Da God of War 3 a Bayonetta: le boss fight più spettacolari dei videogiochi

Prima di massacrare le creature della mitologia nordica in God of War, riscopriamo le boss fight più epiche e maestose che abbiamo mai affrontato.

Da God of War 3 a Bayonetta: le boss fight più spettacolari dei videogiochi
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  • Il sangue che ribolle nelle vene. Il cuore che palpita a mille. L'adrenalina che scorre furente tra le mani. Il senso di piccolezza ed impotenza dinanzi ad un nemico dalle fattezze colossali. Sono solo alcune delle sensazioni che ci investono con forza prorompente quando ci troviamo faccia a faccia con un boss gigantesco e feroce, capace di spaventarci ed esaltarci al tempo stesso. La saga di God of War, da questo punto di vista, è sempre stata un modello di riferimento per tutti gli altri congeneri: sono pochi i titoli in grado di rivaleggiare, in termini di spettacolarità ed impatto visivo, con gli scontri imbastiti dal capolavoro di Santa Monica.
    L'ultimo capitolo della serie, tuttavia, sceglie una strada diversa: pur non rinunciano alla violenza ed alla brutalità delle battaglie, struttura combattimenti meno reboanti in confronto a quelli degli episodi precedenti. Per ingannare l'attesa prima di far vorticare la nostra ascia contro le creature della mitologia norrena, la nostra mente ha intrapreso un viaggio a ritroso nel tempo, ricordando quelle che sono - secondo noi - le cinque boss fight visivamente e scenograficamente più esaltanti che ci sia capitato di affrontare. Nella lista rientrano, come vedrete, i duelli con avversari possenti e gargantueschi. Perché in questo caso, le "dimensioni" contano. Contano eccome...

    God of War III: Crono

    "Titanica": non esiste parola più appropriata per descrivere la battaglia contro Crono. E non soltanto perché il nemico in questione è un vero e proprio "titano" (nonché padre di Zeus) ma anche perché Kratos, se rapportato al suo contendente, è più piccolo persino di un'unghia. In God of War III, Santa Monica ha messo in scena duelli sensazionali e magniloquenti, ma la boss battle che vede Crono come bersaglio le divora tutte in un sol boccone, confermandosi, senza timore di smentita, uno dei punti più alti di estasi visiva mai raggiunti da un videogioco.

    Complice un comparto tecnico mostruoso, una regia monumentale ed un intelligentissimo uso dei QTE, la furibonda tenzone con il "nonno" di Kratos è un continuo andirivieni di esaltazione, cambi di prospettiva, e barbarica brutalità: lotteremo sul braccio di Crono, più insignificanti di una pulce, mentre poco alla volta ne strapperemo via le unghie, immersi nei fiotti di sangue, nelle urla di dolore. Scaleremo la sua pelle, ne infilzeremo le carni, e sguazzeremo nelle sue budella: le croste delle sue dita ci sembreranno distese rocciose, le escrescenze epidermiche delle disgustose pianure imputridite, mentre le sue spalle montagne invalicabili, che crolleranno in frantumi di fronte alla veemenza dei nostri attacchi. Il combattimento contro Crono non è particolarmente impegnativo, né elaborato in termini di meccaniche d'attacco o difesa: il team californiano ha infatti puntato tutto sul fattore "meraviglia", grazie al quale ci sentiremo così tanto piccoli, eppure così tanto potenti.

    Bayonetta: Jubileus

    Che le boss fight della serie Bayonetta siano un concentrato di virtuosismi estetici e registici è una verità universalmente riconosciuta. Quella contro Jubileus, in particolar modo, è l'emblema dell'eccesso allo stato puro. Apocalittica ed elegante, La Creatrice è un nemico che racchiude in sé la verve spettacolarizzante tipica della saga, e diviene la manifestazione più pura dell'estro creativo di Platinum Games. Ora nei panni di Jeanne che si muove in modo felino oltre la stratosfera, ora in quelli di Bayonetta pronta a danzare (letteralmente) tra le stelle, dovremo malmenare la bellissima Jubileus su un palcoscenico celestiale, immerso in una dimensione galattica e senza tempo.

    Al di là delle proporzioni e del design della creatura, angelica e demoniaca allo stesso tempo, a colpire è soprattutto la potenza dello scenario nel quale lotteremo: un teatro di nebulose e corpi astrali, dove il silenzio cosmico è annichilito dal suono di cori trionfanti. Un vero e proprio "giubilo" videoludico, un viaggio psichedelico e sensoriale, coronato dalle note della splendida "Fly me to the moon", mai così calzante ed inebriante. In una sola parola: "divina".

