La critica videoludica tra recensioni, opinioni e polemiche

Una riflessione sul rapporto fra pubblico e stampa, sul valore delle recensioni e sul processo di giudizio e metabolizzazione delle stesse.

La critica videoludica tra recensioni, opinioni e polemiche
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Al crescere del bacino di utenza che si interessa ai videogiochi, il rapporto tra la stampa di settore e il pubblico che la segue si sta facendo molto complesso. "Complesso" - attenzione! - non vuol dire sempre e comunque problematico. Se è vero che si registrano casi di estrema frizione tra la voce "istituzionale" delle pubblicazioni e l'opinione popolare, sarebbe riduttivo dire che esistono solo quelli. Anzi è vero il contrario: la maggior parte delle volte ci sono anche momenti di forte accordo, legati ora alla possibilità di trovare spazi di discussione più sereni (Twitch è l'esempio più lampante di questa tendenza), ora ad una sorta di "silenzio-assenso" per cui il pubblico non ha il minimo bisogno di far sentire la propria voce, perché accetta senza nessun tipo di problema la lettura della stampa.

Se dovessi guardare alla quotidianità del nostro lavoro e tracciare una statistica, non avrei timore di dire che i momenti più distesi sono la maggior parte. Nel mese di settembre 2021 abbiamo pubblicato 38 recensioni, e ce ne sono state appena un paio che hanno generato un sottile malcontento, senza però ricevere critiche troppo aspre. Come spesso succede sul web, alle volte si tende insomma a esasperare le situazioni più negative, trasformando certi eventi isolati in casi che crediamo essere rappresentativi. Bisogna ammettere però che ci sono dei momenti di attrito estremamente feroce, in cui la rabbia dei lettori si riversa senza freni su una pubblicazione, su un autore, su una posizione critica.

Ho cercato di fare un'analisi delle situazioni in cui questo succede e, in quasi tutti casi che ho preso in esame, si verificava almeno una delle due seguenti condizioni: un forte interesse da parte del pubblico per il prodotto, generato dalla campagna marketing; una distanza molto pronunciata del voto assegnato da quel valore che risponde al nome di "media Metacritic". Che si trattasse di Cyberpunk 2077, di Biomuntant, di Metroid Dread, penso che questo dettaglio sia abbastanza fondamentale per capire e indagare alcune dinamiche. In questo articolo proverò a farlo con esempi concreti, cercando di dare anche una risposta sia alle critiche che ritengo giustificate, sia a quelle che trovo un po' superficiali, o addirittura incoerenti.

"Due opinioni così distanti? Impossibile!"

La prima cosa che ho notato, soprattutto di recente, è che una parte del pubblico non ha del tutto chiaro che cosa sia una recensione. Una recensione è, in linea di massima, un punto di vista su un prodotto, che sia un videogioco, un film, un libro.

In pratica il compito di un redattore è quello di raccontarvi come lui vede l'opera, sulla base di quelle che sono le sue esperienze, maturate nel corso della sua vita. Potrei dire "della sua vita da giocatore", ma in verità la sensibilità di ognuno di noi è legata in qualche modo a tutte le nostre esperienze, ed è impossibile che il senso estetico di chi parla di videogiochi si sviluppi solo grazie ai videogiochi stessi. Sebbene esista un oggetto che è identico a sé stesso in tutte le sue copie, due critici diversi vedranno il medesimo videogioco in maniera diversa, perché lo inquadrano da un punto diverso di quello che potremmo definire "panorama culturale". Molto spesso, quindi, non riesco davvero a capire da dove possa arrivare la domanda: "perché se il gioco è lo stesso le opinioni sono così lontane?".

