Dark Souls: La Città Infame, Kirk e la deriva del caos

Non si ferma il nostro percorso nella lore di Dark Souls: in questo episodio ci concentreremo sulla storia della Città Infame.

Dark Souls: La Città Infame, Kirk e la deriva del caos
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  • Pc
  • PS4
  • Xbox One
  • Switch
  • Xbox One X
  • PS4 Pro
  • L'inesorabile tramonto di Lordran e la prospettiva di una fine improvvisa dell'epoca di luce iniziata dopo la Guerra dei Lord, fu un evento destabilizzante per i suoi abitanti, soprattutto per coloro che avevano ottenuto un immenso potere dalla Prima Fiamma. Abbiamo già avuto modo di parlare di Lord Gwyn e del suo ultimo, disperato, sacrificio volto ad impedire l'arrivo di un'era fatta di oscurità e corruzione, ma esso non fu l'unico caso in cui una divinità tentò il tutto e per tutto per sovvertire il destino del regno. Si tramanda infatti una storia antica e misteriosa che riguarda il primo tentativo di alimentare una nuova fonte di luce per sostituire la prima fiamma: una storia che coinvolge la Strega di Izalith e le sue sette figlie del caos.
    Questo racconto è uno dei più difficili e intricati in tutto Dark Souls, sia per la mole di contenuti che vanno presi in considerazione, sia per l'impossibilità, almeno seguendo il normale andamento degli eventi di gioco, di incontrarne sequenzialmente tutti i protagonisti. Per tali ragioni, lo specifichiamo fin da subito, non tutto ciò di cui si parlerà oggi potrà trovare una risposta in questo episodio della nostra rubrica, rendendo necessario, laddove sia più opportuno, un approfondimento ulteriore tra qualche settimana.

    Una discesa all'inferno

    La chiave della Città Infame che il Drago Famelico lascia cadere dopo la sua sconfitta è un oggetto che, di per sé, non lascia minimamente intuire cosa si celi dietro l'enorme porta rugginosa che apre. E, soprattutto, perché essa sia stata così ben sigillata. D'altro canto il non-morto prescelto dovrebbe aver già intuito quanto spietato sia il regno in cui si trova, e non dovrebbe quindi avere motivo di temere ciò che ancora si nasconde sulla strada che dovrà portarlo a suonare la seconda campana. Eppure, si sa, il fato è alle volte beffardo.
    Le strutture in legno che danno inizio alla nostra discesa verso un baratro di cui non si riesce a vedere il fondo trasmettono tutto tranne sicurezza e, senza alcuna protezione ad impedire di cadere, qualsiasi passo falso può tradursi in una drammatica fine.

    La "fama" della Città InfameDi tutti i luoghi che i giocatori ricordano del primo Dark Souls, la Città Infame è, con tutta probabilità, quello che ha causato il maggior quantitativo di incubi e frustrazioni, tenendo peraltro fede al proprio, pertinente, nome. Non solo l'oscurità impedisce di vedere dove si stia andando, e il veleno condanna gli inesperti a morte certa, ma l'area soffre, almeno nella versione console, di un'ottimizzazione davvero terribile. Su Playstation 3 e Xbox 360, infatti, il framerate crolla improvvisamente e senza segni di miglioramento per buona parte del percorso, aumentando a dismisura il coefficiente di difficoltà e alimentando l'idea generale della "Città Infame come inferno a 10fps". Una fama, quest'ultima, che speriamo non si ripresenti nuovamente nell'edizione remastered in uscita a maggio.

