Cyberpunk 2077: parliamo dei finali del gioco

A due mesi dalla pubblicazione di Cyberpunk 2077 è finalmente giunto il momento di parlare dei finali in coda all'ultima epopea di CDPR

Cyberpunk 2077 finali
Speciale: Multi
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  • Sono passati oltre due mesi dall'esordio di Cyberpunk 2077 sugli scaffali, dal lancio di quello che può facilmente essere annoverato tra i titoli più controversi della storia recente del medium. Atteso con incontenibile entusiasmo da gran parte della community videoludica, il colossal di CD Projekt RED ha innescato sin da subito una mole travolgente di polemiche, in particolar modo per le innegabili carenze delle versioni console, afflitte da una lunghissima serie di problemi tecnici (qui la nostra recensione di Cyberpunk 2077 in formato PlayStation 4).

    In questa sede non vogliamo però tornare a discutere sulla legittimità di questa o quella posizione, a riesumare un dibattito che nel tempo si è fatto logoro e logorante (approfondito all'epoca in questo speciale su Cyberpunk 2077 e il ruolo della stampa). L'unico punto all'ordine del giorno sono i lasciti di un viaggio memorabile, le battute conclusive di un'epopea cyberpunk che - in un modo o nell'altro - è destinata a lasciare un segno indelebile tra le cronache del videogioco. Insomma, è giunto il momento di tirare le somme sui finali di Cyberpunk 2077.

    ATTENZIONE: l'articolo a seguire contiene una quantità astronomica di spoiler sulla trama di Cyberpunk 2077 e su tutti i suoi finali, quindi vi consigliamo di evitare la lettura nel caso temiate di incappare in qualche spoiler molesto.

    Un nemico di acciaio, cemento e desiderio

    Il nostro viaggio tra le pagine patinate dell'ultima epopea di CD Projekt RED si apre con una domanda tanto semplice quanto essenziale: chi è il vero antagonista di Cyberpunk 2077? La risposta non può che essere una e una soltanto: Night City. La città di Richard Night è un distillato delle distopie postindustriali di Gibson e soci, una musa perversa che spinge le sue vittime a varcare consapevolmente la soglia di un labirinto senza uscite, inseguendo l'ombra di un miraggio chiamato ambizione. La metropoli è una sorta di maligno faustiano, un demone che illude i suoi cittadini con sogni di gloria e libertà, per poi trasformare le loro aspirazioni in una condanna.

    Il protagonista di Cyberpunk 2077 vuole "diventare qualcuno", guadagnarsi un posto di diritto tra le leggende di Night City e vivere una vita che meriti di essere celebrata con un brindisi al bancone dell'Afterlife. A suo modo V rincorre l'immortalità (un tema ricorrente nel gioco): un desiderio che la città non mancherà di esaudire con sadica ironia, tramutandolo in una sentenza di morte. Dietro ai sorrisi di plastica delle Doll, oltre la cortina di neon che nasconde l'anima corrotta della città, si avvertono dei forti richiami al pantragismo del teatro ellenico, una visione pessimistica dell'esistenza che ritroviamo anche nella letteratura cyberpunk.

    Possiamo quindi riconoscere nel racconto di CDPR una versione postmoderna, atea e amorale del classico scontro tra "eroe" e fato, l'eterna lotta tra la volontà del singolo e il percorso tracciato da una forza superiore, un'entità cieca ai turbamenti dell'umanità e determinata a seguire il suo "grande disegno". Senza alcuna implicazione esoterica (no, i fantasmi digitali non contano), in Cyberpunk 2077 questa entità è la manifestazione delle estreme conseguenze del più spietato darwinismo sociale, che ha generato un sistema basato sul sopruso e sulla violenza. Un sistema che tutti - volenti o nolenti - contribuiscono ad alimentare senza sosta, e che ci invita a riflettere su quelle che potrebbero essere le estreme conseguenze del nostro stile di vita, lungo il percorso evolutivo della società occidentale.

