Cuphead: uno stile inconfondibile ispirato ai cartoon degli anni '30

Cuphead si distingue (anche) per uno stile estetico di altissimo impatto, ispirato ai cartoni americani degli anni 30.

Cuphead: uno stile inconfondibile ispirato ai cartoon degli anni '30
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Disponibile per
  • Pc
  • PS4
  • Xbox One
  • Switch
  • Xbox One X
  • PS4 Pro
  • Le Inkwell Isle rappresentano la summa dell'animazione americana. Il trait d'union tra quell'atavica golden age, a noi lontana, e il mondo videoludico moderno. Due opposti che si incontrano: l'inchiostro che imbratta il software, la tela che diventa schermo, l'analogico che si fa digitale. Cuphead è esattamente questo: una rivolta a suon di matite contro l'imperante digitalizzazione, un videogioco che ispirandosi ai cartoon degli anni 30 ripesca un canone stilistico dalle linee inconfondibili. Il più grande valore della produzione sta nel lavoro profondamente artigianale con il quale il team di sviluppo ha non solo riproposto, ma anche reinventato un immaginario surreale e al limite del grottesco, adattandolo alle esigenze virtuali del nostro medium.
    Un percorso lungo e travagliato che però ha condotto i fratelli Moldenhauer a realizzare, a detta loro, "il gioco che hanno sempre sognato": un fumetto interattivo con delle basi artistiche cementificate all'inizio del secolo scorso e quest'oggi prese a modello per riunificare "due gemelli separati alla nascita". Un mix che nelle prossime righe tratteremo con dovizia di particolari: parlando dell'art design del titolo, delle principali fonti d'ispirazione e della realizzazione di alcuni boss.

    Cuphead in "The Two Brothers' Initiation"

    Anno 1936. Ub Iwerks e il suo studio producono già da un paio d'anni una serie di corti animati sotto il nome di ComiColor Cartoon, uno di questi cortometraggi (Humpty Dumpty) aveva però un inizio particolare: a mostrare i titoli di testa non vi era più il solito manifesto, ma la copertina di un libro che, una volta aperto, ci raccontava la storia di un grosso uovo antropomorfo. Con quel incipit così semplice i cartoon facevano proprio un linguaggio: uno stile narrativo che dall'alba dei tempi aveva alimentato la fantasia di bambini e bambine. A circa ottant'anni da quegli esordi, Cuphead riprende la medesima formula comunicativa: sulla copertina c'è il nome di una software house e siamo noi a sfogliare le pagine di quel libro con il nostro joypad, tuttavia l'atmosfera è rimasta la stessa.

    Se i lavori di Ub Iwerks, co-creator insieme a Walter Disney di Mickey Mouse, sono una delle fonti d'ispirazione dei disegnatori di Studio MDHR, l'altra faccia della medaglia è rappresentata da Max Fleischer e Grim Natwick (persino il gioco cerca di farcelo intuire con un boss chiamato Grim Matchstick). Dalle loro mani presero vita personaggi come Betty Boop, Bimbo, Popeye the Sailor (da queste parti Braccio di Ferro) e Koko il Clown: figure scolpite nella storia di quelli che furono i Fleischer Studios. Partirei proprio da quella femme fatale di Betty Boop, rinata dalle ceneri per reincarnarsi in almeno due dei boss femminili di Cuphead.

    Un circo surrealeChe i cartoon degli anni trenta avessero un certo gusto per il surreale e il sovversivo è un dato di fatto, basti vedere corti animati come "Swing You Sinners!" (nel quale delle tombe parlano con il protagonista). Cuphead, dal canto suo, ricrea situazioni paradossali molto simili, ma al contempo propone scenari che sembrano uscire da una litografia di Escher: come lo sfondo di un livello Run and Gun dalle geometrie distorte, alla fine del quale ci attende una tuba con tanto di baffetti (un chiaro riferimento ai personaggi delle Silly Symphony). Un altro ambiente che i cartoni animati hanno da sempre sposato con entusiasmo è quello circense: sarà per quella magia affine che si viene a creare durante un numero da circo, ma il naso rosso e le calzature enormi sono uno dei temi preferiti dai disegnatori. Per quanto riguarda il titolo, una boss fight (Beppi The Clown) e un livello R. and G. con prestigiatori e palloncini colorati ricordano molto da vicino l'episodio di Betty Boop: "Boop-Oop-a-Doop".

