioso ed interessante dal punto di vista delle meccaniche narrative che adotta. Nei momenti che possiamo definire come il “prologo” e l'”epilogo” il giocatore si trova a dialogare con lo sviluppatore stesso, seduto sul tavolo di uno Starbucks intento a programmare sul suo PC. E' un modo intelligente di giocare con l'orizzonte d'attesa dell'utente e creare un canale comunicativo molto diretto: ma anche di scherzare sull'omologazione degli strumenti comunicativi del videogioco (come le abusate scelte multiple). Questa lieve e divertita ironia attraversa il racconto dall'inizio alla fine, e non si fa da parte neppure nei momenti più intensi o toccanti, facendo in modo che chi “ascolta” (perchè di questo si tratta) alterni con cura mezzi sorrisi e sinceri moti di stizza per le reazioni dei genitori (virtuali) di Nicky.
    Buona parte del racconto, del resto, è rappresentata da una singola scena, straniante e surreale, in cui attraverso scelte multiple di dialogo ci si trova a gestire le tremende resistenze e le prepotenze di due familiari.
    Coming Out Simulator è un racconto interattivo costruito in maniera più che brillante, che intreccia i piani della narrazione e mescola “memorie storiche” e “memorie private”: è in parte una chiacchiera e in parte una testimonianza, e se pure non vi convince l'importanza della tematica trattata resta un esperimento eccezionale portato avanti da un game designer che ha dimostrato ottimi spunti creativi (date un'occhiata a Nothing to Hide).

    Leggero e greve al contempo, Coming Out Simulator vive di contrasti: anche di quelli fra verità, bugie e vite che finiscono per essere reali solo a metà. E alla fine, oltre ad un entusiasmo trascinante per la voglia ed il coraggio di inseguire il “nuovo”, il titolo di Nicky Case vi lascerà addosso un'emozione sincera, soddisfatta e pervasiva. Proprio come quella che pure vi si incolla sulla pelle dopo il finale di Gone Home: una sensazione contagiosa di vittoria, luminosa e sociale.

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