    Lasciando da parte la "banalità del male" corporativo, perfino gli idealisti come Johnny Silverhand fanno la loro parte nel perpetuare le dinamiche predatorie della società di Cyberpunk. In verità la rivoluzione voluta da Johnny è poco più di un pretesto, un atto di puro autocompiacimento: il leader dei Samurai è schiavo della sua leggenda e fa il possibile per nutrirla con ogni sua azione, senza curarsi degli altri. Basti pensare alle migliaia di "vittime collaterali" coinvolte nell'esplosione delle testate nucleari dopo il suo assalto all'Arasaka Tower, causa dell'evento catastrofico noto come Night City Holocaust.

    Anche il rocker, come tutti, ha scelto consapevolmente di aggrapparsi alle sbarre cromate di questa prigione scintillante, un luogo dove nessuno può sperare in un lieto fine. E non è certo un caso se il gioco di CD Projekt RED non ha un vero e proprio "finale positivo", una conclusione che conceda al protagonista di sfuggire alla maledizione della città senza pagare con la vita il costo delle sue ambizioni. Ma se il destino di V è già scritto, se l'incontro con la mietitrice è ineluttabile, che senso hanno le scelte disposte lungo il cammino? Beh, la risposta è semplice: quelle scelte ci permettono di definire "chi siamo" all'interno del mondo di Cyberpunk 2077, di modellare la personalità del nostro alter ego e infine decidere come affrontare l'inevitabile.

    Il peso della scelta

    Partiamo da un presupposto: fatta eccezione per una manciata di snodi cardine, gli svincoli decisionali presenti in Cyberpunk 2077 non permettono di alterare in maniera dirompente il corso della trama portante, né tantomeno l'evoluzione del mondo di gioco. D'altronde si tratta di un approccio che ritroviamo nella stragrande maggioranza delle esperienze narrative, portato avanti con l'obiettivo di mantenere intatta l'organicità e la coerenza del racconto, assieme alla sua efficacia corale.

    In questi casi si parla spesso di "illusione della scelta" ma, in tutta onestà, Cyberpunk 2077 non ci ha mai dato l'impressione che le nostre decisioni fossero prive di sostanza, totalmente fini a sé stesse. Allontanando lo sguardo dal disegno generale, dal percorso segnato dalle varie tappe della questline principale, è facile rendersi conto di come le scelte compiute nei panni di V, comprese quelle implicite ed involontarie, abbiano un impatto significativo sulle sue vicende personali, sul bagaglio di ricordi che il giocatore avrà accumulato sulla strada verso i titoli di coda. Dedicare la giusta attenzione ai turbamenti di Barry Lewis, il vicino di casa di V, potrebbe ad esempio salvare la vita del poliziotto, finito in una spirale di depressione a causa degli orrori cui è stato costretto ad assistere tra le strade di Night City. Questo sempre che il protagonista decida di mettere la chiacchierata con Barry in cima alla sua lista delle priorità, per evitare che la disperazione spinga l'uomo a puntarsi alla testa la pistola d'ordinanza. In base alle nostre azioni durante la missione secondaria Chippin' In, potremmo non mettere mai le mani sull'iconica Porsche 911 Turbo di Johnny Silverhand, precluderci l'accesso alla successiva Blistering Love e stroncare sul nascere la riconciliazione tra il rocker e Rogue, arrivando perfino a bloccare del tutto uno dei finali del gioco.

    Anche la missione principale Search and Destroy ospita un obiettivo secondario (non esplicitato) in grado di modificare il corso di una delle quest conclusive del gioco: salvare Goro Takemura dall'assalto degli uomini dell'Arasaka ci permetterà infatti di averlo al nostro fianco durante il confronto finale con i dirigenti della compagnia, e nel successivo scontro con l'esercito privato di Yorinobu. Più in generale, come anticipato, Cyberpunk 2077 offre un dedalo di scelte e opzioni di dialogo fortemente caratterizzanti, pensate per garantire ai giocatori una grande libertà nella definizione del proprio alter ego digitale.