    La prima di queste è Cala Maria, una sirena dagli occhioni languidi: le sue curve e i suoi movimenti sinuosi ricordano, indubbiamente, uno dei corti dei Fleischer, "Betty Boop's Life Guard", in cui la flapper di Natwick sogna di essere una sirena che fugge da un enorme drago marino. Anche l'animazione "danzante" riprende quel tratto tipico dei cartoon dell'epoca: nel film si intravedono delle anguille elettriche destreggiarsi in un balletto simile a quello della donna-pesce. La seconda è un nemico della quale conoscerete sicuramente la risatina, Hilda Berg: una donnina con un monociclo volante la cui acconciatura riccioluta vi sembrerà familiare. In lei si possono riconoscere sia le linee di Betty Boop che quelle dalla più esile Olivia, la fidanzata di Braccio di Ferro. Sembra invece venir fuori dall'universo marinaresco di Popeye the Sailor il Capitano Brineybeard, un pirata dal fisico imponente e con l'immancabile gamba di legno. Che Bluto abbia cambiato mestiere per solcare i mari, innalzando la bandiera teschiata? in effetti il personaggio rievoca molto il marinaio ideato da Elzie Crisler nel lontano 1929, con la sua barba folta e il suo sguardo arcigno.
    La nave sulla quale il Capitano svetta, inoltre, è uno dei numerosi oggetti antropomorfizzati presenti nel gioco, in perfetta sintonia con la tendenza del periodo nel dare a qualsiasi oggetto una propria espressione e di conseguenza uno stato d'animo. In particolare gli episodi della serie Talkartoons, prodotta dai Fleischer Studios, avranno sicuramente ispirato i fratelli Moldenhauer: uno di questi, "Barnacle Bill", mostra un battello con tanto di occhi e bocca inneggiare una canto marinaresco insieme ai membri dell'equipaggio.

    I boss sono certamente il punto focale della produzione, ma anche i paesaggi acquerello dimostrano l'estrema ricercatezza del team di sviluppo nel ricreare quell'atmosfera sognante dei primi anni del novecento: lo spettacolo di cabaret che fa da sfondo allo scontro con le due rane-pugili (Ribby and Croaks) ricalca l'estetica di uno dei primi corti di Bimbo e Betty Boop, "Dizzy Dishes", con tanto di gattine che ballano il Can-can (sostituite in Cuphead da delle sinistre libellule).
    Poi come non parlare della causa di tutti i problemi di Mugman e suo fratello: The Devil. Una figura altamente stereotipata nei cartoni animati e che i ragazzi di Studio MDHR hanno reso in linea con le rappresentazioni degli anni trenta: un Lucifero dai lineamenti essenziali e dalla forma slanciata che ricorda i disegni di uno dei corti più famosi e discussi di Betty Boop, "Red Hot Mamma", ritenuto blasfemo e per questo censurato nel Regno Unito. Non sono soltanto questi i riferimenti e le rivisitazioni artistiche presenti all'interno del titolo, ma ve ne sono molte altre come l'approccio umoristico adottato nella sconfitta di un uccellaccio, spennato e successivamente salato dai propri simili (Wally Warbles); o la trasformazione improbabile di un'ape regina in un Boeing B-17 (Rumor Honeybottoms); o ancora la presenza di un picchio dalla chioma rossa in uno dei livelli Run and Gun iniziali (Treetop Trouble).

    Quella dei Moldenhauer è un'opera che non solo restaura un'estetica ben precisa, ma trasmette un immaginario fatto di pellicole rovinate, mozziconi di sigaretta e mani sporche d'inchiostro. Gli sguardi luciferini e i denti digrignati sottolineano l'aderenza allo stile cartoon degli anni trenta, ma allo stesso tempo rivelano la consapevolezza di aver consegnato al Videogioco un universo unico, ad un passo dall'essere perso nei libri di storia. Cuphead riscrive, a suo modo, un nuovo rapporto tra games e animazione: un amore a suon di jazz e braccia a tubo di gomma.

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