Dark Souls capitolo 13: Epilogo, la fine del viaggio

Il capitolo finale del nostro viaggio nella Lore di Dark Souls, in attesa di poter mettere finalmente le mani su Dark Souls Remastered...

Dark Souls capitolo 13: Epilogo, la fine del viaggio
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  • Switch
  • Xbox One X
  • PS4 Pro
  • Ognuno di noi ha quell'amico che, nonostante abbia finito Dark Souls, è arrivato ai titoli di coda con qualche difficoltà nel districare e comprendere a fondo la trama principale, necessitando di spiegazioni dettagliate su ogni singolo aspetto della lore. Nel mio caso questo amico si chiama Marco, ed è stato pensando a lui che ho strutturato questa serie di articoli nel modo più semplice possibile: come fossero parte di un lungo viaggio in cui accompagnare per mano coloro che, come lui, si erano persi -metaforicamente e non- nei meandri di Lordran.
    Vorrei dedicare questo progetto a tutti i "Marco" della community, nella speranza di averli aiutati, anche solo un pochino, ad entrare in questo desolato e fantastico universo.

    La Fornace della Prima Fiamma

    Ha un sapore strano il trasferimento delle anime nel Ricettacolo dei Lord. Non sembrano poi così lontani i primi istanti dell'avventura, i primi passi fuori dalla propria cella alla Prigione dei Non Morti; eppure, guardandosi alle spalle, ci si rende conto di quanto sia stato lungo il cammino. Il timore iniziale si è trasformato in prudenza, la paura in coraggio e l'errore in metodo. Siamo persone significativamente diverse, in qualche modo purificate da questo processo di redenzione che è passato attraverso una morte cattiva e reiterata, ma mai ingiusta. Il tragitto che ci ha portato ad esplorare ogni meandro di Lordran è stato un enorme rito d'iniziazione pronto a culminare nell'ultima prova, la più difficile, la più pesante, nel tentativo di riscattare ciò che il re di queste terre non è riuscito salvare.

    La porta per la Fornace della Prima Fiamma contrasta nettamente con quanto domina a Lordran. La diffusa luce bianca che avvolge la scalinata potrebbe essere simbolica di un'alterazione spaziotemporale, per quel che ne sappiamo. Gli spiriti dei cavalieri che un tempo formavano l'esercito di Lord Gwyn, ormai inoffensivi, camminano liberamente senza una meta, forse rappresentando la forma ultima degli esseri vuoti. La cenere che calpestiamo e che ha coperto ogni superficie rimanda a ciò che il sovrano di Anor Londo fece molti anni prima, immolandosi per ravvivare il fuoco originario, in un disperato tentativo di conservare il più possibile ciò per cui aveva lottato assieme agli altri Lord. Sulle colonne in rovina, così come nei resti di quella che ormai è una struttura irriconoscibile, notiamo i segni di un'esplosione che ha spazzato via ogni forma di vita circostante. Anch'essa, forse, è stata generata a seguito dell'ultimo vincolo.
    I cavalieri neri che ostacolano il nostro passaggio sono l'ultimo bastione a difesa del loro antico padrone. Essi accompagnarono Lord Gwyn nella sua ultima crociata e ancora si dimostrano fedeli al proprio signore, che attende silenzioso proprio al centro dell'area. Una zona mistica, densa pur nella sua essenzialità, che potrebbe addirittura essere stata il luogo in cui ha avuto origine questa Era della Luce, avviata ormai sul viale del tramonto. Ed è varcando l'ultima nebbia del nostro viaggio che comprendiamo di trovarci di fronte alla resa dei conti.
    Le tristi note del pianoforte che accompagna il combattimento contro Lord Gwyn vanno in controtendenza rispetto ai temi trionfali ai quali siamo abituati. È come se tratteggiassero la stanchezza dell'uomo in cui dobbiamo affondare la punta della nostra spada, divenuto un essere vuoto che in un impeto disperato ha sacrificato anche la propria vita per permettere agli altri di sopravvivere. Eppure c'è un aspetto che forse non è cambiato rispetto agli antichi fasti. La spada del monarca si muove in modo rapido, furioso ma elegante allo stesso tempo, segno di un'esperienza millenaria che forse non riusciremo mai ad eguagliare, ma che è comunque possibile spezzare grazie a quanto appreso durante il viaggio. Forse, proprio come accadde con Artorias, i segni del tempo non hanno esitato ad infierire anche sul re di Anor Londo, che potrebbe essere solo un'ombra del glorioso combattente che riuscì a sconfiggere i draghi antichi nella Grande Guerra.

