Da Prince of Persia ad Ancestors: il game design secondo Patrice Désilets

Ripercorriamo la carriera di Patrice Désilets (autore di Ancestors e Assassin's Creed) e analizziamo il suo approccio al game design e alla produzione.

Da Prince of Persia ad Ancestors: il game design secondo Patrice Désilets
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  • Con l'uscita del suo nuovo titolo, Ancestors: The Humankind Odyssey, Patrice Désilets torna finalmente, è il caso di dirlo, in gioco. Lo fa dopo otto anni di silenzio; un lasso di tempo infinito per l'industria del gaming, in cui abbiamo assistito ad un'incredibile evoluzione del medium sia nella forma che nel contenuto. Parte di questa straordinaria crescita la si deve anche all'operato del designer francese, che ha influenzato il mercato a un punto tale da poter definire Patrice uno dei creativi più importanti degli ultimi 15 anni. Le sue idee hanno infatti contribuito a ridefinire generi e, nei casi meno eclatanti, a lanciare l'immaginazione oltre i rassicuranti confini del mercato mainstream. Ci sono tre momenti specifici della storia del medium in cui Désilets si è distinto in maniera inequivocabile. Vediamoli.

    Giocare con la quarta dimensione

    Siamo nell'ottobre del 2003 quando Ubisoft pubblica Prince of Persia: Le Sabbie del Tempo, titolo che non solo riporta in auge il fascino delle fiabe da Mille e una Notte, ma fa riaffiorare i ricordi dei più nostalgici che con questo episodio scoprono le meraviglie di una saga unica nel suo genere. Nel 1989 il suo creatore Jordan Merchner utilizzò le movenze del suo fratellino per ricavare le animazioni del Principe, creando un feeling senza precedenti e ora, 15 anni dopo, è al fianco del brillante Patrice Désilets per rilanciare una perla dimenticata.

    Visti gli straordinari prodigi estetici dell'originale Prince of Persia, Le Sabbie del Tempo non poteva certo esimersi dall'alzare il livello di qualità visiva. L'obiettivo è raggiunto grazie a un protagonista capace di eseguire acrobazie fenomenali, opportunamente messe in risalto da un'esperienza platform assurdamente dinamica per gli standard del tempo. Spiccano tra le mosse a disposizione l'iconica camminata sul muro, azione che sfida la forza di gravità e strizza l'occhio alla trilogia di Matrix, in quel periodo all'apice della sua notorietà.

    Ma la vera rivoluzione è raggiunta piegando al volere del gameplay, oltre alle tre dimensioni spaziali, una quarta, quella del tempo. Le magiche Sabbie permettono al Principe di rallentare lo scorrere degli eventi e addirittura di riavvolgerli per correggere azioni fatali: una meccanica di gioco che attraversa tutta l'opera e che cambierà per sempre il modo di vedere e concepire il Game Over ora meno tombale e temuto di prima.

    Superare il concetto di platform

    Mentre la saga di Prince of Persia prende una piega dark nelle mani di un team completamente diverso, al manipolo di Désilets viene affidato il compito di rilanciare il brand in vista della nuova generazione di console. Patrice inizia così il suo percorso creativo e, nell'atto di decostruire la figura del Principe (a suo dire non più interessante giacché esaurisce il suo ruolo di erede al trono nelle vicende precedenti), cerca nuove prospettive per la sua storia.

    Allo stesso modo in cui Kojima nel suo Metal Gear Solid 2 utilizza Raiden per farci osservare e vivere le vicende di Solid Snake da un'altra angolazione, Désilets approda alla figura dell' Assassino, letale membro di una setta vissuta in Medio Oriente quasi mille anni fa.

    Con il nome provvisorio di Prince of Persia Assassin, Patrice e il suo team iniziano a delineare i tratti di un'avventura fantasy che tra ambienti arabeggianti ci farà impersonare un Assassino, guardia personale di un Principe bambino che in questo concept assume il ruolo di personaggio da proteggere e guidare, allo stesso modo con cui l'Ico di Ueda guida e protegge Yorda.

    Poi, l'illuminazione: c'è qualcosa in quella figura misteriosa, di bianco vestita, che preme per avere più spazio. Quell'antieroe a metà tra un monaco e un guerriero ha un fascino magnetico, monopolizzante, con un suo centro gravitazionale. Ecco che l'avventura inizialmente immaginata con tratti onirici assume i contorni di un racconto storico, il Principe scompare e compaiono le crociate e i templari: qualcosa di nuovo è nato. Ironicamente, per Désilets fu un'impresa convincere i suoi superiori dell'effettiva bontà di quello che ora conosciamo come Assassin's Creed, e chissà dove sarebbe ora Ubisoft senza quello che ora è il suo brand più redditizio.