Non lo capisco perché non mi sembra neppure che la differenza di opinioni vada contro al senso comune: sarà capitato a chiunque di discutere con un amico fidato, magari persino con gusti affini ai propri, e trovarsi in netto disaccordo su almeno un film, un gioco, un testo. Come si può pensare che questa distanza non esista nell'ambiente critico, nella stampa, o addirittura fra i vari creator? Vi sarà successo che due persone che stimate e che ascoltate abbiano un'opinione diversissima sulla stessa cosa? Ecco: se almeno una volta si è verificata questa situazione, non dovrebbe esserci sorpresa di fronte a due recensioni che vanno in direzione fortemente opposte. Si potrebbe dire che la stampa deve in qualche modo ricercare una "obiettività", che il redattore debba spersonalizzarsi per offrire una visione "universale".

Oppure si potrebbe sostenere che ci siano sempre e comunque, anche nei videogiochi, degli elementi che possono essere giudicati in maniera oggettiva. La seconda affermazione è sicuramente vera: ci sono aspetti analizzabili con esattezza, ma guarda caso sono molto spesso quelli meno interessanti da affrontare in una recensione. Framerate, quantità di poligoni, funzioni di questo o quel tasto: tali elementi possono essere descritti minuziosamente, ma proprio per questo sono aspetti poco fertili, che non innescano una discussione. Una volta che li avete letti su Everyeye, a meno che qualcuno non sbagli, potete trovarli alla stessa maniera su IGN. Vi immaginate che noia imbattersi in articoli tutti uguali che dicono la stessa cosa con parole diverse? Lasciamo gli aspetti tecnici alle dissezioni di Digital Foundry, importantissime a livello analitico, ma non direi stimolanti a livello critico.

Per quanto riguarda invece l'obiettività, è giusto richiederla entro certi limiti. Ci si aspetta che chi analizza il combat system di un picchiaduro abbia una visione d'insieme sul genere di appartenenza e sappia dire cosa funziona - o cosa non funziona! - a livello di meccaniche.

In questo caso, di certo, le recensioni non sono tutte uguali, o tutte valide a priori: ci possono essere testi più o meno fondati, e magari anche redattori che hanno preso un abbaglio. Però non è giusto pretendere che l'autore elimini del tutto la propria prospettiva; è anzi legittimo e naturale che un redattore, dopo aver spiegato se una meccanica funziona o meno, dica poi se quella meccanica gli piace o se invece predilige altri approcci. Insomma, è giusto che una firma esprima la propria preferenza, crei - anche attraverso lo strumento del voto - una classifica ideale dei titoli che più gradisce. Il valore di una recensione, insomma, non è quello di essere giusta o sbagliata: se raccontato senza malizia, ogni punto di vista è sempre legittimo. Semmai si può dire che ci saranno punti di vista di persone più o meno consapevoli della materia che trattano, e punti di vista più o meno onesti. E qui veniamo ad altre tipologie di critiche che spesso vengono mosse alle recensioni.

Venduti! (Per soldi o per click)

Una delle idee che a intervalli regolari serpeggia nei commenti di questa o quella recensione è che i redattori - o meglio la testata - abbia uno specifico interesse a dare un determinato voto, solitamente economico. Solitamente lo schema è il seguente: se il voto è alto, magari più alto della media Metacritic, è pagato dai publisher; se il voto è basso, invece, le possibilità sono tendenzialmente due. Da una parte, il publisher non ha investito abbastanza, e la rivista vuole esercitare una sorta di ricatto psicologico per il futuro; dall'altra la voce fuori dal coro è necessaria ad aumentare i click, producendo indirettamente un tornaconto monetario. Fermo restando che io non posso convincervi della mia buona fede, mi permetto di fare qualche considerazione.

Trovo sempre molto triste che ci sia qualcuno capace di pensare che la stampa si svenda per una copia promo, per la partecipazione a un press tour, o per un gadget. Penso che si tratti di persone che non sanno calcolare il vero valore di un oggetto o di un'esperienza e paragonarlo a quello della propria credibilità. E trovo molto esplicativo il fatto che tutti guardino gli spazi pubblicitari dei siti solo quando fa comodo a sostenere la propria tesi. In questi giorni sono uscite un paio di recensioni con valutazioni non proprio sontuose, ovvero Far Cry 6 e Metroid Dread, e gli spazi pubblicitari erano occupati dai banner di entrambi i titoli. Quando qualcuno, di fronte alla prossima review entusiasta, farà notare che "il sito è pieno di pubblicità", non ci sarà nessuno che puntualizzerà che è normale che sia così, perché succede regolarmente con tutti i prodotti di punta.