    Del resto la sua furia lascia aperti numerosi spiragli al non morto prescelto, che può approfittarne per infliggere dei pesanti contrattacchi frontali, dai quali Lord Gwyn non riesce più a rialzarsi.
    Ed eccoci, quindi, di fronte alla Prima Fiamma, una volta sconfitto il suo ultimo signore.
    Qui la nostra strada, per la prima volta dall'inizio dell'avventura, si biforca radicalmente, offrendoci due vie tra cui scegliere. Una scelta di cui abbiamo già parlato all'inizio di questo percorso di approfondimento, ma che alla luce di quanto abbiamo analizzato in queste settimane può essere ponderata con una consapevolezza del tutto diversa. Da un lato è possibile sacrificarci, vincolando nuovamente il fuoco di Lordran e dando inizio ad un nuovo ciclo di luce, seguendo le orme di Lord Gwyn. Dall'altro lato possiamo assecondare il naturale spegnimento della Prima Fiamma, abbandonandola a se stessa e accogliendo una nuova era dell'oscurità. Superficialmente si può parlare di "finale buono" e "finale cattivo", ma dovrebbe ormai essere chiaro come nulla in Dark Souls sia realmente come sembra.
    Abbiamo appreso come le nostre azioni potrebbero essere il frutto della manipolazione di divinità meschine, perennemente in lotta tra loro e giunte ad un inamovibile stallo. Sappiamo che l'anima oscura è ciò che ha dato i natali all'intero genere umano e che è negli interessi di chi ha fondato Lordran far sì che esso non assuma mai il potere. Siamo stati vittime di illusioni e inganni, e abbiamo compreso che molti di questi sotterfugi nascano da una sempre più avida ricerca di conoscenza, nel disperato tentativo di ottenere una qualche nuova forma di dominio. Abbiamo toccato con mano la sofferenza di chi ha perso i propri cari e di chi li ha inseguiti in capo al mondo, assistendo a storie di coraggio e valore, ma anche di meschinità, tradimenti e sofferenza.
    Inizialmente ci siamo chiesti quale giustizia avrebbe potuto esserci nel ridare vita ad un regno condannato in nome di una crociata che non abbiamo mai deciso di abbracciare. Probabilmente ora la domanda da porsi è un po' diversa. Perché dare nuova linfa vitale ad un mondo che ha permesso che accadesse tutto questo? Si tratta di un quesito semplice, ma che cela tutto il dramma che ha preso forma davanti ai nostri occhi lungo il cammino che ci ha condotti qui.

    Ogni individuo sulla nostra strada aveva perso qualcosa, ogni mostro era l'esito di una storia terribile e ogni regione aveva in suo triste destino da raccontare. Vogliamo davvero che tutto questo si ripresenti ancora, all'infinito? È questa la visione del tempo che Dark Souls lascia intendere ai giocatori: una ciclicità perenne in cui tutto è destinato a riproporsi all'infinito, senza la speranza di un cambiamento. Solaire, Siegmeyer, le figlie del Caos, la famiglia di Lord Gwyn, Artorias e Sif. Possiamo in qualche modo porre fine alle eterne sofferenze di questi e di tanti altri personaggi semplicemente attraversando la nebbia, ma c'è qualcosa che ci trattiene dal farlo. Non si tratta di senso di responsabilità, né della tacita accettazione della propria missione, ma di qualcosa che spaventa in modo ben più radicale il non morto prescelto e, parallelamente, colui che sta dall'altra parte dello schermo.
    È il timore di non avere uno scopo a trattenerci dal fuggire una volta raggiunta la Fornace della Prima Fiamma. L'idea stessa di aver combattuto mille e più battaglie semplicemente per lasciare che le cose procedano come se nulla fosse annienta completamente l'importanza delle nostre azioni e, allo stesso tempo, ci sminuisce come eroi e come giocatori. Vogliamo sentirci importanti, siamo importanti, perché i signori di Lordran sono caduti a causa nostra e dobbiamo, in qualche modo, prendere parte alla storia che verrà, venendo ricordati come coloro che hanno preso le redini di questo mondo in rovina.
    L'eventualità che la scelta opposta possa costituire un nuovo e inedito punto d'inizio per tutta l'umanità non è sufficientemente solida da garantire che, in fin dei conti, non si sia combattuta questa crociata per nulla. D'altronde il sudore e il sangue devono pur avere un qualche senso ed è così che preferiamo il certo all'incerto, immolandoci e diventando nuova brace, nella solitudine e nella consapevolezza che, un giorno, qualcun altro verrà a compiere nuovamente ciò che noi abbiamo fatto oggi.