    Alla sua uscita Assassin's Creed spacca la critica a metà, tra chi si innamora incondizionatamente del mondo il gioco che racconta, e chi lamenta le mancanze di un gameplay ripetitivo e di un'esperienza di gioco complessivamente poco longeva. Entrambe però concordano su un aspetto: tecnicamente il titolo non conosce precedenti. Altair, l'iconico protagonista del capitolo originale, eredita tutti i tratti distintivi dell'agilità felina del Principe di Persia, ma che vengono riletti in una chiave moderna grazie a una cornice d'esecuzione che, nel 2007, non conosce rivali. Il nostro personaggio può arrampicarsi su qualsiasi superficie verticale dotata di sporgenze.

    Niente più elementi dell'ambiente evidenziati, niente più percorsi platform definiti. Libertà totale e un'esplorazione verticale proiettata verso orizzonti che nessuno ha mai raggiunto prima. Con Assassin's Creed inizia una nuova era per gli open world, che da quel momento in avanti spingeranno i confini in una continua evoluzione spaziale. Con Assassin's Creed Patrice Désilets crea insomma l'anti-platform: un'esperienza di esplorazione completamente nuova, mai sperimentata fino a quel momento, che diventerà tratto distintivo della saga e obiettivo da raggiungere per tutti gli altri attori del genere action/adventure.

    Sfidare il mercato

    Le vicende legate ad Amsterdam 1666 hanno comportato per Désilets un periodo di ritiro forzato dalla scena. Le battaglie legali per riappropriarsi dei diritti della sua creatura e i vincoli di non competizione dopo la rottura con Ubisoft si sono tradotti in un'assenza di quasi dieci anni.

    Riconquistato il controllo, Patrice ha deciso di intraprendere la carriera indipendente fondando la Panache Digital Games.

    Il team che comprende molti membri del gruppo originale dietro alla creazione dell'originale Assassin's Creed ora ha dato vita ad Ancestors: The Humankind Odyssey, un titolo certamente non esente da difetti ma che cerca con coraggio di ricavarsi un posto tra i prodotti più singolari in circolazione. Désilets & Co. hanno creato un'avventura survival dannatamente difficile, ricreando il senso di pressione evolutiva che i nostri antenati hanno subito 10 milioni di anni fa all'alba della maratona adattiva che ci ha portato a diventare Homo Sapiens. Il gioco ti getta nella mischia di un'Africa preistorica irta di pericoli, e lo fa esasperando una scelta di design già precedentemente sperimentata in Assassin's Creed ma mai compiuta fino in fondo: quella di un'esperienza priva di HUD, di interfacce utente.

    Il primo AC, ad esempio, gode enormemente della disattivazione dell'HUD, diventando un'esperienza sensoriale completa dove gli obiettivi da raggiungere non sono più mostrati in un punto della mappa, bensì nascosti tra gli input audiovisivi del gioco: in questo modo, l'investigazione che precede ogni assassinio a opera di Altair acquista una valenza completamente nuova. Allo stesso modo in Ancestors, Désilets decide di privare il giocatore della maggior parte degli aiuti, accettando con serenità l'idea di un gioco che non può piacere a chiunque. Frustrante e ripetitiva è la routine umana e allo stesso modo lo è la quella evolutiva, dove la pressione adattiva preme costantemente fino a che non emerge una nuova generazione che le resiste.

    Questi aspetti così negativi sono però elemento essenziale della nostra esistenza e in parte vengono fatti propri da Ancestors, che ci regala un'esperienza davvero provante. Alla luce di questi criteri è dunque facile intuire l'avversione generale, ma tutto sembra rispondere a una scelta ponderata. In quel gap in continua espansione tra titoli indie e tripla A c'è un universo intero di possibilità, e Patrice Désilets ha forse deciso di esploralo, con il coraggio che molti team meno in vista dimostravano qualche anno fa, quando le produzioni non avevano raggiunto i budget ciclopici di adesso e il rischio di investimento faceva un po' meno paura.

    Onore al merito, insomma, per la determinazione con cui il game designer francese ha portato avanti la sua visione creativa, rendendo il mercato un po' più vario, diversificato, e di conseguenza migliore.

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