    Asura's Wrath: Gongen Wyzen

    Quando si dice: "partire alla grande". Gongen Wyzen è uno dei primi boss da affrontare nel sottovalutato Asura's Wrath, e non poteva esserci inizio migliore per mettere subito in chiaro la filosofia dell'esuberanza che permea tutta la produzione di Capcom. L'incipit dello scontro si mantiene ancora su una scala più "moderata", con un nemico dalla massa sì poderosa, ma dotato delle dimensioni di un qualsivoglia gigante.

    È con il prosieguo della tenzone, e con la progressiva mutazione di Gongen Wyzen, che la battaglia assume forme pantagrueliche. Quello che compare a schermo è un'orgia visiva monumentale: il rabbioso Asura cerca di contrastare lo sfidante a suon di QTE ed esibendosi in pirotecniche coreografie, messe abilmente in risalto da una regia eclettica, visionaria e conturbante, di matrice squisitamente nipponica. Un duello in realtà poco "interattivo" in confronto a quello degli altri concorrenti presenti in questa lista, che basa gran parte del suo appeal principalmente sull'accurato utilizzo degli script. E se questo aspetto del gameplay può far storcere un po' il naso ai puristi dell'action-game nudo e crudo, quando Gongen Wyzen rigonfia la sua corporatura fino a divenire più grosso addirittura di un pianeta, il senso di incredulità e magnificenza, anche se per poco tempo, soverchia tutte le problematiche del gioco. Un solo dito della divinità sembra infatti ricoprire un intero continente: al suo cospetto, Asura - ed il giocatore con lui - possiede quasi la grandezza di un acaro.

    Final Fantasy XV: Adamantoise

    A voler essere sinceri, il combattimento contro Adamantoise non è certo dei più soddisfacenti in quanto a profondità ludica. Eppure, questa mitologica testuggine, in qualche modo, ha saputo rimanere fortemente impressa nella nostra memoria. E non solo perché si tratta di uno dei personaggi più ricorrenti all'interno della saga di Final Fantasy: nella quindicesima fantasia finale, questo boss segreto possiede l'estensione di una montagna. Dinanzi alle sue inenarrabili proporzioni, con una corporatura talmente ampia da non rientrare nello schermo, l'inquadratura e la gestione della telecamera arrancano in modo anche abbastanza invasivo, incapaci di seguire sempre correttamente l'azione.

    Quello che - sulla carta - è riconducibile ad un difetto del gioco, paradossalmente riesce a restituire lo stesso grado di confusione, panico e spaesamento che potremmo avvertire trovandoci dinanzi ad una bestia di tal misura. La fatica di Noctis, la polvere che ci annebbia la vista, la superba colonna sonora che ci martella le orecchie e quella costante sensazione di sentirsi al pari di una formica contribuiscono quindi a dare ad Adamantoise un tocco di imperfetta, amabile epicità.

    Shadow of the Colossus: Phalanx

    Phalanx, il tredicesimo colosso, s'innalza d'improvviso tra le dune sabbiose: è maestoso, nobile, magnifico. Vola placido intorno a noi, in attesa della nostra scoccata. Più che nelle altre creature di Shadow of the Colossus, la sua grandiosità nasconde un po' di poesia. Sarà forse perché ci appare così irraggiungibile, così immenso e lontano, così solenne. Inizialmente possiamo solo ammirarlo dalla distanza, provando a scagliarsi addosso qualche timida freccia, mentre cavalchiamo in sella ad Agro. Sulle prime, la nostra segreta speranza è di sbagliare la mira, per restare ancora lì, ammaliati dal suo muoversi sinuoso, dal suo volteggiare raffinato, pieni di più sentita ammirazione.

    Ma poi, quando i nostri dardi si conficcano nelle sue carni, il gigante inizia piano piano ad abbassare la sua quota, permettendoci di scalarne la superficie, di aggrapparci alle sue ali. Se conosciamo il suo punto debole, abbiamo la possibilità di piazzare immediatamente i nostri fendenti mortali. Ma, in caso contrario, saremo costretti a scrutarne attentamente il manto, tenerci stretti alla sua pelliccia. Potremo, insomma, volare con lui. È una sensazione straniante, pericolosa ma affascinante: si percepisce al tempo stesso il brivido della morte, e quello della vita. Noi, quando lo abbiamo sfidato per l'ennesima volta, pur ricordandone a menadito ogni singolo movimento, ci siamo attardati ben volentieri sulla sua groppa, lasciandoci cullare dal vento, osservando da altezze inumane le Lande Proibite, senza volergli dare il colpo di grazia. Perché, quando Phalanx precipita, anche il nostro cuore rischia di cadere a pezzi.

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