    A rendere ulteriormente complicata la nostra avanzata ci pensa la presenza di Barbari Infestati, creature che ci attaccano con estrema lentezza, ma con il perenne rischio di avvelenarci ad ogni colpo subito. Si tratta di enormi esseri antropomorfi che, con tutta probabilità, sono stati devastati dalla malattia e dal veleno di queste zone, al punto da diventare essi stessi veicoli del morbo che le infetta.
    Andando avanti la situazione non fa altro che peggiorare. Rosa come se la loro pelle fosse ormai fusa con i muscoli sottostanti, un esercito di Ghoul Infestati ci assale in un intreccio di strutture che si ergono su una melma purulenta, sedimentata da secoli. Essi brandiscono strumenti rudimentali fatti di carne e di ossa, muovendosi agilmente laddove noi rischiamo di cadere.
    Ma cosa era esattamente la Città Infame, prima della caduta? Forse siamo in una miniera, come suggeriscono gli ascensori e i picconi lasciati cadere a terra, e i Ghoul potrebbero essere gli antichi minatori di questo scavo, ormai distrutti dalla pestilenza che questo canale di scolo porta con sé. Il luogo in cui ci troviamo non era infatti nient'altro che la fogna più bassa di tutta Lordran, in cui nemmeno i reietti delle Profondità avevano il coraggio di avventurarsi. Un'area che raccoglieva quanto di più schifoso e viscido potesse provenire dal nobile borgo in superficie. Forse i ceti più poveri della popolazione erano in qualche maniera costretti a sopportare il marciume ed il miasma venefico che esalava da quei luoghi, lavorando alla ricerca di minerali preziosi e frammenti di Titanite.
    Man mano che si avanza lungo il percorso aumentano anche le sfide ad esso correlate: ponti che traballano mentre li solchiamo, cani rabbiosi che sputano fuoco e guardiani che ci intossicano con dei pericolosissimi dardi. Questi ultimi in particolare sono le figure più insidiose del percorso, grazie alla loro capacità di mimetizzarsi con l'ambiente, che permette loro di difendere i due accessi della Città Infame. La sensazione è quindi quella di avere a che fare con una fortezza blindata. Ma nonostante l'incredibile difficoltà nella discesa lungo le impalcature, la parte più difficile del cammino deve ancora arrivare.

    Veleno e fuoco

    I ragni demoniaci che incontriamo una volta raggiunta l'ultima parte del percorso sono l'ennesima avvisaglia di una tragedia che non è ancora finita. Come se il veleno non fosse sufficiente a mettere in pericolo la nostra incolumità, ora si aggiunge anche il fuoco di questi enormi artropodi. Gli stretti passaggi che conducono verso il fondo della Città Infame si fanno sempre più ripidi, finché, dopo mille fatiche, vediamo di fronte a noi il fondo.

    Veduta del fondo della Città Infame (deviantart by elkaart)

    La speranza che il tormento sia finito si spezza nell'esatto istante in cui i nostri piedi affondano in una melma velenosa e appiccicosa che rallenta ogni nostro movimento e ci condanna a subire il temibile morbo.
    Quando realizziamo che ciò che osservavamo dall'alto non era nient'altro che una palude tossica ormai è troppo tardi. Tornare indietro è fuori discussione e l'unica speranza è quella di trovare un falò prima che il veleno ci sottragga anche quel poco di salute rimasta. Un'eventualità che miracolosamente si presenta poco più avanti, anche se l'avviso di un'imminente invasione spezza subito la nostra gioia. Mildred la cannibale, con il suo sacco in testa e l'enorme coltello da macellaio, ricorda gli energumeni delle Profondità che stavano nutrendo un enorme ratto con resti di esseri umani: per saziare la propria fame Mildred si è probabilmente spinta a cercare altra prede, in questa trappola senza via d'uscita. La sua sconfitta rende ancora più vicino il suono della seconda campana, che ancora non vediamo, ma che intuiamo essere nascosta dentro una repellente caverna che s'intravede in lontananza.
    Tale cavità è ricoperta ragnatele, con individui deformi in atteggiamento di preghiera che sorreggono sulla loro schiena delle uova giganti. Poco prima di una non molto rassicurante nebbia troviamo a terra il segno d'evocazione di colei che ci ha invasi poco prima, segno forse di una qualche forma di rispetto nei nostri confronti o, magari, della sua ostinazione a dare la caccia al suo prossimo pasto. È così che, attraversando la cinerea barriera, la nostra strada si incrocia con quella di Quelaag, la strega del caos. Un essere deforme, metà ragno e metà donna, che sembra volerci sedurre con quel poco di umanità che le rimane, per poi approfittare di una nostra distrazione e scioglierci nella lava bollente.