    Lontano dai semplicismi della classica dicotomia tra buono e cattivo, i crocevia dialogici del titolo abbracciano un'ampia gamma di sfumature morali: un approccio ruolistico assolutamente pregevole, che invita costantemente a chiedersi quale sia la condotta più "giusta" per il proprio personaggio. Nel corso dell'avventura saremo chiamati a mettere alla prova la solidità delle nostre convinzioni, a decidere quale parte di noi stessi siamo disposti a sacrificare per soddisfare le nostre aspirazioni, che siano sogni di gloria e ricchezza o l'implacabile desiderio di restare in vita. In linea con questa filosofia di base, anche i tre "Life Path" selezionabili all'inizio del gioco non hanno, di per sé, un impatto dirompente sulla progressione ludica e narrativa, né obbligano a seguire una specifica rotta. In base al backgroud scelto, il giocatore guadagna l'accesso opzioni di dialogo aggiuntive che gli permettono plasmare ulteriormente la personalità di V, di superare le sfide proposte dal gameplay senza mai "uscire dal personaggio".

    Nei panni di un fiero "Street Kid", ad esempio, ci è capitato di sventare una rapina improvvisata semplicemente ricordando ai banditi come i membri della gang locale, i temibili 6th Street, non apprezzassero iniziative di questo genere nel loro quartiere. Come Corpo, invece, abbiamo salvato un ex collega da una coppia di poliziotti decisamente ostili, per poi costringerlo a versarci sul conto una discreta sommetta in cambio del nostro silenzio sui suoi deprecabili misfatti.

    Frammenti di esistenze digitali straordinariamente vivide, che ci hanno fatto sentire perfettamente a nostro agio nella "pelle" che ci eravamo scelti. Dall'inizio alla fine. A maggior ragione considerando che i finali proposti dal titolo si adattano egregiamente a una grande varietà di interpretazioni ruolistiche, senza mai abbandonare del tutto la sfumatura fatalistica che caratterizza l'intera esperienza.

    La fine del viaggio

    In senso stretto, il finale che ci troveremo ad affrontare al termine dell'avventura di V dipende interamente dalle scelte compiute al termine di Nocturne Op55N1, il "punto di non ritorno" della campagna. Dopo l'incontro con Hanako Arasaka, V viene colpito da una crisi particolarmente violenta e cade privo di sensi nell'ascensore dell'Embers Club. Risvegliatosi nella clinica di Viktor Vector, l'edgerunner viene informato che il tempo a sua disposizione è ormai agli sgoccioli: l'engramma di Johnny sta per consumare definitivamente la sua coscienza, ed è quindi giunto il momento di decidere come chiudere i conti con il fato.

    Misty dice di conoscere un buon posto per pensare, il luogo dove Jackie era solito andare ogni volta che la vita lo metteva di fronte a un bivio importante. La scalata verso l'ultimo piano dell'edificio è un momento meravigliosamente agrodolce: il ricordo dei sogni di grandezza condivisi col nostro amico, dei momenti passati assieme, lasciano il posto alla dura realtà del presente, alla memoria degli ultimi istanti di Jackie e alla consapevolezza del nostro futuro incerto.

    Night City ci ha già impartito la sua lezione, è il momento di ricambiare. Il successivo dialogo con Johnny rappresenta il primo crocevia verso uno dei possibili finali del gioco e, come detto, le nostre decisioni in questa fase segneranno inequivocabilmente il destino di V. Bisogna però considerare che alcune opzioni saranno disponibili solo se avremo completato specifiche questline secondarie (quelle di Rogue e Panam), mentre per accedere al "finale segreto" dovremo aver consolidato a sufficienza il nostro rapporto con Johnny (in particolar modo durante il confronto alla tomba del rocker).