    Per una sintesi

    Le note che accompagnano i titoli di coda sono liberatorie e soavi. Esse ci rassicurano mettendo la parola "fine" alla nostra avventura nelle corrotte terre di Lordran e ci permettono di fare il punto della situazione su quanto abbiamo vissuto durante queste dense e terribili ore.

    Solo adesso vi sono le condizioni necessarie per metabolizzare quanto si è dovuto affrontare nel pieno della tensione, un po' come quando si esce dal cinema e ci si confronta con gli altri spettatori su questo o quell'aspetto della pellicola. Da questo punto di vista Dark Souls è più simile a un film che non a un videogame classico, in quanto non lascia spazio in itinere per potersi fermare e riflettere e delega tutto questo ad un momento successivo e più introspettivo. È qui che emergono quelli che, secondo chi vi scrive, sono i 5 temi fondamentali dell'opera di Hidetaka Miyazaki, simbolici a modo loro di una certa visione dualistica della vita, fatta di luce e oscurità, proprio come le lande in cui abbiamo combattuto sfruttando il potere della Prima Fiamma. Si tratta di elementi riassuntivi, trasversali, ma che possono anche fungere da monito per il giocatore più attento.

    1. Disperazione
    È forse la sensazione più immediata tra quelle che si provano una volta preso il possesso del nostro personaggio. Il non morto prescelto è in un angolino della sua cella, abbattuto e senza uno scopo fino al momento in cui Oscar gli butta una chiave dal soffitto. In realtà però si tratta di uno stato d'animo decisamente comune a Lordran e che non lascia scampo, tanto a coloro che hanno visto il regno cadere, quanto a chi cerca di impedire la catastrofe imminente. Parlando con molti degli avventurieri che hanno ancora il senno per rivolgerci la parola abbiamo sempre la sensazione di essere presi per pazzi e che la nostra crociata sia totalmente vana di fronte all'inevitabile.

    Nemmeno gli antichi Lord sono esenti dal logoramento di questo tarlo così umano, poiché hanno compiuto scelte avventate e dettate dal panico, come testimoniano l'incidente di Lost Izalith o il prolungamento artificiale della Prima Fiamma. In qualche modo è il gioco stesso a trascinare il giocatore in questo clima, rendendogli le cose difficili fin dall'inizio e catapultandolo nello stesso abbattimento tale per cui ogni sforzo sembra inutile e ogni ostacolo insormontabile. Estendendo tale prospettiva al di là del gioco stesso, coloro che si sono arresi e hanno abbandonato Dark Souls perché troppo difficile diventano comunque parte fondante di un mondo che si basa sempre più su sentimenti di negatività e sull'abbandono della speranza. Ammettendo la propria sconfitta e riconoscendo i propri limiti, essi sono forse rappresentati dal Guerriero Sconosciuto che siede al Santuario del Legame del Fuoco, colui che ha ormai abbracciato in toto la disperazione.