Alle volte, le considerazioni sulla componente economica nascono anche da una profonda ignoranza su quelle che sono le logiche del marketing. Se non peggio: in alcuni casi qualcuno parla anche senza sapere cosa sia un publisher. Prendo l'esempio di Biomutant, a cui il voto sarebbe stato assegnato solo perché "il publisher non ci ha pagato abbastanza".

È ironico che ci siano titoli veramente indipendenti, i cui sviluppatori non possono permettersi investimenti di alcun tipo (penso a Kena, Death's Door, Eastward) che vengono premiati con valutazioni impressionanti, e poi che ci sia Biomutant, che indie non lo è affatto. L'editore del gioco è THQ Nordic, uno degli agglomerati più straripanti di IP e Software House che siano mai stati creati, e la distribuzione è affidata a Koch Media, dalle cui mani di fatto passano titoli di Square-Enix, SEGA, Capcom e chi più ne ha più ne metta. Con entrambe queste realtà abbiamo rapporti commerciali estesi e duraturi. Per qualche strano motivo, Biomutant era però il gioco di Experiment 101, team piccolo e promettente che non poteva investire...salvo poi commissionare una diretta pagata a PewDiePie, probabilmente una delle attività promozionali più costose che io riesca a immaginare al giorno d'oggi. Ma finché è un content creator a sbandierare il tag #adv, sembra che vada tutto bene.

Quello che spero non è che spariscano le voci di chi urla "Pagati!", ma almeno che chi lo fa abbia l'accortezza di guardarsi attorno e capire per davvero quali sono le dinamiche commerciali fra un publisher e un editore. E intendo anche al di fuori del settore videoludico. Chiudo con una nota sui click. La stampa online, tutta quanta, ha bisogno di fare traffico.

Solitamente lo fa attraverso contenuti che chiamerei "di consumo", che potete apprezzare o meno ma che vengono letti da molti utenti (senza bisogno di essere clickbait). Nell'economia di un qualsiasi sito, una recensione (anche molto attesa) non cambia poi molto. Se quella recensione innesca una polemica, la variazione in termini di click è poi davvero irrisoria. Specifico meglio, visti i fatti degli ultimi giorni: un centinaio di commenti sulla review di Metroid Dread possono generare, ad essere ottimisti, un migliaio di "pageview" (è il termine tecnico con cui si indicano i "click", ovvero le pagine che vengono aperte). Indipendentemente da quella recensione, Everyeye ne accumula circa 30 milioni in un mese. Lascio a voi il compito di calcolare le proporzioni.

Non capisci un Ca**o!

Quando le critiche non sono legate agli aspetti economici, ma entrano nel merito dei metodi di analisi e dei punti di vista, la discussione risulta mediamente più interessante e in qualche caso persino stimolante per migliorare il nostro lavoro. In moltissime occasioni c'è però un problema di fondo che è difficilissimo da eliminare, ovvero che molte critiche arrivano nel momento in cui la recensione va online, qualche giorno prima dell'uscita del gioco.

La maggior parte di chi alza la voce, nel lasso di tempo che separa la pubblicazione della review da quella del prodotto, non ha avuto un contatto con il titolo. Ovvero non ha giocato, e non può pertanto entrare nel merito dell'analisi. Di tanto in tanto si innesca allora un piccolo cortocircuito: alcuni utenti prendono una specifica frase dell'articolo, la estraggono dal proprio contesto, la trasformano in una scusa per squalificare il punto di vista dell'autore. Di recente è successo tre volte, e vorrei prenderle in esame tutte quante. Con una premessa: può darsi che alcune di queste frasi fossero davvero male espresse, confuse, complesse da interpretare. Io non credo che sia così, ma voglio comunque considerare che ci sia questa possibilità.