    Quelaag, la strega del caos (deviantart by arxers)


    Lo scontro è inevitabile e l'aiuto di Mildred si rivela prezioso di fronte a un'avversaria così temibile. Le setole incandescenti che ricoprono il corpo del ragno non lasciano avvicinare nessuno, e le zampe uncinate tengono a bada l'avversario mentre l'arena viene ricoperta di magma: Quelaag è una combattente esperta, tanto nella spada quanto nell'uso della piromanzia, ma alla fine anch'ella deve inchinarsi di fronte alla nostra abilità.
    Proseguendo al di là del corpo morto della donna-ragno la temperatura s'innalza improvvisamente. L'aria si fa rovente, quasi scorticando i nostri polmoni dall'interno, ma la campana che vediamo di fronte a noi ha un effetto lenitivo come pochi. Il suo suono, che riecheggia nel sotterraneo vivido di un rosso infuocato, è il segnale della fine di un viaggio, o meglio, dell'inizio di una nuova fase della nostra avventura, che dovrà proseguire verso la lontana struttura che si è appena aperta.
    Tornando sui nostri passi accade però l'inaspettato. Una parete nei pressi della leva che abbiamo appena tirato attira la nostra attenzione, risultando una delle tante illusioni sparse per Lordran. Al suo interno incontriamo un altro degli esseri striscianti che sorreggono delle uova sulle loro spalle, ma non sembra ostile, anzi, ci rivolge la parola e ci chiede se siamo lì per servire la Nobile Signora. C'è infatti una figura alle sue spalle, che ricorda molto da vicino il boss che abbiamo appena sconfitto, anche se il suo temperamento sembra di tutt'altro tipo. La bianca donna-ragno è infatti una guardiana del falò e, come Anastasia del Santuario del Legame del Fuoco, non è in grado di comunicare con noi, rendendo pressoché impossibile riuscire a capire un'eventuale relazione tra queste due figure. O forse no?

    Due sorelle, un servitore

    Quelaag e la Nobile Signora sono in realtà sorelle, un dato di fatto facilmente intuibile. Non sono però due figure qualsiasi, bensì due delle sette figlie del caos, nate dalla Strega di Izalith, che attinse il proprio potere direttamente dalla prima fiamma. È possibile vederla con le proprie figlie nel filmato iniziale, mentre scatena tempeste di fuoco contro i draghi durante la Grande Guerra. Queste figure, tuttavia, non sembrano avere le fattezze demoniache con cui invece le vediamo alla fine della Città Infame, rendendo implicita una domanda: che cosa ha cambiato la natura di queste persone?

    La Nobile Signora e un membro dei Servi del Caos (deviantart by headdl)


    Senza anticipare troppo prima di aver raccontato cosa nasconda e rappresenti Lost Izalith all'interno di Lordran (un argomento che tratteremo in un futuro episodio di questa rubrica), ci è comunque possibile dire che questa città fu il teatro di un grande e tragico incidente, che coinvolse tutti coloro che si trovavano nei paraggi. Il fatto che il fuoco si stesse spegnendo, infatti, preoccupava non solo Lord Gwyn, ma chiunque avesse ottenuto dei benefici dalla vampa primordiale. Del resto, chi meglio di coloro che padroneggiavano la magia del fuoco (cosa ben diversa dalla piromanzia) sarebbe stato in grado di alimentare nuovamente la prima fiamma? La Strega di Izalith e le sue figlie tentarono in tutti i modi di preservare l'ordine che tanto duramente erano riuscite a fondare, cercando di creare una nuova fiamma con cui pianificavano di sostituire quella originale, quando sarebbe venuto il momento. Questo nuovo nucleo pulsante di energia divenne però instabile, e nonostante gli sforzi per contenerlo deflagrò in un'esplosione titanica, non solo distruggendo Izalith, ma anche corrompendo e dilaniando buona parte della famiglia.
    Se osserviamo le due donne-ragno, esse mantengono ancora una parte di umanità nelle proprie fattezze, poiché probabilmente sono riuscite ad allontanarsi dall'epicentro dell'incidente in tempo per non finire interamente trasformate (ai loro consanguinei è andata molto peggio). Il loro lato demoniaco è il retaggio del loro fallimento, ed esse ormai impediscono a qualsiasi avventuriero di avvicinarsi a ciò che rimane della propria parentela, confinata in una città ormai in rovina che funge da maestoso sepolcro. Da un lato Quelaag, che con la forza attacca chiunque sia sufficientemente pazzo da voler suonare la seconda campana o, peggio, scendere ulteriormente per scoprire cosa si nasconda al di là del magma, dall'altro la Nobile Signora, che offre la possibilità di una scorciatoia solo a coloro che si siano dimostrati particolarmente devoti al suo Patto del Caos. Un accordo che non siamo i soli a poter stringere. Anzi: nel momento in cui giungiamo di fronte alla candida signora, avremo già incontrato qualcuno che ne faceva parte: Kirk, il cavaliere di spine.