    2. Responsabilità
    C'è una qualità nascosta in alcune delle figure in cui ci imbattiamo durante l'avventura, ed è la loro capacità di reagire di fronte alle difficoltà, accettando il proprio destino e facendosi carico delle proprie responsabilità. Lord Gwyn si sacrifica per il suo regno, Artorias affronta l'Abisso a testa alta e Priscilla Mezzosangue domina nel suo mondo esiliato: tre storie molto diverse, ma che condividono lo stesso invito a non rifiutare il compito che si è chiamati a compiere. In un certo senso la responsabilità è l'altra faccia della disperazione, o meglio l'unica reazione positiva e costruttiva che si può rintracciare a Lordran, poiché solo il senso del dovere sembra in grado di smuovere le anime afflitte di fronte all'evidenza. Sulle conseguenze poi di questa flebile "rivalsa" è comunque possibile discuterne, in quanto l'idea che, comunque si decida di operare, tutto debba inevitabilmente tendere all'autodistruzione diventa un "tema nel tema" dell'intera produzione. In alcuni casi si può quasi avvertire la volontà di abbandonare a sé stesso questo mondo cannibale che divora chiunque provi a introdurvi del buono, ma non è questa l'unica conclusione possibile. Agire in virtù di un bene superiore, per quanto esso possa rimanere un'utopia, è sufficiente di per sé a donare un senso ultimo alle proprie azioni ed è per questo motivo che gli atti di tacito eroismo di alcuni dei protagonisti di Dark Souls acquistano moltissima rilevanza.

    3. Menzogna
    La verità è un concetto estremamente duttile a Lordran, non solo in quanto difficile da ricostruire a causa delle frammentate e criptiche fonti a nostra disposizione, ma anche perché vi sono sempre degli interessi in gioco che la rendono particolarmente pericolosa. Anor Londo è un'enorme illusione costruita per mentire sulla reale condizione delle divinità, Petrus di Thorolund mente dopo aver tradito colei che doveva difendere, mentre il serpente primordiale Kaathe sostiene che Frampt ci stia nascondendo la verità sulla nostra missione. È per certi versi comprensibile come, in un regno così alla deriva, lo spazio per la sincerità sia sempre meno, mentre l'intrigo pare essere diventato una modalità preferita tra quelle disponibili poter ottenere o consolidare il proprio potere.

    L'abuso della menzogna diventa simbolico della debolezza di coloro che la sfruttano sistematicamente, i quali si rivelano essere ben poca cosa senza il proprio vantaggio strategico, come nel caso di Gwynevere che si dissolve semplicemente con una freccia. Che si tratti delle manipolazioni di Velka o di Gwyndolin, la missione del non morto prescelto è un copione di cui siamo gli attori, ma non gli sceneggiatori, continuamente guidati verso una meta che non sappiamo neanche troppo bene perché dovremmo raggiungere. La verità diventa allora un concetto che ci costruiamo autonomamente, un po' guidati dall'istinto, un po' basandoci sui fatti.

    4. Amore
    Persino in un mondo ferito dalla violenza che si scatena in ogni suo anfratto vi è spazio per uno dei sentimenti più puri e antichi di tutti. L'amore caratterizza molti dei personaggi in cui ci imbattiamo, ma anche con cui ci scontriamo, seppure ciò possa non risultare limpido a una prima occhiata. Lautrec è innamorato della dea Fina e Ciaran veglia sulla tomba del suo amato Artorias. Per quanto sia ammorbato dalla stessa maledizione che ha corrotto gli abitanti di Lordran, l'amore emerge comunque dalle azioni di individui apparentemente cinici, mostruosi o deplorevoli, che addirittura operano ormai solo in nome di quest'unica e viscerale forza.

    Essa può infatti declinarsi anche nella forma più mitigata dell'amicizia, come nei casi di Solaire e del duo Sif/Artorias, oppure dell'amore familiare, ad esempio in Scarica Infinita, Siegmeyer e Pinwheel. A conti fatti, quello che sembra solo un reame destinato al tramonto diventa in realtà teatro della riscoperta di ciò che ci lega veramente gli uni con gli altri. La violenza è solo l'epifenomeno di un qualcosa di più radicale, portato avanti singolarmente e inconsapevolmente da molti di coloro che si frappongono tra noi e la nostra meta. Testimonianza di ciò è la reazione che molto spesso si ha nel comprendere le vere motivazioni che stavano dietro a determinate parole e comportamenti di alcuni dei nostri avversari.