Nella recensione di The Medium, la frase incriminata era connessa al "modello All You Can Eat del Gamepass", che secondo i detrattori avrebbe suggerito malafede nei confronti di Microsoft e dalla sua strategia. Pochi mesi dopo, gli stessi dirigenti di Microsoft hanno definito il GamePass come "un servizio All You Can Eat". Nella recensione di Biomutant, il problema era legato al fatto che "il protagonista potesse diventare un tuttofare".

Secondo il pubblico, quello che è un pregio negli Action RPG sul modello di Dark Souls, ovvero la possibilità di costruire una build diversificata, si era irragionevolmente trasformato in un difetto. In verità leggendo l'analisi si capisce molto bene che il problema di Biomutant è che il peloso protagonista può di fatto diventare, in tempi brevissimi, abile in qualsiasi campo. Non è così per Dark Souls, dove fare un "biclasse" o un "multiclasse" impone dei limiti: vuoi lanciare magie mentre sviluppo la forza? Probabilmente devi rinunciare a qualche armatura, oppure a un'arma che richiede un minimo di destrezza. In Biomutant tutto questo non c'è, nessuna scelta impone delle limitazioni concrete. Credo siano due approcci opposti: uno stimolante, e uno che rischia di appiattire le scelte del giocatore. Nella recensione di Metroid Dread, il problema è che "l'esplorazione è figlia del modello di Hollow Knight". Questo non significa che Metroid Dread deriva da Hollow Knight, come molti vogliono far credere, ma che il tipo di avanzamento senza una guida precisa è più vicino al gioco di Team Cherry che ad altri capitoli dello storico franchise Nintendo.

Sviluppo ora un ragionamento a partire da quest'ultimo esempio. Ammettiamo che il redattore, il buon Marco Mottura, abbia espresso male un concetto. Ammettiamo che si capisca che Dread nasce da Hollow Knight. Ovviamente si tratterebbe di una castroneria abissale, sconfessata dalla storia stessa del videogioco. Se io mi imbattessi in una frase del genere in un qualsiasi articolo, la prima cosa che farei è andare a guardare la firma per capire chi pensa quella sciocchezza. E, nel caso in esame, mi troverei di fronte, appunto, il profilo di Marco Mottura: un redattore che rischia di avere il doppio degli anni dei ragazzi che sui gruppi Facebook si lamentano del fatto che non conosca la saga di Metroid. Una persona, al di là di tutto, che di Metroid ha parlato e scritto in decine di altre occasioni. Dovrebbe bastare questo per fermare il sangue che corre al cervello, o almeno per farmi prendere in considerazione l'idea che quella frase voglia dire qualcos'altro. E invece alcuni utenti fanno ciò che più gli è comodo per affermare il proprio punto di vista e mettere alla berlina quello dell'altro. È una deriva che io trovo legata all'epoca della post-verità: dico qualcosa di profondamente inesatto, e questo serve per far passare un'idea fumosa che sostiene la mia tesi. Ho la prova che "il redattore non ne capisce", e quando questa prova viene smontata comunque ho instillato il dubbio. La trovo una strategia dialettica che non esito a definire disonesta.

La mia opinione è quella degli altri. Alle volte, quella del marketing.

Per questo ultimo paragrafo faccio un passo indietro e recupero l'incipit del precedente. Al di là di quali siano le strategie per disinnescare un'opinione, resta infatti vera una cosa: che la maggior parte delle discussioni più accese si genera in un momento in cui il pubblico non ha ancora giocato al titolo che viene analizzato. In questa fase, gli utenti hanno una conoscenza solo preliminare del prodotto: lo hanno visto nei trailer, nei video YouTube di qualche creator, lo hanno sentito raccontare da qualcuno della stampa. Nel migliore dei casi hanno provato una demo, facendosi un'idea più concreta del gioco, senza però avere la possibilità di saggiarne le fasi avanzate. Senza sapere quindi come sarà la storia, quale sarà la tenuta e l'evoluzione del gameplay, quanto durerà l'avventura.