    Le origini di KirkHidetaka Miyazaki ha rivelato l'idea alla base dell'armatura spinata di Kirk, sostenendo di aver preso spunto da "Le bizzarre avventure di JoJo". In una delle saghe del manga vi è una sfida in cui affrontare 77 avversari consecutivamente, con il malus di dover indossare un pesante anello sul proprio corpo ad ogni vittoria, rendendo più difficoltosi e pesanti i movimenti e aumentando progressivamente la difficoltà ad ogni scontro. Durante i meeting per decidere il character design, From Software partì chiedendosi, similmente, come sarebbe stato proteggersi con una serie di anelli dotati di spine.

    Il feroce invasore fa la sua prima apparizione nelle Profondità, per poi riapparire lungo la strada per le Rovine del Demone e, infine, nei pressi della nebbia della Culla del Caos (il gigantesco albero alla fine di Lost Izalith, una deformità la cui genesi avremo modo di raccontare in futuro).
    Grazie alle descrizioni del suo equipaggiamento scopriamo che si tratta di un deplorevole membro dei Darkwraith e che, con tutta probabilità, il suo sadismo trovava sfogo nel dissanguamento dei propri avversari. Nonostante questo, però, egli ha abbandonato la sua setta per unirsi ai seguaci della Nobile Signora, ed è perennemente alla ricerca di umanità da offrirle. Una teoria confermata dal fatto che, una volta sconfitto per tre volte, possiamo raccogliere la sua armatura proprio vicino al falò che la bianca donna-ragno sta sorvegliando. Una creatura, quest'ultima, dall'animo gentile, che ormai non riconosce altri volti che non siano quello della sorella, tanto è stravolta dalla sofferenza e dalla malattia. Una sofferenza che cogliamo indossando l'Anello della Strega e provando a rivolgerle la parola, scoprendo così la sua totale incapacità di relazionarsi col mondo esterno. Grazie a Eingyi, lo strisciante servitore che la "protegge" dagli intrusi, scopriamo che ella ha assorbito l'ammorbato pus degli abitanti della Città Infame, andando contro gli ordini di Quelaag e rimanendo perennemente in bilico sul baratro della morte. Rispetto all'animo bellicoso della sorella, insomma, la candida signora aveva davvero un animo più nobile, decidendo di sacrificarsi per salvare gli abitanti della grande palude, che adesso, in segno di rispetto e adorazione, portano le sue uova sulla schiena.
    Tornando a Kirk, se accettiamo che il cavaliere abbia dismesso il suo ruolo di Darkwraith, è facile rimanere colpiti dal fatto che egli abbia tradito le proprie origini per imboccare una strada diversa, in qualche modo opposta alla sua natura. Riflettere sulle ragioni di tale svolta ci costringe, nuovamente, a fare affidamento sulla speculazione, basandoci sui pochi dati a disposizione.
    Una prima teoria, la più cinica e in linea con quanto normalmente accade a Lordran, sostiene che, in realtà, Kirk non abbia mai rinnegato la sua appartenenza al cavalierato di Petite Londo, prendendosi gioco della Nobile Signora e donandole umanità non tanto per aiutarla a sopravvivere, quanto per cercare l'occasione di ucciderla e rubarle l'anima.