    5. Avidità
    È quando le risorse scarseggiano e la crisi si fa più dura che emerge la vera natura degli individui che non si fanno scrupoli ad approfittarsi della debolezza altrui per ottenere sempre maggiori benefici. L'avidità è un tratto comune a molti di coloro che vogliono avvicinarsi ai segreti di Lordran, anche se molto spesso si rivela un'arma a doppio taglio. Seath ambisce a una sempre maggiore conoscenza magica, così come Logan, ma anche Laurentius perde il senno tentando di scoprire i segreti della piromanzia.

    Questa volontà di abbracciare il tutto non nasce esclusivamente dall'esigenza di difendersi dalle minacce esterne, anzi spesso non ha altro fine se non quello di carpire i segreti più reconditi della propria arte. Se in questi casi, al di là dei metodi con cui essa viene perseguita, l'avidità può anche avere una sua legittimità, diverso è il caso di coloro che se ne fanno portavoce solo ed esclusivamente a scopo materiale o di prestigio. Patches si approfitta di coloro che si perdono nelle Catacombe per rubare loro gli averi, mentre Smough infligge il colpo di grazia ad Ornstein solo per poter espletare il suo sadismo senza più vincoli. Rimane valido il principio secondo cui maggiori sono le difficoltà che incontra la società e maggiori saranno i tentativi di ottenere più potere in funzione del mondo che verrà.

    Per una riflessione conclusiva

    Sull'importanza di Dark Souls all'interno dei lavori di From Software e, più in generale, del medium videoludico ho già avuto modo di parlare in precedenza e ritengo sarebbe inutile ripetermi su tale questione. Ciò che trovo invece più interessante riguarda una problematica interna alla produzione stessa, da cui scaturiscono due domande fondamentali: possiamo apprendere qualcosa, a conti fatti, da tutta la lore analizzata in queste settimane? E in seconda istanza, Dark Souls può davvero essere portatore di un messaggio edificante, oppure questo messaggio nasce da un intervento "esterno", è stato in qualche modo costruito dalla community sulla base di informazioni ed elementi originariamente non pensati per trasmetterlo?
    Ammettiamolo: la maggior parte di noi nel corso del suo "primo giro" a Lordran ha essenzialmente pensato a sopravvivere e non si è curata granché delle storie che sorreggevano questo mondo. Penso di poter parlare a nome di una buona fetta di giocatori quando sostengo che eravamo spinti ad agire prima e a pensare poi. Tutto ciò che appare a schermo, inizialmente, deve essere affrontato, abbattuto e risolto solamente perché qualcuno ce lo ha posto di fronte, e questo tanto basta a giustificare un avanzamento quasi meccanico: si diventa più abili, si migliorano le tecniche, ma non siamo portati a riflettere sul senso di ciò che stiamo facendo.