Non dico che il pubblico brancoli totalmente nel buio, perché ormai la mole di informazioni su un prodotto che viene accumulata prima del lancio è densa e concreta, ma si tratta di impressioni di certo non conclusive. In queste circostanze si verificano spesso due situazioni. La prima, è che il pubblico va a cercare una voce in linea con il proprio "pregiudizio", al fine di utilizzarla come se fosse l'ultima verità. Quella è la lettura giusta, l'unica possibile, quella esatta. Reputo che sia un po' triste dover ricorrere all'opinione degli altri per far valere la propria; e credo sia ancora più sconfortante far leva sull'opinione altrui cercando di alimentare con tutta forza quello che, fino alla prova con mano del titolo, resta solo un preconcetto.

Trovo anche ironico che molto spesso ci sia chi è pronto a definire le valutazioni in linea con le proprie come più "pure", non influenzate dalle logiche di mercato. Quando le stesse persone che nella recensione di Cyberpunk urlavano a gran voce "la stampa è venduta", scrivono "IGN ha dato 10" sotto all'articolo di Deathloop, mi viene semplicemente da sorridere. E, per inciso, sappiate tutti che le interazioni economiche fra publisher e stampa sono esattamente le stesse che sussistono fra publisher e creator. Anche quest'ultimi ricevono gadget, copie dei giochi, inviti ai press tour, budget promozionali per iniziative che - proprio come la stampa - sono obbligati a dichiarare.

Chiudo con un'ultima considerazione. Alle volte capita che ci siano utenti pronti a tutto per difendere a spada tratta un prodotto, anche prima del lancio. Spesso lo fanno in nome di un'affezione particolare nei confronti di un brand storico, in altre circostanze invece le sfumature sono più difficili da cogliere. L'amore incondizionato del pubblico italiano nei confronti di Biomutant, ad esempio, non riesco ancora a spiegarlo pienamente (soprattutto a fronte di recensioni utente, su Steam e Metacritic, che delineano il profilo di un prodotto poco più che sufficiente, in linea con la lettura della stampa).

Ecco, in molti di questi casi credo che il trasporto del pubblico sia legato soprattutto ad una campagna di comunicazione rombante ed efficace. Ironia della sorte, spesso e volentieri è proprio una parte degli utenti che si trasforma in un megafono dei reparti marketing, raccogliendo e amplificando una sensazione che nasce magari da un trailer indovinato, più che dai meriti di un gioco che sul mercato ancora non c'è.

Videogiochi e Dintorni Le situazioni che ho delineato in questo articolo, come sostenevo in apertura, non rappresentano la norma. Si tratta di episodi un po' estremi, che proprio per questa loro natura "eccessiva" tendono ad essere più visibili di altri. Ci sono tanti utenti che criticano, anche aspramente, con cognizione di causa e con il desiderio di condividere e far valere il proprio punto di vista, non con il solo scopo di distruggere quello degli altri. Siamo sempre in ascolto quando si tratta di ricevere un feedback critico o analitico, a patto che questo non sia distruttivo e aprioristico. La speranza, quindi, è che vogliate continuare a farvi sentire, sviluppando gli strumenti per far valere la vostra voce. Se volete un chiarimento su come funziona il dietro le quinte del nostro lavoro, siamo a disposizione per darveli. Di contro, se pensate che tutte le voci "istituzionali" siano irrimediabilmente corrotte, probabilmente non c'è neppure un terreno comune per discutere. Nella mia ottica questa risposta ufficiale, diretta alle voci di dissenso più feroci, vuole essere anche un momento d'incontro, un punto di partenza per capire cos'è la critica, cosa deve o non deve fare una recensione, e - perché no? - anche quali sono i giusti strumenti per smontarla. Fateli vostri, ne gioverà anche il dibattito sul videogioco e sul suo valore.