    Kirk, il cavaliere di spine ed ex membro dei Darkwraith (deviantart by menaslg)

    Eppure i fatti sembrerebbero contraddire questa visione: visto che la Nobile Signora è sostanzialmente indifesa, Kirk avrebbe potuto tranquillamente eliminarla prima ancora del nostro incontro con lei.
    L'alternativa è credere che vi sia stata in qualche modo una vera redenzione da parte del cavaliere di spine, che ha continuato nel suo ciclo di invasioni per strappare umanità al prossimo in nome di una causa diversa rispetto a quella dei suoi confratelli. Ma per quale motivo avrebbe dovuto inchinarsi di fronte a una nuova padrona? Possiamo immaginare che, data la relativa vicinanza tra la Città Infame e Petite Londo (dove risiedevano i Darkwraith), Kirk, alla ricerca di nuove vittime a cui sottrarre frammenti di Anima Oscura, sia finito vittima del temibile pus che tutto ha infestato. Che egli sia stato purificato dalla sorella di Quelaag assieme agli altri servitori? Tale eventualità potrebbe aver creato un legame forte al punto da risvegliare nel cavaliere un briciolo del suo antico onore.
    Ovviamente l'unica modalità con cui Kirk sa di poter ottenere umanità implica l'invasione e la sconfitta di non-morti nei loro mondi, nel pieno dello stile dei Darkwraith, ed è per questo che egli irrompe più e più volte lungo il nostro percorso, fino ad arrivare all'epicentro che ha diffuso la corruzione di Izalith: la Culla del Caos. Egli potrebbe aver tentato di distruggere questa contorta creatura anche nella speranza di liberare la Nobile Signora dalla sua maledizione, convinto che, in questo modo, ella avrebbe ritrovato la forma di un tempo. Qualcuno sostiene che potrebbe addirittura essersi innamorato della sua nuova padrona, una fanciulla che rinvia il suo destino solo grazie alle umanità che le offrono i suoi servitori.
    E allora cosa potrebbe nascondersi dietro alla morta di Kirk? È possibile che, realizzando il proprio fallimento nonostante gli sforzi compiuti, il cavaliere di spine abbia deciso di farla finita? Magari perché non poteva più sopportare di interagire con colei che aveva perso la sanità fisica e mentale per salvare gli altri? Il fatto che il suo cadavere sia nella stanza della Nobile Signora suggerisce che egli, probabilmente dopo aver sconfitto la Culla del Caos, sia tornato indietro nella speranza di assistere ad un risanamento che, a conti fatti, non è mai avvenuto.

    È allora che il cavaliere perde la fede, diventando l'ennesimo vinto di un mondo che non vuole imporre altro che sofferenza e infelicità ai propri abitanti, quasi debbano pagare lo scotto delle azioni dei propri antenati.
    La storia di Kirk, a pensarci bene, non è troppo lontana da quella di Lautrec, con cui il Cavaliere di Spine condivide addirittura il tragico esito, anche se c'è una differenza sostanziale tra le disavventure dei due cavalieri, entrambi morti forse per amore. Quando si lascia vincere dal fato Lautrec non è più responsabile delle proprie azioni e, anzi, è probabilmente vittima di una divinità che approfitta dei suoi sentimenti, conducendolo al suicidio e abbandonandolo per via della sua inutilità.
    Kirk è invece pienamente consapevole di ciò che sta facendo. Tanto che ha deciso di accantonare un culto perverso per investire i suoi sforzi in nome di colei che, plausibilmente, ha sacrificato se stessa per salvarlo dalla corruzione. Egli sente di avere un dovere nei confronti della Nobile Signora, un debito che non riuscirà mai a ripagare completamente, costretto com'è ad osservarla morire lentamente, sapendo che egli è vivo solo grazie al suo sacrificio. È qui che emerge, infine, la debolezza di un cavaliere che, grazie alla propria armatura, ha sempre ben celato i propri sentimenti durante la battaglia. Sentirsi inutili di fronte all'inevitabile diventa per Kirk un peso troppo grosso da sopportare e, preso dalla disperazione, il cavaliere si toglie la vita. Osservando la propria amata un'ultima volta ma nascondendosi dal suo sguardo, quasi si vergognasse.
    Un atto di vigliaccheria, che rivela ciò che Kirk è realmente: un uomo che si è arreso. Rimanere vicini fino all'ultimo a una persona cara che soffre e peggiora di giorno in giorno è un atto di eroismo, e Kirk finisce per essere un cavaliere decaduto non tanto perché continua a rubare umanità al prossimo attraverso le invasioni, ma perché infine rinuncia, pavidamente, al proprio impegno. Un paradosso che fa riflettere, e che ci ricorda che per essere degli eroi non c'è bisogno d'indossare un'armatura (di spine): a volte basta il coraggio di non fuggire di fronte al dolore.

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