    L'epilogo più rapido da ottenere ci vede chiudere l'epopea di V nel peggiore dei modi: all'apice della disperazione, piegato dal dolore e incapace di sopportare oltre le vessazioni della sorte, il protagonista sceglie di imboccare "la via d'uscita più semplice". Un'ultima occhiata all'orizzonte, qualche parola di commiato, il bacio di piombo della nostra pistola: Night City ha vinto ancora una volta. Il finale più squisitamente "corporativo" richiede ai giocatori di scommettere la propria vita sulla più improbabile delle alleanze, quella tra V e l'enigmatica Hanako Arasaka. Dopo aver salvato la figlia di Saburo dalla prigionia dorata impostale dal fratello, dovremo quindi convincere l'alto direttivo della compagnia che il vero assassino del patriarca altri non è che Yorinobu, determinato a ottenere il completo controllo sull'impero di famiglia. Le trattative saranno presto interrotte dagli sgherri del nuovo "imperatore", incaricati di sterminare il consiglio d'amministrazione e tutti i testimoni delle sue malefatte.

    Dovremo dunque farci strada a suon di piombo verso le stanze di Yorinobu, approfittando dell'occasione per chiudere i conti con Adam Smasher: lo scontro con il colosso d'acciaio rappresenta una costante di tutti i finali, seppur con qualche variabile significativa. L'ultimo scambio di battute con Yorinobu lascia intuire che le intenzioni dell'uomo sono ben diverse da quelle che avevamo immaginato, e ci conduce a una raccapricciante presa di coscienza: abbiamo stretto un accordo col diavolo in persona, e ora dobbiamo affrontarne le conseguenze.

    La sequenza successiva è un concentrato di flebili speranze e pura alienazione. A bordo della stazione spaziale dell'Arasaka saremo costretti a sottoporci a un ciclo infinito di test "clinici" per valutare l'esito dell'intervento che avrebbe dovuto salvarci. Intrappolati a migliaia di chilometri da casa, devastati nella mente e nel corpo, scopriremo che la soluzione proposta da Hanako non ha fatto altro che rallentare il nostro inevitabile declino cognitivo.

    Due sono le alternative che ci vengono proposte: tornare sulla Terra per vivere gli ultimi sei mesi tra atroci sofferenze o accettare che la nostra mente venga conservata nel Mikoshi (la prigione per anime dell'Arasaka), in attesa che la società trovi un nuovo corpo compatibile. Solitudine, angoscia, terrore e infine oscurità: questa è la ricompensa che ci spetta per aver venduto l'anima al potere corporativo. Scartando l'ipotesi di siglare un patto con Hanako, potremo chiedere agli Aldecaldo di aiutarci a raggiungere il cuore del quartier generale dell'Arasaka, in modo da permettere alla super IA Alt Cunningham di usare il demone Soulkiller per restituirci il pieno controllo del nostro corpo.

    Si tratta della rotta ideale per i Nomadi, sebbene anche in questo caso le prospettive non siano certo rosee. Dopo aver preso d'assalto la fortezza dell'Arasaka alla guida del piccolo esercito degli Aldecaldo, dovremo farci strada fino al Mikoshi e affrontare il caro, vecchio Smasher, che subito aggiungerà il nostro amico Saul (il leader del clan) alla lista dei caduti da vendicare. Sbrigate le necessarie - e letali - formalità, saremo pronti per affidarci corpo e mente alle cure di Alt, che purtroppo ci comunicherà un'infausta notizia: il trattamento non può salvarci, ma ci concederà al massimo qualche mese di vita.