    Poco a poco, tuttavia, le cose cambiano. Ci sono pochissime produzioni che riescono a trascendere loro stesse e a parlare direttamente con i giocatori, mettendoli di fronte alla propria natura. Dark Souls, grazie alla lore, ha riabilitato un modo più ragionato d'intendere il gioco, fatto di pause e di analisi, di riflessioni e conclusioni, ma soprattutto della voglia di indagare le ragioni di quello che stiamo facendo. Quando le storie ci vengono esposte in maniera esplicita non è naturale interrogarsi sulle implicazioni etiche delle nostre azioni e delle nostre scelte. Se invece una produzione dissemina soltanto pochi accenni sul mondo in cui è ambientata e sui suoi racconti, in verità spinge l'utente a compiere un suo personale lavoro di interpretazione, votato alla ricostruzione ed all'indagine. È così che il gioco richiede una partecipazione, un investimento, e rende l'utente parte attiva della narrazione.
    L'ambiguità che contraddistingue la maggior parte degli elementi in Dark Souls aumenta ulteriormente lo sforzo necessario per arrivare a una conclusione che sia soddisfacente non tanto per gli altri, quanto per noi stessi. Ha fatto bene quel personaggio ad agire così? Chi aveva ragione tra i due, in fin dei conti? Come mi sarei comportato io nei suoi panni? Ecco: è quando sorgono queste domande che il gioco diventa portatore di un messaggio che rimane anche una volta terminati i titoli di coda. Un fenomeno paragonabile allo sforzo che si impiega la prima volta per abbattere certi boss, che rimangono stampati per sempre nelle nostre menti come ostacoli che hanno richiesto ore e ore di prove, e che per questo non possono finire nel dimenticatoio come le battaglie terminate al primo tentativo.
    La fatica, fisica e psicologica, rimane probabilmente il segno più grande che Dark Souls ci abbia lasciato. Il non arrendersi di fronte all'evidenza, la volontà di riscoprirsi in qualche modo archeologi e filologi, sono conquiste che difficilmente possono essere dimenticate. E sapete qual è il bello? Esse travalicano i confini di Dark Souls e "contaminano" non solo altri titoli, ma anche la vita stessa.
    Il rapporto tra Artorias e Sif, forse una delle storie più belle e significative di tutto il gioco, può sicuramente diventare fonte d'ispirazione su come rapportarci con i nostri amici più stretti. Ed è certo che esistono tanti altri esempi nel nostro medium (e non) di racconti altrettanto significativi. Ciò che fa la differenza rispetto a Joel e Ellie di The Last of Us o a Max e Chloe di Life is Strange (e cito due opere secondo me monumentali da questo punto di vista, badate bene) è la scintilla che ci spinge a voler approfondire ciò che è nascosto agli occhi. È l'attimo in cui mi pongo la domanda sul "Perché questo lupo fa la guardia a questa tomba?" che è preziosissimo. Almeno fino all'uscita di Dark Souls, quell'attimo era una merce più unica che rara nel mondo videoludico. Oggi vi è una maggiore riscoperta di questo modo d'intendere la narrazione, che si applica, in modo molto curioso, anche a produzioni molto più esplicite sul versante del racconto.

    E allora, comprovato che sì, Dark Souls riesce davvero ad insegnare qualcosa, arriviamo alla seconda domanda: questa sua capacità di trasmettere un messaggio è stata in qualche modo costruita dal team di sviluppo, oppure è frutto del lavoro di interpretazione della community?
    Penso che la risposta a questo quesito non sia così importante. Ha davvero importanza capire quanto questo ci sia del "nostro" (come comunità) e quanto ci sia del "loro" (come team di sviluppo)? Sono convinto che, di fronte al cambiamento che è avvenuto nelle ultime due generazioni e alla progressiva maturazione del mondo videoludico, ci sia solo motivo di gioire di fronte al lavoro incrociato frutto del talento di professionisti e appassionati. Potremmo comunque rispondere che la soluzione sta nel mezzo, che il valore del gioco è, se non altro, quello di costruire un ambiente fertile in cui le energie creative della community possano esprimersi. Ma la cosa più importante è che ormai l'utenza ha capito di potersi appassionare alle produzioni in una maniera che forse ci eravamo dimenticati fino al 2011.
    Con questo penso veramente che il nostro percorso si sia concluso. O almeno lo è per questo capitolo. Vorrei lasciarvi con un invito, più che con un pensiero. Il 25 maggio provate a ricominciare una nuova avventura alla luce di quanto osservato in queste settimane. Leggete le descrizioni, osservate i dettagli dell'architettura, la posizione dei mostri, ascoltate con attenzione i dialoghi e la loro recitazione, rendetevi parte attiva nel processo di ricostruzione della lore di Dark Souls. Questi articoli forse vi avranno suscitato un po' di curiosità, ma non hanno di sicuro esaurito tutto ciò che è ancora possibile scoprire, quindi datevi da fare. In 13 settimane la mia visione dell'avventura è cambiata profondamente, più di quel che credessi possibile, e la mia prossima run avrà un sapore decisamente diverso da tutte le altre. Sono convinto che lo avrà anche per voi.

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