    A questo punto possiamo decidere di abbandonare per sempre il nostro guscio organico, lasciandolo in eredità a Johnny, o vivere il tempo che ci resta con la nostra nuova famiglia nomade. Sulla prima opzione torneremo più avanti, mentre la seconda può essere sicuramente annoverata tra gli epiloghi più positivi del gioco. In coda alla carovana degli Aldecaldo, lasceremo i confini della città con la certezza di essere riusciti a batterla al suo gioco perverso: al nostro fianco abbiamo amici fraterni e una compagna (o compagno) pronta a rischiare tutto per regalarci un altro giorno di vita. Non importa quanti ce ne restano, perché sappiamo che li vivremo al massimo. Un altro finale positivo può essere sbloccato attaccando l'Arasaka Tower con l'aiuto di Rogue e della sua squadra di mercenari. La regina dei Fixer di Night City sarà al nostro fianco fino alla battaglia con Adam Smasher, e arriverà a sacrificare la sua vita per darci la possibilità di preservare la nostra, consegnando così il proprio nome alla leggenda. Nel Mikoshi, Alt Cunningham ci presenterà di nuovo lo stesso, atroce bivio, ma con un esito ben diverso dal precedente. Dopo aver raccolto l'eredità di Rogue, e con essa il trono dell'Afterlife, V è ora il mercenario più temuto e rispettato di Night City, la prima scelta se hai per le mani un contratto a sei o sette zeri, troppo pericoloso per chiunque abbia un po' di buon senso.

    Proprio come l'incarico offerto dall'enigmatico Mr Blue Eyes, che è disposto a pagare a V una cifra vergognosa per rapinare un casinò fra le stelle, dopo una bella passeggiata a gravità zero. Mentre ci prepariamo ad affrontare il vuoto cosmico, il telegiornale ci avverte dell'esistenza di una cura sperimentale per la degenerazione neurologica: 700mila eddie al mese per continuare a vivere nella leggenda. Night City avrà pure la nostra anima, ma in fondo gliel'abbiamo venduta col sorriso sulle labbra. Questa conclusione, chiamata Path of Glory, può essere raggiunta anche scegliendo il "finale segreto" del gioco, che richiede di attendere almeno 5 minuti senza selezionare alcuna opzione durante l'ultimo dialogo con Johnny in Nocturne Op55N1.

    Così facendo, il nostro coinquilino cerebrale ci proporrà di assaltare l'Arasaka senza alcun aiuto, contando esclusivamente sulle nostre forze congiunte. Questa missione suicida deve essere completata necessariamente senza morire, per evitare di essere costretti a ricaricare un salvataggio prima del "punto di non ritorno". Un esito positivo ci consegnerà la migliore versione possibile di "Path of Glory" (Rogue è sopravvissuta e Johnny ha ottenuto la sua vendetta), che a sua volta è probabilmente il "good ending" per eccellenza. A dirla tutta, continuiamo a credere che questo particolare percorso meritasse un finale a parte, proprio in virtù delle particolari condizioni di sblocco e delle sue sfide aggiuntive.

    L'ultimo epilogo, chiamato New Dawn Fades, può essere sbloccato facendo in modo che V decida di abbandonare la sua esistenza organica per seguire Alt oltre il Black Wall, abbracciando così un'esistenza completamente digitale. Questa scelta permetterà a Johnny di occupare in via permanente il corpo del protagonista, guadandosi l'opportunità di iniziare una nuova vita. È una conclusione toccante e carica di malinconia, che vede il rocker raggiungere l'apice del suo percorso di redenzione, e liberarsi finalmente dal perso insostenibile della sua leggenda. La chitarra che Johnny regala a Steve, il suo giovane vicino di casa, rappresenta in questo senso un vero e proprio passaggio di consegne: la città è pronta ad accogliere un nuovo dio del rock, ma questo non deve necessariamente commettere gli stessi errori del precedente.

    Silvehand lascia Night City determinato a onorare il suo debito con V: lontano dai bagliori della metropoli, dalle sue letali lusinghe, l'uomo farà il possibile perché la sua seconda occasione non vada sprecata. I finali di Cyberpunk 2077, come ogni altro passaggio dell'epopea di CDPR, non vogliono imporre il pubblico bicromie morali o lezioncine da due soldi, ma ribadire ancora una volta quello che è il nodo centrale dell'intera esperienza: le scelte che facciamo ci definiscono e ci permettono di imparare qualcosa su noi stessi, nel bene o nel male. D'altronde ogni ambizione ha un costo, specialmente a Night City.

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